Era stato un giugno insolitamente asciutto, quello del millesettecentottantacinque. Eppure quel giorno si era alzato un gran vento, e la pioggia battente non accennava a placarsi mentre Rachel Fairley e i suoi due fratelli, Stephen e Harry, tornavano da Londra, dirigendosi a Meadowfield Lodge, nei pressi di Ellerton, il piccolo centro che sorgeva proprio nel cuore dell’Oxfordshire.
Rachel avrebbe trovato il viaggio lungo e tedioso se non fosse stata in ansia per Harry, che tossiva e starnutiva a ogni piè sospinto.
Non vedeva l’ora di arrivare a casa e di mettere a letto il ragazzo, appena tredicenne, che se ne stava rincantucciato in un angolo della carrozza, avvolto in una coperta e in preda ai brividi.
«E così, Lord Kingsley sta per tornare a Mortlake Park» incominciò a dire all’altro fratello, tanto per rompere la monotonia. «Devo ammettere che non muoio dalla voglia di conoscerlo.»
«Invece dovrai farlo, e anche molto presto, visto che dovrebbe rientrare a Mortlake oggi stesso. Almeno così mi ha rivelato zia Mary prima che partissimo per Londra, la settimana scorsa. È una vera disdetta. So già che lo troverò odioso.»
Stephen scoccò alla sorella un’occhiata di biasimo. «Non puoi giudicare così severamente un uomo che nemmeno conosci.»
«E perché no, di grazia? Ne ho tutti i motivi.»
Stephen sospirò. «È la fonte dei suoi proventi che disapprovi, non è così?»
«Di’ pure che mi ripugna» puntualizzò Rachel. «È risaputo che mantiene la sua bella casa e conduce uno stile di vita da gran signore grazie alle sue piantagioni di canna da zucchero in America.»
«Non è mica l’unico» le fece notare suo fratello. «Ci sono molti altri aristocratici e proprietari terrieri che posseggono grosse piantagioni in quelle terre.»
«E senza il lavoro degli schiavi negri, andrebbero tutti quanti in rovina. Trovo la schiavitù un’abominevole barbarie, che nessun popolo civile dovrebbe tollerare.»
«Tu passi troppo tempo a discutere con il signor Nolan, Rachel» replicò il giovane. «L’anno scorso ce l’avevi a morte con i ricchi nabab, i funzionari della Compagnia delle Indie Orientali che sfruttano le popolazioni indiane.»
«Questo prima di scoprire le ingiustizie che vengono perpetrate in America; trovo che gettino disonore su tutta l’aristocrazia britannica.»
«Sarà anche vero, ma le opinioni del signor Nolan sono troppo radicali. È colpa sua se ti sei fatta questa opinione così negativa di Lord Kingsley. Inoltre, non sta bene che una ragazza si riempia la testa con certe idee; quando invece farebbe meglio a discutere di argomenti più squisitamente femminili. Cosa di cui, del resto, si dilettano le nostre cugine.»
Rachel storse il naso. «Per quanto adori Caroline ed Emily, trovo che passino troppo tempo a bere tè e a preoccuparsi del loro guardaroba, mio caro fratello. Sono sorvegliate dalla zia Mary ventiquattr’ore al giorno e il loro massimo divertimento è scambiarsi sciocche visite con persone che vivono in funzione dell’etichetta e delle convenzioni.» Sospirò, annoiata. «Personalmente, penso che leggere e apprendere allarghi gli orizzonti, e ravvivi qualsiasi tipo di conversazione.»
Stephen concordava con la sorella. Le loro cugine, le sorelle Brayfield, che vivevano a Ellerton Hall, a poche miglia dalla meno lussuosa Meadowfield Lodge, non potevano competere con la vivacità e l’intelligenza di Rachel. Sua sorella leggeva di tutto; dai volantini politici ai giornali.
Il che, era un pregio, per carità.
Ma Stephen non aveva mai amato la lettura e l’apprendimento; preferiva, quando gli affari della famiglia non lo impegnavano, concentrare le sue energie e i suoi pensieri su Miss Amanda Kingsley, la graziosa sorella diciassettenne di Lord Kingsley.
