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Un gusto non maccheronico

Nel momento in cui la fila dei fedeli emersi dalla chiesa invase il sagrato, Belinda uscì dal suo cortiletto e allungò il collo per cercare Ornella, anche se con il suo metro e ottanta di altezza l’amica sarebbe spiccata tra la folla.

Ornella aveva accompagnato a messa la madre (la sciatica fugata da potenti iniezioni) e lì l’avrebbe affidata a una parente per poi andare a mangiare dai genitori di Belinda.

Claudia aveva organizzato un pranzo per salutare gli amici prima della partenza. Stava trascinando Cesare in un tour dei castelli dei Carpazi, con sdegno della figlia per la quale ormai esisteva solo il Castelluccio di Borgo Propizio.

In qualità di scrittore e non di carabiniere, a tavola ci sarebbe stato anche Bartolomeo Saltalamacchia, che Ornella doveva incontrare per concordarne l’intervento al festival, così come avrebbe dovuto fare poi con tutti gli altri autori e attori. Non di sua iniziativa, ma su precise istruzioni dell’assessore, che era molto ansioso e voleva al più presto il quadro completo e il preventivo dettagliato. Come le aveva detto una volta chiarito l’equivoco dell’e-mail scherzosa (in realtà penosa, Ornella se ne rendeva conto ora) e della risposta piccata (il maresciallo era nella massima stima di Conforti), e dopo essersi congratulato per l’idea della cena con delitto, ma principalmente per Rocco Rubino: «Un grosso nome, mia cara! Complimenti! Chi non ha letto i suoi gialli?!»

Proprio lui, confessò, perché i suoi gusti letterari erano altri. Ma aveva fatto subito ammenda mandando la segretaria a comprargli La collezionista di scimmie. Il romanzo che, insignito di innumerevoli premi, apriva la serie dei casi brillantemente risolti da Vince Vasino.

L’azzurro del cielo non era interrotto nemmeno da una nuvola, l’aria frizzante della primavera solleticava le narici e le curve della collina svelavano da un lato i nuovi colori dei peschi e dei ciliegi che stavano fiorendo, e dall’altro il verde brillante dei vigneti. Il panorama infondeva gioia nei cuori.

«L’Eden era così?» domandò Ornella, che in chiesa non andava solo per accompagnare la madre.

«Molto simile, secondo me».

«Quando ero sposata, a volte pregavo Dio perché facesse un miracolo, ma non sapevo quale. Lui sì, però: farmi tornare qui dall’infernale bolgia della città. Qualcuno ha detto che di un luogo non valgono le meraviglie che ti offre, ma la risposta che sa darti».

«Chi?»

«Boh!»

«Sicuramente zia Letizia lo sa. Dopo glielo chiediamo».

«Io so solo che Borgo Propizio mi ha dato la vita due volte».

«Lo dici sempre».

«È il mio mantra».

Con la borsetta di finto coccodrillo dei giorni festivi e gli abbinati mocassini dall’obbligatoria pianta larga per via dell’alluce valgo, Letizia aspettava all’ingresso del parco giochi, che la domenica mattina era gremito di giovani famiglie. Salita sull’auto con agilità, rispose a Belinda senza esitazioni.

«Italo Calvino, nelle Città invisibili».

«Non dirmi che all’Unitre hai fatto un corso perfino su Calvino!»

«No, ma ho letto il libro. Quella frase è rimasta impressa anche a me».

«E come dice precisamente?»

«Precisamente... Mmm... Di una città non godi le sette o settantasette meraviglie. Ma la risposta che dà alla tua domanda».

«Verissimo!»

Claudia aveva preparato un ottimo pranzo con la collaborazione di Mariolina, le cui golose caramelle ai carciofi fecero letteralmente leccare i baffi sia agli uomini sbarbati di fresco sia alle donne, che avevano fatto la ceretta.

«Io no, io me li decoloro. Non sono mica una masochista!» precisò Letizia.

«Questione di gusti» commentò Cesare, che non perdeva occasione per stuzzicare la zia acquisita. E poi, rivolto a Ruggero: «Sei un uomo fortunato, tu. La tua signora ti prende per la gola».

«A volte anche con il mattarello, quando ha finito di stendere la pasta!»

Mariolina guardò il marito con espressione aggrondata, incerta se prendersela o soprassedere. Optò per la seconda soluzione, ingoiando con un sorso di vino la sua, a volte eccessiva, vulnerabilità.

Saltalamacchia chiese il favore di non essere più chiamato maresciallo, bensì Bartolo: era tra amici e aveva lasciato a casa la divisa. E anche la moglie e le figlie: una volta tanto si era concesso una libera uscita.

«Allora, Bartolo, giacché siamo tra amici, è vero che fu il fantasma a farti trovare i gioielli?» domandò Ornella.

«No, no, quella è una storia che inventarono i giornalisti. Sai che ci ricamano sempre... In realtà, devo dire grazie a mia figlia».

«Tua figlia?»

«Sì, una delle più piccole».

«Quanti anni hanno le tue figlie?»

«Questa diciannove, ma ne ho altre tre».

«Una bella brigata!» commentò Letizia, che non aveva potuto avere bambini e si era spesso immaginata madre di una cucciolata numerosa.

«Il maresciallo... Bartolo ha due coppie di gemelle» spiegò Claudia che, a chiamarlo per nome, non si sentiva molto a proprio agio.

«Eh, sì. C’è voluta tutta la mia abilità di carabiniere, ironizza mia moglie».

«Forse volevi il maschio...» azzardò Letizia, ma lo sguardo frustrato del maresciallo la spinse a far cadere l’argomento. «E allora dicevi che è stata tua figlia».

