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GIARDINI DI OSSA

Partirono poche ore prima dell’alba, dandosi appena il tempo di sostituire i costumi con degli abiti più pratici. Allertarono una delle flottiglie dei D’Armer alla fonda presso una delle bocche di porto della laguna e si imbarcarono su un’altra, composta di battelli leggeri adatti al breve corso, ma armati come per una guerra.

«Spero di non essermi sbagliato» commentò Giacomo Casanova infreddolito, stringendosi nel suo tabarro sul ponte della nave. «In caso contrario avrei perso senza motivo un’ingente quantità di denaro.»

«Non vedo il nesso» disse Manuel, come al solito con una tazza di caffè in mano e un Moro di fianco con un bricco fumante.

«A quest’ora avrei potuto presenziare nelle sale da gioco del casino dei Venier e poi al Ridotto di San Moisè, secondo le previsioni avrei guadagnato un bel po’ di soldi.»

«Le previsioni di chi?» domandò Manuel.

Giacomo lo ignorò.

«Gli usurai che ti imprestano denaro a strozzo avranno di che dolersene» disse Alain in tono cordiale.

«Infatti avrei potuto restituire parte dei miei debiti» disse Casanova.

«Piuttosto rimpiangono gli interessi del nuovo prestito che avrebbero dovuto farti» mormorò Monsieur sull’orlo della tazza.

«Ti sbagli, dimentichi quanto sono bravo.»

«Tu bari.»

«Che modo sgradevole di porre le cose.» Giacomo fece una smorfia davanti a tanta mancanza di delicatezza. «Semmai, aggiusto il gioco.»

Cassian li lasciò a battibeccare, superandoli con in mano una carta nautica che distese su un ripiano. Cordelia in due rapide falcate permesse dagli abiti maschili gli fu subito accanto. Insieme a due ufficiali e a Meyer si chinò per guardare cosa stava indicando.

«Dovremmo approdare a breve, nonostante i venti contrari» disse Cassian. «La seconda flotta si sta dirigendo da questa parte verso San Lazzaro. Circonderà l’isola in modo che nessuno possa entrare o uscire senza permesso.»

«Come avete capito cosa dovevamo cercare?» domandò Meyer. «Adesso l’idea acquista una logica perfetta.»

Cassian rivolse uno sguardo verso l’altra parte del ponte: Giacomo stava discutendo ad alta voce con Manuel e Alain, che lo guardavano con un sorriso trattenuto e l’aria condiscendente di fratelli maggiori.

«È merito di Ermes» disse. «Il suo istinto di veneziano è stato più forte del mio quando si è trattato di riconoscere la tana del nemico.»

Meyer annuì. «La peste nera era la chiave di tutto. Se Artemius intende scatenare di nuovo il morbo su Venezia non ha molte alternative per farlo.»

Cordelia annuì, ma Cassian colse la sua esitazione infinitesimale. «Venezia e la peste hanno una lunga tradizione. La chiamiamo “morte nera” perché ha sterminato la nostra popolazione a ondate. Ricordate che il nostro ultimo ex voto è stato la basilica della Madonna della Salute. Noi ancora oggi, ogni ventuno novembre, ringraziamo e festeggiamo per la fine dell’epidemia.»

«La Serenissima è molto attenta» intervenne Meyer. «Da secoli i Magistrati alla Sanità hanno stabilito delle regole rigidissime. Ci sono isole adibite a luoghi di quarantena per le merci e le navi, per gli stessi diplomatici e per chiunque provenga da un luogo a rischio.»

«La legge non ammette eccezioni. I Magistrati alla Sanità hanno potere di vita e di morte» spiegò ancora Cassian. «Nemmeno il Doge in persona potrebbe essere esente dalla quarantena. Questo regime ha risparmiato a Venezia l’effetto delle pestilenze peggiori che hanno decimato il mondo conosciuto.»

«Per questo motivo c’è un unico luogo in cui Artemius può ordire indisturbato i suoi intrighi.»

Uno degli ufficiali abbassò il cannocchiale e si schiarì la voce. «Signore» disse, «è in vista l’isola del Lazzaretto Vecchio.»

«Noi andiamo a cambiarci» disse Cassian. «Restate a distanza. Non avvicinatevi e non fate fuoco. Quell’isola è un ricovero per gente malata e non siamo qui per aumentare le loro sofferenze. Siate pronti a bloccare il mare circostante al segnale convenuto.»

Scesero negli alloggi sottocoperta dove, nelle cabine degli ufficiali, erano già pronti i semplici sai da monaci sotto i quali nascondere i loro vestiti. Col favore del buio, una barca li avrebbe portati di nascosto al canale che divideva l’isola e a piedi avrebbero raggiunto il Lazzaretto.

Cassian osservò il modo rapido ed efficiente con cui Cordelia si liberò dei vestiti.

