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Emmerich se ne stava disteso sulla sua brandina al pensionato maschile e tentava di rilassarsi. Con gli occhi fissi al soffitto riuscì a far tacere per un attimo i suoi pensieri. Aveva fatto tutto il possibile. Il resto non dipendeva da lui.

Era la classica quiete che precede la tempesta. L’ultimo momento di respiro prima della battaglia finale.

Durante la guerra era stato capace di non farsi toccare da quel senso di pressante angoscia che invadeva lui e tutti i suoi commilitoni prima di ogni scontro, ma adesso non gli riusciva. In gioco non c’era soltanto la sua vita, ma molto di più.

All’improvviso non poté fare a meno di pensare a Winter. L’ipersensibile, inesperto Winter, che fino allo scorso novembre non aveva mai visto un morto…

Si ricordò anche della rabbia nel vedersi affibbiare quell’assistente… finché non aveva intravisto la sua vera natura. Leale, profondamente onesto, integerrimo al cento percento – ecco com’era quel ragazzo.

Guai se quei tre porci gli avessero torto anche solo un capello…

Sospirando piano si alzò e si passò le mani sul viso. Era sfinito e al tempo stesso euforico. Respirò profondamente e gettò un ultimo sguardo allo specchio: era pallido, stanco e spossato. Ma soprattutto nervoso.

Era in gioco ogni cosa. Doveva avere fiducia.

Quella sera sarebbe finito tutto.

In un modo o nell’altro.

 

«Grazie al cielo sei arrivato». Ludwig si tirò su a sedere e squadrò Emmerich con sguardo preoccupato. «I nomi sulla lista non sono quelli dei membri della Misericordiae Nuntius».

«Lo so» disse Emmerich. «Sono nomi di scienziati». Espirò profondamente. «Dov’è il taccuino?».

«Eccolo». Ludwig lo tirò fuori da sotto il cuscino e glielo porse insieme a un po’ di foglietti riempiti con mano incerta e maldestra. «Tutto quello che c’è scritto lì dentro è un manifesto infuocato contro gente come me» riassunse. «Non siamo degni di essere considerati essere umani, siamo solo fastidiosi parassiti di cui liberarsi. Mangiapane a tradimento, la rovina di ogni società sana». Il dolore e il disprezzo che gli avevano scatenato quella lettura era ben visibile sul suo volto. «Questi maiali affrontano la questione in maniera scientifica. Per giustificare la loro ideologia chiamano in causa genetica, antropologia, medicina e persino filosofia ed economia». Aveva gli occhi lucidi. «Davvero sono una tale piaga?».

«Altroché». Emmerich lo prese per la spalla. «Quando russi tieni sveglio l’intero pensionato».

Anziché ridere alla battutaccia, Ludwig prese a singhiozzare. «Qui dentro non c’è scritto niente sugli omicidi o altro di utile a spedire quei porci in galera. Il taccuino può servire solo a rendere pubblico il loro modo di pensare, metterli alla gogna e sperare che questo basti a impedire che compiano altri crimini. Ma non servirà a fare giustizia a Peppi e alle vittime».

Emmerich annuì. «Lo temevo». E anche se il taccuino avesse contenuto delle prove effettive, in ogni caso non avrebbe potuto usarlo contro gli eliminatori. Non finché Winter era nelle loro mani. «Incrocia le dita per me. Forse un modo c’è». Si infilò il taccuino sotto braccio e uscì.