Dopo la scuola, oltre la riabilitazione
Il domani è un tabù quando ci si confronta con l’handicap, l’incubo dei genitori che hanno paura di lasciare, alla loro morte, il figlio bisognoso di cure senza nessuno.
È faticoso il domani perché ogni giorno vede la fatica immane di conquiste strappate con le unghie e con i denti, rimesse in discussione da ogni piccolo cambiamento. Cambiare scuola, cambiare assistente, per un genitore con un figlio disabile è un qualcosa di catastrofico, figuriamoci pensare al figlio grande.
Questi figli, grandi non saranno mai, sempre in condizione di dipendenza da altri, sempre fragili.
Fino a diciott’anni, se tutto va bene, ci sono i servizi sanitari che se ne fanno carico, c’è la scuola che accoglie, con tutte le difficoltà, ci sono terapie e assistenze.
E dopo?
Il processo di integrazione, quando si diventa grandi, alla fine delle scuole superiori, viene bruscamente interrotto a causa della mancata attivazione di risposte sul territorio, venendo a determinare nuove forme di emarginazione.
In un mondo in cui il lavoro è difficile per tutti, per i disabili è praticamente impossibile. Esistono pochissime opportunità di inserimento lavorativo, il collocamento obbligatorio è una chimera e i servizi, se non sei un paziente psichiatrico ma un disabile adulto psicofisico, non ti seguono.
Per le famiglie con figli con disturbi psichiatrici, comincia un calvario, in quanto la psichiatria oggi purtroppo è slegata completamente dal sociale, e questo crea drammi e isolamento. C’è solo la solidarietà fra famiglie, l’associazionismo, ma ci si ritrova chiusi nei circuiti della disabilità senza contatti con la normalità e questo fa male, si torna indietro. E molte famiglie scelgono la solitudine, per non vedere il compatimento degli altri, in una società che lascia indietro chi non ce la fa a stare al passo.
La scuola, con tutte le difficoltà, è l’unico momento di inclusione. Gli adulti con disabilità sembrano destinati a dover rimanere a casa, senza progetti né sogni da realizzare.
Molto deve essere fatto da tutte le istituzioni affinché possa realizzarsi il progetto globale, il progetto di vita individuato per le persone disabili, e possano essere assicurate le dovute tutele per vivere una vita dignitosa in tutte le fasi, dignitosa e integrata nella società.
Se non si lavora in questi termini, si vanifica l’azione educativa e riabilitativa, in quanto non si hanno gli obiettivi a lungo termine su cui impostare il progetto.
La pianificazione delle politiche di intervento sui disabili deve vedere uniti tutti gli sforzi della comunità educante, nel rispetto dei diritti dei più fragili. Per realizzare ciò è necessario che si radichi nella scuola e nella società la convinzione di una autentica cultura dell’integrazione, rinunciando alla idea di normalità come modello a cui uniformarsi.
Ogni vita ha una sua dignità, è un modo di essere nel mondo del tutto peculiare.
UNICO.