NATALE

Natale in casa di ex gerarchi. Cena. Si prepara il tavolo verde. Arriva l’ex vicesegretario federale, l’ex questore, l’ex deputato alla Camera dei fasci e delle corporazioni, l’ex caposettore, ecc. Sorridono: sono fra loro. Dai volti, non s’indovina se quelle grida, quei cipigli, quei saluti di una volta furono un sogno o uno scherzo, e questo finalmente sia un sorriso ragionevole; o se piuttosto quelli furono i loro abiti e la loro vita, e questo invece un sorriso sonnambolico.

Non capisco se abbiano capito di avere sbagliato, anche perché le parole: “Ho sbagliato!” non le hanno mai dette. (Coloro che le dissero, specie se molto prima che il fascismo cadesse, giacciono nella miseria per due ragioni: perché sono onesti e perché sono stati epurati… Di costoro, qui, non se ne vedono: gli ospiti della casa hanno molta antipatia per i puri antifascisti, ma assai di più ne hanno per i fascisti convertiti!

Sorridono. Che sorriso enigmatico! Cosa vogliono dire, questi figli di cane? Di che cosa sorridono?

Per venire qui, hanno percorso cortili semibui, e, inciampando nei rottami della loro guerra, avranno certamente esclamato: «Questa, la libbertà!». (La pronunciano, per scherno, con doppia b.)

D’altronde il loro occhio, ovunque si posi nel vasto paesaggio delle rovine, si raggrinza poco a poco, e tutti sono in grado di leggervi le ironiche parole: “Questa dunque la libbertà?”.

Ma quando son chiusi in un salone amico, fra pareti macchiate di scuro per la rimozione di ritratti autorevoli con dedica, perché sorridono? Di che diavolo sorridono?

Mi sono applicato su questo sorriso come sulla scrittura di una civiltà scomparsa, e devo confessare che non sono riuscito a decifrarne una sillaba.

È un sorriso di felicità? No.

È un sorriso ironico? Mio Dio, credo di sì.

Venti anni di credere e obbedire, corsi di perfezionamento per una critica che non fosse demolitrice (cioè a dire, per inibirsi la critica), canti liturgici in piazza, gesti di danza sacra e guerriera, con le mani in alto e maneggi di pugnali, impettimenti repentini per l’arrivo di un superiore o di una macchina fotografica, bardature, ombre di nappe sugli occhi, pesi di aquile sui cervelli… È proprio da queste cose che si arriva all’ironia? Si può dire che Voltaire abbia fatto un simile tirocinio in gioventù? E poi, ironia su che? Sulla libertà, la dignità umana, la modestia, la fratellanza, la tolleranza, la ragione?…

Questi uomini, che non trovarono un sorriso per se stessi, nemmeno quando lo specchio gli rifletteva una figura mostruosamente annerita e luccicante; che non incresparono le labbra alle gare di nuoto dei ministri e ai salti entro i cerchi infuocati dei loro colleghi; che non batterono ciglio davanti ai mille travestimenti del capo; questi spiriti impassibili, esclusi per vent’anni dal privilegio che ha l’uomo di ridere, privilegio che è uno dei segni principali per cui si distingue dagli animali; questi esseri tetri come gli attori comici oppressi dalla famosa regola: «Non ridere se volete far ridere!», con in meno nei riguardi di costoro che non partecipavano internamente alla vasta allegria che suscitavano; questi bravi gerarchi, finalmente, con la grazia di Dio, sorridono.

Qualcuno potrà ribattermi che, nelle fotografie del ventennio, molti uomini di peso sorridono.

Ma andiamo! Quello è fulgore di bei denti! Dichiarazione pubblica di star bene in salute. Esaltazione, tradotta in termini quanto più possibile extra letterari e analfabetici, della Vita! Non è sorriso ironico.

Il sorriso ironico è nato ora, da queste bocche così diverse da lui come due genitori negri da un figlio bianco.

Che mai sarà accaduto? Quale strano innesto? Quale tradimento notturno del loro cervello, fedelissimo al Credere, con la Ragione e con la Critica?

Comprendo benissimo che la cosa di cui principalmente pensano male è il Pensiero, quella di cui dubitano il Dubbio sistematico, e quella di cui ardentemente chiedono di essere liberati è la libertà. Ma, insomma, un lavorio è cominciato in quelle menti del tutto silenziose, e chi passa accanto ha l’illusione di udire uno stridore confuso e ovattato, come quando si passa di notte presso un vecchio mulino che lavora di contrabbando.

Sia lode a Dio, essi pensano! Pensano male, ma pensano. Domani potranno anche, può darsi, pensar bene.

Fra costoro, ho ritrovato una persona che conoscevo. Non fu un gerarca, ma fu un mistico: il suo volto è amaro e non sorride.

«Brutti tempi!» mi dice. «Tempi di prepotenza!»

«È dal ’22 che gli uomini si comportano male» gli rispondo.

«Sì, ma ora è peggio! Vede questi signori qui? Tutti son rimasti ai loro posti. Tutti più ricchi di prima! Vede quel signore lì in fondo? Si è fatto i milioni col fascismo, caduto il fascismo gli hanno sequestrato i beni, ma lui si è preso un avvocato antifascista, si è comprato tutti coloro che dovevano inquisire sui suoi profitti, e poi quelli mandati a inquisire sull’operato dei primi inquisitori…»

«Ma non si è trovata una persona non disposta a farsi comprare?»

«Gli mandarono un funzionario… così… come dice lei… una specie di cane rabbioso, che fece antipatia a tutti… Sarà onesto, dicevano tutti, ma rompe i c.! Lo denunziarono al commissario per l’epurazione e lo fecero mandare in pensione.»

«Diamine, la cosa è seria!»

«Conclusione: gli è stato tolto il sequestro dei beni. Da milionario è diventato miliardario. Tutti lo rispettano… E io, invece…»

«Lei?»

«Mi hanno tolto il pane!»

«Lei insegnava, mi pare!»

«Sì, all’università!»

«Diavolo, mi dispiace: il pane non si dovrebbe togliere a nessuno! Ma cosa insegnava? Non ricordo.»

«Dottrina del fascismo.»

Pausa. Non so che dire. Finalmente riprendo il discorso: «Una materia bruttina, ai tempi d’oggi. Come avrebbe potuto continuare a insegnarla?».

«Gli altri miei colleghi di dottrina del fascismo insegnano ora dottrina del lavoro. Sono stati furbi: nel quarantadue, hanno cambiato cattedra. Nessuno se n’è accorto. Uno di questi, gl’inglesi lo hanno scambiato per un socialista, e lo hanno nominato rettore!»

«Proprio così? Rettore?»

«Rettore!»

«Caspita!»

«E questa è la… Libbertà!»

Mi alzo spaventato: dal viso del professore sgorga, nella forma più mostruosa, il sorriso ironico che ho già notato sulle facce degli ex gerarchi.