7 - L’amore proibito
23 febbraio 1848
Costanza scosse tristemente la testa.
— È tutto. Non so che cosa mi sia preso. Potrai mai perdonarmi?
Seduta accanto all’amica sul divanetto ricoperto di cuoio chiaro, Maddalena guardò i fiori di stoffa ingiallita che ornavano infelicemente il lampadario acceso. La casa di Costanza parlava di solitudine, di amarezza, di civetteria un po’ sbiadita, un tantino melensa.
Una grossa bambola di ceramica sgranava gli oc­chioni immensi, nella luce artificiale di quella sera un po’ triste, dalla poltroncina che stava loro di fronte.
— Tu... vuoi molto bene a Rodolfo.
— Così tanto... da non esitare a tradire la tua fi­ducia.
— Tradire! — Maddalena sorrise. — Che parolo­ni! Non è accaduto niente d’irreparabile.
— Non certo per merito mio. Grazie d’aver accet­tato di venire da me. Avevo bisogno di parlare, di sfogarmi... di chiederti perdono.
— Non hai fatto niente.
— Sì, invece. Ho indotto Rodolfo a sospettare che fra te e Alessio ci fosse del tenero. Ecco perché, invece di andare a scuola, ti è piombato in libreria. Poteva succedere una tragedia. — Si torse le mani. — Davvero ha sfidato a duello Giordani?
— Sì.
— Che follia! Quel milanese è un uomo d’azio­ne... Dicono che tanto con la sciabola quanto con la pistola sia imbattibile. Rodolfo lo sapeva!
Maddalena annuì.
— E invece Rodolfo... sa a malapena tirare il gril­letto. Le armi non gli sono certo familiari... Ma Giordani si è lasciato schiaffeggiare senza reagire?
— Ha rifiutato di battersi.
— Signore, ti ringrazio. Sarebbe stato uno scon­tro talmente impari...
— Uno scontro assurdo! — disse Maddalena, du­ra. — Non lo avrei permesso.
— Tu... tu ami Alessio?
Lei non rispose.
— Maddalena...
— Costanza, te ne prego. Non intendo parlarne... con nessuno.
— È perché deve partire? Ma che t’importa? Al cuore, lo sai, non si comanda.
— Sì, invece. È un dovere... soprattutto quando non si è soli al mondo.
L’amica sospirò. — Vorresti andare con lui?
— Non posso. La libreria... Arrigo... Quel che si prepara... No! È folle soltanto pensarlo. Anche lui ha dei doveri da compiere.
— Doveri! — Costanza ebbe un sorriso sprezzan­te. — Certo. Ma tu vuoi proprio sacrificare tutto...
— Per favore, non parliamone più. Sono momen­ti decisivi, questi. Non c’è spazio per... — esitò — per noi stessi. Un giorno, forse... un giorno. — Si alzò e lisciò con la mano la gonna di velluto giallo oro. — È tardi... sarà meglio che io vada.
— Non hai paura di andare in giro da sola? Sono le dieci, è già buio pesto...
— Paura? No. Conosco bene la strada. Non è il buio che mi spaventerà... e poi si tratta d’una breve traversata. — Sorrise. — Non accompagnarmi, la scala è bene illuminata.
Sulla soglia, Costanza le prese le mani.
— Dimenticherai? — chiese ansiosa, frugando con occhi inquieti il volto dell’amica.
— Ho già dimenticato — assicurò Maddalena, pacata. — Buonanotte, Costanza.
— Buonanotte, Maddalena. Grazie.
Scese lentamente le scale di granito, perduta nei suoi pensieri. Aprì il cancello di ferro battuto che gemette penosamente nell’ombra, uscì in strada e si voltò a riaccostare con cura le due griglie nere sulle quali un drago mostruoso avvolgeva le sue spire in un tripudio di foglie e fiori sbalzati.
— Finalmente, meine Liebe!
La voce d’uomo alle sue spalle la fece trasalire. Si voltò di scatto, addossandosi al cancello, gli occhi sbarrati nella penombra.
— Voi...! — esclamò, con voce alterata.
Von Kupfer le sorrise, inchinandosi compunto.
— Sono molto spiacente. L’ultima cosa al mondo che vorrei è farvi paura.
Lei ebbe un risolino nervoso. — Emergete dalle tenebre come uno spettro e pretendete di non spaventarmi?
