La filosofia della medicina ippocratica

di Valentina Gazzaniga

La medicina ippocratica si distingue dalle arti di guarigione sacre perché possiede un metodo che consente l’analisi della realtà fisiologica e patologica, alla ricerca delle cause prime dei fenomeni del corpo. Essa offre un modello di sapere acquisibile e trasmissibile, che si discosta dalla pura competenza empirica per spingersi verso la discussione teorica dei principi che alterano lo stato di equilibrio del corpo.

Cosa è la techne medica?

Cosa distingue la medicina ippocratica dalle pratiche di guarigione che i “ciarlatani, i maghi e gli imbroglioni” tanto violentemente attaccati nel trattato sulla Malattia sacra, praticano, all’interno dei recinti dei templi e per le vie delle città della Grecia? I trattati della Collezione ippocratica rispondono variamente a questa domanda, definendo per la prima volta il campo di azione di una filosofia e di un’epistemologia della medicina antica.

I libri ascritti ad Ippocrate, infatti, affrontano per la prima volta la discussione sulla natura della medicina, il tema della causalità, la definizione della malattia come “famiglia di concetti che hanno subito un’evoluzione” nel tempo – Mirko Grmek (1924-2000).

Il trattato Sull’arte, databile all’ultimo scorcio del V secolo a.C. e destinato a essere letto davanti a un pubblico non necessariamente esperto (Jacques Jouanna), pone tra i suoi scopi quello di individuare quali sono le caratteristiche che fanno della medicina una techne, cioè una competenza in grado di ottenere un risultato pratico (il ristabilimento della salute), in base a un metodo che si basa principalmente sulla conoscenza del “perché” (dià ti) si agisce in un modo piuttosto che in un altro. La prima di queste caratteristiche è l’eliminazione del caso: “Il caso, una volta sottoposto a verifiche, apparirà non essere nulla: si troverebbe infatti che tutto ciò che accade, accade per un perché, e nella misura in cui si dà un perché risulta manifesto che il caso non ha nessuna realtà al di fuori del puro nome. Invece l’arte medica, sia nel campo degli eventi che accadono per un perché, sia in quelli che sono oggetto di previsione, mostra e sempre mostrerà di avere una propria realtà” (De arte, V, 4). La medicina è, pertanto, quella competenza acquisibile e trasmissibile, frutto della combinazione accorta tra una consapevolezza dei principi teorici e un “saper agire”, e destinata alla creazione, o meglio “ricreazione” di un prodotto, che è la salute perduta. Essa si distingue sia dall’episteme, il sapere astratto e tendente a una dimensione assoluta, sia dalla tribé, la competenza degli artigiani che si sviluppa sulla base di un procedimento empirico puro, fondato su un andamento “per prova ed errore”; essa consente di ripetere potenzialmente all’infinito una produzione con modalità corrette, ma senza in alcun modo incrementare la conoscenza. Curare gli ammalati è, insomma, nella tradizione ippocratica, qualcosa di profondamente dissimile dalla capacità di forgiare un vaso; l’accorto vasaio sa quali sono i gesti da compiere e la loro corretta successione, ma, perché il suo prodotto sia perfetto, non è necessario che egli conosca le motivazioni teoriche del suo agire. Il medico ippocratico, invece, se fonda il suo sapere sull’esperienza (empeiria), ha necessità di superarne i limiti: l’accumulo di dati di osservazione, su cui un corretto agire terapeutico si fonda, non ha senso se non inquadrato in un sistema logico, il cui fine è quello di ottenere una modificazione dello stato di natura. Pertanto, la techne medica ha come oggetto la rilevazione dei dati sensibili che il corpo del malato trasmette e la cui caratteristica fondamentale è il mutamento; suo campo di riflessione è la salute, che, sulla scia della definizione proposta da Alcmeone di Crotone (VI sec. a.C.), è eucrasia, cioè equilibrato rapporto dei costituenti fisici del corpo e delle qualità che li caratterizzano.

Fisiologia e patologia ippocratica

I trattati ippocratici presentano concezioni del corpo e del suo funzionamento non sempre convergenti: alcuni parlano di principi (amaro, salato, dolce, aspro nella Medicina antica) che amalgamati danno salute e separati malattia; il trattato Sulla natura dell’uomo, forse di Polibo (IV sec. a.C.), contiene la sistematizzazione più coerente della “teoria dei quattro umori”, per cui al sangue, flegma, bile gialla e nera, costituenti del corpo, corrisponderebbero le qualità caldo, freddo, secco e umido. Umori e qualità hanno un equilibrato rapporto tra loro, consono alle varie età della vita e ai diversi generi sessuali. In questo equilibrio sta la salute, nel cambiamento del loro stato (metabolé), che è una rottura (discrasia), la malattia. Qualsiasi elemento del mondo naturale, che è composto degli stessi principi del corpo umano (in Empedocle, aria, acqua, terra e fuoco; in Ippocrate, caldo, freddo, secco e umido), è in grado di penetrare nel corpo dell’uomo, che è un “sistema aperto”, e modificare con il suo apporto l’equilibrio-salute. Ecco individuata la causalità dei fenomeni patologici che affliggono il corpo; la malattia è un “cambiamento”, introdotto dall’ambiente o dal regime (l’insieme delle abitudini di vita del paziente). Se c’è causa, c’è prevedibilità. Il medico può, dunque, “predire” l’andamento della malattia, perché possiede il metodo che gli consente di capire da dove essa si origina; non è sufficiente dire che un certo comportamento, un cibo o un clima sono nocivi alla salute, ma bisogna essere anche in grado di dire “perché” (Medicina antica, 20). In questa ricerca della causalità come base del metodo clinico la medicina ippocratica si fa maestra della filosofia, come dimostra il Gorgia platonico nella distinzione tra medicina-sapere causale e arte culinaria-sapere casuale (Mario Vegetti).

La medicina come techne è in grado di “stabilire distinzioni normative” e di definire l’ambito del corretto agire; il buon medico è colui che sa quello che deve fare, perché conosce le cause delle malattie “visibili e invisibili” (De arte, 9-11). Il corpo malato risponde, come ogni altra realtà sensibile, a precisi nessi temporali e causali; la techne prevede la capacità di costruire storie che, partendo dal passato (la raccolta dei dati anamnestici; il racconto del vissuto di malattia del paziente), possano consentire la comprensione del presente (i sintomi; le modificazioni del corpo) per prevedere la conclusione, positiva o negativa, della vicenda che il corpo stesso racconta (la prognosi come capacità di dire se, quanto e in quali condizioni durerà la malattia). La ferma applicazione di questo metodo esclude il caso, e le sue tragiche conseguenze, dalla storia dei malati.

Vedi anche
Eraclito e Empedocle
Platone
L’età ellenistica: divorzio tra scienza e filosofia
Dalla medicina sacerdotale alla medicina ippocratica
Ippocrate e gli scritti ippocratici
Concetti e metodi ippocratici
Le terapie ippocraticheL’arte medica e l’etica ippocratica