Capitolo 13

Rituali natalizi

Per ottenere il titolo di “migratore”, non è dunque necessario coprire enormi distanze. Né serve essere annoverati tra i giganti marini, o tra i fieri ungulati, né avere un paio di ali. Anche se questi certo sono i più noti e conosciuti, ci sono migratori insospettabili: i granchi. Spesso associati a una vita marina quasi sessile, condotta sul proprio scoglio, o comunque in un’area limitata del bagnasciuga, possono invece essere terricoli e vivere nel folto della foresta, come pendolari in piena regola, con tanto di migrazione annuale.

I più famosi crostacei migratori sono i granchi dell’isola di Natale, una piccola isoletta australiana – che si trova appena sotto l’Indonesia – di 135 chilometri quadrati, chiamata così perché venne scoperta dai marinai inglesi proprio il 25 dicembre del 1643. Oggi su quest’oasi di pace vivono circa 1400 abitanti umani e oltre 40 milioni di granchi grandi più o meno 10 centimetri, tutti di colore rosso, come se avessero aderito con entusiasmo al tema natalizio. Significa più di 30.000 crostacei a testa, che nella maggior parte dell’anno non danno troppo fastidio. Durante la stagione secca i granchi vivono normalmente nella parte più alta e disabitata dell’isola, nascosti nella foresta tropicale che la ricopre quasi per intero. Qui svolgono un ruolo fondamentale per l’ecosistema e la biodiversità dell’isola: consumano foglie, semi, frutta e a volte anche piccoli animali morti. Inoltre rivoltano il suolo e lo fertilizzano con i loro escrementi. Ma è tra novembre e dicembre, cioè con l’inizio dell’estate australe e della stagione delle piogge, che le strade dell’isola vengono coperte letteralmente da un oceano rosso: i granchi hanno dato il via alla loro migrazione che completano a cavallo del periodo natalizio.

I maschi, seguiti dalle femmine, escono dalla giungla e attraversano l’isola, senza timore dell’uomo e delle sue costruzioni. Tutto per raggiungere la spiaggia: è qui che avverrà l’accoppiamento. Non si dirigono però verso il lido più vicino, anzi, migrano per diversi chilometri incuranti delle possibili mete più facili da raggiungere. Una spiaggia non vale l’altra, insomma. Perciò si ritiene che in questa loro scelta singolare siano implicati non solo fattori ambientali dettati dalle piogge, ma anche stimoli visivi, la recezione del campo magnetico, la luce polarizzata e una certa dose di memoria. Percorrono circa 600-700 metri al giorno, qualcuno più ansioso arriva a farne 1450 su quelle zampette appuntite. Eppure camminano solo nei momenti più freschi del giorno: nelle prime ore del mattino e nel tardo pomeriggio, mentre durante le ore più calde della giornata (dove nonostante le piogge si raggiungono i 30°C) riposano all’ombra. Così impiegano circa 9-18 giorni per questo viaggio di andata e regolano la loro tabella di marcia in base alle piogge e alle maree. Aspettare la pioggia è necessario per non morire disidratati al sole e le maree, invece, sono fondamentali per la deposizione delle uova. Perciò capita che in alcuni anni si precipitino in spiaggia, mentre in altri aspettino anche una settimana a metà strada prima di arrivare a destinazione1. Una volta raggiunto l’arenile, i maschi infatti scavano una buca nella sabbia: sarà questo il loro “nido d’amore”. Subito dopo l’amplesso spariscono dalla vista delle femmine e tornano nel fitto della foresta, mentre alle femmine tocca attendere pazientemente in quel buco la marea, precisamente l’alta marea durante l’ultimo quarto di luna, per deporre le uova. Al momento giusto, quando l’acqua è alta, depositano circa 100.000 uova ciascuna. E non appena le minuscole uova toccano l’acqua dell’oceano, si schiudono e rilasciano in mare nuvole di piccolissime larve che rimarranno nei pressi per 3-4 settimane. In realtà, mentre le femmine sono già tornate sull’altipiano boscoso dell’isola, la loro prole finirà per lo più vittima dei predatori, soprattutto squali balena che ne vanno ghiotti.

