31

LE BRIGHE DELLA VILLEGGIATURA

La nobiltà veneziana aveva fatto da secoli della semplice abitudine un autentico protocollo. I periodi dedicati alla villeggiatura erano due, da metà giugno a fine luglio e da ottobre a San Martino, così quando Cordelia prese la via del Brenta, i veneziani si preparavano già a tornare in città.

Il trasferimento aveva come pretesto il consentirle di riprendere le forze in un ambiente salubre, il motivo principale era tenerla lontana dalle spie. Lasciarono che si diffondesse per Venezia la notizia che Cassandra Giustinian era tornata e stava bene, lasciando i pettegolezzi a riempire vuoti impossibili da colmare.

Raggiunsero il Brenta a bordo di una delle imbarcazioni dei D’Armer, evitando gli eleganti burchielli che solcavano il naviglio. Nel personale di bordo erano stati ammessi alcuni marinai a giornata di provenienza sconosciuta. Si trattava chiaramente di informatori – impossibile sapere di chi, Inquisitori, Messer Grande, Consiglio dei Dieci, ognuno aveva i suoi – davanti ai quali i due dovevano recitare la parte della coppia appena riunita, affettuosa ma riservata. Cassian si comportò in modo incantevole per tutto il viaggio, conversò e giocò a carte con lei. Nei suoi gesti c’era una cortesia distaccata, anche quando rimanevano da soli non vi era traccia dell’intimità che avevano condiviso.

«Sono debole come un passerotto appena caduto dal nido» esclamò lei quando un libro le cadde dalle mani.

«Avrete tempo di riprendervi» disse Cassian. Le loro mani si scontrarono mentre entrambi si chinavano per raccogliere il testo e lei respinse l’aiuto cercando di ignorare la vampata di calore che si sprigionava dal punto in cui l’aveva toccata.

«Di cosa si tratta?» domandò lui, curioso, sbirciando la copertina.

«Fielding» disse lei. «È una parodia della Pamela di Defoe.»

«È considerato un libro molto edificante.» Di nuovo Cassian la osservava con quell’espressione per metà sbalordita e per metà divertita, e la cosa iniziava a irritarla.

«Io considero edificante questo» disse lei. «Per ovvi motivi me lo ero perso quando fu pubblicato e intendo rimediare.»

Cassian abbassò gli occhi sul volume. «Come lo avete avuto? Non è ben visto sugli scaffali dei librai di Venezia.»

«Giacomo» rispose lei. «Gli ho detto che amo leggere. Ha gusti anticonvenzionali.»

«Chi meglio di lui sa come procurarsi libri scomodi.»

La stava ancora fissando e lei gli rivolse un’occhiata esasperata. «Che cosa c’è?»

«Non siete come immaginavo» ammise lui, piano.

L’affermazione la colpì come uno schiaffo. Si ritrasse, stringendo il libro mentre collera e dispiacere si alternavano sul suo volto insieme a una domanda, scomoda e dolorosa.

L’avrebbe salvata se l’avesse conosciuta davvero?

Quando sbarcando lui le porse la mano per aiutarla, Cordelia stava per ignorarla ma pensò a quanta gente teneva loro gli occhi addosso. Posò le dita sopra le sue mentre il personale della villa conduceva il battello nella rimessa (lasciare imbarcazioni sul naviglio era vietato). Risalirono i giardini a terrazze fino alla villa dei D’Armer, che si trovava sulla riva sinistra del Brenta ed era immensa. Comprendeva una casa padronale con un porticato alto due piani, una foresteria, due barchesse e un immenso parco di giardini all’italiana.

«Da questo momento in poi siamo lontani da orecchie indiscrete» disse Cassian. «Ho allontanato la servitù per precauzione, fino a che sarete qui, Indrajit e Manidhar resteranno con voi e vi serviranno i Mori di Manuel.»

«Bene.» Cordelia si guardò intorno mentre salivano la gradinata. Tra le colonne del portico l’aria era fresca e profumata di fiori. «Mi servono pistole e spade, un maestro d’armi e cavalli.»

Pensò che Cassian avrebbe protestato, invece annuì. «Dovete solo chiedere, avrete tutto ciò che desiderate.»