«Quando vesti da uomo ti spogli come un uomo» considerò. Le si avvicinò e chinò il capo per posare le labbra sulla sua spalla. Un bacio distratto, di un’intimità profonda, che le sfiorò il cuore con un alito caldo. Le dita di lui giocherellavano con la catena d’oro a cui era appesa la meravigliosa perla che le aveva regalato.

«Perché Servilia?» le domandò. «Perché non Pompea Silla o Calpurnia?»

Cordelia gli voltò le spalle e si strinse il saio sul seno, senza ancora indossarlo. Guaine di cuoio le assicuravano pugnali e stiletti a entrambe le braccia, alla cintura portava due pistole. La tela povera e ruvida le graffiava la pelle allo stesso modo in cui la malinconia le chiudeva la gola, addolcendole la voce. «Servilia non era adatta a Cesare. Era nobile ma proveniva dalla famiglia sbagliata; era sorella della persona sbagliata. Non era una sciocca e non sarebbe mai stata una donna sottomessa, sarebbe stata sempre un’amante, mai una moglie.»

Lui le posò entrambe le mani sulle spalle e la fece voltare.

«So che i matrimoni dei patrizi veneziani sono soggetti a controlli e permessi da parte del Maggior Consiglio» disse lei. «Io sono solo una figlia non riconosciuta dei Giustinian e i nomi dei nostri figli non troverebbero mai spazio nel Libro d’Oro.»

«È questo che pensi?» le disse lui, scrollandola leggermente. «Pensi che io lo permetterei?»

Lei gli rivolse un sorriso. «Immagino che prima o poi ti imporranno di sposare una donna adatta al tuo rango e che la scelta non comprenda una spia inglese. In fondo siamo a Venezia, se lo vorremo troveremo comunque un modo per stare insieme.»

«Cordelia» esordì lui ma, prima che potesse aggiungere altro, lei gli posò la mano sulle labbra.

«Non dire nulla» lo interruppe. «Non è il momento. Ne parleremo se e quando usciremo da quell’isola.»

Cassian catturò una mano con la sua e la baciò. «Nessuno ti torcerà neppure un capello, finché sei con me.»

I suoi occhi erano di nuovo laghi di un blu profondo e freddo e Cordelia riconobbe l’immobilità interiore che sembrava invaderlo nel momento in cui toglieva una vita.

«Lo stesso vale per te» disse, e fece un passo indietro per indossare il saio. Poi alzò il cappuccio sopra i capelli intrecciati e avvolti intorno alla testa. «Andiamo a raggiungere gli altri adesso.»

Cassian sorrise. «Dopo quest’oggi avremo molto tempo da trascorrere insieme per definire i dettagli della nostra relazione» disse, e davanti all’espressione incredula di lei scoppiò a ridere e la prese tra le braccia, posando la fronte contro la sua. «Vedrai, amore mio, vedrai. Avrai di che stancarti di me.»

L’ingresso principale dell’isola era dal lato che dava verso San Marco, così, approfittando del buio, si fecero condurre dal lato opposto, e mentre l’alba colorava il cielo sopra la laguna varcarono la recinzione e si ritrovarono in un campo invaso di erba irrigidita dal gelo al limitare di una fila di caseggiati lunghi e stretti in mattoni rossi. Muniti di lanterne cieche si guardarono intorno nel grigio uniforme che si trasformava in un sordo chiarore.

«È il cimitero» disse Cassian. «Siamo sulle fosse comuni. Da queste parti seppellivano i morti con delle pietre in bocca, per impedire loro di alzarsi e azzannare la gente.»

«Un mattone questa volta non sarà sufficiente» commentò Manuel.

Cordelia abbassò lo sguardo verso qualcosa che biancheggiava nel prato accanto ai suoi piedi e trasalì. Era un tralcio di rose invernali, di un rosa delicato, che rampicava intorno a una struttura di rami bianchi che lei riconobbe come costole umane.

«I giardini di ossa» disse. «Siamo nel posto giusto.»

L’ospedale del Lazzaretto era organizzato con la precisione e l’efficienza di una caserma.

Si articolava in padiglioni intorno a un chiostro oltre il quale si elevava il campanile della chiesa di Santa Maria di Nazareth, ricordo di quando l’ospedale era un convento di eremiti. Vi erano lunghi caseggiati paralleli dove si trovavano i dormitori degli uomini e, dal lato opposto, quelli delle donne, mentre a un’altra estremità si trovavano i magazzini per le merci.

Sul lato nord c’era il generalato con la casa del priore e gli alloggi per i degenti illustri. Poco distante c’era il casello dove si conservava la polvere da sparo in seguito a un’ordinanza che la voleva fuori dalla città dopo un’esplosione verificatasi all’Arsenale.

La comunità annoverava anche un Capitano e un manipolo di fanti che avevano il compito di mantenere l’ordine sull’isola e di vigilare sulle merci costose soggette alla quarantena. Il magazzino era infatti il luogo più sorvegliato, e due guardie, sveglie anche in quell’ora cara solo ai frequentatori dell’Erberia, comparvero in fondo alla striscia erbosa che delimitava un fianco dell’edificio.

