I fatti accertati dalle indagini erano questi: pochi e frammentari.

La notte in cui morì, la Ragazza aveva all’incirca sedici anni.

Veniva dal Medio Oriente, ma risalire a un indirizzo, a un documento d’identità o ad atti ufficiali che la riguardassero era risultato impossibile.

Non aveva neanche un nome.

L’unica esile ricostruzione dei suoi ultimi movimenti era disseminata in un pugno di brevi registrazioni delle telecamere di sorveglianza, in un arco temporale circoscritto dalle deposizioni di due testimoni dell’accusa.

La prima testimone, Donna Turner, aveva visto la Ragazza avventurarsi da sola incontro al temporale poco prima della mezzanotte del 14 aprile, Venerdì Santo, a Cotgrave, un paesotto di campagna nella contea del Nottinghamshire.

Il secondo a imbattersi nella giovane era stato un anziano di nome Harold Kennard, oltre sette ore dopo: era riversa su un binario morto, in aperta campagna.

Ce l’aveva messa lì qualcuno in chissà quale momento di quella notte d’orrore.

Dalle dita delle mani le mancavano sette unghie. Durante la colluttazione le si erano spezzati due incisivi, uno dei quali era stato ritrovato dentro il polmone sinistro collassato. Riportava fratture alle gambe inflitte post mortem, e sul resto del corpo nudo c’erano cinquantasette segni di colpi sferrati con un oggetto contundente.

Nonostante un appello su scala nazionale, nessuno era andato a reclamarla all’obitorio; come se prima che le strappassero la vita fosse già un fantasma.

Questi i fatti, per definizione incontestabili.

Tutto il resto non erano che congetture.

All’inizio.