«Mi servono i dispacci degli ultimi cinque anni» continuò lei. «Giornali, opuscoli, qualsiasi cosa.» Gettò con rabbia il libro e i guanti sopra un tavolino d’ingresso. Sospirò guardandosi intorno. La fredda, maestosa bellezza della villa avrebbe dovuto avere un effetto calmante, ma a lei ricordava talmente il suo padrone da renderla nervosa.

«Avrete tutto ciò che pensate vi occorra.»

«Ho bisogno di James» esclamò lei a bassa voce.

Non era preparata alla sfumatura di collera che oscurò gli occhi di Cassian. «Bene» disse in tono gelido. «L’ultima volta era a Corfù e ora non so dove sia. Suppongo che dovrete accontentarvi di me.»

Cordelia stava per replicare quando qualcuno le si rivolse in inglese. «Milady?»

Era una voce che giungeva dritta dal suo passato e dai suoi ricordi più felici: una trovatella di Whitechapel che sua madre aveva adottato e allevato perché diventasse la perfetta cameriera di un agente segreto.

«Kitty?» disse.

La ragazza fece un passo, uscì dall’ombra e si inchinò. Cordelia l’afferrò per le spalle costringendola a rialzarsi, un momento dopo piangevano l’una tra le braccia dell’altra.

Quando, ancora ridendo e piangendo, Cordelia si girò per ringraziarlo, Cassian era andato via.

La villeggiatura era una delle fissazioni della nobiltà veneziana o di chi aspirava a farne parte. Il ceto più elevato sarebbe arrivato al punto di vendere le dimore avite in città per permettersi una villa nella zona esclusiva del Brenta e la partecipazione all’intensa vita mondana.

Per Cordelia, abituata alla campagna inglese, sterminata e piovosa, la pianura veneta non aveva grandi attrattive e, in ogni caso, era troppo occupata a recuperare i cinque anni perduti per curarsi di balli sotto i pergolati, gite sul fiume e colazioni all’aperto che continuavano pur sul finire della stagione.

Ogni giorno camminava per ore per rinforzare le gambe, portando ciocchi di legna e brocche d’acqua. Quando cominciò ad arrampicarsi sugli alberi, Indrajit e Manidhar – ombre scure che non riusciva mai a lasciarsi indietro – rimasero a guardarla dal basso, rivolgendole la loro muta disapprovazione, pronti ad afferrarla al volo; la guardarono trascinare in giardino due materassi per addossarli a un albero e prenderli a calci e pugni. Quando aggredì uno di loro due, la fissarono entrambi, stupiti, senza sapere come reagire.

«Avanti» disse Cordelia sollevando i pugni. «Ho studiato pugilato con un allievo di Mr. Figg di Oxford Street. Il campione del mondo.»

Due identici sguardi perplessi ricambiarono il suo e allora lei si lanciò contro Indrajit e lo colpì con un pugno in pieno stomaco. Quello sbarrò gli occhi e guardò il compagno in cerca di aiuto mentre si ritrovava a indietreggiare per schivare i colpi. Quando si resero conto che non era matta né indifesa accettarono di allenarla e le mostrarono anche parecchie prese. In breve recuperò le forze, il Dottor Meyer che veniva a visitarla a giorni alterni la trovava in perfetta salute, il colore tornò sulle sue guance, la capacità polmonare migliorò. Un maestro di scherma fidato era stato invitato a trasferirsi da Napoli e Giacomo Casanova, che era uno spadaccino eccellente, andava spesso a esercitarsi con lei.

Il maggiore cruccio di Cordelia era che James sembrasse svanito nel nulla e una sera lo confidò a Kitty che le massaggiava i polpacci davanti al fuoco per lenire il dolore ai muscoli.

«Il signor Cassian si era offerto di occuparsi anche della sua sicurezza, ma conoscete James, non è capace di starsene a condurre una vita normale, sarà in giro per l’Europa a svolgere il suo solito lavoro. Penso però che visiti spesso Corfù dove è stata inabissata Miss Cassandra.»

Kitty fece per aggiungere qualcosa, poi ci ripensò e scosse il capo.

