“Vorresti andare ancora dal signor Cricket? Non ti starai affezionando?” La madre di Red ebbe un’esitazione prima di spalancare la porta di casa.
Red scosse la testa.
“No, è solo un vecchiaccio. Ti voglio dare una mano,” disse.
“Da dove ti viene tutta questa responsabilità?” chiese la donna e il tono sembrò preoccupato.
Uscirono e aspettarono in silenzio l’arrivo dell’autobus. Rimasero ancora in silenzio, sino alla fermata in prossimità della casa di riposo.
La signora Wolf guardò il figlio entrare nell’edificio, voleva esserne certa. Non si poteva mai sapere, con Red.
Il signor Cricket, come sempre, stava seduto in disparte, circondato dalla lenta recita dei suoi compagni di naufragio. Qualcuno giocava a carte, qualcuno guardava il soffitto come se vi scorressero le migliori immagini della propria vita.
“Signor Cricket!” salutò Red.
“Chi sei?”
“Il suo amico Red, signore. Sono venuto per farle un po’ di compagnia.”
“Attendevo il professor Tinto e invece mi arrivi tu!” sbottò l’uomo.
“Ma il professor Tinto è mio nonno!” mentì Red con uno dei suoi guizzi.
“Ecco dove ti avevo visto!” esclamò il signor Cricket e, acceso da quell’esultanza, si rizzò in piedi e si mise a camminare in circolo.
“Ti ha confidato niente, tuo nonno?” bisbigliò il vecchio.
“A che proposito, signore?”
Il signor Cricket si mise le mani attorno alla bocca.
“A proposito della foresta nublada. E lì che ci siamo conosciuti.”
“Purtroppo no, signore,” e c’era un autentico dispiacere nella voce del ragazzo.
“Allora non abbiamo niente da dirci,” e così dicendo il signor Cricket girò le spalle a Red, puntando verso la grande vetrata.
“Signor Cricket! Signor Cricket, me la racconti! Per favore…”
L’uomo tornò baldanzosamente sui suoi passi, sembrò lievitare e, cercando un tono di voce adeguato, fece segno al ragazzo di procurarsi una sedia.
Si accomodò anch’egli. Stavano l’uno di fronte all’altro.
“Adesso non ho voglia di raccontarti della foresta nublada! Quello che posso dirti è che bisogna apprezzare gli esoscheletri di molti insetti, quei gusci che li rivestono e rimangono anche dopo la morte, per ricordarne la forma.”
Red conosceva alla perfezione la magia degli esoscheletri.
“Sai cosa diceva tuo nonno?” chiese il vecchio.
Red scosse la testa.
“Diceva che le nostre migliori azioni sono gli esoscheletri che lasciamo al mondo.”
A Red sembrò che il senso di quelle parole fosse profondo ed era ciò che mancava alla sua azione, al suo vagare nell’universo degli insetti. Avrebbe dovuto scriverle. Pensò che all’ospizio conveniva sempre portare con sé carta e penna.
Chiese al vecchio studioso di ripetere e, stranamente, Cricket lo fece.
“Le nostre migliori azioni sono gli esoscheletri che lasciamo al mondo.”
“Ma le farfalle?” chiese Red assalito da un dubbio.
“Le farfalle cosa?”
“Le farfalle non hanno un vero e proprio esoscheletro. Allora non lasciano niente e sono inutili,” il ragazzo sentiva che la sapienza del vecchio avrebbe potuto aiutarlo nel mettere a fuoco quella che considerava la fissazione di Daisy.
Il vecchio Cricket sembrò roteare gli occhi e lasciar cadere le pesanti labbra, poi spalancò le braccia invocando la misericordia delle tempeste divine.
“Il professor Tinto non è tuo nonno! Non è così?”
Red, controvoglia, annuì.
“Perché se lo fosse ti toglierebbe il saluto! Sai cos’è un esoscheletro simbolico?”
“Nossignore,” rispose Red avvilito.
“Sono quelle immagini che rimangono nella memoria. L’esoscheletro, in questo caso, è la bellezza che le farfalle imprimono per sempre nella nostra mente!” rispose piccato il signor Cricket.
A Red girava la testa. Il mondo dei significati ululava dentro al suo cervello.
“Sta dicendo, se ho capito bene, che le farfalle servono per farci venire fame di cose belle?”
“Esattamente, ragazzo, esattamente. Sono come le statue dell’antichità classica, come i quadri dei pittori fiamminghi.”
“Fondamentale, fondamentale,” prese a bisbigliare tra sé e sé il ragazzo.
Trovò il coraggio.
“Signor Cricket, ho visto le sue farfalle dal Museo di scienze naturali e ho un disperato bisogno che lei mi firmi un documento che mi permetta di recuperarle. O almeno una parte. Non le lasci lì, dimenticate da tutti!” implorò Red.
L’uomo osservò il ragazzo come se si fosse svegliato da un sogno.
“Non si può! Ma conosco un posto dove le farfalle sgorgano come acqua da una cascata.”
“Che… che significa, signor Cricket?”
L’uomo prese Red sottobraccio.
“Portami via da qui, e io ti guiderò in un posto dove ci sono più farfalle che foglie sugli alberi.”
Red rimase interdetto, non sapeva se quelle parole venissero dalla follia o dalla ragione.
Cricket comprese lo stupore del ragazzo.
“Pensi che sia una stupidaggine come quella del Tibet?”
Red non se l’aspettava e balbettò qualcosa di incomprensibile.
“Uso il Tibet per liberarmi degli insetti molesti, è il mio personale DDT. Avrò qualche buco nel cervello, ma questo che ti sto per dire è assolutamente vero: ho insegnato ad allevare farfalle a un gentiluomo che abita in una meravigliosa villa. Libertà in cambio di farfalle: che ne dici ragazzo?”