«Lasciate fare a me, copritevi la bocca e respirate attraverso la stoffa» disse Cordelia, tirandosi l’orlo del cappuccio fino quasi alla radice del naso. Si incamminò verso i due soldati e, mentre i loro passi si incrociavano, lasciò cadere al suolo una fialetta che schiacciò col tacco.

«Chi siete?» La voce di una guardia echeggiò nel silenzio. «Fratello, fermatevi, per favore.»

Prima ancora però che il compagno potesse proferire parola o uno dei due sfoderare un’arma, entrambi si accasciarono al suolo senza un lamento.

Cordelia, con una manica davanti alla bocca, fece segno agli altri di proseguire e, quando furono ragionevolmente lontani, respirò una boccata di aria umida.

«Che cos’era?» domandò Giacomo, curioso.

«Uno dei giochini alchemici di Meyer» rispose lei.

«Ne inventa di interessanti» commentò Monsieur a bassa voce. «Ho una cerbottana con degli aghi intrisi di un siero della verità, se dovesse servire.»

Si spostarono in direzione del chiostro, nel quale cominciavano a echeggiare le campane del mattutino. Da qualche parte proveniva odore di fumo unito a quello del pane nei forni.

«Se dovessi vederlo, sapresti riconoscerlo?» domandò Cassian a bassa voce. «Sei stata l’unica ad avvicinarti abbastanza da notare qualche particolare.»

Lei scosse il capo. «So che non ha l’aspetto di un vecchio e potrei riconoscere la sua voce.»

«Tanto sappiamo chi cercare» disse Giacomo, con sicurezza. «L’unico che ha il potere di inviare un esercito di appestati a Venezia dichiarandoli in perfetta salute.»

I rintocchi della messa dell’alba chiamarono a raccolta il personale religioso del Lazzaretto. Una processione di suore in nero sfilò sotto il porticato del chiostro per dirigersi verso la chiesa. Erano molto diverse dalle monache che circolavano per Venezia, mascherate e in abiti da sera e che trasformavano i conventi delle isolette lagunari in luoghi di piacere. Dimesse, camminavano in silenzio con croci di legno appese alle cinture e la testa bassa. A un tratto, una di esse sollevò un braccio per sistemarsi il velo e Cordelia colse, all’interno della manica, il luccichio di una lama. Era una donna magra con una gobba sulle spalle e ciuffi di capelli grigi e stopposi che spuntavano dalla cuffia. La guardò staccarsi dal suo gruppo e inoltrarsi in un’ala laterale. Zoppicava leggermente, però le parve che quel difetto fosse frutto di una simulazione.

«La seguo» sussurrò Cordelia. «Potrebbe essere Colombina.»

Senza attendere risposta si staccò dagli altri e, tenendosi a distanza, seguì la religiosa attraverso un corridoio debolmente illuminato dalle candele.

Il suo intuito non aveva sbagliato: non appena la suora pensò di essere sola la zoppia scomparve, sostituita dal passo svelto e agile di una persona giovane e piena di energie. Cordelia la seguì in silenzio, appiattendosi nella semioscurità, senza movimenti bruschi. Dopo una svolta, vide una porticina di legno socchiusa che dava su un cortile vuoto, a parte l’erba bruciata dal freddo e una vera da pozzo solitaria.

Si guardò intorno, i cori provenienti dalla chiesa coprivano il flebile lamento dei moribondi. Colse un movimento alla propria destra: un gatto balzò da dietro il pozzo strappandole un sorriso di sollievo, che si gelò non appena sentì qualcuno alle proprie spalle. Fece in tempo a scansarsi e il colpo diretto alla testa la raggiunse a una spalla, altrimenti le avrebbe causato l’immediata perdita dei sensi.

Si voltò e bloccò un attacco con l’avambraccio sinistro, caricò il pugno destro che però l’altra deviò verso l’esterno. La donna le girò rapidamente intorno e l’afferrò per entrambi i gomiti, bloccandole le braccia dietro la schiena. Cordelia scalciò indietro, ma l’altra era così abile che i suoi piedi toccarono soltanto la tela della veste religiosa. Voltando la testa vide lampeggiare qualcosa, che poteva essere un’arma come un ago. Raddoppiò gli sforzi e riuscì ad agganciarle una gamba con la caviglia, piegò la testa all’indietro di scatto e le diede un colpo secco. Quella si lasciò sfuggire un verso di dolore e allentò un poco la presa sui polsi. Fu sufficiente: Cordelia riuscì a liberarsi e si girò afferrandola e sbattendola contro il muro. Il velo da suora cadde sull’erba insieme a ciuffi grigi di capelli posticci. Le due donne si guardarono e Cordelia spalancò la bocca, sbalordita.

«Voi!» esclamò, indietreggiando di un passo. «Non è possibile.»