Il palazzo dei Giustinian di Santa Croce si trovava nell’omonima contrada. Le linee eleganti delle colonne candide e le trifore che ricamavano la facciata si specchiavano nel tratto del Canal Grande quasi al confine col Sestriere di San Polo.
La gondola accostò alla porta d’acqua del palazzo e, prima di scendere, Cordelia si accostò la maschera al viso. Una pioggia leggera aveva preso a cadere sull’acqua grigia e una coppia di servitori in livrea si avvicinò per riparlarla con un mantello cerato. Ascoltò in silenzio un segretario informarla che il padrone, il Nobiluomo Enrico Giustinian, era a Palazzo Ducale per un incontro con il Doge Alvise Pisani.
Si spogliò in una delle stanze padronali e lasciò su una poltrona la sontuosa veste parigina per restituirla alla sua proprietaria. Indossò un abito di seta nera dalla pettorina di trine candide, nascose i capelli sotto una parrucca incipriata e si gettò sul braccio il tabarro e la mantiglia di merletto nero.
C’era un’ultima cosa da fare, prima di tornare a San Cassan, dove si trovava la sua casa, in Calle della Regina. Scese al secondo piano e la porta davanti alla quale si fermò si aprì prima che riuscisse a bussare, mostrando il faccino impertinente di una servetta sui dodici anni.
«La signora Cassandra mi mandava a cercarvi.» Cordelia parlava sei lingue ma il dialetto veneziano di quella mocciosa era talmente stretto da metterla a dura prova. «Vuole vedervi.»
«Grazie, Flaminia.»
«Cordelia, avvicinatevi in modo che possa vedervi» disse qualcuno dall’interno della stanza. «C’è poca luce.»
L’enorme letto a colonne inghiottiva la figura minuta di Cassandra Giustinian di Santa Croce. La pelle diafana era appena meno pallida delle lenzuola di lino, l’unica nota di colore erano i capelli di un nero intenso sparsi sopra i cuscini.
Cordelia avvicinò una sedia alla sponda del letto ma Cassandra con un cenno della mano le indicò il copriletto di seta accanto a sé. «Nostro padre non c’è. Non vi è motivo per essere così formali.»
«Dovrete imparare a memoria ciò che è accaduto al ricevimento dei Bolani» disse Cordelia, mostrandole un foglio ripiegato che posò sul tavolino accanto al letto. «Ho descritto i vestiti delle signore, i cibi e gli intrattenimenti. Ci sono stati dei problemi, quindi dovrete essere molto precisa.»
«Lui c’era?»
Lo sguardo di Cassandra aveva una luce sognante. Cordelia annuì.
«Che sventura» sussurrò Cassandra. «Sono fidanzata con il giovane più bello di Venezia e posso soltanto guardarlo da lontano.»
«Sarà qui entro poche ore» disse Cordelia. «Avrete tutta la sua attenzione per voi. Penso che cominci ad avere dei sospetti.»
La risata di Cassandra si trasformò in un singulto e poi in un accesso di tosse. Cordelia le porse un bicchiere pieno di un liquido che profumava di erbe.
La tosse si attenuò fino a sparire. «Lo prepara uno speziale di Santa Maria Formosa» disse Cassandra. «Mi è molto d’aiuto, grazie. Pensate che Cassian inizi a intuire qualcosa? È un uomo intelligente, la cosa non mi stupirebbe.»
«Dovete stare attenta.»
Occhi scuri, identici ai suoi, si posarono su Cordelia. «Lo sono» rispose Cassandra, con un lieve sorriso. «Per nulla al mondo rinuncerei a quel riflesso di vita che mi regalate. Da quando questa storia è iniziata la mia agonia è più lieve. Almeno, mentre sono in questo letto, posso immaginare di essere fuori, al vostro posto. Due gemelle identiche che dividono una sola vita.»
«Nemmeno il vostro fidanzato, Cassian, potrebbe riuscire a immaginarlo e quando lo farà, io sarò già lontana smentendo qualsiasi congettura» disse Cordelia. «Nessuno lo saprà e voi sarete la signora D’Armer.»
«Sappiamo entrambe che non sopravvivrò per esserlo, ma posso accontentarmi di avere Cassian per me fino a quando sarò in questo mondo.» Cassandra socchiuse gli occhi e la fissò, attenta. «Eppure a volte mentre mi guarda ho la netta impressione che stia cercando voi.»
L’altra sussultò. «Vaneggiate, signora. Tra poco tempo io non sarò nemmeno un ricordo e voi la signora D’Armer.»