L’austriaco scosse il capo. Era in abiti borghesi di ricercata eleganza; un mantello d’un grigio tortora identico ai guanti e alla tuba che teneva in mano copriva il completo scuro. Gli stivali lucidissimi brillarono nel buio.
— Sono costretto a tendervi agguati per potervi vedere... Ho ricevuto il vostro biglietto qualche ora fa. Gelido, nein?
— Gelido? — Maddalena gli spalancò in volto due occhioni ingenui. — Mi dispiace che abbiate avuto quest’impressione...
Lui le porse il braccio. — Fa freddo. Non restia­mo qui fermi. Vi accompagno a casa. La mia gon­dola ci attende a pochi passi .
La donna esitò. — Ma... davvero, non è necessa­rio. Io...
Lo sguardo di Friedrich s’indurì. — Sono venuto apposta per voi — disse calmo. — Vorreste farmi lo sgarbo di rifiutare la mia compagnia? Vi è tanto ingrata, dunque? — Si trattenne dal ricordarle le sue recenti gentilezze, ma lei riuscì a intuire perfet­tamente anche le parole non dette.
Maddalena si morse le labbra. Non c’era modo di evitarlo. Per togliere Arrigo dai pasticci non aveva esitato a giocare una carta pericolosa, e adesso ne doveva affrontare le conseguenze.
— Vi ringrazio — mormorò alla fine. — Non... Non vorrei abusare della vostra gentilezza.
— Abusare? — Von Kupfer sollevò le sopracci­glia. — Voi mi sfuggite, Maddalena. Perché?
— Io non vi sfuggo affatto — replicò lei. — Non ho forse invocato la vostra clemenza quando mio fratello ha combinato quello stupido pasticcio?
— La mia clemenza! — Von Kupfer rise, diverti­to. — Vi burlate di me? A volte ho l’impressione che le parole siano per voi come uno schermo impene­trabile dietro il quale si nasconde la vera Madda­lena.
Lei posò la mano sul suo braccio e gli sorrise, un po’ tesa. — Un pizzico di mistero non guasta mai...
— Ah, ja! — convenne l’uomo, mettendo la mano su quella di lei. — Adoro i misteri. Soprattutto, ado­ro cercarne la soluzione...
Maddalena rabbrividì suo malgrado e Friedrich, premuroso, affrettò il passo. — Che sciocco! Vi ten­go qui al gelo... andiamo.
L’aiutò a salire nella gondola immobile sull’ac­qua calma. Il gondoliere aveva un’aria triste, il vol­to arrossato dal freddo, lo sguardo perso e rasse­gnato. Scattò velocissimo all’ordine secco di von Kupfer e prese a remare con scioltezza. Maddalena gli lanciò un’occhiata un po’ perplessa. Friedrich era seduto al suo fianco, sentiva il suo corpo caldo contro il proprio.
— Venezia è una città incantevole... — disse l’uo­mo, allungando con nonchalance il braccio sulla spalliera di legno lavorato.
Lei annuì meccanicamente, imbarazzata. Erano tanto vicini che il leggero sentore di colonia di Friedrich le pungeva le narici. Poteva vedere il suo re­spiro lento e regolare materializzarsi nella notte fredda in brevi nuvolette candide e impalpabili. Una sensazione acuta di disagio fisico le bagnò i palmi di sudore freddo. Era come lottare contro qualche cosa di incredibilmente piacevole e confor­tante e insieme mortalmente pericoloso.
La voce sommessa di von Kupfer la riscosse.
— Come siete silenziosa! Guardate... com’è bella la laguna di notte. Sembra di essere in un altro mondo. Vi pare la Venezia convulsa di ieri, di do­mani? Una città fatta per sognare... per amare. Sie sind so schön... E voi, così bella!
— Ha saputo ispirare molti, la nostra Venezia, con i suoi gioielli architettonici, la sua storia, le sue isole incantate...
—... le sue donne — aggiunse Friedrich, con un sorriso.
Lei sollevò le sopracciglia. — La sua gente — convenne.
— Già! Ma, ahimè, io non sono un poeta, né un pittore... — Rise forzatamente. — Ho impiegato altrimenti il mio tempo.
— La vostra è un’educazione militare — ribatté lei, agrodolce. — Si è costretti a scegliere, nella vita...
Lui strinse le labbra. — Giusto. Ogni scelta impli­ca una precisa rinuncia. Ma non nega il diritto al rimpianto...
— Voi ne avete? Rimpianti, voglio dire.