«Sì, stava passeggiando intorno al castello e inciampò sopra un sasso. Il sasso si spostò e lei si accorse della buca... e poi dell’involto che conteneva la parure».

Non era andata esattamente così. Al maresciallo faceva ancora male ricordare che la famosa sera, anzi notte, la figlia era uscita di nascosto per incontrare il suo ragazzo e stavano per andare a fare chissà cosa, cioè era facile capire cosa – quella svergognata! – e perciò glielo aveva impedito rincorrendoli su per la collina. Il calcio al sasso lo aveva dato lui inavvertitamente: voleva colpire il sedere di quel farabutto. Che poi si era rivelato un bravo giovane, di buona famiglia, ed erano ancora fidanzati.

«Sonia è una ragazza giudiziosa, l’anno scorso si è diplomata con cento e lode, e adesso va all’università. Vuole diventare pediatra. A differenza della sua gemella, Serena, che è una farfallona e sta ripetendo la quinta, ma a parte questo è una brava figliola pure lei. Poi ci sono le due più grandi, Stefania e Simona. Fortunatamente anche di loro non mi posso lamentare, tranne che non riescono a trovare lavoro, come tanti giovani. Non hanno voluto continuare gli studi e si arrangiano a fare le commesse nei negozi quando trovano. Ma sono lavoretti di qualche mese e poi le lasciano a casa. Purtroppo il diploma oggigiorno non vale più niente...»

I peperoni di Claudia lasciarono Bartolo indeciso. Non ricordava di averli mai digeriti in meno di tre giorni. Cesare lo rassicurò. La ricetta speciale di sua moglie era a prova del peggiore stomaco.

«Li lascio cuocere a forno alto per un’oretta, interi, privati del picciolo e dei semi, poi li spello e li condisco con il limone. Restano croccanti, sono digeribili e più buoni della carne» spiegò Claudia, che tendeva verso il vegetarianismo, ma Cesare non le permetteva di bandire dalla loro tavola bistecche, polpette, salsicce e similari.

Ed era anche allegro alla vista, quel piatto di peperoni tagliati a striscioline gialle, alternate a striscioline rosse, alternate a striscioline verdi, e cosparsi di prezzemolo. Il maresciallo se ne servì. Alla peggio, tornato a casa, li avrebbe sconfitti con il bicarbonato.

Forse ancora più che delle figlie, Bartolo era orgoglioso della sua creatura e non si fece pregare quando Ornella lo invogliò a parlare del libro.

«Erano anni che pensavo di scrivere un romanzo. Con il lavoro che faccio vedo tante persone... ho preso spunto dalla realtà» disse, vergognandosi di confessare all’intera tavolata che la storia era capitata proprio a lui. «Parla di un ragazzo che tradisce un amico, anzi l’amico del cuore, si fa prestare parecchi soldi e gli rifila a garanzia un Rolex falso».

«E poi?»

«Sparisce».

«Che fantasia vulcanica!» si complimentò Mariolina.

«Se succederebbe veramente, io non lo perdonerei mai, un amico così. Che poi non sarebbe un amico, clero maiale!» esclamò Ruggero.

«Io... io...» balbettò il maresciallo confuso, senza notare la gomitata di Mariolina al marito, e fu solo la voce di Ornella a impedire che si commuovesse e raccontasse tutta la dolorosa, indimenticata e indimenticabile esperienza.

«Le lancette dell’amicizia è un titolo che acchiappa, anche la copertina è bella, l’ho vista in internet. Ma in libreria non si trova...»

Ornella, suo malgrado, aveva il dovere di leggere i libri degli autori partecipanti al festival e se li stava procurando.

«Te ne farò spedire una copia, in libreria è difficile che ci sia, l’ho pubblicato con un piccolo editore. Bisogna ordinarlo e poi sperare che arrivi».

«Magari c’è al supermercato?» chiese Mariolina. «A volte fanno il 30% di sconto».

Cesare impallidì, sperando che sua moglie non cambiasse l’abitudine di rivolgersi al libraio di fiducia che sapeva consigliarla. La sua paura era di trovarsi in un caotico sabato pomeriggio a spingere due carrelli contemporaneamente, uno di spesa alimentare e uno di soli libri scontatissimi, entrambi strapieni e con le solite ruote bloccate (perché non li controllavano mai, quei maledetti carrelli?!), mentre Claudia volteggiava tra le corsie e s’infastidiva che lui non riuscisse a starle al passo.

«No, nei supermercati vendono solo i best seller».

Bartolo si era già informato.

«Io credo» intervenne Claudia «che il tuo libro meriti molto successo. Hai una scrittura singolare e interessante».

«Se lo dice mia moglie» confermò Cesare, «è vero, Bartolo. È una lettrice appassionata, dal gusto ricercato. Anzi, giacché siamo a tavola, diciamo che ha un gusto non maccheronico».

«Sì, sono certa che avrai un grande successo. Se non con il primo, con il secondo che prima o poi sicuramente scriverai» continuò Claudia.

«In verità... non vorrei sembrare presuntuoso, ma ci sto già pensando, al prossimo».

«Oh, bravo! E di che parlerà?»

«Avrei una mezza idea... Di una ragazza che una notte scappa con il fidanzato, ma il padre li insegue e lo prende a calci...»

«E alla figlia cosa fa?» s’intromise Belinda.

«Magari la manda in collegio, o in convento. Ci devo ancora pensare. Potrei ambientarlo a Borgo Propizio, nel Medioevo».

«Perché no? E potresti chiedere una sponsorizzazione al sindaco» azzardò Ornella.

Ma il maresciallo, a Felice Rondinella, semmai avrebbe chiesto un posto di lavoro per le figlie. Anzi, un occhio di riguardo per il concorso.

Sua moglie non si sarebbe tolta dalle orecchie finché non lo avesse fatto.