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L’AMORE DI UNA MASCHERA

Le parole di Von Heimmel rimasero sospese per un attimo nel silenzio e Cordelia esitò.

Con intenzione, lo sguardo dell’alchimista si spostò sul pezzo di carne sul tavolo, verso la cucitura di filo nero: su una spalla umana (piccola, come quella di un bambino, pensò Cordelia con un moto di raccapriccio) si innestava l’ala di un uccello tramite il ricamo che ormai era divenuto familiare ai suoi occhi.

Era in parte sfilato, come se avessero sorpreso Von Heimmel nell’atto di disfarlo. «È stato vostro padre con il consenso del Doge a permettere che Marcus Meyer vi impiantasse frammenti di un morto, lo sapevate? Perché insistete a proteggere chi vi ha fatto questo?»

Senza aggiungere nulla, Cordelia si limitò a estrarre il pugnale, poi distese la mano sinistra rivolta verso l’alto. Fu in quel momento che lo sguardo le scivolò su ciò che Von Heimmel aveva in mano: un lungo ago che riluceva sotto le torce, chiaro come argento puro e con un filo nero che pendeva a un’estremità.

Spostò di nuovo lo sguardo sul volto di Von Heimmel e vi colse un infinitesimale segno di tensione, un fremito al lato dell’occhio che si propagava alla mano con cui reggeva l’ago.

L’ago, pensò Cordelia. Meyer aveva parlato di un ago.

Sentì il cuore batterle più forte mentre faceva scorrere lentamente la lama del pugnale sul palmo della sinistra. Il sangue fuoriuscì e ricoprì la lama.

«Il segreto è l’ago» disse. Non sapeva da dove scaturisse quel pensiero, forse dal frammento di cuore del ragazzo morto che batteva dentro il suo. «Solo uno simile al vostro può disfare il Merletto del Mago.»

Di nuovo quella lieve esitazione, un lampo di collera nello sguardo.

Von Heimmel non disse nulla, indietreggiò di un passo e afferrò qualcosa alle proprie spalle. Si udì una musica, un breve accordo stranamente dolce, e le pareti iniziarono a tremare, un grosso frammento di soffitto cadde, infrangendosi al suolo in una pioggia di sabbia.

«Che cosa succede?» esclamò Cordelia.

«Ha abbassato qualcosa» disse Cassian. «Una specie di leva.»

Von Heimmel sorrise. «È corretto, signore. Quando ho compreso che fuggire da quest’isola era impossibile, ho deciso di portarvi con me. Tra noi, sono l’unico che ha la speranza di risvegliarsi vivo, quando questo posto crollerà.»

«Non sarà così semplice» gridò Cordelia, sovrastando il rumore delle pareti che prendevano a tremare. «Mia madre vi ha somministrato a vostra insaputa il mio sangue. Adesso siete debole.»

Von Heimmel non rispose, ma i suoi occhi cambiarono espressione e lei ebbe un sorriso amaro mentre la terra tremava sotto i loro piedi. «Non avete notato nulla di strano?» domandò con dolcezza. «Le forze che mancano, la febbre dopo tanti anni? Che cosa si prova ad avere di nuovo paura di morire?»

I muri stavano collassando su loro stessi, lunghe crepe partivano dal basso diramandosi verso il soffitto.

«Mettiti al riparo» ordinò Cassian. Non la guardava, i suoi occhi erano fissi sopra la sua vittima, al di là della nebbia di polvere e detriti che precipitava dall’alto.

Si gettò su Von Heimmel, rapido e letale, la spada sguainata e lo sguardo pervaso da quella calma perfetta.

L’alchimista fece un salto indietro, con un’agilità inconsueta, e il primo colpo lo raggiunse di striscio a un braccio, squarciandogli la veste fino a graffiargli la carne.

«Non può essere» gridò Von Heimmel, lacerando la stoffa e mostrando il braccio illeso. Il taglio della spada era appena un’impronta poco profonda, come sopra una superficie di cera.

Una spessa lastra di pietra si staccò dalla sommità di un muro e travolse uno scaffale, dozzine di barattoli si rovesciarono andando in frantumi, schegge di vetro volarono ovunque, sangue mescolato a qualcosa dal forte odore alcolico disegnò lunghe striature nella polvere subito cancellate dal dilagare dell’acqua del mare.

