Henrietta era scappata da Burntwood Hall e dal Conte di Rainborough e Lucinda non riusciva a darsi pace. Sembrava che la sorella, senza preoccuparsi del dolore che ciò avrebbe causato al genitore, fosse corsa da Hal Ingram pregandolo di portarla via e sposarla prima che il conte potesse diventare il suo fidanzato. Hal l’aveva invece riportata a casa, da Sir Thomas.
Per fortuna si è reso conto che fuggire e sposarsi nell’agitazione del momento avrebbe danneggiato la loro causa per sempre, si ripeteva Lucinda. Nostro padre non li avrebbe mai perdonati.
Reso furioso dal comportamento della figlia maggiore, al ritorno di lei a Burntwood Hall, Sir Thomas le aveva ordinato di andare subito nella sua stanza e, sebbene controvoglia, aveva ringraziato Hal Ingram di non avere acconsentito al folle progetto di Henrietta. Gli era grato di avere rifiutato di sposarla senza il consenso paterno, anche se Henrietta era maggiorenne. Alla fine della conversazione aveva dovuto ammettere, con riluttanza, di trovare gradevole quel giovane riservato, ben poco somigliante ai fratelli.
Che lo avesse mal giudicato, dopotutto?
Comunque, restava profondamente preoccupato. Come avrebbe dovuto comportarsi adesso con la figlia maggiore, che gli aveva dato prova di un temperamento ribelle e testardo fino a quel momento insospettabile?
Con molto tatto, quella sera a tavola, Celia portò la conversazione su Henrietta, che si trovava ancora chiusa nella propria camera.
«Perdonami, Thomas, se esprimo la mia opinione» mormorò in tono pacato, «ma mi sento incapace di rimanere ulteriormente in silenzio sull’argomento. Sono sicura che tu sappia cos’è meglio per le tue figlie, tuttavia... Insomma, a mio parere Henrietta non dovrebbe essere costretta a un matrimonio che non desidera. Oh, so che nel tuo cuore albergano le migliori intenzioni e che l’ultimo tuo desiderio sarebbe causare la sua infelicità, ma...»
Sir Thomas sollevò la testa e guardò la cugina attraverso la tavola. «Cosa stai cercando di dire, Celia?»
«Lascia che sposi Hal Ingram, se è questo ciò che vuole» suggerì lei con gentilezza. «Sai quanto è legata a lui e Hal è un bravo ragazzo, per nulla simile ai suoi incorreggibili fratelli. Inoltre, il suo comportamento e i suoi modi sono stati corretti.»
Lucinda si alzò da tavola e, raggiunto il padre, gli si inginocchiò vicino e gli prese una mano. All’improvviso, lui sembrava così vecchio e stanco... Non le era sfuggita la sua tosse sempre più stizzosa e la debolezza crescente. Le si spezzava il cuore vederlo ridotto così, diviso tra opposti sentimenti: l’amore per la figlia e il bisogno di difenderla anche contro se stessa.
Quando, dopo un momento, un triste sorriso gli increspò le labbra e Sir Thomas sospirò, Lucinda gli disse con dolcezza: «Ascolta la cugina Celia, padre. Il suo è un discorso sensato».
Lui sospirò ancora profondamente. «Sogni» mormorò. «Avevo tanti sogni, tante speranze per entrambe. Ma non è stato sufficiente. A cosa servono i sogni se non si ha il tempo di farli avverare? Quando morirò, Lucinda, tu e Henrietta diventerete estremamente ricche, una facile preda per ogni cacciatore di dote. È mia intenzione salvarvi da questo destino.»
Si interruppe un istante, come per riprendere fiato, prima di proseguire: «La mia fortuna è stata acquisita grazie all’abilità e al duro lavoro. Non permetterò che un singolo penny finisca nelle mani di un uomo il cui primo istinto sia quello di sperperarlo in giochi o scommesse. Voglio che vi leghiate a uomini degni di voi. Cerca di capire che la reputazione degli Ingram mi dà forte motivo di preoccupazione».
«Lo so bene, padre, ma Hal è diverso dai suoi fratelli.»
