Ho ripensato un milione di volte a quel 5 giugno e alla porcata di Madonna di Campiglio.

La chiamo così perché non trovo altre parole per definire gli eventi di quella giornata che hanno infangato e irreparabilmente distrutto la vita di Marco Pantani.

Se una mano ha compiuto quel gesto, quella mano è imbrattata di sangue.

Per sempre.

Perché ci sono tanti modi per togliere la vita a un uomo, ma il primo tra questi è strappargli l’anima e la dignità.

Se qualcuno ha fatto quella porcata a Campiglio – col miraggio di guadagnare un po’ di soldi, di essere parte attiva di una macchinazione perversa, o sotto una minaccia troppo potente per potervisi opporre, deve sapere che quel giorno ha ucciso una persona.

Una persona buona e innocente.

Non ci è dato di conoscere mai con certezza i veri risvolti delle nostre azioni.

Un miraggio, una montagna di miliardi! Questo era il valore dell’esclusione di Pantani dal Giro d’Italia, secondo l’ammontare delle scommesse effettuate su di lui.

Un piccolo balzo in alto dei globuli rossi di Pantani valeva un sacco di soldi.

Questa, purtroppo, è l’atroce verità.

È sufficiente anestetizzare per un secondo la coscienza, modificare il risultato di un test, e il gioco è fatto.

Un trucco meschino, un semplice stratagemma, per un guadagno facile, immediato e stratosferico.

Quella montagna di miliardi faceva chiaramente gola a qualcuno, e bastava fermare Marco per impadronirsene.

Se qualcuno ha compiuto quell’operazione deve sapere una cosa.

Quel giorno ha assassinato Marco Pantani.

Dietro quel “trucco” c’era la vita di una persona.

Il campione che era in lui è finito per sempre tra le spire velenose di quel controllo ematico.

La vita di Marco si è dissolta nella vergogna e nel fango di quel 5 giugno, con un’umiliazione e un disonore che un uomo come lui non meritava e non riusciva a sopportare.

Se stai leggendo queste righe, spero solo che tu capisca che la tua mano, quel giorno, ha ucciso un uomo.