Stephen sarebbe stato felicissimo, quando Harry avesse raggiunto l’età per iscriversi a Oxford, di fare a meno dei servigi del signor Nolan, perché non vedeva di buon occhio l’influenza che sembrava avere su Rachel.
Da quando quell’uomo era entrato in casa loro, due anni prima, come istitutore di Harry, subito dopo che Rachel era stata lasciata da Ralph Wheeler, la sua pacata e remissiva sorella si era tramutata in una giovane donna caparbia e intransigente.
La sua amicizia con Nolan era supportata da una vivace intelligenza e da un comune interesse nell’appoggiare una campagna contro il commercio degli schiavi, che per Rachel si stava tramutando in una vera e propria missione.
«In effetti, devo dire che quanto a risolutezza e a testardaggine, dai parecchi punti alle nostre cugine.»
«Testardaggine? Be’, non lo nego, Stephen. E niente mi renderebbe più felice che uscire dai limitati confini del nostro mondo, come ha fatto Kitty.» Sospirò, sognante, mentre il suo pensiero volava alla sorella che era andata via di casa per recarsi a Londra, a fare l’attrice. Una professione disdicevole, che zia Mary biasimava apertamente. «Ma purtroppo sono le vite e le decisioni degli uomini a forgiare il destino di noi donne, e continuerà a essere così per chissà quanto tempo ancora.»
Smisero di parlare, mentre la carrozza proseguiva. Harry riprese a starnutire; aveva gli occhi lucidi, e Rachel gli posò una mano sulla fronte, temendo che gli si fosse alzata la temperatura.
Guardò fuori dal finestrino: la pioggia era ancora più fitta di prima. Per fortuna, di lì a breve avrebbero fatto una sosta, in una locanda.
Erano diretti a casa dopo aver trascorso una settimana nella residenza di città della zia Mary. Stephen si era recato a Londra per sbrigare una faccenda per conto di suo padre, e con il pretesto di andare a trovare Kitty, Rachel e Harry lo avevano accompagnato.
Non l’avevano vista recitare al Drury Lane perché il teatro era chiuso nei mesi estivi; a differenza di molti attori che andavano in tournée durante le vacanze, assieme alle loro compagnie, Kitty aveva preferito restare a casa, e lavorare nel negozio di frutta e verdura sopra il quale alloggiava, fino a quando non si fosse riaperta la stagione teatrale, in ottobre.
Per far svagare Harry, avevano fatto ampi giri turistici della città; avevano visitato la Torre di Londra e assistito al Cambio della Guardia a St. James’s Palace; avevano anche fatto una gita in barca, sul fiume, ed era stato in quella occasione che il ragazzo si era preso quella forte infreddatura.
«Nessuno si aspettava il ritorno di Lord Kingsley, non è vero, Stephen?» riprese Rachel.
«Direi di no. Ma non poteva scegliere momento più opportuno, a mio avviso. Se io e Miss Kingsley vogliamo sposarci, avremo bisogno del suo consenso, visto che lui è il suo tutore...»
«Sposarvi?» ripeté Rachel, fingendosi sorpresa. In realtà, aveva notato da tempo che tra i due giovani stava sbocciando una tenera amicizia. «Così siete già a questo punto. Non ti sarai già fatto avanti con Amanda, spero.»
«Certo che no. Non intendo metterla in una posizione imbarazzante senza prima aver avuto l’opportunità di parlare con suo fratello.» L’espressione del giovane si ammorbidì. «Non è la ragazza più dolce del mondo?»
«Sì, hai ragione» convenne Rachel, con un sorriso. Era convinta, in cuor suo, che Stephen avesse scelto bene. «Ma sinceramente non so come la prenderà suo fratello.»
«In effetti, l’idea di incontrarlo mi riempie di trepidazione.»
«E per quale motivo? Sei più che all’altezza di Amanda. Non lasciarti intimidire da Lord Kingsley.»