«Sì, può darsi che tu abbia ragione» riconobbe Sir Thomas. «Forse ho commesso un’ingiustizia nei confronti di quel giovanotto giudicandolo in base alla reputazione della sua famiglia. Dopotutto oggi ha riportato indietro Henrietta, rifiutandosi di acconsentire al folle proposito di lei. Bisogna dargliene credito.» Guardò Lucinda con un’espressione così triste e rassegnata che lei si sentì colpita al cuore.
«Parlerò con Henrietta» riprese poi. «Se intende davvero sposare Hal Ingram, così sia. Chi lo sa, magari si dimostrerà un buon marito.» Sospirò, continuando a guardare Lucinda. «Può essere ormai troppo tardi per organizzare un matrimonio prestigioso per tua sorella, ma ci sei ancora tu, piccola. Concentrerò i miei pensieri su questo.»
Il senso di disagio di Lucinda si acuì nei giorni seguenti. Non c’era momento in cui non risentisse le parole pronunciate dal padre e ne avvertisse il peso sul proprio futuro.
Divenne preoccupata e apprensiva. Il matrimonio era una realtà alla quale non aveva mai pensato. Riteneva che avrebbe dovuto iniziare a prenderla seriamente in considerazione soltanto dopo che Henrietta si fosse sposata, ma ora suo padre sembrava voler accelerare i tempi.
Le venne in mente un’eventualità inquietante. Era possibile che lui avesse in mente di farle sposare il Conte di Rainborough al posto di Henrietta? Come si sarebbe comportata in quel caso? Cos’avrebbe potuto fare?
Fu per sfuggire a questi pensieri che decise di fare una cavalcata fino a Rainborough, accompagnata da uno degli stallieri.
Dopo qualche tempo, riluttante al pensiero di dover tornare già a casa e ritenendo che il cavallo avesse bisogno di andare un po’ al galoppo, si diresse spedita verso il bosco, lasciandosi alle spalle l’accompagnatore.
A un certo punto, da qualche parte nella foresta, udì un latrato di cani. Sentendo che si stavano avvicinando sempre più, cominciò a spaventarsi. Stava per tornare indietro quando, all’improvviso, i cani sbucarono dal sottobosco abbaiando come furie.
Fu questione di un attimo.
Il cavallo, terrorizzato, partì all’impazzata inoltrandosi sempre più addentro nel bosco, inseguito dalla muta di cani.
Quando Lucinda si rese conto che qualcuno li stava seguendo e richiamava i cani, non ebbe il tempo di rallegrarsene. All’improvviso, infatti, il cavallo inciampò nella radice di un albero e lei fu sbalzata di sella. Cadde pesantemente al suolo rimanendo sul momento intontita a causa dell’impatto. Allorché aprì gli occhi, il suo cuore smise quasi di battere per il terrore. I segugi, infatti, le si stavano avvicinando e il loro aspetto non sembrava affatto rassicurante.
Trattenendo il respiro li fissò, paralizzata dalla paura. Temendo di finire azzannata, si mantenne immobile pregando che il loro padrone giungesse presto a richiamarli. Quasi in risposta alle sue preghiere, udì giungere un cavallo. Presto uno scalpiccio di passi si sostituì al rumore degli zoccoli... Grazie al cielo, qualcuno stava arrivando a prestarle soccorso!
«Buoni!» gridò ai cani una voce maschile, ma Lucinda la udì a malapena, tanto il cuore le batteva forte e la testa le doleva per il colpo preso nella caduta e per lo spavento.
I cani obbedirono subito, anche se non rinunciarono ad abbaiare. Si misero in posizione seduta, l’atteggiamento ora più giocoso che minaccioso.
Lucinda chiuse di nuovo gli occhi, lasciò cadere la testa sul terreno e trasse un profondo sospiro di sollievo. Quando sollevò le palpebre, vide il volto preoccupato del Conte di Rainborough.
«State bene?» domandò lui, che le si era inginocchiato accanto.
«Non... non lo so. I... i cani...» balbettò Lucinda.
«Non preoccupatevi per loro. Non vi faranno alcun male.»
«Un momento fa ero arrivata a temere che potessero sbranarmi. Avrei dovuto saperlo che appartenevano a voi» sbottò. «Non avete alcun controllo su di loro?»
«Con me sono fedeli e obbedienti. Le uniche persone che incontrano di solito in questi boschi sono quelli che si inoltrano senza permesso nella mia proprietà. Persone decisamente meno affascinanti di voi, questo è certo» concluse lui a voce bassa.