«Non posso credere che il vostro cuore sia freddo come mostrate.»
«Nel caso ve lo abbiano taciuto, io sono qui soltanto in virtù di un ricatto, perché vostro padre ha in pugno l’eredità di mia madre e io la riavrò soltanto se eseguo i suoi ordini.» Cordelia represse a stento la collera. «Non mi importa di Cassian D’Armer.»
«È anche vostro padre e Lady Backson è anche mia madre» disse Cassandra, a bassa voce
Cordelia la ignorò. «Memorizzate ciò che riguarda il ricevimento dei Bolani. Quando il signor D’Armer sarà qui discorrete con lui degli abiti delle dame e se dovesse domandarvi di una vostra lunga assenza dai saloni, rispondete che vi siete rifugiata in una delle stanze private perché avete avuto un malore, il medesimo che vi ha costretta a tornare a casa.»
«Se dovesse farmi qualche domanda a cui non so rispondere dirò che sono confusa. La mia memoria mi tradisce a causa della mia malattia. Non temete, conosco bene la mia parte della commedia, sorella» rispose, con un gesto distratto.
Era la prima volta che Cassandra le si rivolgeva in quel modo e Cordelia, non sapendo come reagire, si alzò in piedi in un silenzioso annuncio di congedo. Una mano sottile e scarna però le afferrò il polso.
«Dovete promettermi di raccontarmi di Lady Backson, un giorno» disse Cassandra. «Non avrei mai potuto supporre di essere figlia di una spia inglese. Deve essere stato eccitante vivere con lei.»
Cordelia liberò il polso dalla sua stretta. «No, non era eccitante. Non siamo quel genere di persone che infilano un biglietto in una bocca di leone per dire agli Inquisitori di Stato che abbiamo visto un nobile giocare in un ridotto clandestino. Noi trasportiamo armi e uccidiamo persone.»
Pensava che le sue parole l’avrebbero sconvolta ma si accorse con un unico sguardo di avere fallito. Cassandra fece un piccolo sorriso freddo. «La mia malattia uccide me ogni giorno» rispose. «La morte e io abbiamo fatto amicizia da tempo.» Di nuovo le prese il polso tra le dita e, questa volta, la stretta era così tenace che la costrinse a fermarsi e ad abbassare lo sguardo su di lei.
«Cassian ha attraversato l’inferno» disse Cassandra. «Era a Delhi durante l’invasione dei Persiani. Ha dovuto fare cose terribili per sopravvivere. Se dovesse scoprire il nostro segreto, promettetemi che non lo ucciderete. Cordelia, dovete giurarmelo.»
C’era una forza nella voce di Cassandra, una decisione che non aveva mai sentito. Cordelia era sicura che nemmeno per la propria vita avrebbe implorato con tanta fermezza.
«Non vivrò abbastanza per renderlo felice e, in ogni caso, il mio corpo non ne avrebbe la forza. Dovete giurarmi che con voi sarà al sicuro.»
Cordelia non rispose e, subito, sentì unghie aguzze penetrarle nella carne.
«Cordelia.» La voce di Cassandra era carica di autorità. «Ho la vostra parola?»
Con calma, una per volta, Cordelia staccò le dita che le artigliavano il polso. «Avete la mia parola.»
Cassandra chiuse gli occhi, esausta.
Aveva smesso di piovere. Nuvole plumbee si contendevano il campo con l’azzurro del cielo perdendo con rapidità le loro posizioni. Le imbarcazioni si muovevano pigre sul Canalazzo e una, in particolare, si staccò dalla flottiglia che incrociava al largo per avvicinarsi all’imbarcadero privato.
Mentre scendeva la scalinata in pietra d’Istria dell’approdo, il volto nascosto dalla maschera e il tricorno calcato sulla parrucca, Cordelia incrociò Cassian D’Armer che sbarcava in quel momento dalla sua gondola.
Il sole brillava sui capelli neri, il suo sguardo fosco si fermò cercando di oltrepassare il tabarro che la copriva dal collo ai piedi. Una folata di vento della laguna agitò i loro mantelli che si sfiorarono quando furono l’uno di fianco all’altra. Cassian si voltò per guardarla, i suoi occhi erano ricolmi di tenebra.
Azioni terribili, pensò lei. La ferocia che aveva mostrato era tale che a Delhi avevano preso a chiamarlo come il sanguinario Scià di Persia.
Il Prezioso.
Nadir.