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IL SIGNORE DI NOTTE

Sul ponte si scatenò il panico, la gente cominciò a urlare. Altri due spari sovrastarono il rumore della folla, qualcuno si gettò in acqua con gran fragore, una donna gridò.

«State giù» esclamò Cassian.

«Nemmeno per sogno!» Cordelia trasse dalla borsa una terzetta, una piccola pistola con la quale scostò le tendine del felze.

«Gaspare, ti hanno colpito?» gridò Cassian.

«No, ’zellenza.» Il gondoliere sembrava un poco affannato.

«Accosta alla riva, adesso.»

Senza indugi, Gaspare si avvicinò ai gradini di pietra d’Istria; Cassian porse la mano a Cordelia per aiutarla a scendere ma lei lo respinse. «Non è il momento di fare il gentiluomo» disse, lanciandosi di corsa sulle scale ai lati del ponte.

Le gonne lunghe erano un intralcio per muoversi, ma le loro pieghe un ottimo nascondiglio per le armi, così Cordelia aveva un aspetto abbastanza innocuo quando si rivolse a una giovane dama molto traumatizzata aggrappata alla balaustra. «Da che parte è andato l’uomo che ha sparato?»

«Verso la Torre dell’Orologio, Madame» rispose quella con voce scossa e chiara.

Cordelia annuì in segno di ringraziamento e si inoltrò lungo le Mercerie, lasciandosi alle spalle San Zulian. La strada era affollata, se pure avesse individuato il loro assalitore non era possibile sparare senza rischiare di ferire qualcuno e seminare il panico.

Una mano le toccò il braccio. «Sono io» disse Cassian. «Non temete.»

Cordelia annuì, scandagliando la folla per cercare una qualsiasi anomalia. Se l’uomo che cercavano si fosse infilato in una bottega lo avrebbero perso di vista senza alcuna possibilità di ritrovarlo. Con la visione periferica registrò una macchia nera alla propria sinistra: un uomo alto, in tabarro e tricorno, fermo davanti alla vetrina di una modista. Fece per spostarsi verso di lui, la pistola stretta nel pugno, quando una donna uscì dalla porta e lo prese sottobraccio per riprendere la passeggiata.

Poi lo individuò, circa dieci passi davanti a lei. Le volgeva le spalle e il tabarro era identico alle dozzine che li circondavano, ma fu il passo a tradirlo: svelto e nervoso tra i veneziani che si aggiravano tra le botteghe con naturalezza. A un tratto voltò la testa per gettarsi uno sguardo alle spalle e lei intravide una sciarpa avvolgergli il volto lasciando scoperti soltanto gli occhi.

Tirò Cassian per una manica e indicò davanti a sé. Lui annuì e, rapido, girò a sinistra infilandosi in una bottega. Cordelia invece continuò a camminare, senza staccare gli occhi dal suo obiettivo e cercando nel contempo di confondersi tra la folla.

L’uomo fece per voltarsi ancora e lei si appiattì nella rientranza della porta di una bottega, sporgendosi quel tanto che occorreva per assicurarsi che avesse ripreso a camminare. Abbassando lo sguardo, Cordelia si accorse degli occhi di una bambina bellissima ed elegante, sgranati di stupore e fissi sulla pistola proprio all’altezza del suo naso. Le fece segno di fare silenzio con l’indice davanti alla bocca e la piccola annuì.

«Giustiniana! Giustiniana Wynne, vieni subito qui!»

La bambina si voltò e corse in direzione di quel richiamo, Cordelia uscì dal suo riparo e riprese l’inseguimento. Era quasi giunta alla Torre dell’Orologio quando perse di nuovo di vista il suo uomo. Imprecando tra sé, varcò l’arco sbucando in Piazza San Marco e lasciò correre lo sguardo intorno: dame e gentiluomini, maschere e abiti sontuosi; dai caffè sotto le Procuratie Vecchie provenivano musica e risate. Batté per terra il piede, con impazienza, poi vide in fondo tra le colonne qualcuno farle un cenno. Era Alain de Mortemart che le indicava la zona alle spalle delle Procuratie prima di sparire nuovamente.