Turbata e imbarazzata da quella frase galante, Lucinda fece per alzarsi, ma la mano abbronzata di lui posata sulla sua spalla la costrinse a sdraiarsi di nuovo.
«Aspettate. Non alzatevi» la bloccò Laurence. «Siete ferita da qualche parte?»
«No, non... non credo.»
Lucinda tuttavia sussultò mentre muoveva la testa e lui notò che c’era del sangue sul suo cappellino.
«Lasciatemi dare un’occhiata.»
Le posò con infinita delicatezza le dita sul collo, voltandole leggermente il viso da un lato. Le slacciò poi i nastrini e infine le tolse il cappellino.
«Cosa c’è?» chiese Lucinda.
«Sembra che vi siate graffiata qui, a lato del volto. Vi fa male? Provate qualche dolore alla testa?»
«Mi sento soltanto stordita, tutto qui. Ma nient’altro. Vi prego di aiutarmi ad alzarmi.»
Posandole le mani sotto le braccia, Laurence l’aiutò a rimettersi in piedi. Nello sforzo di reggersi, Lucinda barcollò e gli finì addosso. Lui la trattenne, preoccupato, mentre lei respirava affannosamente. Quando, un po’ ripresasi, cercò di scostarsi, lui continuò a stringerla a sé. Il suo viso era vicinissimo, adesso, e lei era fin troppo consapevole di quella disdicevole intimità.
«Mi... mi dispiace» balbettò tentando ancora di ritrarsi.
Un nuovo capogiro la costrinse, invece, ad abbandonarsi tra le braccia del conte. Pur vergognandosi profondamente di se stessa, dovette riconoscere quanto la stretta di quelle braccia le desse conforto e sicurezza.
«Sono spiacente di essere così debole» gli disse, «ma mi sentirò meglio tra un momento.»
«Prendete tutto il tempo che vi serve» mormorò lui, le labbra contro i capelli di lei, le braccia che la stringevano in un modo che non lasciava dubbi su quanto piacere provasse nel tenerla così. «Per quanto mi riguarda, sono ben lieto di sostenervi finché sarà necessario.»
Le sue parole e il tono della sua voce fecero tornare istintivamente in sé Lucinda che, rompendo l’incantesimo, si divincolò frettolosamente dall’abbraccio e lo affrontò con determinazione.
«Ne sono sicura» disse in tono freddo, cercando di reagire alla debolezza che ancora sentiva, «ma adesso devo tornare a casa. Mi sono allontanata più di quanto volessi. Passo spesso tra i boschi, che sono così belli, ma non ho molta familiarità con questi luoghi.»
«Allora avreste avuto qualche difficoltà a trovare la strada del ritorno» ribatté Laurence. «Come mai vi siete avventurata tra questi boschi da sola? Non sapete che è pericoloso? Avreste potuto essere catturata dai tagliagole.»
«Questi boschi mi incutono meno timore dei vostri cani, milord» replicò Lucinda. «E, ovviamente, non sono sola. Uno stalliere è con me, ma l’ho lasciato indietro.»
«Allora è stato un gesto irresponsabile da parte sua perdervi di vista.»
«Sì, suppongo di sì» mormorò lei avvicinandosi con passi incerti al proprio cavallo.
«Venite, vi porterò a Rainborough Castle. Non è lontano e, in ogni caso, è molto più vicino di Burntwood Hall. La signora Foley, la mia governante, medicherà le vostre ferite. Dopo che avrete riposato un poco, vi manderò a casa con la mia carrozza.»
«No, vi prego, preferirei tornare subito a casa» obiettò Lucinda con voce esitante e allo stesso tempo tremante.
«Non se ne parla nemmeno. Farete come vi ho detto e verrete con me» ordinò lui con un tono che non ammetteva repliche. «Non posso permettervi di salire sul vostro cavallo. La caduta e, credo, anche la paura dei cani lo hanno fatto agitare.»
Lucinda decise di non protestare più. Si lasciò prendere tra le braccia e posare sul magnifico destriero del conte, mentre lui montava in sella dietro di lei. Proprio in quell’istante, lo stalliere emerse dagli alberi alla ricerca di Lucinda.
