Daisy, la mordi-mordicchia, la treccine rosse, aprì la mappa e appoggiò l’indice sul Canada, poi chiuse gli occhi e immaginò quelle terre dall’alto, sognò di sorvolare le cime degli alberi, i prati, le colline, e dal Canada fece scivolare il dito sugli Stati Uniti d’America, li attraversò sino al Messico. Come sembrava facile, solo pochi attimi.
Eppure per una farfalla monarca il viaggio, quel viaggio, durava quattro generazioni di ali: una bisnonna, una nonna, una madre e una figlia. Tre generazioni su quattro si consumavano nel volo d’andata e il ritorno spettava alla quarta generazione: per questo le era concessa una vita otto volte più lunga delle altre, più vita per tornare in un luogo che non aveva mai visto e mai respirato. Un luogo che era annidato dentro di lei da sempre, sin da quando avevano inventato le farfalle.
Per Daisy il ciclo vitale delle monarca era una storia bellissima e non c’era bisogno di conoscere la biologia, la genetica e altre scienze misteriose per rimanerne affascinati. Era sufficiente pensare al tremolio delle ali sopra la vastità delle montagne, delle pianure e delle foreste.
Daisy sentiva che una storia tanto potente doveva essere trasmessa a quelli del Gruppo: a Red, Imre, Ebony, Peter e Saul.
Imre avrebbe capito di sicuro, ne era certa. Lui era sempre avanti. O da nessuna parte, che poi è un altro modo per capire.
I componenti del Gruppo erano soliti ritrovarsi nel garage del padre di Peter, tra scaffali colmi di scatole, bottiglie di birra fatta in casa e il fermentatore che esalava vapori alcolici. Peter prometteva al padre che, in cambio dell’ospitalità, lui e i suoi amici avrebbero messo un po’ di ordine, spolverato e portato via qualche chilo di vecchie riviste. Promesse mai mantenute.
Daisy spalancò la porta del garage e li trovò già accomodati, come sanno fare i maschi, senza un minimo di stile.
“Che storia è questa delle farfalle?” l’apostrofò subito Peter, allungando il collo come un fenicottero.
“Ma come te le inventi? Perché non rimaniamo su mosche e formiche?” chiese Saul che s’era appoggiato alla porta del garage.
“Nessuna farfalla all’orizzonte! Meglio se continuiamo a infilzare scarafaggi,” Ebony si era alzato dalla seggiola per farsi notare meglio.
“Lasciamola parlare!” Red si impose, zittendoli.
Red era il capo del Gruppo, il maggiore per età, e lo si capiva perché indossava già una camicia a tinta unita e sapeva occupare una sedia mostrando la giusta postura. Le stava di fronte, busto eretto e sguardo curioso, e Daisy gli fece un piccolo cenno di ringraziamento.
Daisy aveva portato solo la mappa delle Americhe e un ritaglio di giornale. Lo sollevò, indicando il grappolo di farfalle colorate. “Queste sono le monarca,” disse.
“Sì, monarca! Perché non imperatore?” Peter cercò di deriderla ed Ebony colse la palla al balzo: “Non c’è una farfalla presidente della Repubblica?” scatenando le risate di Saul e dello stesso Peter.
Daisy provò una scossa di rabbia. Guardò Imre che teneva aperta la mappa, mostrandola agli altri.
Si diede la carica, non si lasciò intimorire, intendeva parlare ai ragazzi di aria e di cielo. Sollevarli con l’immaginazione dai marciapiedi, dal traffico, dai semafori e da tutte quelle linee dritte, dagli occhi spenti dei palazzoni. Portare quei ragazzi fuori dalla città, grigia e rumorosa. Quattro generazioni in volo nell’aria, nei cieli azzurri, guidate da una memoria più grande dei nostri pensieri.
Daisy raccontò quella storia che sapeva di mistero. Raccontò con passione. Alla fine, i ragazzi del Gruppo rimasero pensosi.
Peter sbottò, dicendo che non ci credeva: “Come fanno le figlie della quarta generazione a tornare in un luogo sconosciuto?”
Daisy rispose che lei non lo sapeva.
Red, che era rimasto in silenzio tutto il tempo, annuì e concluse che in città, come è noto, si vedono quasi solo formiche, mosche, blatte e poco altro, non ci sono farfalle in città, solo nelle collezioni appese alle pareti di qualche riccone annoiato, tutta robaccia comperata per posta, non erano insetti veri, erano colla.
“È bello sognare, ma poi bisogna stare con i piedi per terra,” aggiunse.
Daisy capì che non bastava un racconto, forse la guerra della farfalle doveva cominciare.