Corse nella sua direzione e si mescolò alla folla variopinta che usciva dalle botteghe. Dopo i giorni di pioggia, l’intera Venezia pareva essersi riversata nella zona di San Marco. Era ormai calato il buio quando svoltò nelle vicinanze del Caffè degli Specchi. Seguendo un rumore di passi si inoltrò in un’altra calle e notò l’orlo di un mantello sparire dietro una svolta.

Lo seguì e si ritrovò in un lungo sotoportego illuminato soltanto da due torce.

Sollevò la pistola e con calma disse: «Fermo e alzate lentamente le mani in modo che io possa vederle».

Invece di obbedirle, l’uomo esitò un momento e dopo si lanciò di corsa nella direzione opposta. Giunto alla fine della galleria però si accorse di avere commesso un errore: la strada terminava con dei gradini che sprofondavano nella laguna e tra le macchie vacillanti di luce c’era una gondola con un uomo dal sorriso sornione e la spada sguainata.

«Signore, l’acqua è troppo fredda per nuotare in questa stagione» disse Giacomo Casanova non senza una certa cortesia.

L’uomo si voltò e corse verso Cordelia, abbassando il capo e alzando i pugni per toglierla di mezzo. Allora lei si gettò con le spalle contro il muro e tese una gamba falciando le sue e mandandolo a terra proprio ai piedi di due uomini: Alain de Mortemart e Cassian D’Armer, che le sorrise. «Ottimo lavoro, Madame.»

Lei tuttavia non lo ascoltò, insospettita da un movimento dello sconosciuto si gettò in avanti e gridò: «Bloccategli le mani. Ha del veleno!».

Fu in quel momento che uno sparo echeggiò nel buio e colpì una torcia che si spense tra mille scintille.

La seconda torcia era ancora accesa e nella luce Cordelia vide delinearsi una sagoma femminile. Portava una mezza maschera e un vestito scuro con un lungo grembiule adorno di gale.

«Dietro di voi!» urlò Cordelia. «Prendetela!»

Si gettò sull’uomo riverso al suolo ma Colombina l’aveva distratta un momento di troppo: gli afferrò la mano e guardò l’anello, dietro la pietra intravide uno scomparto vuoto; l’arto era inerte nella sua presa e quando lo lasciò, ricadde privo di vita.

Lo afferrò per una spalla e lo girò, gli strappò dal volto il fazzoletto.

«Sapete chi sia?»

Senza alzare lo sguardo, Cordelia riconobbe la voce di Manuel Pérez de Guzmán. Il rimbombo dei passi che inseguivano Colombina era assordante o forse era il rombo del sangue nelle sue orecchie.

«Andrea Contarini» rispose lei

«Ne siete sicura?»

«Non si dimentica la faccia dell’uomo che vi ha fatto condannare a morte.»

Don Manuel le porse una mano, era abbronzata tra i merletti chiari della camicia e lei la prese lasciando che l’aiutasse ad alzarsi. Era l’uomo che aveva deciso di abbellire la sua sepoltura in fondo al mare e lo sguardo dei suoi occhi scuri era gentile e solidale, senza traccia di pietà. Cordelia piegò le dita intorno alle sue con forza e annuì. «Grazie» disse, «per tutto ciò che avete fatto.»

Le rispose un sorriso mozzafiato. Manuel aveva la bellezza di un pirata travestito da aristocratico. «È stato un piacere. Adesso andiamo a prendere quella donna.»

Si divisero, percorrendo calli e rami, nel labirinto della notte veneziana. Il freddo addensava il fiato e il buio era interrotto solo di rado dalle lanterne delle case private e dei ritrovi o dalle lucerne sopra le icone religiose. Allontanandosi da San Marco l’oscurità diventava più infida, la gente per strada era quasi sempre avvolta in lunghi tabarri e camminava a testa bassa impegnata in chissà quale intrigo. Di tanto in tanto qualcuno sollevava il capo, mostrando la superficie bianca e inespressiva di una maschera. Il silenzio metteva i brividi, l’eccitazione della caccia mandava il cuore a sbattere contro le costole e il gelo del raziocinio a invadere la mente.

