Quando l’ispettore ebbe smascherato il colpevole e i titoli di coda furono apparsi sullo schermo del televisore, Ornella si rintanò nella sua camera. Dopo avere messo una coperta sul vetro della porta affinché la luce non disturbasse la madre che dormiva di fronte, accese il computer e si accinse a solcare il web in lungo e in largo sospinta dagli alisei della tecnologia. Di certo propizi, pensò, galvanizzata com’era per avere appena trovato l’evento clou del festival.
Cena con delitto.
Un’idea che rispecchiava appieno la richiesta dell’assessore: popolare e coinvolgente. Infatti il pubblico sarebbe stato al contempo (per usare la di lui espressione) spettatore e attore.
Dopo il provvidenziale intervento della mamma e di Derrick, adesso toccava a lei gettare la rete e pescare colui il quale avrebbe scritto il testo, guidato le indagini, fornito gli indizi, incitato i partecipanti. O che si sarebbe limitato a premiare i vincitori. Be’, il vincitore, meglio non allargarsi. E dunque un solo premio: coppa o targa o magari un oggetto più a tema. Un bossolo... d’oro? Un pugnale... d’argento, perché no? Ma placcato: costava meno. Ornella si riscosse. Cosa perdeva tempo con stupidi dettagli! Il premio sarebbe dipeso dai soldi che rimanevano, o dagli sponsor. Cercasse il personaggio!
Si concentrò.
Dunque, se l’astro era tra i giallisti (e le sembrava ovvio) nessuno, secondo lei, brillava più di Camilleri. Ma Borgo Propizio sarebbe stato all’altezza di un pezzo da novanta come lui? Meglio non rischiare un rifiuto, o una figuraccia visto il budget, ché glielo doveva dire lei, poi, a Conforti. Dopo averli studiati attentamente, scartò tutta la troppo ampia fauna di giallisti di grido, per un motivo o per un altro: chi capellone e chi calvo, chi lugubre e chi giocondo, chi barbuto e chi solo col pizzetto, chi troppo nero e chi troppo grigio (non brizzolato, grigio). Chissà, forse ci voleva un altro metodo di selezione, ma lei non leggeva né gialli né noir, e ben per quello stava scegliendo in base alle foto e alle copertine. Cercò ancora, ancora e ancora. Navigò, veleggiò, vogò, nuotò e surfò da un blog all’altro, da un sito all’altro, tra le onde di Google, i cavalloni di Wikipedia e i flutti dei social network.
Fino a quando lo trovò.
E le piacque subito.
Era stato ospite a GialloMais, i thriller che nutrono la mente (in televisione non sapevano più cosa inventarsi). Nel sito del programma c’erano tutte le puntate precedenti, che finivano sempre con una ricettina di cui era stata appena data alle stampe la terza raccolta, Le Stranuove Ricette di GialloMais, dopo Le Ricette di GialloMais e Le Nuove Ricette di GialloMais. Ornella non lo guardava perché lo trasmettevano il venerdì a mezzanotte e difficilmente era ancora sveglia a tarda ora. A parte quella sera. E infatti dal pendolo in salotto le arrivò il suono di dodici rintocchi, che le sembrò inquietante. Non si stava mica facendo condizionare?!
Rocco Rubino.
Il nome s’insinuava nella mente, maschio e pregiato. Rimandava a un vino inebriante, robusto, fermo. Di quelli che fanno girare la testa e involare le inibizioni, e le parole perdono il sapore di tannino e sgorgano fluide lasciando un retrogusto...
Ornella si bloccò, incantata dalla repentina vena poetica da cui era stata travolta. Aveva un talento inespresso, Marietta glielo diceva ogni volta che indossava un campionario di Fili Fatati Dal 1888 (saltuariamente, per arrotondare, faceva anche la modella, ma solo per Marietta) e quasi se ne stava convincendo. Quanti anni aveva perso in passato...
E quanti in futuro! Altro che verseggiare, era tempo di darsi una mossa e definire ’sto benedetto festival. La poesia, anzi la prosa, la riservasse al comunicato stampa.
«Ok, che brutti modi però!» disse alla sua implacabile coscienza.