«Negli ultimi cinque anni mentre ero in convento a Torcello mi scriveva facendomi inoltrare le lettere dalla perpetua di Santa Maria Formosa.»

«Quel contatto esiste ancora?»

«Sì, Milady, la vecchia è più in forma di noi.»

«Tenteremo con un messaggio in codice.»

Kitty annuì. «Il fatto di sapervi qui lo farà tornare a Venezia. Lo fa di rado ormai, tra lui e il signor Cassian non correva buon sangue.»

Cordelia si sollevò sul lettino allestito davanti al fuoco e la fissò sbalordita. «E per quale motivo?»

La cameriera increspò le labbra e la spinse di nuovo giù, attaccando i muscoli delle spalle con mani forti e capaci. «Credo che il signor Cassian si sia persuaso che voi due foste amanti.»

«Che cosa?»

«Se Milady non la smette di agitarsi finirò per farle male.»

Cordelia ricadde in avanti, il mento affondato tra le braccia conserte. Da quando l’aveva accompagnata alla villa, Cassian non si era fatto più vedere. Controllare il senso di vuoto che la sua assenza le aveva lasciato diventava molto difficile nei momenti di stanchezza. Non riusciva a togliersi dalla mente il suo volto disteso nel sonno, il suo respiro profondo.

Lui la attraeva più che mai, ma c’erano cose che non avrebbe mai potuto spiegargli, pensò mentre davanti a uno specchio si frizionava il corpo con olio di rose. Sollevò il braccio per toccarsi con la mano sinistra lo spazio tra le scapole, spinse il gomito con la mano destra per stirare il muscolo e incontrò il proprio sguardo oltre la superficie opaca e antica, tra graffi lucidati da mani amorevoli e una preziosa cornice dorata. Si voltò di profilo e con le dita sfiorò un segno nero accanto al seno poco sotto l’incavo dell’ascella, all’altezza del cuore. Era una porzione di pelle grande quanto una moneta, circondata da un fitto disegno nero simile a pizzo di pregio.

Non le aveva mai dato dolore né fastidio, anzi, lo aveva dalla nascita e sua madre non era mai parsa dargli importanza – una specie di voglia, diceva. Crescendo Cordelia era stata grata del fatto che restasse nascosto sotto gli abiti perché era fin troppo simile a un marchio da schiavi o a un tatuaggio da selvaggi. Di solito tendeva a dimenticarsene come fosse un neo o una cicatrice qualsiasi, almeno così era stato fino a che non aveva visto il medesimo disegno intorno al polso di un cadavere e intorno alla gamba di un altro.

Trascorreva le serate a studiare montagne di documenti e dispacci, in cinque anni lo scenario politico era mutato e gli Stati non erano come li aveva lasciati; andava a dormire oltre la mezzanotte per alzarsi presto e montare a cavallo.

Giacomo Casanova, libero dai suoi impegni per la chiusura stagionale del San Samuele, passava di sovente a trovarla, fermandosi per giorni interi e intrattenendola con le sue chiacchiere spensierate e racconti degli scherzi organizzati insieme agli altri musicisti del teatro: gondole sciolte dagli ormeggi, medici e levatrici chiamati d’urgenza a indirizzi fasulli, campane suonate nel cuore della notte. Da splendido adolescente si era trasformato in un giovane uomo bello come un Adone, alto e luminoso, pieno di ottimismo e gioia di vivere.

In apparenza non era affatto risentito per l’inganno di anni prima e quando Cordelia si scusò, lui si limitò a rivolgerle uno dei suoi limpidi sorrisi da sfinge.

«Sono cresciuto in mezzo agli attori, Madame, non ho mai visto qualcuno sincero come quando indossa una maschera.»

«La mia simpatia per voi è sempre stata sincera.»

La guardò con gentile insistenza. «Lo so. Sono convinto che nei panni di vostra sorella abbiate lasciato emergere qualcosa di voi che altrimenti avreste soffocato.»

Il viso di Cassian le balenò davanti agli occhi con una tale nitidezza che le parve l’altro potesse vederlo, così abbassò lo sguardo sulla propria mano di carte. Il Re di Picche faceva capolino tra le altre, intriso di oscurità e fascino.