Il giovane la guardò con ammirazione. «Tu sei sempre così sicura del fatto tuo, Rachel... Ma io non sono come te: non possiedo la tua fierezza, e la tua forza d’animo.»
«Non parlare così: con questo atteggiamento finirai per perderla» lo ammonì lei, dolcemente.
Non ci fu il tempo di aggiungere altro. Il cocchiere arrestò la carrozza davanti alla locanda dove si sarebbero riposati e rifocillati, prima di continuare il viaggio verso Meadowfield Lodge.
Il locale era affollato di viaggiatori; ma Stephen riuscì a farsi accompagnare in una saletta privata, più discreta. Consumò un pasto frugale e andò a parlare con il cocchiere, mentre sua sorella e il fratello, indebolito dalla febbre, si attardavano a mangiare.
A un certo punto, Rachel fu distratta dall’arrivo di due gentiluomini, a cui il proprietario della locanda servì subito due boccali di birra.
Era evidente, dalle maniere e dal modo in cui vestivano, che appartenevano a una classe sociale elevata. Il più basso dei due aveva capelli castani chiari, e un viso gioviale, che risultava subito simpatico. L’espressione dell’amico, invece, era di tutt’altra natura.
Rachel calcolò che dovesse avere circa trent’anni; era alto, e aveva un fisico poderoso. Notò gli occhi scuri, i folti capelli ricciuti e i basettoni che scendevano sulle mascelle squadrate, sbarbate di fresco; la bocca era diritta e decisa. Indossava una finanziera verde, con il bavero di velluto, sotto il quale sfoggiava un gilet di seta dello stesso grigio dei pantaloni.
Il proprietario della locanda portò loro da mangiare. Il gentiluomo più basso attaccò avidamente il suo piatto, mentre l’altro si alzò, e si mosse verso la finestra. Contemplò accigliato la pioggia, che continuava a scrosciare dal cielo plumbeo.
Il suo amico, Sir Edgar Mainwaring, lo chiamò. «Per l’amor del cielo, William, piantatela. È da quando abbiamo lasciato Londra che siete intrattabile. Venite a mangiare qualcosa...»
«No, grazie. Non ho appetito.»
«Siete ancora furioso perché vostro fratello non si è presentato all’appuntamento?»
«Potete dirlo forte. Dovevamo avere un incontro a Kingsley House al mio arrivo; ma non si è fatto vivo. Un mio conoscente mi ha informato che ora se la fa con un’attrice... Un’attrice, capite?» ripeté, furibondo. «E passa quasi tutto il suo tempo a teatro. Mi chiedo come possa abbassarsi a frequentare donnacce di quella fatta...»
«Siete proprio un ipocrita» lo rimproverò Edgar. «So bene che voi adorate il teatro, ammettetelo.»
William scelse di ignorare l’osservazione dell’amico, e lo guardò in cagnesco. «Sono stato lontano dall’Inghilterra per troppo tempo, Edgar, e ora scopro che non solo mia sorella, ma anche mio fratello si sono prese troppe libertà. Quel ragazzo deve capire che non può vivere come gli pare e piace. Oh, ha tante buone qualità. Ma è una gran testa dura, e a volte si comporta come un irresponsabile.»
«Io non ci trovo nulla di male, se se la sta spassando con qualche attricetta. Sarà solo un’avventura senza importanza, suvvia: non avrà certo intenzione di sposarla.»
«E come faccio a saperlo per certo? Quelle ragazze si mettono in mostra senza pudore per soldi, e alzano le sottane davanti a chiunque capiti loro a tiro. La professione volgare che svolgono le priva di qualsiasi rispettabilità; ma, indubbiamente, accalappiare un gentiluomo del calibro di mio fratello sarebbe un colpo magistrale, per una di loro.»
«Trovo eccessiva la vostra condanna, William» osservò Edgar. «Il teatro sta diventando sempre più popolare, e ci sono attrici di grande talento, sui palcoscenici di Londra. Io ne conosco parecchie... e anche voi, visto che siete un assiduo frequentatore del Drury Lane.»