Rocco Rubino aveva un sito con un centinaio di fotografie, un vero servizio stile matrimonio, ma in solitaria, senza sposa (chissà se ce l’aveva... sembrava un femminiere), e si mostrava in tutte le possibili e immaginabili pose, anche quelle ridicole e sfacciatamente fasulle, ad esempio alla guida di una moto (ferma) o mentre parlava al telefonino (spento). Ma quando fissava l’obiettivo con l’espressione da bel tenebroso era notevole. Se era vanitosetto, e facile che lo fosse, se lo poteva permettere. Aveva le tempie brizzolate (non grigie, lui) e in qualche scatto gli occhi apparivano rossi, forse erano chiari. Probabilmente abitava sulla costa, c’era spesso il mare sullo sfondo. Era uno a cui piaceva apparire, si vedeva, e infatti nella pagina apposita erano elencate le sue presenze in tivù. Ornella rimase basita: interveniva persino come opinionista alle pseudocause dove, ad esempio, due condomini litigano per una finestra che sbatte o dove un’amante cita una moglie per non essere riuscita a rubarle il marito. Senza nesso con la letteratura, gialla, nera o di qualsivoglia colore.
Era, Rocco Rubino, autore di alcuni polizieschi ambientati in America all’epoca del crollo di Wall Street con protagonista un ispettore di polizia italoamericano, figlio di genitori emigrati negli Stati Uniti a inizio Novecento su un piroscafo a vapore. Mancavano solo le valigie di cartone perché sembrasse un’immagine carpita all’Ellis Island Immigration Museum di New York, che Ornella aveva visitato quando svolgeva il ruolo di sposa ornamentale (il suo tirchissimo ex marito l’aveva portata in occasione di un convegno perché a pagare il viaggio era una casa farmaceutica). Chissà, forse bastavano un quadro o una cartolina per essere ispirati; forse scrivere un libro era più facile di quanto si pensasse!
Rubino si dichiarava superstizioso, però il suo portafortuna non era il solito ferro di cavallo, il corno, il quadrifoglio, il gobbetto o la pietra del segno zodiacale, no. Il suo portafortuna era una scimmietta imbottita ricavata da certi calzini con il tallone rosso... Alla pagina Sock Monkey lo scrittore spiegava come realizzarla con dovizia di particolari; si capiva che la riteneva importante, ma Ornella non ce la faceva a concentrarsi e nemmeno gliene importava. Sì, il pupazzo che ne veniva fuori era carino, nel video Rubino lo teneva in mano e sorrideva. Ma a colpire era il sorriso di lui, le labbra a forma di emme distese e appena dischiuse. E le fossette sulle guance, una delizia.
La pagina dedicata alla biografia partiva dagli esordi: Rubino aveva già i suoi anni quando gli era stato pubblicato il primo romanzo, però la scrittura risultava una passione atavica, per decenni soffocata dalla routinaria realtà. Solo che lui non lo sapeva. Finché il sacro fuoco della narrazione aveva iniziato a non dargli più un attimo di tregua e a farlo giungere in ufficio con gli occhi cerchiati per avere scritto fino all’alba. Allora aveva capito di dover scegliere e si era licenziato dalla banca, alla cui cassa aveva per anni contato banconote, sperando di non pentirsene. Gli era andata bene fortunatamente, ancora oggi non gli sembrava vero, e per tutta la vita sarebbe stato in debito verso Vincent Vasino, detto Vince, il suo irriducibile protagonista. Ma il grazie più profondo andava alla sua direttissima compagna di penna e di vita, senza la quale non sarebbe stato ciò che era, come giallista e come uomo.
Direttissima compagna...? Cosa? Ah, no, doveva essere un errore del correttore automatico. Infatti: dilettissima compagna, come ribadiva qualche riga più sotto. Il webmaster non se n’era accorto?
Mmm... dilettissima compagna. Ornella assaporò quella definizione così romantica. Dietro un uomo importante c’è sempre una grande donna, aveva detto Cesare a proposito di Claudia. E Barack Obama di Michelle.
«Beate loro!» sospirò con bonaria invidia.
Nel sito c’era il link al Rocco Rubino Fan Club, un omaggio che le migliaia di ammiratori (il contatore confermava) tributavano al loro beniamino. A quel punto Ornella ebbe il dubbio che, anche per lui, Borgo Propizio avrebbe potuto non rivelarsi all’altezza. Ma si tranquillizzò subito. Il borgo era proiettato al futuro, al successo, alla fama mondiale; il festival sarebbe stato spaziale, universale, astronomico, astrologico... E se per miracolo le fosse perfino riuscito di accontentare Letizia... altro che Big Bang!
