9

Lo conosceva da poco tempo e a lui non aveva mai fatto gran caso. Ignorò quando e dove l’avesse conosciuto finché lui, dopo il fidanzamento, non le disse che si erano incontrati a un ballo a cui l’avevano portato degli amici. Certo allora lei non l’aveva notato e aveva ballato con lui per gentilezza e perché ballava volentieri con chiunque la invitasse. Quando un paio di giorni dopo, a un altro ballo, egli le si era avvicinato rivolgendole la parola non l’aveva riconosciuto affatto. Poi notò che il giovane era a tutti i balli dove andava lei.

«Senta, abbiamo ballato insieme almeno una dozzina di volte e devo sapere come si chiama» gli disse infine ridendo, al modo suo.

Lui fu visibilmente sorpreso.

«Come, non lo sa? Le sono stato presentato».

«Oh, ma la gente i nomi li borbotta. Non mi stupirei affatto se lei non avesse la più pallida idea di come mi chiamo io».

Le sorrise. Aveva un viso serio e un tantino severo, ma il sorriso era molto dolce.

«Lo so, naturalmente». Tacque un momento. «Lei non è curiosa?» chiese poi.

«Come quasi tutte le donne».

«Non ha pensato di domandare a qualcuno come mi chiamo?».

Kitty era vagamente divertita, chissà perché lui pensava che il suo nome potesse in alcun modo interessarle; ma voleva piacere, sicché lo guardò con quel suo sorriso abbagliante, e i suoi begli occhi, laghi di rugiada sotto piante ombrose, avevano una gentilezza incantevole.

«Allora, come si chiama?».

«Walter Fane».

Perché lui venisse ai balli non sapeva; non era un gran ballerino e sembrava conoscere poca gente. Le passò per la mente che fosse innamorato di lei, ma allontanò l’idea con un’alzata di spalle; conosceva ragazze convinte che ogni uomo che incontravano si innamorasse di loro e le aveva sempre trovate ridicole. Ma rivolse a Walter Fane un poco più di attenzione. Certo non si comportava come gli altri giovani che si erano innamorati di lei. I più glielo dicevano francamente e volevano baciarla; parecchi lo facevano. Walter Fane invece non parlava mai di lei e pochissimo di sé. Era piuttosto silenzioso, e questo non la infastidiva, lei aveva tanto da dire e le piaceva vederlo ridere a una sua osservazione spiritosa; ma quando parlava non era in modo stupido. Evidentemente era timido. Seppe che viveva in Oriente ed era a casa in licenza.

Una domenica pomeriggio egli comparve da loro a South Kensington. C’erano una dozzina di persone; rimase seduto qualche tempo, alquanto a disagio, e andò via. Più tardi la madre le chiese chi era.

«Non ho idea. L’hai invitato tu?».

«Sì, l’ho incontrato dai Baddeley. Mi disse di averti vista a vari balli. Gli ho detto che la domenica sono sempre in casa».

«Si chiama Fane, e ha non so che impiego in Oriente».

«Sì, è dottore. È innamorato di te?».

«Parola mia, non lo so».

«Pensavo che ormai capissi quando un giovanotto è innamorato».

«Comunque non lo sposerei» disse Kitty spensieratamente.

Mrs Garstin non rispose. Il suo silenzio era gravido di scontentezza. Kitty arrossì; comprese che pur di liberarsi di lei alla madre ormai non importava chi sposasse.