Greci e Persiani: la vendetta degli sconfitti

di Marco Bettalli

Dopo le guerre persiane, mentre i Greci riprendono le consuete lotte intestine, senza grande attenzione per una distinzione tra coloro che avevano combattuto e coloro che avevano “medizzato”, i Persiani, pur sconfitti ancora sul piano militare, seguitano a interferire con notevole successo nelle vicende elleniche. I Persiani sono visti in genere come un popolo ricco ed esotico, effeminato e inaffidabile, la cui immagine si costruisce attraverso una serie di opposizioni ai presunti caratteri greci. Ciò non impedisce continue e fortunate frequentazioni tra i due popoli, specie a livello aristocratico.

Dopo la guerra: ritorno al passato?

Le guerre persiane hanno un enorme impatto sui Greci; sono anche decisive per dare il via all’eccezionale sviluppo di Atene, che inizia il suo “secolo breve” di dominio militare e culturale. Non hanno invece alcuna influenza sul mondo greco per quanto riguarda l’assetto politico.

La Lega ellenica, vittoriosa sul campo, si rivela per quello che è: un’unione temporanea e poco coesa al suo interno. Le poleis riprendono le loro lotte e “la libertà che i Greci avevano ottenuto era la libertà di continuare a interferire ciascuno con la libertà degli altri” (R. Osborne). Né possiamo stupirci – memori di tante altre situazioni simili che la storia ci ha presentato – che anche la divisione tra leali ed eroici difensori della libertà e spregevoli “medizzanti” collaborazionisti, anche se destinata a riapparire di tanto in tanto, in pratica viene dimenticata e perde d’importanza.

Gli abitanti della piccola Micene, pochi anni dopo la fine della guerra, non traggono alcun vantaggio dall’aver fatto parte della coalizione antipersiana, quando vengono brutalmente assaliti da Argo, che invece durante la guerra è rimasta colpevolmente neutrale: nessuno si sogna, infatti, di accorrere in loro aiuto. E cinquant’anni dopo sono i Plateesi, il cui curriculum di lealtà è forse il più immacolato, a subire la peggiore delle sorti da parte degli Spartani, stretti alleati dei Tebani, che dei “medizzanti” sono stati i campioni. E le poche volte che ci si sofferma a riflettere su tali questioni imbarazzanti, la risposta è, ancora una volta, quella che sentiremo tante altre volte, in circostanze simili: a medizzare non sono stati – per esempio – i Tebani, ma solo i pochi che a quel tempo ne dirigevano la politica...

Eventi militari

Le battaglie di Platea e Micale non pongono formalmente fine alla guerra. In effetti, non viene firmato alcun trattato di pace. La collocazione delle poleis dell’Asia Minore rimane “sospesa” e i Persiani non scompaiono affatto dalla storia greca.

Analizziamo in primo luogo le vicende militari. La Lega ellenica, ormai guidata da Atene – quella che noi chiamiamo Lega di Delo, o Lega delio-attica, ne è in effetti un’emanazione, anche se presto diventerà qualcosa di molto diverso –, continua la guerra e conferma la superiorità greca sul mare: la vittoria dell’Eurimedonte (466 a.C.), dove l’esercito alleato è guidato da Cimone (510-449 a.C.), figlio di Milziade, pone fine, per il momento, alle ambizioni persiane di riprendere il controllo dell’Egeo, mentre, pochi anni dopo, Atene ha addirittura l’ardire di inviare un grande contingente in aiuto del principe egiziano Inaro, protagonista di una delle tante ribellioni al dominio persiano nella zona del delta del Nilo. L’impresa (460-454 a.C.) si conclude con un completo fallimento e la perdita di moltissime navi e uomini. Ma ciò non sembra turbare la sicurezza della democrazia ateniese, che proprio in quegli anni sta consolidando la sua struttura, dopo le riforme di Efialte e Pericle. Nel 449 a.C., Ateniesi e Persiani giungono a una sorta di trattato di pace (comunemente chiamato pace di Callia, dal nome dell’ambasciatore ateniese protagonista delle trattative, amico e parente di Pericle).

Non si tratta probabilmente di un vero e proprio trattato, almeno da un punto di vista giuridico (il Gran Re non può firmare trattati con entità “inferiori” come una polis), ma certo, da quel momento, i Persiani cessano (per breve tempo, come vedremo) di aspirare al controllo delle città dell’Asia Minore, ormai tutte incardinate nella Lega di Delo.

In realtà, l’ambizione di influenzare la politica greca non viene mai meno alla corte persiana. Il tramite naturale per dirigere la politica occidentale del Gran Re sono i satrapi a capo delle satrapie più vicine al mondo greco. Ne ricordiamo due, instancabili tessitori di trame fra Oriente e Occidente: Farnabazo (450 - 370 a.C. ca.) e Tissaferne (?-395 a.C.). Il primo, satrapo della Frigia ellespontina (capitale Dascilio), è protagonista degli accordi persiani con Sparta che, nella fase finale della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), portano di fatto alla vittoria la città laconica. Ma la sua presenza si fa sentire anche in seguito, in pieno IV secolo a.C., quando insieme a Conone intraprende, per la prima volta, la spedizione navale di una flotta persiana nelle acque greche, questa volta contro Sparta. Il secondo, satrapo della Lidia (capitale Sardi) è una figura più ambigua e complessa, e anche – all’apparenza – più ambiziosa. Ha il suo momento di gloria a Cunaxa, a fianco di Artaserse II contro il fratello ribelle Ciro; sarà sconfitto poi da Agesilao e poco dopo verrà fatto giustiziare dallo stesso Artaserse.