Cordelia si accorse che riprendere le vecchie abitudini era facile come respirare: moderare il passo per renderlo silenzioso nonostante le scarpe coi tacchi, perlustrare le strade con l’intuito oltre che con gli occhi. Percepì un movimento alle proprie spalle e un sibilo. Si abbassò giusto un momento prima che un pugnale si conficcasse nella cornice di una finestra.

Era astuto usare un coltello invece della pistola, che avrebbe attirato l’attenzione, pensò lei, già pronta quando il suo assalitore le piombò addosso.

Alla luce di una lampada scorse un gorgiera bianca inamidata e una maschera nera. Arlecchino, pensò, piegandosi di scatto per schivare un pugno e caricando il sinistro. Centrò l’uomo sulla mascella ma quello con un colpo di taglio alla destra le fece cadere di mano la pistola. Usare calci con quelle gonne voluminose era fuori discussione ma lei aveva riacquistato abbastanza forza nelle braccia da potersi difendere bene. Tirò di destro e poi di sinistro dritto alla gola del suo avversario e, vedendolo rantolare, colpì con la base del polso il naso della maschera. Quello gridò di dolore. Si piegò in avanti e l’abbrancò per la vita, allora lei gli affondò i denti in un orecchio e strinse e tirò fino a strapparlo. Arlecchino urlò e commise l’errore di spostare una mano per allontanarle il viso, allora lei riuscì a scrollarselo di dosso e usò una presa che le aveva insegnato Indrajit per stringergli il collo, montandogli con le ginocchia sopra il petto. Strinse il pugno destro e lo colpì sopra la testa, una, due volte. Alla terza si accorse che opponeva meno resistenza.

«Potete uccidere me, ma non servirà.»

Non si aspettava di sentirlo parlare e per lo stupore si lasciò quasi sfuggire la presa.

«La Compagnia delle Larve non muore» disse Arlecchino. «Ci sarà sempre un altro attore per ogni ruolo.»

Le sovvenne di quando suo padre aveva paragonato quella gente all’Idra: tagliata una testa ne sarebbe spuntata subito un’altra.

«Tu non muori» gli disse. «Vieni con me.»

Il suo sguardo guizzò alle spalle di lei a tradirlo ma, prima che Cordelia potesse reagire, sentì il tocco gelido di un’arma contro la nuca.

«Vi sbagliate. Sarete voi a venire con noi» disse una voce maschile.

Una pistola fece fuoco. Lei chiuse gli occhi mentre un peso le cadeva addosso, schiacciandola, e Arlecchino si divincolava con gesti furiosi. Li riaprì un momento dopo chiedendosi perché non fosse morta. Arlecchino era sparito insieme al complice che aveva tentato di spararle. Qualcuno era chino su di lei, un volto dapprima sfuocato che prese consistenza con rapidità.

«State bene, Milady?»

Una lucerna brillava su una massa di capelli biondi e sulla canna di una pistola rivolta verso l’alto. Trasparenti occhi grigi la fissavano e lei lanciò un grido: «James!».

Gli gettò le braccia al collo, stringendo a sé un altro tassello della sua vita che tornava a posto. Un attimo dopo erano di nuovo in piedi, l’uno di fianco all’altra.

«Ce ne sono altri» disse Cordelia.

«Le calli circostanti sono pulite» rispose James. «Il signor D’Armer e gli altri stanno tornando verso San Marco per recuperare un corpo.»

«Colombina?»

«Scomparsa, Milady.»

Non c’era bisogno di dargli spiegazioni: per quanto potesse apparire dal nulla, James Covington era sempre al corrente di tutto.

Con le armi in pugno ripresero la via delle Procuratie Vecchie. Nei pressi del sottoportico dove era morto Andrea Contarini c’era un certo trambusto e due persone stavano litigando a voce alta.

