1.

TUTTO PRONTO

Il signor Greenway entrò frettolosamente nello studio, teneva sottobraccio l’amata rivista dell’Accademia reale di orticoltura, il meglio in materia di vegetali edibili, tecniche agronomiche e ricette culinarie, raffinate e gustose, binomio che apprezzava tanto quanto l’arte del diradare carote e ravanelli.

Lanciò la giacca sulla scrivania, accomodandosi sulla sua amata poltrona serale. Con una certa trepidazione prese a sfogliare le pagine della rivista. Cercava qualcosa, anche se, diligentemente, lanciava uno sguardo a ogni articolo.

Da oltre un anno la redazione aveva concesso uno spazio, nella rubrica dedicata agli interventi dei lettori, per curiose invenzioni letterarie. Esse comparivano accanto a quesiti su come sterminare gli afidi verdi, a suggerimenti sulla conservazione delle patate a ovest del meridiano di Greenwich e a vibrate proteste sull’importazione di pomodori dal Mediterraneo. Quei piccoli gioielli fantastici dovevano, tuttavia, essere pertinenti con gli scopi della rivista che si prefiggeva di diffondere la passione per la coltivazione dell’orto, unita all’amore per l’universo botanico ed entomologico.

Il signor Greenway ammetteva che leziosi resoconti sul confezionamento di maglioni di lana per salici piangenti non meritavano lo spazio concesso, che con troppa faciloneria venivano pubblicate bagatelle a proposito di orti da balcone e che le storielle sui propri gatti e cagnolini non erano particolarmente entusiasmanti. Eppure, con grande stupore, aveva trovato tra quelle pagine alcuni racconti che lo avevano deliziato.

Sorrise soddisfatto: eccone un altro! Accese il vecchio giradischi e poi una lampada, e una luce dorata illuminò la carta. Prima di iniziare a leggere cantò, assieme ai Beatles, In Penny Lane

“Signor Greenway, mi perdoni…”

Un giovane aveva socchiuso delicatamente la porta dello studio.

“Che c’è, Melchiorre?” chiese, spegnendo il giradischi.

“Signor Greenway, per domani è tutto pronto.”

“Hai eseguito le mie indicazioni?” disse Greenway.

“Sì, alla lettera.”

“Hai suddiviso gli appezzamenti nell’orto?”

“Al millimetro.”

“Hai preparato i cartelli di metallo per indicare chi li coltiverà?”

“Sì, li ho dipinti di giallo. Anche Emily è pronta.”

“Emily lo è sempre.”

“Il signor Eugene ha detto che non gli interessa nulla dei nuovi arrivi. Anzi, vorrebbe che tornassero a casa loro.” Melchiorre scosse la testa, in segno di disapprovazione.

“Eugene va affrontato con grande pazienza. Non preoccuparti.”

“I nuovi ospiti saranno impegnativi?” chiese Melchiorre.

“Come gli altri,” rispose Greenway.

Il giovane Melchiorre, a ogni arrivo degli ospiti, mostrava una certa apprensione.

“E che discorso farete?”

“Vuoi sentirlo?”

“Sì.”

“Gli dirò esattamente questo: ‘Non siete qui per praticare il giardinaggio, ma l’orticoltura. Avrete a che fare con l’energia solare, con la sua trasformazione, con la materia che diventa nutrimento, con il metabolismo che pone le fondamenta per ogni pensiero, per ogni divagazione estetica o letteraria, perché per primo arriva lo zucchero che alimenta il cervello e poi le sue esercitazioni. Stiamo parlando di un universo necessariamente pratico e, per tale motivo, vi metterò subito a disposizione terra, vanghe e rastrelli. Ciascuno di voi riceverà la stessa superficie coltivabile. Dovrete dissodare il terreno e poi badare a tutte le operazioni nell’arco di un intero anno, da primavera a primavera.’ Che ne dici?”

Melchiorre sorrise, più rilassato.

“Ottimo, signore, ottimo.”

Greenway, quando fu nuovamente solo, ripose la rivista dell’Accademia reale, si sarebbe dedicato alla lettura nei prossimi giorni.

Si alzò, avvicinandosi alla finestra. Il buio, una debole luce dietro gli alberi, in alto una luna quasi piena, la luna vive quasi un mese solare.

Il tempo giusto. Domani terra, lavoro. E poi semi. Un ciclo, un altro ciclo vivente.