Dopo circa un mese, le larve sopravvissute si avvicinano alle rive sotto forma di uno stadio ancora intermedio, detta megalopa, e qui metamorfosano in giovani granchietti, grandi appena mezzo centimetro di diametro, pronti a cominciare il loro primo viaggio. Escono dalle onde dell’oceano e, senza che nessuno abbia insegnato loro la strada, si dirigono verso la foresta impiegando circa 9 giorni2 per risalire anche fino a quote di oltre 250 metri. Qui vivranno nascosti tra le rocce e la vegetazione per i primi 3 anni della loro vita, quando saranno finalmente pronti per accoppiarsi e compiere la loro prima migrazione riproduttiva.

Questo spettacolo si può ripetere fino a 3 volte in una stagione riproduttiva, per una durata totale di 3 mesi. La loro migrazione in massa crea molti disagi alla circolazione, ma proprio per consentire la sopravvivenza della specie il governo ha introdotto alcune opere di road ecology, come sottopassaggi e ponti “granchio-friendly”, grazie ai quali questi crostacei possono attraversare le strade in tutta serenità, senza rischiare di morire e senza forare gli pneumatici di qualche automobilista. Sì, il loro carapace è davvero duro, non temono predatori, anche se da quando sull’isola è arrivata una delle 100 specie aliene più invasive, la formica pazza gialla (Anoplolepis gracilipes), la popolazione di granchi rossi rischia seriamente il collasso. Le formiche hanno provocato un rapido e catastrofico cambiamento nell’ecosistema della foresta dell’isola, ne hanno colonizzato un’intera porzione, costringendo i granchi a ritirarsi dalla zona. Il loro arrivo ha modificato la struttura della foresta: alcune piante di cui si nutrivano i granchi hanno preso piede diffondendosi sull’isola, come la terribile ortica gigante Dendrocnide peltata, che al tocco provoca dolori lancinanti.

Ma è cambiata anche la canopia, cioè la volta della foresta, poiché insetti come le cocciniglie sono ormai diffusissimi e vengono persino protetti dalle formiche invasive. Le cocciniglie, infatti, si nutrono della linfa delle piante e producono escrementi liquidi molto zuccherini, la melata: il cibo preferito dalle formiche pazze gialle. La melata, però, è a sua volta responsabile anche della crescita di molti funghi che si sviluppano sulla superficie delle foglie, impedendo alla pianta di crescere.

E come se non bastasse, le formiche pazze gialle attaccano in modo diretto i granchi quando questi attraversano il loro territorio durante la migrazione. Hanno un’unica potentissima arma: l’acido formico. Prendono d’assalto i granchi, spruzzando il loro acido senza sosta, e i crostacei confusi o addirittura accecati finiscono con il morire. Nel tentativo di scappare spesso si espongolo al sole e periscono disidratati ed esausti, diventando poi cibo per le stesse formiche3. L’arrivo di questi insetti ha avuto un impatto talmente devastante che a causa loro sono scomparsi tra i 10 e i 15 milioni di granchi4.