«Mettiamolo agli arresti» stava dicendo qualcuno. «Ai Piombi, subito!»

«Vi ho detto che non l’ho ucciso io. Si è suicidato.» Era la voce esasperata di Giacomo Casanova.

«Sentito? Ha confessato di averlo suicidato!» esclamò Matteo Varutti, in tono soddisfatto.

Casanova alzò le mani verso l’alto, forse invocando l’Altissimo di cui una volta era dipendente stipendiato, o forse soltanto per impedirsi di stringerle intorno al luogotenente di Messer Grande e macchiarsi davvero di omicidio davanti a testimoni.

«Che cosa state facendo?» esclamò Cordelia, vedendo due uomini caricare il cadavere di Contarini su una lettiga con il chiaro intento di portarlo via. Uno dei due si girò verso la giovane donna e alla vista dei suoi vestiti raffinati, inzaccherati di sangue, sgranò gli occhi.

Anche Cassian si voltò in direzione della sua voce e vedendo James al suo fianco la sua espressione cambiò, lo sguardo si fece di ghiaccio.

«Signora, Casanova vi ha fatto del male?» domandò Varutti.

Cassian cancellò la distanza tra loro con due ampie falcate. «Siete ferita, Madame?» domandò afferrandole le spalle. Esaminò le tracce di sangue cercando di scoprirne l’origine, il tono era distaccato, negli occhi lottavano preoccupazione e collera.

«Sto bene» rispose lei e, a bassa voce, aggiunse: «Non possiamo permettere che portino via il corpo di Contarini. Se è complice dei nostri nemici dobbiamo distruggergli il cuore».

Cassian annuì e la lasciò. «Quel cadavere resta qui» disse, in un tono che non ammetteva repliche.

«Questo, signore, non è possibile» disse Varutti.

Allora Cassian trasse qualcosa dalla tasca e l’altro, per una volta, rimase senza parole vedendo l’anello del Doge oscillare all’estremità della catena d’oro. Si voltò verso Casanova che, con un largo sorriso, stava esibendo le medesime credenziali, allora trangugiò una protesta e si ritrasse.

«Mettetelo giù» ordinò Alain.

Un solo sguardo all’espressione di Monsieur e la lettiga tornò in terra all’istante, insieme al suo carico, mentre i due portantini se la davano a gambe.

«Che cosa ce ne facciamo?» domandò Manuel.

Il suo tono era rilassato e nell’aria c’era un forte profumo di caffè.

Cordelia si girò a guardarlo e scosse il capo mentre Planchet, che aveva appena versato il caffè caldo nella tazza del suo padrone, faceva altrettanto con Giacomo. «Madame» disse, con un inchino, «gradite una tazza di caffè? Arriva adesso dall’Arco Celeste.»

«È squisito» disse Manuel. «Il corpo dove lo portiamo?»

«Al laboratorio di Meyer» disse Cordelia. «Ma prima legategli i polsi e le caviglie. Con certi morti non si sa mai.»

«Me ne occupo io, Milady» disse James. Ripose la pistola nella cintura dietro la schiena e si inginocchiò accanto al corpo.

Da sopra la sua testa bionda, Cordelia incrociò il lampo freddo degli occhi di Cassian. Gli rivolse uno sguardo interrogativo e lui si avvicinò. La guardò dall’alto, piegando la testa verso la sua.

«Ho provocato la vostra collera in qualche modo?» sussurrò lei.

Lui osservò il sangue sopra il seno incorniciato dalla pelliccia candida imbrattata di rosso vivo. La sua espressione cambiò, di nuovo la rabbia si alternò al tormento. Sollevò una mano e arrestò le dita a un soffio da una macchia al di sopra della trina della scollatura, la fissò con un’intensità bruciante e dopo gettò un’occhiata a James che si stava rialzando, ignaro di ciò che aveva scatenato.

«Per quante volte» disse, a voce bassa, «per quante volte mi strapperete di nuovo il cuore dal petto e lo getterete all’inferno?»

Senza darle il tempo di rispondere, le voltò le spalle e si allontanò.