Laurence lo informò rapidamente di quanto era accaduto e aggiunse che l’avrebbe portata a Rainborough Castle per farla riposare. Gli ordinò quindi di tornare a Burntwood Hall a precisare che Miss Howard era scossa ma non ferita e sarebbe tornata dopo essersi ben ripresa dallo spavento.
Seguito dai cani, cavalcò quindi attraverso il bosco, le braccia intorno a Lucinda per sostenerla.
«Arriveremo tra poco» osservò, le labbra vicine a un orecchio di lei. «Siete mai stata al castello?»
«No. Non mi sono mai avventurata fin là.»
«Allora concedetemi il piacere di mostrarvelo, così com’è. Vedrete voi stessa lo stato in cui è ridotto. Ci sono molte cose da fare, ma dovrò aspettare. Prima devo occuparmi degli abitanti delle mie tenute, che dipendono dalle loro fattorie per sopravvivere. Le loro necessità, in questo momento, sono più importanti delle mie.»
Nel frattempo erano giunti nelle vicinanze del castello e Lucinda lo osservò con attenzione. Dopo avere attraversato un ponte di pietra sopra un dolce ruscello, cavalcarono all’ombra degli alberi fermandosi infine davanti a due imponenti e massicce porte di quercia.
Laurence balzò giù e aiutò Lucinda a scendere. La sua presa ferma e forte la confuse. Ora che si trovava nel suo territorio, nella sua casa, lei si sentiva molto esposta e vulnerabile. Quando incontrò gli occhi di lui, provò un brivido lungo la schiena. Si affrettò a volgere lo sguardo da un’altra parte e notò un uomo che stava andando loro incontro.
«Ah, William, permettimi di presentarti Miss Howard» lo salutò Laurence.
Il nuovo arrivato la salutò cortesemente con un sorriso. «Ah, sì. Ricordo Miss Howard. Ci siamo incontrati alla fiera.» Guardò Laurence. «È Miss Henrietta Howard?»
«No. Questa è sua sorella, Miss Lucinda Howard. È caduta da cavallo ed è lievemente ferita. La porterò dentro, mentre tu andrai a cercare la signora Foley. Chiedile di venire a occuparsi della signorina.»
All’interno, nell’ingresso dall’ampiezza impressionante, Lucinda si guardò intorno meravigliata. Osservava la boiserie in quercia scura, le pareti colme di armi e scudi e, sopra un enorme camino, il blasone dei Dwyer. Registrando tutto questo, si rese conto che Laurence Dwyer era una parte importante di quell’ambiente. Senza di lui, tutto ciò che li circondava si sarebbe sgretolato.
«Benvenuta a Rainborough Castle, Miss Howard. Non ci sono la pompa magna e la grandiosità che esistevano al tempo dei miei antenati né schiere di servitori. Eppure è ugualmente confortevole, per il momento. Venite in salotto. Sono sicuro che la governante non ci metterà molto ad arrivare.»
«La vostra governante?»
«In effetti, sì. La signora Foley è la governante di Rainborough Castle da più tempo di quanto io possa ricordare. Sua madre lo è stata prima di lei.»
Dentro il salotto, Lucinda osservò i dipinti e gli specchi che adornavano le pareti e gli arredi che appartenevano alla famiglia Dwyer da generazioni.
In quel momento, una donna paffuta entrò nella stanza portando un vassoio su cui si trovavano una scodella piena d’acqua, della garza e una ciotola di unguento con cui medicare le ferite.
Mentre la donna si occupava di lei, Lucinda lanciò un’occhiata in direzione del conte, che si trovava in piedi davanti all’immenso camino e le osservava.
Quando la governante si ritirò silenziosamente, lui disse: «Ora vi sentite meglio, spero. Su, venite sulla terrazza. C’è una questione di cui vorrei parlarvi».
Prima che lei potesse replicare, la guidò fuori, dove una breve rampa di scalini conduceva ai giardini sottostanti. Una profusione di delicate rose attirò l’attenzione di Lucinda, che si avvicinò per inalare meglio il loro profumo inebriante.
«A cosa state pensando?» chiese Laurence dopo qualche istante.
Lei sospirò. «Stavo ricordando il luogo in cui abitavo a Barbados. Avevamo rose proprio come queste.»
«Dunque avete nostalgia di casa.»
«Sì. Mi sembra così lontana, ora» confermò Lucinda. «Sono nata là e la considererò sempre la mia casa. Non avrei voluto lasciarla, mai.»
