32

IL RAPIMENTO

Appurato che Canziana Corner non era caduta vittima del fascino di Giacomo Casanova, Cordelia si chinò verso il suo orecchio e gli sibilò: «Portiamola verso quel divano. Deve dirci che succede».

Presero entrambi sottobraccio la nobildonna e la condussero verso una graziosa dormeuse di legno disseminata di cuscini. In breve, Canziana era abbandonata languidamente contro la spalliera e Casanova le faceva aria col ventaglio di Cordelia, che invece le dava dei colpetti consolatori sopra la mano.

«Che cosa avete visto, mia cara?» domandò Cordelia con voce suadente.

Canziana le rivolse un sorriso vacuo. «Cassandra Giustinian. Anche voi, non dovreste essere morta?»

Casanova mimò il gesto di alzare il gomito e Cordelia annuì, poi vide che l’altra donna la guardava con gli occhi sgranati e cominciò a scuotere il capo. «Sono viva» disse, in tono rassicurante.

«Ne sono felice. È una buona cosa per voi» replicò Canziana, con la massima educazione. «Anche il cugino di mio marito, Marco Corner, a quanto pare lo è. Soltanto che sono stata al suo funerale due mesi fa. È morto di febbre polmonare.»

Canziana parlava con scioltezza, guardando con interesse i vassoi di champagne che i camerieri facevano girare tra gli ospiti.

«Dove lo avete visto?» domandò Giacomo.

«Era da quella parte.» Canziana fece un gesto vago verso la zona del prato dove si danzava. File di ballerini si muovevano maestosi in una solenne, antiquata pavana. «È lì, vestito di nero. Non posso essermi sbagliata, ha un neo sulla guancia sinistra.»

«Cercate suo marito» disse Cordelia a Giacomo. «Io mi occupo di Marco Corner, se qualcuno si ritrova a ballare con un morto scommetto che si scatenerà un putiferio prima che riusciamo a capirci qualcosa.»

Senza attendere risposta, Cordelia raccolse le gonne del raffinato vestito celeste e si allontanò verso il vivo della festa. Urtò una coppia che si teneva per mano e fece loro una riverenza. Il Maestro di Cerimonie le rivolse uno sguardo di disapprovazione battendo in terra il lungo bastone con cui dirigeva le danze.

Si girò per entrare nelle file dei ballerini mentre l’orchestra iniziava un minuetto e si ritrovò davanti Alain de Mortemart. Senza mostrare la propria sorpresa si inchinò e prese la mano che lui le tendeva, le sue dita erano affusolate ed eleganti, sorprendentemente calde per uno sguardo così freddo.

«Monsieur» disse lei.

«Milady.»

La danza li separò, Cordelia si riavvicinò, tenendo con una mano il ventaglio e con l’altra un lembo della gonna.

«Abbiamo un problema che forse è di vostra competenza» disse, mentre Alain le girava lentamente intorno.

Lui le sorrise. «Siamo a vostra disposizione.»

«Sembra che una signora abbia visto un fantasma.»

L’uomo si accigliò. «Sono presenti molti spiriti stasera. Sono attratti dai vivi e dalla loro felicità. Alcuni di essi hanno vissuto in questa casa.»

«Marco Corner.»

I cavalieri si allontanarono, girarono su loro stessi e dopo tornarono dalle dame. Monsieur scosse la testa in un breve cenno di diniego. «Nessun Marco Corner.»

Cordelia si guardò intorno. «Alla vostra sinistra, vicino alla siepe di bosso. Un uomo in nero e oro, solo, con un neo sulla guancia sinistra e un nastro d’argento sulla parrucca.»

Lui gettò uno sguardo nella direzione che lei gli aveva indicato e corrugò la fronte. «Non è un fantasma. Come vi ho già spiegato una volta, il puro spirito è diverso da un uomo che ritorna nel mondo con le sue spoglie mortali – e sul quale non ho alcun potere. Mi sento di dire che stiamo assistendo a questa seconda ipotesi.»

«Allora andiamo a prenderlo.» Cordelia fece per lasciare le file del minuetto ma una mano la trattenne.

«Fidatevi, Milady, non è il caso di incorrere nella collera che prova un morto nel momento in cui comprende di essere tale. I loro accessi di rabbia possono essere terribili.»

Si staccarono e lei girò con lentezza su se stessa, quando vide la mano tesa verso la sua provò una stretta allo stomaco.

