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L’ARCO CELESTE

Infilandosi sotto il felze ordinò al gondoliere di condurla in Contrada Santa Marina e lungo il rio osservò le finestre spalancate di Ca’ Bolani e quelle sprangate del palazzo attiguo. Un movimento nella stretta calle che costeggiava il caseggiato la indusse a chiedere al gondoliere di accostarsi all’approdo. Scese con la maschera in volto e il tricorno sopra la parrucca argentea che copriva i capelli neri. In quelle vesti il suo incognito era completo, tuttavia quando fermò il ragazzino, posandogli una mano sopra la spalla, le parve di scorgere nel suo sguardo un lampo.

«Buongiorno, Signora Maschera» disse questi in tono cauto.

Cordelia gli mostrò una moneta, avvicinò l’indice alla maschera per intimargli il silenzio e gli indicò di precederla lungo la strada. Camminarono a distanza fino a infilarsi in una calle talmente stretta da poter contenere solo una persona per volta. Trovarono riparo in un portone deserto dove la moneta passò di mano.

«Puoi scegliere» disse Cordelia in dialetto veneziano. «Le mie monete o il mio pugnale, per me non fa alcuna differenza.»

«Sì, signora.»

«Come ti chiami?»

«Angelo.»

Era una creatura gracile dai capelli biondi e i lineamenti delicati, gli occhi grandi e scuri erano adulti, contenevano troppo dolore e troppa consapevolezza per appartenere a una creatura del Paradiso.

«Chi vive nel palazzo dove lavori?»

«Nessuno, Signora Maschera. Ci sono alcune persone di passaggio, uomini, donne.» Il ragazzino ebbe un brivido, le ultime due parole sulle sue labbra suonavano dubbiose. A volte giungevano uomini in tabarro portando coperte avvoltolate nelle quali pareva vi fossero corpi senza vita poi, però, non vi era alcuno che dal palazzo non uscisse ben dritto sulle sue gambe.

«Le due persone morte» disse Cordelia. «Chi erano?»

Il ragazzino perse un poco di colore in volto. «Non lo so. Quando la Betta, la serva, si è messa a gridare sono arrivati a dirle di stare zitta perché non volevano che arrivasse il Capo Sestriere e i fanti di Messer Grande. Ho visto portare via l’uomo della biblioteca. Aveva un pugnale nel cuore.»

«Quello sulle scale?»

Il ragazzino tremò. Sembrava in preda alla nausea. «Si è rialzato, signora.»

«Ne sei sicuro?»

Era possibile che nella foga del momento avesse ritenuto letale un colpo che non lo era?

Quando aveva ridisceso le scale il cadavere era ancora lì, il sangue che gocciolava sui gradini.

«Dove hanno sepolto l’uomo della biblioteca?»

«Non potrei giurarlo, signora Maschera, ma ho sentito parlare di Sant’Arian.»

Stava accartocciando pensosa uno dei rapporti che James le aveva portato quella mattina, quando udì due brevi colpi alla porta

«Avanti» disse, gettando nel braciere ai suoi piedi la referta appallottolata.

James Covington, Carlo Caracciolo come si faceva chiamare al momento, era come lei per metà inglese e per metà italiano, pronto a impersonare a seconda dei casi uno studente di Napoli, un gondoliere veneziano, un gentiluomo inglese impegnato nel Grand Tour. Aveva poco più di ventiquattro anni, capelli biondi e un bel volto con la singolarità di sfuggire dalla memoria di chiunque un attimo dopo il commiato. Quando entrò indossava una parrucca alla moda e abiti costosi con una trascuratezza deliberata.

«Ho trovato il contatto che fa al caso vostro, Milady.»

Tra loro parlavano esclusivamente in inglese: la sistemazione in Calle della Regina era stata allestita da Enrico Giustinian e Cordelia non aveva il minimo dubbio in merito al fatto che in ogni bottega lungo la strada ci fosse almeno un informatore al soldo di suo padre, così aveva preso le sue misure, provvedendo a fare in modo che scoprissero e riferissero solo ciò che non poteva nuocerle.

«Di chi si tratta?»