Non avrebbe immaginato di sentire così tanto la sua mancanza. Negli anni che aveva trascorso immersa nel sonno, le aveva fatto compagnia in sogno, assiduo al punto che ora la sua assenza le risultava quasi come una privazione fisica.

Incontrare una persona dopo averla sognata la notte era una sensazione bizzarra, ma ciò che provava lo era mille volte di più. Aveva toccato quell’uomo, lo aveva baciato, lo aveva spogliato durante sogni che per anni erano stati la sua unica realtà, eppure averlo a fianco, addormentato, era stata un’esperienza sconvolgente. Aveva lasciato scivolare la mano nella sua ed era rimasta a guardarlo, fino a che la coscienza non era svanita.

Mentre Casanova si vestiva per dirigersi alla volta di Villa Allegri dove avrebbe partecipato a un ballo sotto le stelle, lei sedette alla scrivania in biblioteca per scrivere delle lettere. Riprendere i contatti con la sua rete di informatori non era semplice, ma i codici e le parole d’ordine erano ancora in salvo nella sua mente e se anche doveva nascondersi dietro l’identità di Cassandra Giustinian, era impossibile che tutti nel giro avessero dimenticato la spia di nome Belladonna.

Stava chiudendo con la ceralacca un plico destinato a Vienna quando Giacomo fece irruzione in biblioteca elegantissimo in celeste pallido e oro.

«Non siete ancora pronta» disse, contrariato.

«Avrei dovuto esserlo?» domandò lei.

«È il ballo sotto le stelle di Villa Allegri.» Giacomo sembrava indignato, nemmeno avesse mancato alla solenne messa di Natale. «Le tradizioni vanno rispettate.»

«Voi andate tutti gli anni?»

«In realtà non ci sono mai andato. Però mi sembra il momento di colmare questa mancanza.» Fu subito alle sue spalle e con gentilezza le scostò la sedia. «La gente comincia a domandarsi perché Madame Cassandra non sia ancora comparsa in pubblico, nemmeno per un fuggevole saluto a parenti e amici.»

Con riluttanza lei si alzò. «Avete ragione.»

«Quando si tratta di un ballo non vi è motivo di cercare dei torti» disse lui, precedendola al campanello per suonare e chiamare Kitty.

Circa un’ora e mezza dopo, quasi a mezzanotte, in elegantissimo ritardo e su una carrozza col blasone dei D’Armer, entravano dai cancelli di Villa Allegri.

«Le carrozze sono dei mezzi di locomozione così rumorosi e agitati» commentò Casanova, sistemandosi il tricorno sulla parrucca incipriata. «Non so voi, ma io non vedo l’ora di tornare alle gondole.»

Un filare di torce fiancheggiava il viale principale e il sentiero che conduceva al giardino inglese dietro l’edificio principale. Un salone da ballo era stato allestito sotto le stelle, padiglioni in ferro battuto e tessuti aerei ospitavano soffici divani e alcove discrete. Sullo sfondo di una macchia fiorita c’era il palco dell’orchestra, il maestro di danza con un lungo bastone dirigeva il minuetto. Il profumo del fiume e dell’erba falciata di fresco invadeva l’aria, ai rami degli alberi erano appese gaie lanterne. Sotto un pergolato una lunga tavola imbandita aveva per ciascun lato una fontana di marmo da cui sgorgava champagne.

Cercando i padroni di casa, si imbatterono in una giovane donna in un sontuoso abito di raso rosa adorno di ricami d’argento.

«Madame» disse Casanova, rivolto a Cordelia, «permettetemi di presentarvi la signora Canziana Soranzo Corner. È in occasione del suo matrimonio che ho conosciuto il mio carissimo mentore Matteo Bragadin.»

«Casanova!» Dama Canziana sorrise e, senza aggiungere altro, si accasciò con grazia verso il suolo. Casanova fu lesto a trattenerla prendendola tra le braccia.

«Succede spesso, con le signore» disse, in tono di scuse, davanti alla faccia divertita di Cordelia, e continuò: «Canziana, vi prego, pensate a vostro marito!».

Canziana Corner lo guardò, battendo le palpebre. «Oh» esalò con un’aria trasognata, «credo di avere appena visto un fantasma.»