Alzò lo sguardo: di fronte a lei c’era un uomo, il volto coperto da una maschera su un bastone d’avorio. Il fiato corto e il calore che sentì sulle guance le svelò chi fosse prima ancora che lui spostasse la maschera. Occhi dalla sfumatura del cielo prima della notte trovarono i suoi.

«Andiamo» le disse.

Lei non gli domandò neppure dove.

«Siete armata?» domandò Cassian mentre si lasciavano alle spalle il ricevimento per inoltrarsi nel parco.

«Naturalmente!» ringhiò lei, e mentre superavano colonne e statue decorate da artistiche macchie di muschio le parve di sentirlo ridere. Cordelia gli lasciò la mano per piegarsi su un ginocchio e quando si rialzò nascondeva una pistola tra le pieghe della gonna.

Tra gli alberi di fronte a loro intravide la sagoma di un uomo e il suo braccio si mosse quasi la pistola ne fosse un prolungamento non appena una lanterna appesa a un ramo illuminò una maschera da Arlecchino. Cordelia sparò, il proiettile si conficcò nella corteccia dell’albero.

«Chi è?» domandò Cassian.

«Non è importante» rispose Cordelia. «Conta la maschera che indossa.»

Attraversarono una radura costellata di fiori e bagnata dalla luna, intorno a loro il giardino era oscuro e selvaggio. I rumori tra gli alberi li guidarono in direzione di una macchia di rododendri ed entrambi alzarono di nuovo la pistola. Un uomo si sollevò da terra, la bocca spalancata dalla sorpresa, spostò lo sguardo dalle pistole al volto truce di Cassian; la donna sotto di lui cacciò uno strillo.

«Scusate» disse Cordelia. «Continuate pure.»

Cambiarono direzione, la complessità emozionante dei giardini all’inglese si stemperò nelle linee più razionali di un parco all’italiana.

«Ci stiamo avvicinando al fiume» disse Cassian.

«Lo so, ho studiato la pianta della villa nel viaggio in carrozza.»

«Avevate previsto problemi?» La voce di lui era venata d’acciaio, l’eventualità di non essere stato informato non gli piaceva.

«No.»

«Siete ossessionata dal controllo.»

«Precauzioni del mestiere. Non si può mai sapere.»

La punta della pistola seguì ogni suono, ogni ombra disegnata dai raggi della luna. «Guerra è sempre» disse lei, quasi con dolcezza, poi puntò l’arma verso l’alto e aggiunse. «Andiamo, via libera.»

Nel silenzio, rotto soltanto dalla musica distante dei violini, risuonò il rumore delle ruote di una carrozza e di zoccoli di cavallo. Si lanciarono in quella direzione e alla fine di un sentiero defilato videro un’uscita secondaria. Le lanterne ai lati del cancello illuminarono una carrozza senza insegne accanto alla quale era in corso una lotta. Due uomini ne stavano spingendo un terzo oltre la portiera spalancata. Erano mascherati, tranne l’uomo che cercavano di costringere a salire, un gentiluomo in nero nel quale Cordelia riconobbe Marco Corner. Una maschera era Arlecchino, l’altra Brighella.

Di lato qualcuno contemplava la scena senza intervenire. Era una donna alta, con una parrucca argentea su un abito blu ornato di balze bianche che ricordavano un grembiule – la versione lussuosa di una divisa da domestica – e una mezza maschera sul volto.

Colombina.

«Vedo che hanno rimpiazzato Brighella» disse Cordelia.

«Rimpiazzato?» sillabò Cassian.

«Resuscitato è impossibile» disse Cordelia, asciutta. «Ho distrutto personalmente il cuore del precedente. Un trucco che mi ha insegnato mio padre.»

Fu in quel momento che Colombina si accorse della loro presenza.

«A terra» gridò qualcuno dai cespugli alla loro sinistra. Cordelia prese la mira ma un braccio pesante intorno alle sue spalle la tirò verso il basso. Le pallottole cominciarono a fischiare sopra le loro teste, si udì un urlo e subito dopo un’imprecazione in francese.

Quando Cordelia riuscì a rialzare la testa, la carrozza era sparita.

Allora si liberò con rabbia del braccio che ancora le circondava le spalle e si voltò furiosa verso l’uomo che si stava rialzando, spazzandosi la polvere dai calzoni.

«Li avevo sotto tiro!» esclamò, furiosa.