«Una compagnia di studenti di medicina si riunirà questa sera al Florian.»

«Potremmo indurli a disseppellire qualche osso da studiare.»

«È esattamente quello che pensavo.»

Un’ora dopo, Kitty uscì dal portone principale di Calle della Regina, con indosso una maschera e un tabarro dal quale compariva uno dei lussuosi vestiti della sua padrona, e si tirò dietro gli informatori di Enrico Giustinian verso il Rio di Santa Maria, dove l’aspettava il gondoliere di casa. Cordelia invece uscì con i vestiti dimessi di una servetta e un fazzoletto in testa da cui spuntava qualche ricciolo posticcio biondo oro. In fretta e a capo basso percorse a piedi la strada fino a Dorsoduro dove aveva allestito un rifugio nei pressi di Campo Santa Maria.

Le due stanzette a pianterreno di una ruga buia e dimessa sembravano il camerino di un’attrice: in ogni angolo si accumulavano vestiti e parrucche, maschere, mantelli e cosmetici. Rovistando in due bauli riuscì a trovare ciò che cercava: un abito bianco in stile cinquecentesco, scollato, adorno di merletto argentato e impalpabili strati di garza candida che fluttuavano a ogni suo movimento creando la perfetta impressione di uno spettro. Completavano il costume un mantello bianco, parrucca argentea e una mezza maschera anch’essa argentata.

Sbiancò il volto con la polvere di riso; infilò alle dita un buon numero di anelli dalle pietre spesse e taglienti che, all’occorrenza, avrebbero reso letali i suoi pugni. Sotto la gonna, delle imbracature di cuoio sottile assicuravano alle cosce due pugnali, una piccola pistola trovò spazio dietro la vita in una tasca nascosta dal lungo strascico. Infine, dopo aver studiato a lungo la scatola dei nei, ne scelse uno di velluto nero, a forma di cuore, che applicò sopra il labbro superiore, a sinistra. Nel linguaggio della moda lanciava un messaggio ben preciso: la dama che lo indossava era in cerca di avventure galanti.

Si spostò verso San Marco, dove James l’attendeva nei pressi delle Procuratie Vecchie, al Caffè all’insegna dell’Arco Celeste.

Fiaccole e candele sui davanzali rischiaravano la notte, ondate di gente in maschera si riversavano nelle calli dalle porte delle eleganti botteghe del caffè e dagli equivoci ritrovi che il popolo minuto chiamava bastioni – dove si beveva e si giocava d’azzardo in clandestinità. Fu nei pressi di un locale simile che Cordelia vide qualcuno staccarsi da un muro e seguirla. Allungò il cammino girando a caso nelle calli circostanti, controllando se la luce delle edicole proiettava ombre estranee accanto alla sua. A un tratto, in una ruga che sembrava deserta udì un rumore di passi avvicinarsi alle proprie spalle. Lo accompagnava un suono curioso, umido e simile a un risucchio, come prodotto da scarpe piene d’acqua.

Cordelia si voltò di scatto, la mano pronta ad afferrare il pugnale assicurato all’avambraccio sinistro sotto la manica a calice, tuttavia non vide nessuno, soltanto, a poca distanza, una chiazza bagnata catturava il riverbero della luminaria posta sulla mensola di un’edicola adorna di fiori. Tornò indietro, si chinò togliendosi un guanto e sfiorò la pozza con la punta di un dito, poi sollevò un filamento d’alga dal vago odore marcescente che le riportò in mente l’immagine di una mano bianca e molle che emergeva dalla laguna.

Dalle calli circostanti provenivano voci e risate. Com’era usanza, nei palazzi sul Canale dove si tenevano dei concerti, le finestre e i balconi restavano aperti perché chiunque potesse godersi la musica, così le folate di vento portavano le note di Benedetto Marcello e quelle di una canzone popolare che proveniva da un campiello, insieme al rumore dei passi di un ballo scatenato. Una detonazione interruppe la musica per un istante: mentre Cordelia, cupa e silenziosa, riprendeva la sua strada verso Piazza San Marco, una coppia di dame si fermò per indicare al di sopra dei tetti e delle altane una girandola di luci che disegnò un fiore dorato nel cielo notturno. La prua di una gondola tagliò l’arabesco luminoso che i giochi pirotecnici proiettavano sul rio.

