11

Katherine fu visitata da un medico che dichiarò buono il suo stato di salute, considerato quello che aveva passato. Gli effetti della droga si sarebbero attenuati nel giro di poco tempo. Quando lui fu uscito, Blake bussò alla porta ed entrò. Vide Katherine abbandonata fra i cuscini ed ebbe l’impulso di correre a prenderla tra le braccia, ma si trattenne.

Lei lo guardava con occhi umidi di lacrime e senza sorridere. Amelia andò incontro al fratello, gli disse della diagnosi del medico e gli assicurò che Katherine non era stata violata. Blake fece un sospiro di sollievo e si avvicinò al letto.

«Devo ringraziarvi per avermi salvata» mormorò Katherine debolmente. «Ero terrorizzata che nessuno riuscisse a trovarmi.»

«Grazie a Dio, siete in salvo e quel delinquente è in prigione.» Blake voltò il viso per non lasciare trasparire i propri sentimenti. Katherine non avrebbe mai saputo quanto avesse sofferto pensando a lei prigioniera. L’immagine di quello che Forbes avrebbe potuto farle lo aveva quasi fatto impazzire.

Katherine lo guardò preoccupata. Blake sembrava dimagrito e il suo viso era scavato. Ricordando che Lord Forbes le aveva detto della morte di Lady Margaret, gli prese una mano tra le proprie.

«Oh, Blake, perdonatemi per l’angoscia che vi ho provocato. Io... ho saputo di Lady Margaret e... ne sono terribilmente addolorata. Avevate già abbastanza pensieri senza il mio rapimento.»

Blake sorrise debolmente. «Non è stata colpa vostra. Non potevate conoscere il piano demoniaco che Forbes aveva su di voi.»

«Come sapevate dove cercarmi?»

«Ho ricevuto un biglietto.»

«Un biglietto? E chi ve lo ha mandato?»

Blake si strinse nelle spalle. «Non era firmato. Vorrei proprio sapere chi devo ringraziare.»

«Che strano. Dov’era il posto in cui venivo tenuta prigioniera?»

«Highgate. La villa è chiamata Wycliffe Manor ed è la casa di Sir Matthew Mayhew, un intimo amico di Lord Forbes. Sir Matthew è un mercante della East India Company e al momento è fuori Londra. La donna indiana e il vecchio servitore erano rimasti per custodire la casa.»

«Questo spiega la presenza della donna e della stranezza esotica della casa. Dove è finita lei?»

«Non lo so, perché non mi è chiaro che parte abbia avuto nel vostro rapimento. Penso che sia stata costretta a fare quello che Forbes ordinava. Sarà comunque processata.»

«Cosa mi è stato somministrato? Può essere pericoloso per la salute?»

«Vi hanno dato del laudano, un derivato dell’oppio. Il medico ha assicurato che i suoi effetti svaniranno in pochi giorni e che potrete alzarvi al più presto.»

«Oppio? Mi sembra di averne sentito parlare. Cresce in Oriente, vero?»

Blake annuì. «Sir Matthew se lo procura durante i suoi viaggi e lo ha passato a Forbes. Dall’odore che ho sentito in quella casa, penso che lui abbia acquisito il vizio di fumarlo. Ecco perché per gran parte del tempo sembra privo di senno.»

«Disgustoso» commentò Katherine. «Dopo essere stata costretta a bere quella pozione e averne subito le conseguenze, non capisco come faccia una persona ad assumere l’oppio volontariamente. Amelia mi ha detto che prima di tornare a Londra siete andato a Ludgrove Hall. Matilda come sta?»

«Ha nostalgia di voi» disse lui dolcemente. «Anche se c’è un giovane in vista.»

«Scelto da mia zia, presuppongo» disse Katherine ironicamente. «Come sta, a proposito?»

«Sempre la stessa.»

«Sarà molto adirata che io non abbia ancora trovato un marito.»

«Ne abbiamo accennato» disse Blake. «Ma potete stare tranquilla, Katherine. Le ho detto che ci sono parecchi giovani adatti che si contendono la vostra mano e che è solo questione di tempo prima che voi decidiate quale scegliere.»

Katherine si sentì tremare interiormente sentendo che lui la chiamava per nome e sorrise. «È molto bello sentirvi pronunciare il mio nome. C’è una ragione per questo vostro improvviso cambiamento?»

Blake sorrise. «Siete stata voi a incominciare a chiamarmi per nome.» I suoi occhi erano pieni di tenerezza, il genere di tenerezza che lei aveva sperato di vedere. «Penso che sia ora che la smettiamo con quelle stupide formalità.»

Katherine arrossì lievemente e lo guardò attonita. «Davvero, vi ho chiamato per nome? Vi prego di volermi scusare.»