Non è facile seguire i complessi rapporti tra la corte del Gran Re, il quale, non foss’altro per la distanza che lo separa dalle regioni occidentali, appare spesso poco coinvolto nelle cose di Grecia, e il mondo delle poleis. Non c’è dubbio, comunque, che a partire dall’ultima fase della guerra del Peloponneso, i Persiani giochino un ruolo centrale nella politica greca, valendosi soprattutto delle sconfinate risorse finanziarie che possono mettere a disposizione. Con tali mezzi – esattamente ciò che è sempre mancato alle poleis – generalmente tendono a privilegiare la parte più debole (Sparta durante la guerra del Peloponneso, Atene, Tebe e le altre dopo la guerra), senza alcun interesse per questioni ideologiche. Il culmine di tale processo si ha nel 386 a.C., quando la pace generale tra Greci, non a caso chiamata “del Re”, inizia con la frase, infamante per i Greci stessi: “Il re Artaserse ritiene giusto...”. La reazione che comincia a manifestarsi in quegli stessi anni, per esempio negli scritti di Isocrate (436-338 a.C.), è basata appunto sull’enorme differenza tra forza militare persiana (modestissima, come le vicende raccontate da Senofonte nell’Anabasi dimostrano) e influenza sulla politica greca, sempre più grande e sempre più imbarazzante. Ma i Greci non hanno più le forze per contrastare tale stato di fatto: a risolvere l’impasse saranno Filippo II e suo figlio Alessandro.

La percezione del Persiano nel mondo greco

Ideologicamente, il Persiano, dopo le grandi battaglie destinate a rimanere a lungo come pietre miliari dell’immaginario occidentale, è ormai il barbaros, il nemico per antonomasia: amante del lusso, subdolo, codardo, effeminato (curioso destino per un popolo che, alle origini, era formato da rudi e coraggiosi montanari!), irrazionale, in qualche misura il suo ritratto tende a formarsi con una semplice serie di opposti al carattere greco. Essere vicini ai Persiani è una condanna a morte per le velleità politiche di un ateniese: ne sono splendida testimonianza gli ostraka che, nel dare il voto di condanna a questo o quell’altro politico, lo accompagnano con il disegnino stilizzato di un persiano, rappresentato nell’atto tipico di maneggiare l’arco.

I Persiani, nell’immaginario popolare, sono visti come lontani abitanti di una sorta di Eldorado, in cui davvero tutto si trasforma in oro, come si raccontava di Mida. Ne è testimonianza un meraviglioso passo degli Acarnesi di Aristofane, in cui si può notare anche il sottile, ma chiaro segno di sostanziale disprezzo con il quale era visto il Persiano nell’Atene classica.

Eppure, il quadro che presentiamo sarebbe incompleto se non tenessimo conto dell’altra faccia della medaglia. Oltre alla pressione ideologica, che ha buon gioco a farsi largo nell’immaginario popolare, esistono altri modi con i quali i Persiani vengono a contatto con la realtà greca: in molti di questi casi gli incontri non sono affatto di segno negativo, ma fanno capire come Greci e Persiani rappresentino “due mondi tra i quali un abisso è stato posto dalla autorappresentazione ideologica che i Greci hanno dato di se stessi, ma che erano, nella prassi concreta, assai più vicini e intrecciati” (Luciano Canfora).

Ciò è vero soprattutto a livello di aristocrazie: qui, chiaramente, non è certo un abisso quello che separa i due mondi. Gli incontri, gli scambi, le buone relazioni, la facilità con cui gli aristocratici greci che finiscono in Persia riescono a intendersi con i loro pari persiani ci rende più immediata la comprensione di personaggi come l’ateniese Senofonte, nel quale, oltre alla passione politica per Sparta, convive una più romantica e meno immediatamente afferrabile attrazione per l’Oriente e per la Persia, veicolata attraverso la descrizione di figure realmente conosciute, come Ciro il Giovane (nell’Anabasi), o idealizzate, come Ciro il Grande (nella Ciropedia), ma comunque portatrici di valori esemplari e centrali nell’universo ideologico dell’autore, che appare condividere gran parte dell’atteggiamento etico proprio, appunto, dell’aristocrazia persiana.

Esiste poi tutta una serie di influenze persiane (a cui è stato dato l’elegante nome di perserie) in campo artistico e in campi più quotidiani come, per esempio, la moda nel vestiario e in altri accessori.

I Persiani sono insomma compagni di viaggio dei Greci, lungo i due secoli centrali della loro storia. Quella che ci manca, purtroppo, è una testimonianza della visione che i Persiani hanno degli Yauna (= Ioni: è questo il nome che essi davano ai Greci in generale): difficilmente li avranno considerati più di un piccolo popolo marginale.

Certamente l’aspetto che viene più apprezzato è la loro capacità militare, specie per quanto riguarda la fanteria pesante, di cui i Persiani sono sempre stati sprovvisti. Non a caso, il mondo orientale, e la Persia in particolare, è sempre stato popolato di mercenari greci, che hanno finito per costituire uno dei più importanti veicoli di scambio culturale tra i due mondi.

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Il figlio di Zeus: Alessandro e l’impero universale
Il nuovo Achille: Alessandro in Asia
Alessandro III figlio di Filippo: una successione complicata
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Greci e Persiani: l’incontro
L’ascesa della Macedonia: Filippo II
Il teatro greco
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L’epigramma, il mimo, il teatro