«Venite. Permettete che vi mostri il giardino» divagò lui con tatto. «Ha un gran bisogno di essere curato, ma è ugualmente piacevole.»
Camminarono lungo una stradina che attraversava il giardino finché Lucinda si fermò e disse: «Desideravate parlarmi, milord. Di cosa si tratta?».
La sua domanda fece indurire i lineamenti del viso di lui. Il Conte di Rainborough sembrava ora una persona completamente diversa dall’uomo gioviale che l’aveva accolta poco prima nella propria casa.
Mentre lei si domandava cosa potesse avere causato quel cambiamento, lui replicò: «In effetti, sì. È una questione relativa a vostra sorella. C’è qualcosa che mi sfugge e desidererei che me la spiegaste. Perché ha preferito non vedermi quando sono venuto a trovarla a Burntwood Hall?».
«Oh!» esclamò Lucinda. Quello era un argomento che avrebbe volentieri preferito non discutere. «In verità, lo avrebbe desiderato. Era soltanto indisposta, ecco tutto.»
Le labbra di Laurence si piegarono in un lieve sorriso. «Miss Howard, non prendetemi per uno sciocco. Allora, cosa significa? È forse cambiato qualcosa dal nostro incontro a Londra? Devo ammettere che ho sentito alcune chiacchiere sul conto di vostra sorella e Hal Ingram. Questo ha forse a che fare con il suo comportamento nei miei confronti?»
Teneva gli occhi fissi su Lucinda, scrutandola attentamente.
Innervosita, lei abbassò lo sguardo per nascondere la confusione. «Voi... voi conoscete gli Ingram?» domandò esitante.
«Sì. Sono sempre stati una sorta di branco selvaggio. So che Hal è il quarto squattrinato figlio di quel casato e che, a differenza dei fratelli e del padre, vorrebbe davvero occuparsi della loro piccola proprietà agricola. Vostra sorella nutre pensieri romantici su Hal?»
Lucinda esitò qualche istante senza saper rispondere, poi mormorò: «È una questione estremamente delicata, milord, e non credo che dovreste discuterne con me. È con mio padre che dovreste parlare. Ma, visto che me lo chiedete con tanta gentilezza e ho un debito di riconoscenza nei vostri confronti per il soccorso che mi avete appena prestato, vi dirò che sì, Henrietta è molto innamorata del giovane Ingram. Purtroppo, non è riuscita a spiegare a mio padre la profondità del proprio sentimento per Hal prima che lui la portasse a Londra a parlare con il vostro avvocato».
«Capisco. Vostro padre non approva, suppongo. Altrimenti non avrebbe contattato il mio legale» osservò Laurence.
«Mio padre è sempre stato un uomo molto cauto, quando si tratta di denaro. E la reputazione della famiglia Ingram è tale da causargli preoccupazioni» precisò Lucinda con sincerità.
«Invece Hal Ingram è diverso?»
«Sì. È cortese e gentile e ama profondamente Henrietta. Mio padre dovrà rivedere la propria opinione su di lui e permettere loro di sposarsi, altrimenti Henrietta non sarà mai felice. Ha passato tutta la vita ad accettare serenamente ogni scelta paterna. Il fatto che stia combattendo con le unghie e con i denti rivela la profondità e la forza dei suoi sentimenti. Mio padre dovrà permetterle di fare a modo suo. Poiché è un uomo sensibile e ci adora, prenderà l’unica decisione possibile.»
Laurence assentì con un sorriso. «Capisco. Mi sembra chiaro che vostro padre mi ha proposto di considerare un matrimonio con la figlia senza preoccuparsi dei sentimenti di lei. Comunque, nulla è stato firmato e nessuna promessa è stata fatta. Non posso tuttavia negare che questa nuova situazione cambi completamente le cose. Se vostro padre dovesse parlarmi di nuovo di un matrimonio con Henrietta, sarei costretto a rifiutare. Non potrei mai pensare di sposare una donna il cui cuore appartenga a un’altra persona.»
«Nemmeno per salvare la vostra preziosa Rainborough?» domandò Lucinda.
