Non so cosa ne sarà di voi, cari ragazzi con i quali ho condiviso tanti anni, e forse non voglio saperlo.
Voglio ricordare i vostri sorrisi e le vostre conquiste, non le vostre sconfitte.
È sempre difficile immaginare un dopo per situazioni fragili, cui basta un nulla per crollare.
Lo so che il lavoro fatto poggia su basi deboli, a volte basta un soffio di vento per spazzare via tutto, però ho l’illusione di aversi reso più forti.
Certamente Paola si sentirà sola e incompresa, a volte, e Dario trascinerà ancora le sue parole; Viola forse inizierà a camminare da sola e Alessia non sempre capirà che lo studio non è tutto nella vita. Cristiana prende ancora il tè alle cinque, ne ho la certezza, e Rina va cagando senza calze.
Vorrei per loro tante cose, ma soprattutto vorrei dir loro grazie per quello che hanno saputo insegnarmi ogni giorno: a non arrendermi, a lottare, a guardare oltre la sofferenza, oltre il dolore.
È stato bello vedere i risultati, i cambiamenti, una nuova luce negli occhi.
Ho sempre creduto che ciò potesse essere possibile, e questa è la chiave dei risultati positivi; crederci, dare forza e speranza, essere forti anche per loro nei momenti critici e lasciar andare le cose per il loro verso; in altri momenti è meglio non forzare le cose e non insistere.
Solo in Francesca non ho creduto, anche se ho fatto tutto quello che era possibile fare, ma l’intervento su di lei non è stato incisivo. Lei non ce la farà e non voglio sapere quali siano i suoi percorsi adesso.
C’è sempre qualcuno che perdi per strada e questo non vuol dire che hai lavorato male: le sconfitte fanno parte del lavoro, della vita, e insegnano più delle vittorie.