9.

LA MOSSA DEL CAPO

L’allarme era suonato di mattina presto.

Una volta alla settimana i grandi stabilimenti attorno alla città sibilavano, sbottavano, fumavano e piangevano. Lo sbuffo di ceneri e vapore era ben visibile. “Una scorreggia delle macchine,” disse Imre che s’era affacciato un istante dalla finestra del suo appartamento. S’infilò le scarpe, allacciò alla meno peggio le stringhe lunghe mezzo chilometro e uscì.

C’era l’incontro, ed era quasi in ritardo. I componenti del Gruppo stavano seduti su due panchine del parco, gli uni di fronte agli altri. Smettevano di parlare solo quando passavano le biciclette o qualche persona sfrecciava come un treno.

“Ho molto riflettuto sul nostro Gruppo, su quello che stiamo facendo. Sulla nostra collezione. Sul suo grande valore scientifico. E ho capito che dobbiamo crescere ancora, che ci meritiamo una collezione di insetti come si deve,” iniziò Red, con quel tono che aveva nelle occasioni più solenni.

“Non possiamo sempre raccogliere zanzare, formiche e mosche, sempre mosche…” commentò inaspettatamente Saul e tutti annuirono. Tranne Daisy, che sentiva crescere una certa tensione.

“Ovvio. Bisogna trovare nuove fonti di esemplari.”

“Esatto!” esclamò Saul.

Red allargò provocatoriamente le braccia.

“Le procurerà il sottoscritto: mille nuove varietà d’insetti per il Gruppo! Red Wolf lo farà. E vi porterò anche le farfalle. Un esercito di farfalle!”

Peter sorrise: era la mossa di un capo.

La domanda aleggiava nell’aria, ma nessuno aveva il coraggio di farla. Dove si poteva trovare un esercito di farfalle? E, soprattutto, come se ne entrava in possesso?

Fu Imre a rompere il silenzio.

“Non c’è un esercito di farfalle da nessuna parte,” lo disse con forza, senza esitazioni, affrontando Red sul suo stesso terreno.

“C’è! Non certo nella villa di cui parlavi tu. Non sono nemmeno sicuro che esista!” rispose secco Red.

“E allora dove?” lo tallonò Imre ed Ebony lo sostenne chiedendo la stessa cosa.

“Ho fatto amicizia con una persona speciale e competente. Ci guiderà in un posto dove addirittura allevano farfalle. Una villa fuori città.”

Poi li guardò tutti.

“Ho bisogno di voi. Dobbiamo aiutare quella persona speciale a scappare.”

“Scappare?” chiesero tutti.

Red, lentamente, annuì.

“T’interessa solo comandare!” bisbigliò Daisy.

“Non è vero. Mi interessa il Gruppo. Ci darai una mano Daisy?”

La mordi-mordicchia si alzò, li fissò uno a uno, e poi si voltò abbandonandoli ai loro progetti. La seguirono con lo sguardo, vedendola sparire oltre la curva della pista d’atletica.

“Tranquilli. La recuperiamo…” disse Red, che assaporava la vittoria.

Poi fornì ai presenti tutte le informazioni sul signor Cricket e sull’ospizio, dove il vecchio entomologo si nascondeva dai tibetani.

Sul tavolo della cucina, Daisy mise una zuppiera che aveva riempito di cornflakes, pesò la farina, controllò che ci fossero il latte e le uova. Avrebbe preparato i biscotti di cornflakes per la mamma.

Sospirò. Red aveva contrattaccato, proprio come una Vanessa io aveva aperto le ali e mostrato i quattro occhi, minacciosi. Era stato bravo, l’aveva spinta nuovamente ai margini del Gruppo.

“Com’è l’ultimo racconto?” chiese la mamma comparendo alle spalle di Daisy.

“Bellissimo.”

“Davvero ti piace?”

“Davvero, mamma. L’ho già spedito alla rivista, come tutti gli altri. Hai avuto una buona idea di mandare i tuoi contributi. Secondo me, li stiamo divertendo.”

La donna sorrise. Un sorriso ampio che le sollevava gli angoli della bocca, e gli zigomi diventavano ancora più rotondi e si vedeva, appena, la punta della lingua dietro i denti bianchi. Aveva mantenuto l’abbonamento del marito alla rivista dell’Accademia reale di orticoltura, che sfogliava sperando di ritrovare una foto di lui immortalato in qualche orto del paradiso.

“Pensi che potrebbe vincere il concorso come racconto dell’anno?”

Daisy si avvicinò alla madre, seduta sul divano.

“Non solo vincerà,” le disse, “ho un’idea per la testa.”

La donna si scosse, sollevò le grosse braccia e batté con forza le mani sulle cosce.

“La mia bambina!” esclamò.

“Ho intenzione,” disse Daisy, “di mandare i tuoi racconti a una casa editrice.”

La madre spalancò gli occhi.

“Sì, una casa editrice, che li troverà stupendi e ti chiederà di pubblicarli.”

Gli occhi della donna si velarono, poi li chiuse.

“Sì, ti chiederanno di pubblicarli. Devi crederci, mamma!”

Lei rimase con gli occhi chiusi.

“Chi vuoi che paghi per leggere le mie cose,” mormorò.

“Tutti!” esclamò Daisy.

“La mia bambina…”