23.

LE LANTERNE DEI DESIDERI

Syd li vide.

Armeggiava con le sue mongolfiere di carta accanto alla panchina. In due notti di attento lavoro ne aveva preparate sette, un numero magico.

Assieme a Melchiorre ne aveva accuratamente controllato le dimensioni, le parti incollate, il supporto delle candele. Gli era sembrato che ora tutto fosse in ordine, che le prove dei giorni precedenti gli avessero consentito di trasformare della semplice carta di riso nelle lanterne dei desideri. Che andavano fatte volare in una notte speciale. E quella lo era. Era la notte in cui era nato, piccolo e già pronto a invecchiare, anche se non l’aveva capito subito ma a sette anni, ecco il numero magico, il momento in cui aveva realizzato di quale lotteria, rarissima, aveva vinto il primo premio.

Syd vide i ragazzi e non si sorprese. Aveva sentito che Greenway li aveva rinchiusi per rispedirli a casa. La ricreazione era finita, era normale, direzioni opposte, fenomeni incompatibili, c’era stata un po’ di intersezione, ma solo temporanea.

Eppure, Syd provò l’impulso di chiamarli. Il fatto che fossero lì dimostrava che sapevano reagire, che stavano scappando e che, alla fine, non puoi fermare un’onda se non sai, né puoi, costruire una barriera.

“Ehi!” gridò Syd e, in cuor suo, sperò che rispondessero.

Invece i ragazzi si dispersero in tutte le direzioni, scomparendo nel buio.

“Sono io!” un po’ bisbigliava e un po’ gridava Syd. “Non abbiate paura.”

Sentì un fruscio alle sue spalle. Era Red.

“Che ci fa qui?” chiese il ragazzo.

“E voi?”

“Ci spia?”

“Assolutamente no.”

Anche gli altri si erano avvicinati.

“E voi che ci fate qui? State scappando?”

Lo stavano circondando.

“Non ci vogliono più,” disse Peter.

“E ce ne andiamo,” aggiunse Ebony.

“E dove andate a quest’ora? La strada per il traghetto è lunga e buia e il primo autobus sarà domattina. E potrebbe scoppiare un temporale da un momento all’altro.”

“Può aiutarci?” chiese Daisy.

“Daisy cara, non credo potreste tornare nella Villa e non credo che riuscireste a dormire sugli alberi o nel bosco se piove. Vi rimane l’alloggio di Emily, chissà, forse potrebbe concedervi di passare la notte al riparo. Oppure c’è la serra. Sarà un po’ umida, ma più confortevole che starsene all’aperto quando scenderà la temperatura.”

“E lei potrebbe chiederlo a Emily per noi? Ci farebbe questo piacere?”

“Non so se ho questo potere su Emily,” borbottò.

Imre, che pareva non ascoltare la discussione, si accorse delle mongolfiere di carta e ne sollevò una.

“Cosa sono, signor Syd?”

Syd, quasi il ragazzino avesse scoperto una sua debolezza, rimase interdetto, non trovava le parole, si pentì di aver chiamato i ragazzi e di essersi messo in una situazione tanto scomoda. Forse non poteva aiutarli.

“Queste cosa sono?” insistette Imre.

“Oh, queste… lanterne dei desideri…”

Lanterne dei desideri.

“Non sono quelle lampade che ha provato a far volare? Perché adesso sono lanterne dei desideri? Che cosa vuol dire?” chiese Ebony.

Come spiegarlo? Come spiegare il senso di una notte speciale? A dei ragazzi che stanno scappando?

“Non posso aiutarvi, no, non posso e poi, questa notte…” Si interruppe. “Questa notte è la notte in cui sono nato, ventiquattro anni fa ormai…”

“Buon compleanno!” disse Saul.

“Buon compleanno!” dissero Imre e Daisy.

“Non è quello, non si tratta del compleanno, cioè, sì, è un compleanno, ma, come sapete, uno come me non sa mai se sia l’ultimo, cioè se il prossimo anno sarò qui, e allora, da qualche anno, durante questa notte, accendo le lanterne dei desideri e le guardo salire al cielo…”

“Esprime dei desideri?” chiese Daisy.

Come dire loro che sì, li esprimeva, ma non venivano esauditi? Come dire che tutti abbiamo desideri, come abbiamo respiri, battiti del cuore, denti che fanno male, ma i desideri non sono tronco o foglie, fiori o radici, sono semi lanciati lontano alla ricerca di un terreno fertile, sono speranze di germogli che, come gli era accaduto il più delle volte, s’erano disseccati.

“Perché non esprimiamo tutti un desiderio?” E così dicendo Syd contò i ragazzi, uno a uno. “Siamo proprio in sette. Perfetto!” esclamò.

I ragazzi, come ipnotizzati, lo aiutarono a disporre le lanterne sul prato.

Il cielo era scuro, le stelle non si vedevano, coltri nuvolose di passaggio lasciavano filtrare solo brevi luminescenze lunari. I lampi, intensi, avvertivano che il temporale poteva scavalcare il mare in poco tempo.

Syd si innervosì. “Dobbiamo sbrigarci,” disse; i lampi, l’elettricità nell’aria, la pioggia avrebbe impedito di far volare le lanterne. Cercò nelle tasche della giacca un accendino e da un borsello che aveva a tracolla estrasse le candele e insegnò ai ragazzi come posizionarle dentro a ogni lanterna. Ciascuna aveva un colore, e una volta accese le candele, la luce, attraversando la carta di riso, produceva una cromaticità dorata con sfumature arcobaleno.

Tutti e sette tenevano la lanterna davanti a loro, il volto illuminato, una strana espressione rivelava curiosità e anche l’eccitazione per un’azione tanto inconsueta.

“Quando la candela avrà scaldato l’aria si alzeranno,” disse Syd. “Avete un desiderio?” chiese.

“Qualsiasi?”

“Quello che più vi sta a cuore.”

“E la lanterna dove li porta, i desideri?” chiese Daisy.

“C’è una casa dei desideri nel cielo,” rispose Syd e la voce sembrava sincera.

Red scosse il capo, non ci credeva, ma la sua lanterna già gli sfuggiva dalle mani e la sollevò sopra la testa, lasciandola libera.

Lo imitarono tutti. Solo Daisy sembrò trattenere ancora la sua, come indecisa su quale desiderio scegliere. Ne aveva così tanti.

Le lanterne presero a salire, punti di luce se visti da una stella.

“Avete espresso un desiderio?” chiese Syd.

“Sììì,” bisbigliarono tutti.

“Anche lei?” chiese Imre.

Dirlo? Dire che avrebbe voluto tornare bambino?