«Possono essere un piacevole diversivo, sia in scena che fuori» replicò William, con pungente ironia. «Ma, durante la mia assenza, pare che mio fratello abbia preso a frequentare anche certe sale da gioco, e abbia sperperato avventatamente un mucchio di quattrini. Ho il brutto presentimento che presto trascinerà tutta la famiglia in un grosso scandalo.»
Terminato il suo pasto, Rachel sedeva in un angolo della sala, tutta intenta ad assistere Harry; ma non aveva potuto fare a meno di ascoltare quell’animata conversazione il cui argomento, a suo giudizio, non era adatto alle orecchie di un tredicenne.
Tenendo a freno una collera crescente, si sentì indirettamente colpita dagli strali avvelenati dell’ombroso gentiluomo. Sua sorella poteva essere una delle attricette di cui costui parlava con tanta fastidiosa acrimonia.
Incapace di starsene lì ad ascoltare senza intervenire, si alzò e raggiunse l’uomo accanto alla finestra.
«Vi sarei grata, signore, se aveste il buon gusto di tenere per voi le vostre opinioni. State turbando mio fratello.»
William girò il capo e la fissò con indifferenza. «Davvero? Sono molto rammaricato. Ma se vostro fratello ha orecchie così sensibili, forse sarebbe opportuno che uscisse di qui, in modo da lasciare tutti quanti noialtri liberi di esternare le nostre opinioni senza offendere nessuno.»
«Non sarebbe l’unico a dover lasciare questa stanza, signore. Dopo aver appreso che vostro fratello è un dongiovanni navigato che ha un debole per le attrici, io stessa non desidero continuare ad ascoltare certi discorsi; perciò, se non riuscite a esprimervi in toni più pacati, vi sarei grata se foste voi ad accomodarvi fuori.»
In qualsiasi altra circostanza, la rabbia e l’animosità di quella giovane donna avrebbero divertito William. Ma, in quel momento, quell’attacco così audace lo indispettì ancor di più. «Io invece, signora, vi sarei immensamente grato se badaste agli affari vostri.»
«Io per lo meno i miei affari li tengo per me, e non vado a spifferarli ai quattro venti, come fate voi.»
La bocca di William si serrò, i suoi occhi sembrarono scoccare saette. «Voi certo non avete peli sulla lingua, signora.»
«Solo quando mi trovo al cospetto di un uomo borioso e arrogante come voi. Conosco persone di rango inferiore al vostro che hanno modi di gran lunga più dignitosi. Trovo esageratamente dure e ingiuste le osservazioni che avete fatto sulle donne che scelgono di dedicarsi al teatro. Se la pensate così, non mi meraviglio che vostro fratello abbia deciso di non presentarsi all’appuntamento che aveva con voi. E non lo biasimo.»
Vedendo impallidire William, e temendo una scenata, Edgar si alzò per calmare le acque. «La signora ha ragione, William: vi siete comportato da villano. Mi scuso per il mio amico, signora, se vi ha turbata in qualche modo, ma vi assicuro che non lo ha fatto intenzionalmente.»
Rachel spostò gli occhi su Edgar. «Vi ringrazio, ma sono sicura che il vostro amico è capacissimo di scusarsi da solo, se lo ritiene necessario. Comunque, vi suggerirei di scegliere con più oculatezza i vostri amici, in futuro.» Tornò a fissare il gentiluomo più alto, con ostentato disprezzo. «Siete l’uomo più maleducato che abbia mai incontrato, e mi auguro che non mi capiti mai più una simile sventura.» Sorrise brevemente all’amico. «Buongiorno a voi, signore.» Tornò dal fratello. «Sbrigati, Harry. Stephen ci starà aspettando.»
Un sibilo sfuggì dalle labbra di Edgar, che seguì con lo sguardo l’uscita dei due. «Che donna... e che incantatrice. A quanto pare, avete incontrato pane per i vostri denti, William. Ma devo dire che aveva ragione» lo ammonì. «Siete stato molto scortese a parlarle in quel modo; inoltre, quella giovane donna aveva tutte le ragioni per chiedervi di moderare il tono. Era in pensiero per il fratello, che stava poco bene.»
