PREFAZIONE ALL’EDIZIONE FRANCESE

Questo libro si rivolge principalmente a lettori inglesi (e americani), e vi sono messi in risalto i punti che a giudizio dell’autore andavano segnalati in special modo a quei lettori. Può essere quindi opportuno, in vista di un’edizione francese, indicare con franchezza e in poche parole uno o due aspetti della situazione derivante dal Trattato di Versailles che hanno particolare importanza per la Francia.

I capitoli seguenti intendono dimostrare, tra l’altro, che i nostri rappresentanti alla Conferenza di Parigi hanno commesso due grandi errori a danno dei nostri interessi. Chiedendo l’impossibile hanno sacrificato la sostanza all’apparenza, e alla fine perderanno tutto. Concentrandosi eccessivamente su obbiettivi politici e sulla conquista di una illusoria sicurezza hanno trascurato l’unità economica dell’Europa; illusoria perché la sicurezza non sta affatto nell’occupazione di frontiere più ampie, e anche perché gli artifici politici del momento saranno largamente irrilevanti per i problemi di un decennio venturo.

Ripeterò qui, con più forza, quanto è detto nelle pagine seguenti riguardo all’incidenza di questi errori sulle fortune della Francia.

Con l’esito trionfalmente vittorioso della guerra la posizione politica e morale della Francia non era più in questione; ma le sue prospettive economiche e finanziarie erano pessime. A queste ultime, perciò, una politica prudente avrebbe dovuto cercare di provvedere nella pace. Senza dubbio gli interessi francesi esigevano soprattutto che la Francia avesse una ragionevole priorità nell’assegnazione delle somme effettivamente pagabili dalla Germania, che i suoi pesantissimi debiti verso gli alleati fossero regolati, e che avendo dimostrato una certa magnanimità verso il nemico essa fosse in condizione di aspettarsene in cambio, e di partecipare moderatamente, in proporzione ai suoi bisogni, ai crediti per la ricostruzione generale europea che altre nazioni, le quali avevano meno sofferto, acconsentissero a erogare per promuovere la pacificazione universale. Tutto questo io ho caldeggiato nei capitoli che seguono. Ritengo giusto e opportuno che l’Inghilterra non avanzi pretese sulle riparazioni pagate dalla Germania finché non siano soddisfatte le richieste, più pressanti, di Francia e Belgio; che l’Inghilterra e gli Stati Uniti cancellino interamente le somme loro dovute dai loro alleati, somme che non hanno alcun diritto di considerare alla stregua di investimenti commerciali; e che mediante un prestito generale noi cerchiamo di ricostituire una parte del capitale d’esercizio dell’Europa. Non mi si accusi di distribuire malamente le mie simpatie perché raccomando, anche, di tenere fede alla parola data a un nemico umiliato, e di mirare alla ripresa e salute dell’Europa intera.

Eppure questi interessi fondamentali della Francia sono stati tutti traditi dalle persone di cui Clemenceau si è circondato. Costoro hanno avvilito i diritti morali delle zone devastate esagerando vergognosamente le richieste di risarcimento. Hanno rinunciato al diritto prioritario della Francia a favore di un progetto che gonfierà il conto totale al di là di ogni possibilità tedesca di farvi fronte (come essi sanno bene in cuor loro, qualunque cosa abbiano detto in pubblico), includendovi per esempio un rimborso della spesa per pensioni e sussidi familiari che era contrario ai nostri impegni, gravava il nemico di un onere impossibile, e aveva il solo effetto di ridurre la porzione francese di ciascuna rata fornita dalla Germania senza accrescere la somma totale che la Germania pagherà. Non si sono assicurati un prestito né un regolamento del debito interalleato, avendo perso simpatie con l’ostentazione di un’avidità sconsiderata. I rappresentanti della Francia alla Conferenza di pace hanno sacrificato gli interessi concreti del loro paese in cambio di promesse inadempibili, estorte per forza maggiore, che entrambe le parti sapevano non valere la carta su cui erano scritte.

La politica che propongo, perciò, corrisponde agli interessi materiali della Francia ben più che le vuote illusioni di Versailles. Ma è soprattutto perché essa giova alla solidarietà europea e alla vera sicurezza di noi tutti che cerco sostegno per questa politica. La Francia sarà al sicuro avendo le sue sentinelle sul Reno, se le sue finanze sono in un rovinoso disordine, se essa è spiritualmente isolata dai suoi amici, se a est del Reno prevalgono in due continenti conflitti sanguinosi, miseria e fanatismo?

Non si creda che io imputi alla sola Francia la colpa di questo disastroso trattato, colpa che in verità è distribuita fra tutti gli aventi parte. L’Inghilterra, si può giustamente osservare, non ha esitato a promuovere i propri egoistici, presunti interessi, e a lei spetta la responsabilità principale per la forma del capitolo sulle riparazioni. L’Inghilterra ha ottenuto colonie e navi e una quota di riparazioni maggiore di quella cui ha legittimo diritto.

Ma c’è un aspetto, direi, per cui ora la Francia è sola, e a ragione del quale si sta isolando. La Francia è l’unico paese del mondo dove i governanti non hanno ancora cominciato a dire la verità ai loro concittadini, e forse nemmeno a se stessi. Il mio libro è uscito in Inghilterra da circa tre mesi, e sebbene sia stato oggetto di molte critiche nessuno finora ha cercato seriamente di smentire i miei argomenti riguardo alla capacità di pagamento della Germania. E il corso degli eventi successivi alla sua stesura mi ha convinto che le cifre che ho dato, anziché essere troppo basse, sono probabilmente troppo alte. In ogni caso, affermo che adesso le mie conclusioni generali su questa specifica questione non sono seriamente contestate, fuori di Francia, in nessun ambiente competente, e concordano con l’opinione informata del giorno. Ne consegue che fuori di Francia nessun osservatore autorevole ritiene possibile né auspicabile che il trattato sia applicato nella sua integrità; e l’opinione è divisa tra coloro che vorrebbero rivedere formalmente il trattato, e coloro che (in mancanza di un meccanismo revisorio adeguato) ripongono le loro speranze in una revisione giorno per giorno nel corso della sua concreta attuazione. Soltanto in Francia si sentono quelle parole inani e vuote, «l’exécution intégrale du traité de Versailles». Più risulta chiaro che il trattato non è eseguito e non è eseguibile, e più i politici francesi, a quanto pare, chiudono gli occhi e si tappano le orecchie e cercano di cambiare la realtà negandola.

Faccio appello, quindi, al di là dei suoi politici, all’intelligenza della Francia, a quell’elemento dello spirito francese che ama vedere le cose come sono e trarne le conseguenze; e anche a quell’idealismo che è figlio dell’umanità e del buon senso. Come in Inghilterra, così in Francia le menti migliori della nazione sono rimaste in disparte, e né hanno letto il trattato né lo hanno compreso. Raccolgano ora le forze per scongiurare le sventure che altrimenti ci attendono.

 

J.M. Keynes

 

Parigi
marzo 1920