Von Heimmel afferrò un’ampolla di vetro rosso e la scagliò verso Cassian, che ne deviò la traiettoria con un colpo di spada, mandandola a infrangersi in un angolo contro una gabbia piena di creature piumate e starnazzanti dal curioso colore verde chiaro. Cordelia guardò il contenuto dell’ampolla liquefare le sbarre, tuttavia gli animali all’interno non si precipitarono fuori: seguì un silenzio orribile e lo starnazzare cessò. Era mostruoso, Cordelia distolse lo sguardo per scoprire Von Heimmel che puntava verso Cassian una bizzarra pistola con un mirino d’argento e strani intarsi sul calcio. Senza pensare, gli si gettò addosso e riuscì a deviare il colpo verso l’alto, ma il proiettile, di qualsiasi sostanza fosse composto, aprì sulla volta del soffitto uno squarcio da cui subito cominciò a riversarsi acqua a fiumi.

«Adesso basta.»

Cordelia stava lottando sul pavimento quando qualcuno le tolse il suo avversario dalle mani. Fece giusto in tempo a rotolare di lato prima che un grosso frammento di pietra si abbattesse al suolo dove si trovava un attimo prima.

Ansante, con le costole ammaccate e la ferita sul braccio che aveva ripreso a sanguinare, vide Cassian sottomettere l’alchimista e con un unico movimento immergergli un pugnale nel cuore e rigirarlo con una torsione secca ed efficiente.

Von Heimmel sbarrò gli occhi e le sue mani raggiunsero quelle di Cassian sull’elsa del pugnale, meno insanguinato di quanto avrebbe dovuto essere.

«Non posso crederci.» La voce di Cassian era rabbiosa. «È come se la sua pelle cercasse di ricacciare fuori la lama.»

Le labbra di Von Heimmel si piegarono in un sorriso. «Non appena offesa, la mia carne comincia a rimarginarsi» sussurrò con voce bassa, ma troppo nitida per appartenere a qualcuno in punto di morte. «Fuggite e avrete salva la vita.»

«E anche voi: è questo che intendete» disse Cassian.

La sua tranquillità assoluta, mentre intorno a loro tutto crollava, spense ogni traccia di trionfo negli occhi di Von Heimmel.

«Cordelia» disse Cassian.

La terra tremava, ma lei sentì la quiete irradiata dalla sua voce avvolgerla e placarla. Si inginocchiò al suo fianco e strofinò una mano contro l’altra facendo sanguinare il taglio che si era inflitta sul palmo. La sua unica arma era il sangue e vide la consapevolezza riflessa nello sguardo dell’alchimista dove in un momento dilagò il terrore.

Fu l’istinto a guidarla: quando Cassian estrasse il pugnale, posò la mano insanguinata sulla ferita che stava richiudendosi sul petto dell’uomo. All’inizio non accadde nulla, poi entrambi sentirono la resistenza dell’uomo fiaccarsi, le sue mani cercare di respingerli con maggiore debolezza. Il sangue di Cordelia penetrò nella sua carne e, quando lei ritrasse la mano, all’altezza del cuore c’era uno squarcio che neppure la lama era riuscita ad aprire.

Sentì i palpiti rallentare sotto le sue dita, fino a fermarsi del tutto.

Cassian gli premette due dita contro il collo. «È morto» disse. Mentre lei si alzava, raccolse il pugnale e si chinò verso la gola di Von Heimmel per terminare il lavoro.

Quando si alzò, si terse il sudore e la polvere dal viso, lasciandosi una striatura di sangue sulla guancia.

«Adesso cerchiamo di uscire da qui.»

«Un momento.»

Cordelia si chinò accanto al tavolo e, frugando nel disordine sul pavimento, raccolse qualcosa. Poi lacerò col coltello la manica sinistra; ne ricavò una lunga striscia che avvolse strettamente intorno all’avambraccio poco sopra il polso destro.

«Adesso possiamo andare.»

Un armadio era crollato davanti alla porta bloccando il passaggio, le ante spalancate avevano rovesciato sul pavimento libri e rotoli di pergamena. Cassian scivolò fino a posare le mani su un lato del mobile e riuscì a rimetterlo in piedi. La porta giaceva scardinata da un lato. D’improvviso alle loro spalle risuonò un rumore fragoroso. Il soffitto era crollato coprendo di macerie il cadavere dell’alchimista, l’acqua entrava a fiotti da uno squarcio su una parete e ormai arrivava alle loro ginocchia.