«Non c’è niente da perdonare. Anzi, penso proprio che dovremmo darci del tu.»

Continuarono a parlare e Katherine gli raccontò quello che aveva passato, senza però nominare mai padre Edmund. Blake, con discrezione, evitò per il momento di farle domande in proposito.

La gente ascoltava inorridita e stupita le notizie sulla ribellione in Irlanda. Le ragioni del conflitto affondavano le loro radici nel passato. Dopo la morte del Conte di Strafford e la fine della sua amministrazione, la popolazione dell’Inghilterra venne a sapere di emigrati inglesi protestanti massacrati a migliaia da irlandesi cattolici.

La convinzione era che si trattasse di una cospirazione cattolica e che i preti fomentassero la ribellione contro gli inglesi. Gli orrendi atti di violenza perpetrati nei loro confronti in Irlanda eccitarono l’opinione pubblica in Inghilterra e i cattolici presero a essere perseguitati con maggiore vigore.

Katherine era allarmata. Non aveva più avuto notizie di suo fratello e stava impazzendo per la preoccupazione. Sentiva continuamente di nuovi arresti.

Un giorno Blake, appena rientrato da Westminster, si fermò a parlare nell’atrio con la sorella senza rendersi conto che Katherine poteva sentire.

«Che notizie ci sono?» chiese Amelia.

Blake sospirò profondamente e le comunicò: «Padre Edmund è stato arrestato e imprigionato».

Katherine ebbe l’impressione di avere ricevuto una frustata. Si precipitò verso Blake con il cuore che le batteva come un tamburo. «Imprigionato? E dove?»

«A Newgate» rispose lui. «Mi dispiace di essere ambasciatore di una notizia così tragica.»

«Che gli succederà?» chiese Katherine.

«Nessuno può saperlo.»

«Di grazia, scusatemi» disse Katherine sentendo che stava per scoppiare a piangere. «Devo tornare nella mia stanza.»

«Vado con lei» mormorò Amelia, ma Blake la fermò con risolutezza.

«No, vado io. È ora che sappia cosa lega Katherine a questo prete cattolico.»

Blake entrò nella stanza di Katherine e fece cenno a Rose di lasciarli soli.

«Padre Edmund non è l’unico prete imprigionato a Newgate» esordì.

«Lo so» rispose lei in tono triste. «Ma è l’unico di cui mi importi.»

Blake aggrottò la fronte, assalito dalla gelosia. Dalla morte di Margaret e dopo il trauma del rapimento di Katherine, si era reso conto di quanto lei significasse per lui e non poteva sopportare il pensiero che fosse innamorata di un altro uomo.

«Allora... è vero! Dimmi cosa senti per lui, perché non è solo gentilezza o pietà che causa questo tuo comportamento nei suoi confronti, vero? E perché lo hai incontrato nel parco?»

Katherine impallidì. «Come lo sai? Chi te lo ha detto?» chiese con un filo di voce.

«Forbes.»

«Avrei dovuto immaginarlo» mormorò. «Ha assistito al nostro incontro di quella mattina, ma ti giuro, Blake, che non ci eravamo dati appuntamento.»

«Allora, cosa c’è tra di voi?»

«Padre Edmund è un mio amico e merita la mia compassione. È per questo che sono preoccupata.»

Blake aggrottò il viso. «Non ne sono del tutto convinto, Katherine. Non lo conosci da abbastanza tempo per avere potuto stabilire con lui una tale amicizia.»

Katherine sospirò. Non si fidava ancora di lui tanto da confidargli il suo segreto. «Mi dispiace che la pensi così. Comunque, dimmi, cosa gli è successo?»

«Poiché ha il favore della regina, sarà chiamato davanti alla Camera dei Comuni e gli sarà chiesto di fare un giuramento sulla Bibbia di Re Giacomo.»

«Che significa?»

«Che deve riconoscere la sovranità religiosa del re e ripudiare il Papa.»

Katherine impallidì. «E se rifiutasse?»

Blake scosse la testa.

«Pensi che possa essere... impiccato?»

«Katherine» disse Blake, «parecchi preti sono stati messi a morte, recentemente. Dopo il matrimonio del re con Enrichetta Maria le cose sono migliorate molto per i cattolici.»

Katherine sorrise con ironia. «Sentendo quello che è successo in Irlanda, pare che per le strade il sangue dei cattolici scorra a fiumi. La popolarità della regina è molto diminuita. I suoi servitori sono stati esiliati e la sua scorta vive da prigioniera, adesso che il re si trova in Scozia. Che speranze ha padre Edmund a Newgate? È solo, alla mercé dei suoi carcerieri che lo tratteranno come un verme. Lo tortureranno, anche se non ha preso parte alla ribellione in Irlanda. Il suo crimine è essere un prete cattolico romano che ha scelto di vivere la sua vita servendo Dio.»