«No, nemmeno per quello» rispose lui con una calma di ghiaccio. «Non sono la persona venale per cui ovviamente mi scambiate, Miss Howard. Perdonate la mia franchezza, ma senza la dote che avrebbe portato con sé vostra sorella con il matrimonio dovrò vendere della terra e ricostruire la proprietà gradualmente nel corso degli anni. Una cosa, tuttavia, non farò mai: vendere Rainborough. È molto preziosa per me, così come Barbados lo è per voi. Significa ben più di un castello e di terre, è parte della vita della mia famiglia, delle nostre radici, della nostra storia di uomini d’onore.»
«È una sfortuna per voi che il cuore di Henrietta sia da un’altra parte» replicò Lucinda, colpita da quelle parole piene di fierezza e di orgoglio. «Capisco bene che il matrimonio con lei avrebbe rappresentato la soluzione ai vostri problemi. Devo tuttavia ammettere che, se mio padre non la tratterà troppo duramente e le permetterà di sposare Hal Ingram, sarò felice per lei.»
Laurence rimase impassibile. «E cosa mi dite di voi, Miss Howard?» chiese osservandola con attenzione. «Nozze adeguate non sono ciò che vostro padre desidera anche per voi? Un matrimonio bene organizzato e sicuro? Trovandovi nella situazione di vostra sorella, come reagireste se vostro padre non approvasse la vostra scelta? Anche voi andreste contro i suoi desideri e combattereste con le unghie e con i denti?»
Lucinda lo guardò dritto negli occhi. «Non ho mai disobbedito a mio padre, Lord Rainborough, gli voglio molto bene e capisco perfettamente perché sia così importante per lui organizzare buoni matrimoni per Henrietta e me. A differenza di mia sorella, non sono innamorata di nessuno. Dunque, quando arriverà il momento, non mi sarà difficile accettare per marito l’uomo che mio padre avrà scelto per me. Quanto a voi, dopotutto, non siete in una situazione così difficile.»
Laurence si corrucciò. «Che cosa intendete dire con ciò?»
«Be’, non c’è nulla che vi impedisca di cercare un’altra ereditiera da sposare. Una dote generosa in cambio dell’ambito titolo di Contessa di Rainborough! Ci sono centinaia di genitori ambiziosi che sarebbero fin troppo contenti di offrire la propria figlia pur di salire nella scala sociale.»
«Non ne dubito nemmeno per un momento» ribatté Laurence in tono secco.
«Alla luce della riluttanza di Henrietta a sposarvi, vi sarebbe di beneficio tornare a Londra, dove vi sono numerose giovani tra cui scegliere.»
«Essendo arrivato qui solo di recente, non ho alcun desiderio di partire così presto. Ho troppe faccende di cui occuparmi, al momento. Inoltre» precisò lui sospirando profondamente, mentre i suoi occhi si posavano sul giardino, «prima di portare qualunque possibile sposa a Rainborough, devo dare a questo posto almeno una parvenza di ordine. Un tale stato di abbandono e trascuratezza riuscirebbe a far tornare di corsa dalla madre qualunque fanciulla.»
Le sue parole portarono un sorriso sulle labbra di Lucinda.
«Non credo che dobbiate preoccuparvi» commentò lei. «Le stalle possono anche non essere piene di cavalli ed è vero che la casa necessita di riparazioni e il giardino di una bella sistemata, ma la bellezza e il fascino di questo posto si notano subito. Sono sicura che qualunque donna scegliate di sposare si innamorerà di Rainborough.»
Gli occhi di Laurence si posarono su di lei con calore genuino. «Dite davvero?»
Lucinda ricambiò lo sguardo senza il minimo imbarazzo. «Certamente. Non lo avrei detto, se non lo pensassi.»
«Allora forse non dovrò far ritorno a Londra, dopotutto, Miss Howard» mormorò lui con una strana espressione che Lucinda non riuscì a interpretare. «Forse ho già, proprio qui a Rainborough, esattamente quello che desidero.»
Ora stava sorridendo apertamente e Lucinda lo guardò, perplessa.
Tuttavia, prima che potesse chiedergli cosa intendesse dire, lui la prese delicatamente per un braccio e, guardando in direzione della casa, iniziò a darle esaurienti spiegazioni sui torrioni e le mura.
La loro conversazione venne interrotta dalla governante. La signora Foley stava facendo ampi gesti dalla terrazza, indicando che aveva preparato qualcosa da bere e da mangiare.