Questa specie endemica dell’isola di Natale così colorata e particolare attira tantissimi turisti, ma non è l’unica a compiere migrazioni del genere. Tra i crostacei migratori c’è un loro cugino, appartenente sempre alla famiglia dei granchi terricoli Gecarcinidae e isolàno anche lui, che vive nell’oceano Atlantico, precisamente sull’isola di Ascensione. È Johngarthia lagostoma, un granchio di 10 centimetri di colore giallo-arancio (anche se in un atollo vicino è più comune nella sua colorazione rosso-viola), che come tutti i granchi terricoli vive fuori dall’acqua, ma vi torna per riprodursi. I Johngarthia lagostoma si trovano prevalentemente oltre i 200 metri di quota, sul punto più alto dell’isola di Ascensione: la Green Mountain. E potrebbero tranquillamente trascorrere qui tutta la loro vita, se non fosse che devono anche riprodursi. È per questo che una volta l’anno scendono dalla montagna diretti verso le coste orientali e meridionali dell’isola, attraversando la roccia vulcanica nuda e nera dell’isola in una migrazione più rischiosa forse di quella dei granchi dell’isola di Natale. Non ci sono strade trafficate lungo il tragitto, e ci sono molti meno turisti dell’ultim’ora, ma il caldo e il terreno spoglio e rovente sono l’ostacolo maggiore per questi crostacei adattati a vivere sotto la vegetazione, in tane e tunnel sottoterra, cibandosi per lo più di foglie e altri materiali vegetali. La loro migrazione riproduttiva, infatti, differisce leggermente rispetto a quella dei cugini rossi australiani. I Johngarthia lagostoma sembrano non far caso più di tanto alla stagione delle piogge: le precipitazioni più intense iniziano a marzo e finiscono a maggio, ma la loro migrazione avviene tra gennaio e marzo. Sulle loro otto zampette, aiutati anche dal paio di chele, percorrono circa 450 metri al giorno, superano dislivelli di centinaia di metri, attraversano gli impervi campi di lava solidificata e spesso si accoppiano già durante il viaggio. A quel punto i maschi tornano indietro, non arrivano neanche a toccare la sabbia, e infatti l’80 per cento degli individui che raggiungono le spiagge sono femmine gravide che depongono circa 70.000 uova ciascuna, aspettando anche loro la marea dell’ultimo quarto di luna5, nascoste in buchi e tane per evitare il disseccamento delle uova. Una volta deposte le uova in acqua durante la notte, le femmine tornano indietro, anche se questa specie si concede uno spuntino alternativo quando capita: pare infatti che, insieme alle fregate (Fregata aquila) predino le tartarughe verdi appena nate sull’isola di Ascensione6.

Intanto le larve trascorrono in mare circa 20 giorni, prima di ritornare come megalope lungo le coste e compiere la scalata, metamorfosate in giovani granchi. Ma quest’evento capita molto raramente. C’è solo una testimonianza del ritorno dei giovani e risale al marzo 1963, quando centinaia di minuscoli granchi invasero Georgetown: nessuno aveva mai assistito a qualcosa del genere prima di allora7.

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1 Agnieszka M. Adamczewska e Stephen Morris, Ecology and Behavior of Gecarcoidea natalis, the Christmas Island Red Crab, During the Annual Breeding Migration, in “The Biological Bulletin”, 2001, 200, pp. 305-320.

2 J.W. Hicks, The Breeding Behaviour and Migrations of the Terrestrial Crab Gecarcoidea natalis (Decapoda: Brachyura), in “Australian journal of Zoology”, 1985, 32, pp. 127-142.

3 Lori Lach e Conrad Hoskin, Too much to lose: Yellow crazy ants in the wet tropics, in “Wildlife Australia”, 2015, 52, pp. 37-41.

4 Dennis J. O’Dowd et al., Invasional meltdown on an oceanic island, in “Ecology Letters”, 2003, 6, pp. 812–817.

5 Richard G. Hartnoll et al., Reproduction in the land crab Johngarthia lagostoma on Ascension Island, in “Journal of Crusctacean Biology”, 2010, 30, pp. 83-92.

6 F. Glen et al., Thermal control of hatchling emergence patterns in marine turtles, in “Journal of Experimental Marine Biology and Ecology”, 2006, 334, pp. 31-42.

7 Richard G. Hartnoll et al., Johngartia lagostoma (H. Milne Edwards, 1837) on Ascension Island: a very isolated land crab popilation, in “Crustaceana”, 2006, 79, pp. 197-215.