— Ah! Non me li posso permettere. — Guardò lontano, il viso serio. — Un po’ di nostalgia ogni tanto... e anche quella non sarebbe lecita.
Maddalena lo fissò. Senza l’uniforme bianca, sembrava più giovane, più indifeso. Alla luce della luna, i capelli biondi seminascosti dalla tuba chiara erano diventati d’un grigio argentato pallidissimo. I riverberi dell’acqua giocavano sul suo volto, addol­cendo gli spigoli, sfumando gli zigomi ben rilevati e la mascella forte.
— Nemmeno un poco di nostalgia? — le scappò detto. Era stranamente, colpevolmente intenerita. Il von Kupfer che conosceva era sparito. Al suo po­sto c’era un uomo giovane, affascinante, un po’ melanconico.
Lui rise: una risata dolce, sommessa. — Vi pare crudele? Forse. Tutto quello che si ottiene, nella vita, si paga. Io sono arrivato in alto... e ho pagato.
— Vorreste tornare a Vienna?
— Qualche volta. Ritrovarmi nella mia casa, tra gente che parla la mia lingua... Ma poi... — fece un gesto vago — poi tutto passa. La realtà quotidiana è impietosa, ma tanto caotica da non lasciarmi il tempo di pensare... Non abbastanza, per fortuna.
Maddalena abbassò lo sguardo.
— Quando ero molto giovane pensavo che sarei diventato un grande pianista... — continuò lui, pacato. — Vi stupisce?
Lei scosse la testa. — No — rispose. Ed era sin­cera.
— Davvero! — Friedrich ebbe un sorriso tanto radioso che la ragazza lo guardò come se lo vedesse per la prima volta. — Oh, splendido! Pensavo che avreste riso... o mi avreste creduto fuori di me, meine Liebe.
— Sono sicura che voi siete un meraviglioso pia­nista.
Friedrich sollevò lentamente la mano sinistra. — Le mie mani... hanno maneggiato ben altro. Le mie dita non si sono limitate a sfiorare dei tasti... a sfo­gliare spartiti.
Maddalena sospirò. Non provava più alcuna pau­ra dell’austriaco. — Tutti siamo stati costretti a fare cose delle quali... vorremmo poterci dimenticare.
Lui strinse le labbra. — No... Non ho nulla da dimenticare. Non ho mai mancato al mio dovere e non ho mai... contravvenuto alle leggi dell’onore. Però...
— Però?
— C’è come un vuoto... un vuoto profondo, un vuoto del quale non mi ero mai reso conto, finché... non sono entrato in una libreria di calle Dogale...
Maddalena scosse la testa. Le sue difese stavano cedendo lentamente e inesorabilmente. Era contenta di trovarsi lì, accanto a lui, di ascoltarlo parla­re dolcemente di adorabili sciocchezze.
— Sono entrato un po’ titubante... poi ho visto una deliziosa creatura dai capelli rossi e dagli occhi grigi... d’un grigio diverso da quello delle donne di Vienna, ja — continuò lui, piano.
Come sembravano lontani Rodolfo, Arrigo, Anto­nio e anche... mio Dio, Alessio! Maddalena chiuse gli occhi, sopraffatta da quelle emozioni contra­stanti. Com’era possibile? Von Kupfer era seduto accanto a lei! Von Kupfer, l’austriaco, il...
— Vienna! Conoscete Vienna? Sono certo che vi piacerebbe... Vi trovereste bene, come a casa vostra... — La sua voce morì in un bisbiglio, e Madda­lena sentì le sue labbra calde sul collo, mentre l’abbracciava quasi rovesciandola sul sedile di velluto. — Cuore mio...
Le braccia di Maddalena si allacciarono sulle spalle di Friedrich per un momento, poi la coscien­za esatta di quanto stava succedendo la strappò a quel turbamento paralizzante.
— Oh, Friedrich, no... Vi prego, no!
Lui non insistette. — Perdonatemi — disse, sorri­dendo. — Non ho saputo resistere... Venezia mi ha stregato. Voi mi avete stregato, Maddalena. — Si riappoggiò allo schienale, un po’ imbarazzato, e la carezzò con lo sguardo.
Sconvolta, Maddalena si coprì il volto con le ma­ni. Come era possibile? Lei, proprio lei fra tutte le donne di Venezia, lasciarsi baciare da von Kupfer... e provare tanta struggente tenerezza !
Preoccupato, Friedrich le cinse le spalle col brac­cio. — Oh, no, no! Non avrei mai voluto... farvi soffrire. Piccola cara!