Oltre la soglia, la polla d’acqua che avevano attraversato all’andata era illuminata dalle poche torce rimaste accese nel laboratorio in macerie. Tra le macchie di luce proiettate sui flutti distinsero qualcosa che si muoveva, sinuoso, sotto il pelo dell’acqua.

«Ce n’è un altro» disse Cordelia. «Non possiamo passare da qui.»

Anche dall’altra parte della polla però le mura erano crollate, ostruendo il passaggio che conduceva allo studio del Priore. Videro la parete sgretolarsi, sabbia e sassi cadere in acqua sollevando grandi spruzzi.

«Non c’è altro modo» disse Cassian. «Dobbiamo passare da qui.»

«Aspetta» disse Cordelia.

Si voltò, tornando verso l’inferno del laboratorio. Rompendosi, le ampolle di Von Heimmel avevano sparso sostanze infiammabili che, a contatto con le torce, avevano preso a bruciare in larghe chiazze di fiamma ondeggianti sulla superficie dell’acqua che continuava a entrare.

La pistola con il mirino e gli intarsi d’argento era abbandonata su un ripiano, ancora asciutta. Già a prima vista era impossibile pensare che fosse un’arma normale. La raccolse e tornò di corsa da Cassian, mentre una trave crollava sul tavolo da lavoro e l’odore della carne e delle piume bruciate si mischiava al fumo acre.

«Fatti da parte» gli disse.

Impugnò la pistola con entrambe le mani e la puntò verso l’acqua, attese di vedere ancora il serpeggiare nero al di sotto della superficie rischiarata dalle fiamme, poi sparò. Il contraccolpo fu devastante e quasi le sbalzò la pistola dalle mani. Cordelia indietreggiò sul piede sinistro per bilanciarsi e sentì il petto di Cassian sostenerla.

Le acque ribollirono e, subito dopo, affiorò una sagoma viscida e nera, immobile.

«Sei pronto?» gli domandò.

«Quando vuoi tu.»

La breve stretta intorno ai suoi fianchi, il bacio leggero sui suoi capelli erano tutto ciò di cui aveva bisogno. Sollevò la pistola verso l’alto e prese la mira. Sparò una volta e poi un’altra e al rombo sinistro si unì lo stridio delle crepe che ferivano le pareti.

Al terzo colpo la volta superiore andò in pezzi. Un momento prima che un cielo d’acqua marina precipitasse sopra di loro, a Cordelia parve di vedere la luce del sole filtrare nel buio.

Era di nuovo rinchiusa in una bara d’acqua, come quella notte maledetta nel Canale Orfano dove Andrea Contarini, la mano di Von Heimmel nella giustizia del Doge, aveva tentato di affogarla come un gatto.

Tutto le tornò alla mente all’improvviso, momenti che aveva creduto sepolti sotto la coltre del Sogno di Giulietta, e rivide l’oscurità, l’abbraccio gelido del mare. Gli occhi le bruciarono come per le lacrime più amare di cento vite.

Anche allora c’era stato qualcuno con lei, qualcuno che aveva significato calore nella notte e braccia forti che l’avevano tenuta quando stava per sprofondare nella morte; un bacio sulle labbra che le aveva restituito il respiro, parole indistinte che le avevano reso dolce abbandonare il mondo.

Adesso quelle braccia la spinsero verso l’alto portando la sua testa a infrangere la superficie di vetro delle acque. L’aria le riempì i polmoni quando le sembrava che non avrebbe respirato mai più. Gli occhi che bruciavano come fuoco riuscirono a vedere poco lontano le sponde dell’isola del Lazzaretto Vecchio e navi che incrociavano in direzione del bacino di San Marco, le vele spiegate e gonfie di vento.

«Guarda» Cassian la strinse a sé, battendo le ciglia per disperdere l’acqua. «Scommetto che c’è El Cid al comando.»

Videro la Persefone con il vento in poppa compiere una virata ardita e avvicinare una nave che batteva bandiera spagnola impedendole il passaggio. Il sole brillò sui cannoni e sulle armi degli ufficiali dei D’Armer.

Ci fu trambusto a bordo di entrambe le navi, voci che il vento portò via e, poco dopo, lungo l’albero maestro della nave spagnola salì lentamente una bandiera gialla che prese a sventolare e schioccare nella brezza.

Cordelia affondò le dita nelle spalle muscolose sotto le sue mani. «Ci sono riusciti. Adesso tutti sapranno che c’è la peste a bordo.»