«Lo stesso valeva per loro, e morta non ci sareste di alcuna utilità.»

Si misurarono con lo sguardo per un lungo momento, Cassian inarcò un sopracciglio in un modo che le fece desiderare di fracassargli la faccia con il calcio della pistola.

«Rifatelo» sibilò lei, «e vi sparo.»

Tornarono a Venezia la mattina successiva, dopo aver trascorso il resto della notte a fare i bagagli e radunare le armi. Il giorno dopo si trovavano nella biblioteca di Matteo Bragadin a sorseggiare caffè quando uno scampanellio dabbasso, seguito da passi sopra le scale, segnalò che era arrivato qualcuno.

«Spero sia urgente.» Il tono affabile di Don Manuel conteneva una nota contrariata. «Il messaggero mi ha raggiunto a San Marco e non sono neppure riuscito a salutare la mia Jimena.»

Si tolse il tricorno e lo consegnò a un lacchè insieme al bastone e al mantello.

«Ecco El Cid» disse Casanova, gioviale, entrando in biblioteca. «Dov’eri?»

«In missione, Ermes» rispose Manuel accettando la tazza che l’altro gli porgeva e sollevandola all’indirizzo di Cordelia. «Felice di vedervi così incantevole, Milady.»

Quando erano tra loro usavano chiamarsi con i nomi di battaglia. Ermes si accostava bene alla comunicativa di Giacomo Casanova, alla sua instancabile capacità di fare amicizia e di mettere in contatto le persone; Monsieur aveva il suono elegante, distaccato dell’uomo che lo portava. Quanto a quello scelto da Don Manuel, era possibile che si riferisse a una passione per la poesia epica spagnola o al fatto che Jimena fosse il nome della moglie di Rodrigo Díaz, El Cid Campeador.

«Ho agganciato il crittografo a Vienna» stava dicendo Manuel a Bragadin. «Ho recuperato il codice che aveva messo all’asta prima che cadesse in mani sbagliate.»

Matteo Bragadin prese il plico ripiegato dalle sue mani e lo chiuse in un incartamento dall’aria ufficiale che sigillò con la ceralacca sui tre lati prima di metterlo da parte. «Gran bel lavoro» si complimentò.

Cassian, di spalle, guardava fuori da una finestra. Nadir, pensò Cordelia, il nome con cui lo avevano conosciuto a Delhi perché la sua bellezza era preziosa e si era dimostrato sanguinario come Nadir-Shah.

Come se avesse avvertito il suo sguardo su di sé, Cassian si voltò verso di lei, così le sfuggì la domanda rivoltale da Bragadin. Si riscosse soltanto accorgendosi di essere osservata: quattro paia d’occhi erano educatamente fissi su di lei, soltanto Giacomo Casanova fissava la sua tazza con un largo sorriso.

«A Sant’Arian» disse lei, presa alla sprovvista.

Il silenzio interrogativo si protrasse.

«Milady» mormorò Giacomo, «sua Eccellenza ha chiesto se, per caso, desiderate ancora del caffè.»

Tentando di controllare la vampata di rossore che minacciava di smascherare il suo imbarazzo, Cordelia si gettò intorno uno sguardo altezzoso, evitando con cura Cassian. «Sto bene così, grazie» disse. «Come dicevo, è necessario organizzare un sopralluogo a Sant’Arian. Cinque anni fa le prove delle mie indagini indicavano che là avrei potuto trovare delle risposte, forse c’è ancora qualcosa di utile.»

Monsieur de Mortemart tamburellò con le lunghe dita bianche la superficie di un tovagliolo. «Milady, vi ricordo benissimo anche allora sulle tracce di morti rianimati e che arrivaste a sospettare di me. Ho un’impressone ancora piuttosto nitida della vostra pistola puntata alla mia testa.»

Al momento era lo sguardo di Cassian a essere fisso su di lui, con un’espressione che minacciava una potenza di fuoco pari a quella di una dozzina di armi assortite. Monsieur gli sorrise. «Ti ripeto che è stata lei a tenere sotto tiro me, non il contrario. Se mi invidi queste attenzioni sei completamente pazzo.»

Giacomo intervenne per distrarli prima che cominciassero ad azzuffarsi come al solito.

Prima che potesse aggiungere altro, però, qualcuno bussò alla porta della biblioteca e un lacchè entrò inchinandosi. «Eccellenza» disse, «è arrivato il Signor Dottore.»