La pagina dei contatti, però, non dava un indirizzo e-mail diretto. Aprendola, Ornella vide innalzarsi una muraglia. Infatti dal basso apparvero tanti mattoncini giustappunto color mattone che, una fila sopra l’altra, riempirono lo schermo; su di essi campeggiava la scritta M.U.R.O. Rights Agency, dove M.U.R.O. non era un acronimo, ma il cognome puntato (chissà perché puntato) dell’agente letterario, come scoprì un attimo dopo collegandosi al sito www.murorightsagency.biz. Per contattare Rubino bisognava passare da lì.
Muro non risultava granché simpatico nella foto in home page dalla quale non sorrideva dietro un orrendo paio di occhiali ocra shocking, ma Ornella non si lasciò intimidire. Per fare una cosa originale, andò a ripescare un linguaggio desueto che le sembrava appropriato e iniziò a scrivergli.
Al divenire dell’equinozio autunnale, entro le merlate mura medievali del corrusco centro storico di Borgo Propizio...
Che schifo!
Sembrava facile! Altro che la cartolina, la guardi, t’ispiri e inventi una storia. O i comunicati stampa, da scopiazzare l’uno sull’altro. Si ricredette: scrivere era ben altra impresa! Tanto di cappello, signori autori.
Così inviò due sterili righe in cui diceva solo che, per conto del Comune, desiderava invitare Rocco Rubino a un evento culturale e, giusto per scrupolo, chiese conferma di lettura dell’e-mail. Che inaspettatamente arrivò subito, seguita dalla risposta: Chiami A.S.A.P. Ornella compose il numero di cellulare indicato seduta stante (o la va o la spacca!), nonostante fossero le sei di mattina. As Soon As Possible non permetteva di procrastinare.
Muro soffriva d’insonnia, le spiegò, e questo lo rendeva pratico. Dopo avere sottoposto la sua interlocutrice a una gragnola di domande, sparò la cifra che come mero gettone di presenza a Ornella sembrò eccessiva. Con il dovuto tatto, glielo fece notare.
«Rubino è Rubino, una gemma di nome e di fatto» ribatté l’agente in tono pomposo. «So cosa sto vendendo. I suoi libri vengono tradotti persino nelle otto terre che compongono il Mondo Emerso, nella contrada di Bengodi, nel Paese delle Meraviglie, a Donnafugata, Mompracem e Paperopoli».
E perciò lo sconto che concesse fu degno di quel taccagno di Paperon de’ Paperoni.
Era fatta! Orgogliosa di se stessa, Ornella chiuse il cellulare, anche se si sarebbe chiuso da solo tra meno di un minuto per sopraggiunta mancanza di credito, poiché Muro, per iscritto puntato e schematico, al telefono si era rivelato una persona loquace e le aveva consumato l’intera ricarica comprata appena quella mattina. Anzi, ieri mattina: solo allora si rese conto che il nuovo giorno era sorto in tutto il suo fulgore e che lei non aveva affatto chiuso occhio. Perciò era giunto il momento di andare a nanna.
Non prima, però, di fare l’ultima cosa di quella impegnativa, proficua notte: spedire un messaggio veloce e spiritoso all’assessore informandolo che la missione era compiuta.
Da: Ornella [posta@ornellacommunication.com]
A: ‘Prof. Conforti’ [mail to: tranquillo.conforti@comune.borgopropizio.it]
Oggetto: MISSIONE COMPIUTA!
RECUPERATO RUBINO (GEMMA DI NOME E DI FATTO) E IL MINORE SALTALAMACCHIA.
Dopo tre minuti precisi, Conforti le rispose.
Da: tranquillo.conforti@comune.borgopropizio.it
A: posta@ornellacommunication.com
Oggetto: REVOCA
Al fine di sgomberare il campo da equivoci, si comunica quanto segue:
a) Saltalamacchia non è un minore, bensì un maresciallo capo dei Carabinieri,
b) il maresciallo Saltalamacchia ha eroicamente salvato Borgo Propizio,
c) il maresciallo Saltalamacchia ha debellato il pericoloso fantasma del Castelluccio,
d) il maresciallo Saltalamacchia ha già recuperato il rubino tre anni or sono,
e, pertanto, si revoca formalmente l’incarico assegnato.
Distinti saluti.
Prof. Tranquillo Conforti
Assessore alla Cultura e ai Grandi Eventi
Comune di Borgo Propizio
Leggendo, Ornella sentì che una bella fetta di autostima era andata a farsi benedire. Bisognava che corresse in Comune a chiarire la cosa, ma prima era meglio riacquistare le forze con un sonnellino, che avrebbe fatto volentieri e subito se la madre non l’avesse chiamata in quel momento.
Mentre si alzava dal letto, la signora Elvira era stata colpita da un attacco di sciatica e voleva andare al pronto soccorso.