I giorni si trascinano privi di senso. Da noi ad A., è tutto molto tranquillo, nessuno spara a nessuno. Nessuno pretende spiegazioni su cose irrisorie. I posti di blocco non sono attivi come a V., noi possiamo passare tranquillamente, soprattutto se siamo su un maršrutnye taksi o su un taxi normale.
Io mi oriento poco nella città dove ho vissuto tutta la vita.
Non capisco chi siano le persone che considero amiche e con le quali mi vedo tutti i giovedì per giocare a carte, scommettendo monetine di rame e divorando caramelle e biscotti. Mi spaventa la stabilità, più di ogni altra cosa.
Una tranquillità, un silenzio o un fluttuante – sarà il termine giusto? – pantano. Una palude. Ecco, sì, una palude. Intorno non c’è un’anima. Io cerco mio marito nel bosco, in mezzo all’acqua, con l’acqua alle ginocchia. È successo a me? Oppure non è mai avvenuto niente di tutto questo? Voi riderete, ma questa cosa non è capitata a me, ma alla mia vicina. Finisco sempre con il mettermi al suo posto quando racconto la sua storia. Però non dite che sono pazza. Sogno spesso di essere nei pressi di un’area boschiva, tutto intorno la terra è sporca di sangue, c’è un carro ingombro di corpi. Ci stanno sparando. È una descrizione che deve arrivare da un manuale di storia. Non mi resta che salire sul carro senza farmi vedere, nascondermi sotto i corpi, imbrattarmi la faccia di sangue e fingere di essere morta.
Questo episodio è successo, invece, veramente, e non in sogno, ma nella realtà. Un anno fa la mia vicina cercava il marito che era stato fatto prigioniero e poi era stato rilasciato. L’ha cercato per molti giorni di seguito e, alla fine, lo ha trovato nel bosco! Non l’ha trovato subito, prima lo ha cercato nelle frazioni vicine, in città, dai parenti. Infine, ha cominciato a camminare per il bosco chiamandolo, finché lui non ha risposto. Il bosco è il posto giusto dove gridare il nome di qualcuno, e si può anche strillare, e piangere.
Tenendosi per mano hanno attraversato il nostro immenso bosco. Quando ripenso al racconto della vicina, il bosco mi sembra impenetrabile, gigantesco. I tronchi svettavano su di loro come alberi di un veliero. Sergej, il marito, le camminava accanto. Avanzavano leggeri, come sul velluto, come se avessero piume ai piedi, o un rivestimento di pelliccia. Lei mi ha detto che, nel bosco, il muschio era stato in grado di capirli: si era steso davanti a loro, arrendevole, un tappeto, un cuscinetto sotto ogni passo, e loro erano riusciti ad avanzare morbidi e silenziosi, senza che nessuno li sentisse. Avevano trovato un sentiero che dopo tre ore li aveva immessi sulla strada battuta, e da lì la nostra città era a portata di mano. È vero, era notte, ma avevano imparato a vedere al buio. Faceva freddo, ma avevano imparato a non congelare.
L’ho imparato anche io, e la mia mano si è fatta bollente. Un mio amico passava di lì in bicicletta e li aveva visti sulla strada, ma non si era fermato. Molti dicono che la cosa più importante per noi è la pace. Ma io vi dico: la pace non ha senso. Il senso sta in qualcosa d’altro. Non so in che cosa, ma non nella pace.
Finché c’era la guerra, io ero tranquilla. Perché vivevo passando da un bombardamento all’altro. Non vivevo nemmeno alla giornata, ma all’ora, al minuto. Avevo i miei amici accanto. Qualsiasi cosa dicessero, i loro discorsi avevano perso d’importanza. Nelle ore e nei giorni difficili, le loro parole non si potevano nemmeno ascoltare perché non appena venivano pronunciate diventavano un oggetto, qualcosa di concreto, con una forma piuttosto che un significato. Riparandosi dove poteva, sotto la pioggia, una mia vicina vestita di azzurro correva verso il portone per portare in salvo la sua gallina. La gallina si chiamava Vika: si era salvata, da vincitrice, era diventata Victoria. Anche la vicina si è salvata. La gallina qualche volta si nascondeva nel nostro seminterrato. Si avvicinava a molti di noi e non aveva più paura delle persone. Un giorno, la vicina ci ha detto che non riusciva più a stare nel seminterrato, a pensare a quel che poteva succedere di sopra, nella loro casa, alla stupida Vika. Abbiamo riso della vicina, della sua incapacità di resistere. Lei ci ha mostrato la pagina del giornale «Novosti našego goroda», Notizie dalla nostra città, con l’oroscopo giorno per giorno. Alcuni segni zodiacali ricevevano suggerimenti ora per ora.
I Pesci potevano contare sulla fortuna e sentirsi sicuri dalle tre alle cinque di quel pomeriggio. La vicina era un Pesce purissimo, senza intromissioni di altri segni, quindi poteva uscire dallo scantinato per salire in casa e, anche se si fossero sentite delle esplosioni, non l’avrebbero colpita.
Il Pesce e Victoria adesso sedevano vicine e insieme non si annoiavano. Quel giorno, con mio grande stupore, ho sentito dire – e ho creduto a quelle voci – che a farci la guerra era il Canada, per colpa di alcuni giacimenti di un nuovo prezioso tipo di carbone. C’era, tra noi, chi si era convinto di questo già da tempo. Eravamo seduti nel seminterrato e pensavamo all’aggressione canadese, a come gli altri paesi possono essere avidi, vendicativi e senza cuore. «Ci bombarda il Canada», queste parole sussurrate correvano avanti e indietro per per lo scantinato, e avevano un effetto inspiegabilmente consolatorio.
Ci siamo messi tutti a leggere l’oroscopo. Lo Scorpione il giorno successivo non avrebbe corso alcun rischio da mezzogiorno fin quasi a sera. Così sono uscita per la mia prima passeggiata. Ho girato per la città che mandava fumo e chiarore, le strade si erano svuotate, le finestre erano senza vetri, sembrava che la terra tremasse un po’, ma c’erano degli alberelli che si chinavano fin giù, sotto il peso delle foglie. Non c’era mai stata una simile quiete, da noi.
Vicino alla discarica, mi è venuto incontro un ubriacone, un alcolista che conoscevo da tanto. Era perfettamente sobrio. Come me, si era fermato e si guardava intorno, meravigliato. Era anche lui dello Scorpione. D’istinto si era sentito sicuro e era stato attirato in superficie. Sono tornata senza incidenti nel seminterrato. Ci siamo messi tutti a fare i nostri calcoli per uscire e andare in città nelle ore sicure, e non ci è successo niente, niente di speciale, niente di terribile, capitavamo sempre negli intervalli tra un’esplosione e l’altra.
In questi giorni, leggo ancora l’oroscopo. Oggi, tra le sei e le nove, mi si raccomanda di «isolarmi, di chiudermi in me stessa, è il momento giusto per la riflessione ed è meglio trascorrerlo in casa». C’è sempre un’allusione a un pericolo. Ma al tempo dei bombardamenti, ci si creda o no, con queste raccomandazioni indirette, l’oroscopo ci ha mostrato il rischio che correvano davvero le nostre vite.
Da molto non si sentono esplosioni, ma l’oroscopo continua con le sue frasi, le formule non sono cambiate, ma noi abbiamo smesso di interpretarle.
Prima le stelle erano dalla nostra parte, si può dire che lavoravano a nostro favore, adesso è come se qualcosa si fosse interrotto. Il cielo è diventato capriccioso. Il tempo ha voltato le spalle alla nostra città. Non succede più niente.