«Calmati, Katherine. Potrebbe sempre abiurare. Alcuni lo fanno. C’è quindi la possibilità che, se lo farà, sarà bandito dall’Inghilterra.»

«Allora spero proprio che lo faccia.»

Blake non le disse che coloro che avevano abiurato avevano ricevuto la condanna di Roma e che la scomunica del Papa si era dimostrata peggiore della morte, poiché erano stati banditi dalla comunità cattolica.

Le mise le mani sulle spalle e la guardò negli occhi. «Credimi, non c’è niente che possa essere fatto. La sua vita è nelle sue stesse mani.»

Si voltò e lasciò la stanza profondamente triste, perché non riusciva a capire la devozione di Katherine nei confronti del prete.

Katherine passeggiò per la stanza pensando intensamente a cosa avrebbe potuto fare per salvare suo fratello. Avrebbe dovuto essere persuaso a tutti i costi a fare il giuramento. Decise quindi che doveva rivederlo.

«Rose, prendi il mantello» ordinò. «Usciamo, ma non dire una parola su dove andiamo. Se qualcuno te lo chiede, stiamo andando solo a prendere un po’ d’aria nel parco.»

«Ma dove stiamo andando?» chiese Rose molto preoccupata.

«Alla prigione di Newgate» rispose Katherine, mettendo delle monete in un borsellino e ponendolo nella tasca del vestito sotto al mantello.

Rose guardò la sua padrona attonita e allarmata per il suo stato di agitazione. «La prigione di Newgate?» ripeté, impaurita.

«Sì. Voglio cercare di incontrare padre Edmund. Spero di avere abbastanza denaro per corrompere il reggente affinché mi permetta di vederlo.»

Katherine non poté reprimere un brivido quando si trovò davanti alla prigione. Lasciò Rose da sola nella carrozza e si avvicinò a un uomo di guardia, che aveva un aspetto molto trasandato. Facendogli scivolare nella mano una moneta, gli chiese di parlare con il reggente e l’uomo, con un sorriso sghembo, le fece cenno di seguirla.

Anche il reggente aveva un aspetto sporco, trasandato e per nulla rassicurante. Quando Katherine gli disse chi desiderava vedere, lui sembrò sorpreso. Dopo avere sputato per terra rifiutò, finché non vide le dimensioni del borsellino nelle mani di Katherine e non sentì il suono delle monete. Gli occhi gli luccicarono di avidità mentre se lo faceva sparire in tasca. Poi chiamò la guardia e gli disse di accompagnare la signora dal prete.

«Si trova nello Stone Hold, un posto buio e sporco» disse. «Una signora come lei potrebbe non reggerne la vista.» Aggiunse che lui, comunque, era nella posizione di rendere il soggiorno del prete a Newgate alquanto migliore.

«Mi lasci vedere il prigioniero» disse Katherine, determinata.

Katherine seguì la guardia cercando di non vedere l’orrore del posto. La ventilazione era inesistente e l’aria era praticamente irrespirabile. Tentò di proteggersi mettendo il fazzoletto imbevuto di lavanda davanti al naso, ma la puzza era ugualmente tremenda.

Sentiva rumore di catene. Nella prigione c’erano ladri, debitori, assassini, il peggio della feccia di Londra. Coloro che potevano pagare per dei privilegi venivano trasferiti in parti della prigione meno affollate. Ogni giorno, qualcuno di loro moriva di febbre violenta e infettiva.

Katherine si guardava intorno con orrore e disgusto, mentre gli occhi le bruciavano per il fumo provocato dai fuochi che i prigionieri accendevano per scaldarsi. Udiva grida, bestemmie, imprecazioni che sembravano provenire dall’inferno.

Infine, dopo avere disceso parecchie scale, arrivarono allo Stone Hold, dove la luce del giorno non riusciva a penetrare. La guardia sembrò contenta di dirle che in quel luogo, nel secolo precedente, erano stati imprigionati dei cattolici.

Alla debole luce di qualche lanterna, Katherine vide che non c’erano letti e la gente era obbligata a dormire sul pavimento, circondata da acqua stagnante e puzzolente. Guardò i visi dei detenuti in cerca di quello di suo fratello.

Per prima cosa vide i suoi capelli chiari: sedeva contro la parete con la testa china e gli occhi chiusi. Quando la guardia gli si avvicinò e gli diede un calcio dicendogli che aveva una visita, si svegliò all’istante. Poi l’uomo si voltò verso Katherine e le disse che sarebbe tornato subito.