Lei scosse la testa, sempre più confusa. Ogni sua premura era una stilettata.
— Non è colpa vostra. Io... io...
— Maddalena... non dite niente. Non è necessa­rio.
La gondola accostò alla riva scivolando sull’ac­qua nera come l’inchiostro.
Von Kupfer scese d’un balzo, girò su se stesso, allungò le braccia e sollevò Maddalena stringendole la vita e depositandola delicatamente all’asciutto.
Lei lanciò un’esclamazione di stupore.
— Friedrich! Oh! Vi prego!
L’austriaco sorrise, le offrì il braccio e camminò con lei fino al portone.
— Eccovi a casa... come vi avevo promesso.
— Sì... come mi avevate promesso.
— Vi dispiace molto che io sia venuto a... pren­dervi? Il mio agguato...
— Sono... contenta.
— Grazie. È stata una delle più belle serate... da molti anni a questa parte, per me.
— Pochi minuti in gondola?
— Pochi minuti, sì. Ma con voi... Sie sind so schön, Magdalene.
Con me, pensò Maddalena. Con me... se solo sa­pesse la verità.
— Ci rivedremo domani? — domandò Friedrich, speranzoso.
Lei esitò. — Io non credo che sarà possibile. — Domani! Domani Alessio avrebbe avuto quel colloquio decisivo, e poi... se ne sarebbe andato, per sempre!
Lo sgomento che le si dipinse sul volto non sfuggì a Friedrich.
— L’idea di rivedermi vi spaventa?
— No.. .
— È perché io sono... quel che sono?
Maddalena gli sbarrò in volto due occhi inorri­diti.
— Oh, Friedrich... non potete capire... Ve ne pre­go, lasciamoci qui, adesso... è troppo... è una follia!
— Una follia? — Sbalordito, von Kupfer la fissò.
— Ma per quale motivo? Pensate che non terrei fede ai miei impegni? Maddalena, io vi amo...
D’impeto, lei gli posò una mano sulle labbra.
— Tacete, Friedrich! Tacete... non sapete quel che state dicendo.
— Ma...
— Vi sono grata per la compagnia tanto piacevo­le... Devo lasciarvi. Addio.
— No. Non addio. Arrivederci!
Lei sollevò le sopracciglia.
— Arrivederci, Friedrich... Arrivederci.
Attraversò il cortile quasi correndo, senza voltar­si indietro. Le mani le tremavano e faticò a infilare la chiave nella toppa. Entrò in casa come in un rifugio e richiuse la porta con gesti febbrili. Ma che cosa era accaduto? Poteva un demonio trasformar­si in angelo? Poteva essere indotta a dimenticare quel che era, quel che era sempre stata, per la de­bolezza d’un momento, per stanchezza, per solitudine, perché la sua sensibilità la induceva a capire quanto Friedrich fosse sincero...
La voce di Arrigo le giungeva sommessa dalla sa­la da pranzo. Riconobbe nella risposta l’accento veneziano marcato di Valerio Zanni e sospirò. Si sen­tiva le guance in fiamme. Appese il mantello alla meno peggio e si ravviò i capelli. Aveva l’impressio­ne che le si leggesse in fronte a lettere di fuoco la sua vergogna.
— Buonasera, Maddalena! — la salutò Arrigo, sorridendo.
Valerio si alzò in piedi. — Buonasera...
— State comodo, Valerio. — Si sforzò di sembra­re allegra. — Non voglio disturbarvi.
— Disturbarci? — Zanni la guardava con un mi­sto di curiosità, rispetto e ammirazione che la stupì.
— Qualcosa non va? — chiese, incerta.
— Non va? — le fece eco Arrigo, lanciando un’oc­chiataccia all’amico. Quell’idiota! Guardava Maddalena come un’immagine sacra. Sveglia com’era, non ci avrebbe messo molto a insospettirsi.
— Oh, no! — si affrettò a esclamare Valerio, im­barazzato. — Comunque... stavo per andarmene.
— Restate ancora un poco, Valerio — lo invitò Maddalena con dolcezza. — Io mi ritiro, se volete scusarmi. Sono molto stanca. Buonanotte.
Li lasciò ai loro conciliaboli, seduti l’uno accanto all’altro, protesi in avanti sulla sedia come per meglio comprendersi, la testa rossa di Arrigo vicino a quella bruna di Valerio, amici come solo i ragazzi s’illudono di essere.