«Davvero? Non l’ho notato.»
«Era evidente. Comunque non è da voi abbandonarvi così alla rabbia, né mettervi a discutere con una signora così attraente. Non occorre che vi dica che, a questo punto, dovreste correrle dietro e offrirle le vostre più sentite scuse.»
William oppose all’amico uno sguardo cocciuto e fiero. «Non ci penso nemmeno!»
«Allora non siete l’uomo che credevo» concluse Edgar, tornando a sedersi e a mangiare.
Parte della rabbia di William sbollì, lasciando spazio a un senso di vergogna che lo assalì pian piano, mentre riconosceva di essersi comportato male. Per questo, e anche per non perdere la stima dell’amico, si decise quindi a uscire e a inseguire la signora.
La raggiunse che era già fuori, e si dirigeva verso una carrozza.
«Aspettate!» urlò, uscendo a sua volta, sotto la pioggia.
Rachel si arrestò al suono della sua voce, mentre il fratello proseguì a passo affrettato, per mettersi al riparo all’interno del veicolo. Si ritrovò il gentiluomo alle spalle e, una volta giratasi, dovette alzare il viso per guardarlo negli occhi.
Un istinto profondamente radicato in lei le mozzò il respiro in gola, poiché lì fuori, a distanza ravvicinata, la dirompente virilità di lui sembrava ancora più pronunciata.
Avvertì un lungo fremito, ma si impose di restare calma e non abbassò lo sguardo mentre l’uomo la studiava, sfacciatamente.
Solo adesso, William sembrò accorgersi di quanto fosse bello e delicato quel viso che si offriva al suo sguardo senza vacillare. Gli occhi erano fieri, intelligenti, di una splendida tonalità di azzurro, e limpidissimi: lo scrutavano a sua volta, con freddezza e candore a un tempo.
«Vi prego di scusarmi, signora. Il mio amico ha ragione; mi sono comportato in un modo imperdonabile.»
Non c’era più rabbia, nel suo modo di esprimersi, ma Rachel avvertì che quelle parole erano state pronunciate con estrema riluttanza. «In effetti, è così. Perciò state sprecando tempo. Il vostro comportamento è stato imperdonabile, i vostri modi vergognosi. Se non fossi sicura che è stato il vostro amico a suggerirvi di venirvi a scusare, avrei pensato che foste sincero; ma poiché non è così... Non posso accettare le vostre scuse. Buona giornata a voi, signore.»
Il viso di William si irrigidì. «Allora non vi disturberò oltre, signora.» Le fece un inchino appena accennato e girò sui tacchi, per rientrare nella locanda in tutta fretta.
Stephen uscì dalla carrozza e raggiunse sua sorella di lì a qualche istante. La vide contrariata. «Che cosa è successo?»
«Che uomo impossibile!» borbottò lei, stizzita.
Suo fratello la scortò alla vettura e l’aiutò a salire. «Sì, vi ho visti parlare... Che cosa ti ha detto? Sembri sconvolta.»
«Sono fuori di me dalla rabbia, altroché! Mai conosciuto un uomo così tracotante, parola mia.»
«La sfortuna ha voluto che capitassimo nella loro stessa sala; perché quell’odioso gentiluomo, mia cara, è nientemeno che Lord Kingsley.»
Rachel restò senza parole per qualche secondo. «Non può essere...»
«Invece è proprio così. Ho parlato poco fa con il suo cocchiere, che mi ha confermato la sua identità.»
«Allora non mi sorprende affatto che si sia comportato come un rozzo villano. Quell’uomo ha tutto il mio disprezzo; ti chiedo scusa fin d’ora se il nostro acceso battibecco rischia di metterti in difficoltà con sua sorella, visto che intendi chiedere la sua mano» concluse, «ma se fossi in te, non vorrei avere Lord Kingsley come cognato per tutto l’oro del mondo.»
Stephen disse al cocchiere che poteva andare, e si rimisero in marcia, chiudendo lì la questione. Almeno per il momento.