«El Cid ha navigato con i corsari, nei Caraibi, lo sapevi? È un maledetto prodigio al timone di una nave.»

La nave spagnola cominciò lentamente a girarsi per fare ritorno verso il Lazzaretto Vecchio.

«È finita» disse Cordelia, appoggiando per un momento la testa contro il collo di lui.

«Usciamo dall’acqua, prima di prenderci un malanno.»

Nuotarono verso riva, lunghe bracciate veloci per scaldarsi, desiderando solo il momento in cui sarebbero stati davanti a un camino con una coperta e un bicchiere di cordiale in mano.

Toccarono la sponda rocciosa e una mano si protese per aiutarli.

«Grazie al Cielo» disse Cordelia afferrandola e lasciando che l’aiutasse a risalire.

Si scrollò l’acqua di dosso con un sorriso che però si spense nell’istante in cui vide il foro nero di una pistola puntare dritto su di lei.

«Vi prego di restare immobili e di tenere le mani bene in vista.»

Colombina, come si addiceva al suo personaggio, aveva l’accento veneziano, che però suonava leggermente contraffatto come frutto di un’abitudine e non dell’orecchio alla lingua della città natia.

Come ciascuna delle maschere di Von Heimmel, aveva assunto le qualità distintive che per lei voleva la Commedia dell’Arte annullando le proprie e adesso come Colombina, la serva più scaltra e fedele, colei che non solo eseguiva gli ordini dei padroni ma aveva una mente per decidere da sola che cosa fare, li avrebbe uccisi.

Cordelia lo vedeva nel riflesso dei suoi occhi, dietro la mezza maschera.

«È morto?» domandò.

«Come voi, signora» rispose Cassian. Dal suo tono non si sarebbe detto che era lui a trovarsi sotto tiro.

«È morto» disse Cordelia. «Sarebbe saggio da parte vostra arrendervi. Se ci aiuterete a ricostruire l’accaduto, forse avrete la clemenza del Doge.»

Colombina emise una breve e secca risata. Indossava abiti da viaggio e ormeggiata accanto alla riva già l’attendeva una barca con una dozzina di robusti rematori.

«Non sono stupida, Madame. Se mi consegno, per me ci sono soltanto la tortura e la morte. Ciò che invece non ha fermato voi» disse. «Non posso lasciare in vita chi ha ucciso il mio maestro.»

Il suo dito inguantato di bianco si mosse verso il grilletto ma un’ombra rapidissima si frappose tra lei e Cordelia.

«Non fatelo.»

Giacomo Casanova fissò i suoi occhi azzurri e fermi in quelli della donna e senza alcun timore si spostò ancora, leggermente, per fare da scudo a entrambi i suoi amici.

«Non uccideteli. Aggraverete soltanto la vostra situazione.»

«Devo pensare che vi importi di me?» Dietro il tono spavaldo di Colombina tremò un’eco di emozione e il suo sorriso si tinse di malinconia. La sua voce era mutata, addolcita adesso da una cadenza francese.

«È così» rispose Giacomo. «Non sparate, per favore.»

«Devo farlo per amor vostro?»

«Sì, fatelo per amor mio.»

Colombina indietreggiò di un passo verso il mare. «Per me è impossibile rifiutarvi qualcosa. Dunque, avvicinatevi, Casanova. Oppure avete paura di me?»

Giacomo si voltò verso Cassian. «State fermi. Per favore, non muovetevi.» Poi cancellò con sicurezza la breve distanza che lo separava da Colombina. Con un gesto deliberato, senza staccare gli occhi dai suoi si avvicinò fino a che la pistola non puntò contro il suo cuore.

«Non ho paura» disse.

L’arma gli premette contro il petto mentre lei si protendeva in avanti per posare le labbra sulle sue. Infine Colombina si staccò e si voltò per saltare dagli scogli.

Cassian e Cordelia si precipitarono verso Giacomo e tutti e tre rimasero a guardare la lancia che si allontanava a veloci colpi di remi, il vestito blu di Colombina svolazzava a prua mentre lei si voltava per lanciare un ultimo bacio verso l’isola.

«Dammi la pistola» disse Cassian. «È ancora a tiro.»

«No.» Giacomo gli bloccò il polso, senza staccare lo sguardo dalla lancia che rimpiccioliva all’orizzonte, in direzione di una nave che iniziava a dispiegare le sue vele. «Lasciala andare. Non puoi uccidere una maschera, non morirà mai davvero.»