La zona sottostante alle residenze dei Procuratori di San Marco era un salotto nel quale passeggiavano coppie eleganti e gruppi in maschera. Una comitiva in ricchi costumi rinascimentali la superò mentre raggiungeva il sotoportego dell’Arco Celeste, dove si trovava la bottega del caffè che ne prendeva il nome. Cordelia si fermò ad ammirarli, incuriosita, e quando si voltò fu per trovarsi quasi a sbattere contro un torace massiccio, ricoperto da una sottile maglia metallica, al di sopra del quale c’era un volto dalla carnagione scura.

Soltanto un uomo in tutta Venezia era scortato ovunque da due guerrieri Indiani: quando l’uomo si scostò per lasciarla passare, lei scorse Cassian seduto a uno dei tavoli all’esterno del caffè, accanto a una vetrata, in apparenza assorto nella lettura di un biglietto che teneva tra le lunghe dita guantate di scuro. Gli specchi all’interno del caffè amplificavano le luci riversandogli addosso un chiarore dorato, le luminarie poste sopra le mensole intagliate davano ai suoi capelli neri sfumature rossastre.

In quel momento la porta della bottega si aprì riversando sotto le arcate un’ondata di maschere, luce e risa che si unirono al flusso continuo di gente a passeggio, eppure lui nemmeno se ne accorse.

Gli occhi delle donne indugiavano su di lui, attoniti, lasciandolo poi con riluttanza per tornare alla realtà di uomini meno affascinanti. Il giovane, del tutto indifferente, si limitò ad avvicinare il biglietto alla fiamma del candelabro sul tavolo lasciando che si trasformasse in crespo nero. Gli sguardi rivolti a lui erano falene che corteggiavano il fuoco, si disse Cordelia accorgendosi del sorriso di una fanciulla giovane e bellissima accartocciarsi e spegnersi come il biglietto – con ogni probabilità un invito appena respinto.

Cordelia tornò con i ricordi al sogno che aveva ancora negli occhi e sulla pelle quando si era svegliata. La sensazione di una carezza piena di fuoco di mani indurite dalle armi e dalle cime di una nave e, allo stesso tempo, delicate. La loro forza controllata le era rimasta impressa sopra la carne pur non avendola mai sperimentata.

Solo una volta, quando le aveva preso un polso, impedendole di andarsene, imprimendole a tradimento un ricordo che l’aveva assalita all’improvviso, di notte.

Nel sogno, sotto le sue mani, lui aveva la pelle liscia e muscoli compatti. Si era aggrappata alle sue spalle, assorta nel sentire il suo peso addosso.

Aveva perso la verginità a quindici anni, disfandosi di un’inutile difficoltà che le impediva di mettere il suo corpo al servizio del lavoro che sua madre le insegnava. Sesso e seduzione erano uno strumento troppo valido per subordinarlo al pudore, in un’epoca in cui le monache ricevevano i loro amanti nei parlatori dei conventi e gli ordini monastici litigavano per chi dovesse fornire un’amante al nuovo nunzio apostolico.

A Cordelia gli uomini non erano mai interessati molto: alcuni erano buoni amici e compagni di lavoro, come James, altri semplicemente dei prevaricatori; creature deboli e senza nerbo, abituate a misurare la propria forza soltanto nel sopraffare le donne e che reagivano con cieca violenza quando si accorgevano di non averle in pugno.

Era folle pensare a Cassian nel modo in cui faceva a volte, da lui non poteva venirle nulla di buono.

Fu in quel momento che lui sollevò il viso quasi avesse avvertito l’intensità con cui lo stava fissando e la scorse, unica macchia bianca nel mezzo di una folla dai colori smaglianti.

Gli occhi circondati da ciglia folte e nere trapassarono i suoi e lei si sorprese a ritrarsi dietro il fragile riparo di una colonna. Poi un lieve schiarirsi di gola la indusse a voltarsi verso James che, in un elegante completo chiaro, si inchinò per porgerle il braccio con la massima deferenza.