Pensando che la donna fosse un miraggio, padre Edmund rimase a guardarla, incredulo. Lei cadde in ginocchio davanti a lui, notando inorridita le pesanti catene intorno alle caviglie. I suoi vestiti erano sporchi e aveva segni di crescita della barba.

«Tu!» esclamò Edmund appena si rese conto che lei era reale. «Non saresti dovuta venire qui.»

«Dovevo farlo. Non ho molto tempo, Edmund. La guardia tornerà subito. Perché non sei fuggito subito in Francia?»

«Perché ho scoperto che eri scomparsa e non potevo andarmene prima di sapere che eri in salvo.»

«Hai aspettato per me?» chiese lei, attonita.

«Sì. Ho sospettato subito che Lord Forbes fosse responsabile del tuo rapimento. Sapendo che il suo amico, Sir Matthew, era lontano dall’Inghilterra e che spesso lui soggiornava a Wycliffe Manor, ho investigato per conto mio. Ho scoperto che avevo ragione parlando con un vecchio servitore di Sir Matthew che ho incontrato per caso: mi ha detto che Lord Forbes si trovava lì con una giovane e mi sono convinto che quella donna eri tu.»

«Sei stato tu a mandare un biglietto a Blake dicendogli dove trovarmi?»

«Sì. Ero tentato di salvarti io stesso, ma ho pensato che Blake ci sarebbe riuscito meglio.»

«Ed è stato Lord Forbes a informare le autorità su dove ti trovavi?»

«Credo di sì.»

«Oh, mio Dio!» mormorò Katherine. «È tutta colpa mia. Se tu non avessi aspettato per me, avresti potuto lasciare il paese. E se io avessi acconsentito a sposare Lord Forbes, tu saresti in salvo. Lui ci ha visti quel mattino nel parco ed è saltato subito alle conclusioni sbagliate. Ha minacciato di denunciare il tuo nascondiglio se non avessi acconsentito a sposarlo. Oh, Edmund! Avrei dovuto fare come diceva lui!»

«No, Katherine» disse lui stringendole le mani. «Niente di tutto questo è colpa tua. Sono sollevato che Lord Russell sia riuscito a liberarti e che tu non abbia acconsentito alle volgari intenzioni di Lord Forbes. Gli avevi detto della nostra parentela?»

Katherine scosse la testa.

Edmund sospirò di sollievo. «Grazie a Dio.»

«Sono venuta a chiederti di pronunciare il giuramento di fedeltà al sovrano. Devi farlo» aggiunse vedendo che il fratello si irrigidiva. «È la tua unica opportunità di salvezza.»

«La tua preoccupazione mi commuove, ma io non posso fare quel giuramento.»

«Devi farlo, altrimenti ti tortureranno con brutalità e ti uccideranno.»

«Ascoltami, Katherine. So che sarò accusato di tradimento, ma in coscienza non posso riconoscere il re al posto del Papa. Per me è abominevole. E poi, anche se lo facessi, la qualità della mia prigionia potrebbe migliorare, ma non mi libererebbero. È meglio morire che vivere incarcerato in questo posto.»

«Ma c’è la possibilità che, facendo il giuramento, quando il re sarà tornato dalla Scozia, tu possa appellarti a lui direttamente. Potresti essere liberato a condizione che lasci l’Inghilterra.»

«E dove potrei andare? Chiunque faccia un tale giuramento è condannato da Roma. E tu non pensare neanche di avvicinare il re per perorare la mia causa. Lui non può intervenire per salvare i preti come ha fatto in passato: il Parlamento non lo tollererebbe.»

Katherine abbassò la testa sulle loro mani intrecciate, mentre lacrime cocenti le scorrevano irrefrenabili lungo le guance.

«Se deve essere così, così sarà. Io morirò come testimone della fede cattolica che ho seguito per tutta la vita. Sono un fedele suddito del re, ma Dio viene prima di tutto. È importante che tu lo capisca.»

Katherine annuì. «Certo, ti capisco e mi vergogno profondamente di averti chiesto una cosa così ignobile. Perdonami. Il fatto è che non posso accettare che tu debba morire, così ti prego di capire perché voglio cercare di trovare un modo per liberarti.»

Lui sorrise. «Certamente. Tuttavia, mia cara sorella, se dovrò morire promettimi che non ti tormenterai per tale ragione e non soffrirai per me. Ringraziamo il cielo per il tempo che ci ha fatto passare insieme. È molto più di quanto avessi sperato.»

La guardia tornò e Katherine lasciò suo fratello con il cuore gonfio di amarezza. Mentre la carrozza la riportava a Londra, non poteva fare a meno di sentirsi assalire dalla disperazione.

Cosa avrebbe potuto fare? Doveva cercare l’aiuto di qualcuno. C’era un solo uomo a cui poteva rivolgersi e quell’uomo era Blake.