Non posso passare sotto silenzio il seguente episodio, che mi pare sconsiderato e oltraggioso.
A volte il destino di una donna può essere davvero inconsulto, soprattutto se la donna è anziana, chiassosa, insolente e si occupa di magia. Credere in Dio non è mica vietato. Uno può credere in Dio per lo meno per proteggere la propria salute, per non ammalarsi fin dalla più tenera infanzia. Ma le persone intelligenti non solo credono in Dio, si destreggiano anche in questioni molto più complesse o, meglio, più alte. Prendiamo, ad esempio, gli elementi naturali. Non eseguono forse gli ordini delle forze celesti quando si tratta di punire qualcuno, di dirgliene quattro o di dargli uno schiaffo? Forse gli elementi naturali non si divertono a tormentarci, a farsi beffe di noi, a calpestarci, a sputarci in viso? Perché allora non cominciare finalmente a fidarci di loro?
Credetemi, certi pregiudizi mi sono completamente estranei, non sono io a pensarla così, bensì un’altra donna di cui parlerò più avanti. Ma non vi dirò granché di lei, perché mi ha chiesto di tacere. Sapete, era una persona così sorprendente, così fuori dal comune… del resto, lo è tuttora, perché vive a Kiev ed è in perfetta salute. La sua professione era tra le più insolite e indispensabili: faceva l’ostetrica, ovviamente a domicilio. Ed era bravissima, lo dico per esperienza personale. Non c’era crisi sociale che potesse intimorirla! In qualsiasi congiuntura politica restava sempre a disposizione. In realtà, prestava i suoi servigi soltanto in alcuni palazzoni del quartiere Charkivs’kij e il suo compito consisteva in questo: acchiappare i bambini, cioè i bambini che stavano nascendo, con un grosso guanto. Questo guanto era di stoffa rossa e bianca ed era enorme, davvero impressionante.
La donna invece era di corporatura robusta, anziana, sorridente e aveva l’aria di aver compiuto sessant’anni da almeno qualche secolo. Aveva un volto geometrico, squadrato e tre menti ben cesellati; i nei rossi e neri sparsi sulle guance sottolineavano l’audacia dei suoi lesti occhi marroni, la sfrontatezza del minuscolo naso ben fatto e la spaventosa abilità delle sue mani a uncino.
Provava un senso di devozione per il quartiere Charkivs’kij, lo chiamava “la mia nave”, e da ben cinquant’anni non usciva dai suoi confini. Riconosceva per la strada ogni bambino che aveva aiutato a nascere, non importa quanti anni avesse o se all’apparenza l’avresti detto addirittura decrepito! E ogni bambino – le nostre statistiche lo dimostrano con una certa esattezza –, sottomettendosi a forze ben superiori rispetto a quelle possedute dall’essere umano, una volta riconosciuto, era pronto a rispondere al suo appello, a prestare ascolto ai suoi ordini e a correre per lei in capo al mondo. Circostanza che questa anziana donna, in realtà pericolosissima, sfruttò più volte per l’acquisto di burro, latte, ricotta e altri prodotti diabolici che lei consumava così com’erano, quando non li utilizzava per preparare le sue pietanze e pozioni magiche.
Perché è inutile girarci intorno: la persona in questione era una strega e il nostro quartiere era già stato colpito ripetutamente da sventure inimmaginabili soltanto per un suo capriccio o un suo moto di stizza. Malediceva intere case senza alcuno sforzo e quelle diventavano ricettacolo di forze malvage e fenomeni soprannaturali. Faceva piovere sabbia e fango sui cortili e i giochi di legno dei bambini marcivano, come frutti troppo maturi caduti dall’albero.
Nessuno aveva mai visto nel nostro quartiere una persona più potente di lei. Nessuno oserà mai contraddirla o contrastare la sua volontà. Non è da escludersi che perfino quel che sto raccontando adesso alla donna stupefatta che trascrive queste parole sia proprio lei a sussurrarlo, o che io stia vivendo la mia esistenza ormai totalmente assoggettata alla sua ferrea volontà.
Proprio per questo non posso fare a meno di scrivere quanto segue:
La magia è indistruttibile.
Gli incantesimi sono eterni.
Forze malvage governano il mondo.
Cerco di resistere con tutte le mie energie, respiro appena, irrigidisco il petto, la pancia, le braccia, tento di cancellare queste parole orrende, ma non posso. Non posso!
Ogni tanto riusciamo a spazzare il cortile, a rimettere in ordine la cucina, a fare una capatina al lavoro, e ci sembra di esserle sfuggiti, di essere liberi.
Ma non è così. I fiori in cortile sono appassiti, le aiuole distrutte da automobili, i bambini sporchi e i cespugli non vogliono fiorire. E dalla voragine nera della finestra fa capolino un guanto gigantesco: Marija Il’inična si prepara ad andare al lavoro.