Una sera di settembre rincasai dal lavoro.
La giornata in redazione era stata piuttosto pesante, tra servizi da realizzare e la solita dose di telegiornali sportivi (quattro o cinque) da condurre in diretta dagli studi di Cologno.
Mi sentivo come un lenzuolo appena passato nella centrifuga di una lavatrice.
Stranamente il traffico milanese mi aveva concesso una tregua inaspettata e così, in sella alla moto, non ci avevo messo molto a raggiungere casa mia.
Mi gettai stremato sul divano e sentii squillare il telefono.
Era l’avvocato De Rensis.
«Davide, sono qui con Tonina. Vorrebbe dirtelo lei, ma al momento è un po’ emozionata…»
«Cos’è successo, Antonio?»
«Siamo appena tornati a Cesenatico dopo una giornata piuttosto intensa. Quel che vorrebbe dirti Tonina è questo: hanno riaperto l’indagine su Madonna di Campiglio! Il procuratore capo di Forlì, Sergio Sottani, ha aperto un fascicolo e l’ipotesi è quella di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva.
Ma ti rendi conto?
Tutti quegli indizi, quelle interviste, quelle testimonianze che hai raccolto, quelle prove sugli sbalzi anomali del sangue, evidentemente non sono caduti nel vuoto. Il procuratore vuole vederci chiaro e andare fino in fondo.
Hai fatto un lavoro pazzesco su questo caso e alla fine ce l’hai fatta! Ci sei riuscito!
La tua promessa alla mamma di Marco oggi si realizza.
Oggi è un giorno importante sulla strada della verità. Per te e per tutti quelli che hanno voluto bene a Pantani. Hanno riaperto l’indagine su Madonna di Campiglio!»
Quelle parole mi lasciarono senza fiato. Mille sentimenti ed emozioni mi si agitarono dentro, annullando in un secondo la stanchezza e facendomi sentire l’importanza che a volte il nostro mestiere di giornalisti può avere.
Ero ancora seduto sul divano, lo stesso su cui mesi prima Elena mi aveva illustrato le sue teorie sui controlli ematici, lo stesso da cui avevo sentito volare per terra il libro di Brunel. Lo stesso dove ora mi ritrovavo a piangere, pensando a un campione straordinario che non c’era più e al quale – quella era la cosa cui più profondamente aspiravo – volevo restituire un po’ di dignità.
L’indagine su Madonna di Campiglio era stata riaperta.
Incredibile!
Avevo ancora il telefono incollato all’orecchio, dall’altra parte della linea c’era De Rensis, e mamma Tonina di fianco a lui. Iniziai a parlare, anche se si capiva dalla mia voce che l’emozione aveva sconfinato nel pianto: «Il lavoro pazzesco, Antonio, non l’ho fatto io. L’abbiamo fatto tutti. Tutti insieme. Dandoci forza quando non ne avevamo, credendoci fino in fondo quando nessuno ci credeva: quando ci prendevano per visionari, per cacciatori di aquiloni alla ricerca di verità inesistenti, di chimere inutili… Sembrava un’utopia pensare alla riapertura di un caso come questo, a quindici anni distanza. Sembrava una follia che un avvocato e un giornalista potessero intestardirsi così per cercare di ristabilire la verità su avvenimenti che ormai erano sepolti da troppo tempo e da troppe menzogne. E invece ce l’abbiamo fatta. Insieme.
La forza delle nostre due indagini, sulla morte di Marco a Rimini e sul controllo di Campiglio, è cresciuta continuamente. Non ci sarebbe stata l’una senza l’altra. Erano legate indissolubilmente.
Questi due lavori si sono alimentati a vicenda, traendo forza l’uno dall’altro.
I tanti elementi nuovi che abbiamo portato all’attenzione dei magistrati e dell’opinione pubblica hanno rotto molte resistenze e hanno fatto crescere il sospetto che dietro a tante verità di comodo ci fosse ancora parecchio da scoprire.
Probabilmente gli occhi di chi aveva cercato, prima di noi, erano andati nella direzione sbagliata. Per vedere, bisogna guardare dove serve davvero. Anzi, bisogna voler guardare. Noi abbiamo fatto questo: abbiamo voluto guardare. Abbiamo voluto vedere. E tutto ciò, caro Antonio, l’abbiamo fatto insieme.
Abbraccia forte Tonina per me e dille che quella promessa che le avevo fatto è stata mantenuta… Ma dille anche che di certo non ci fermeremo qui!».
Dopo qualche ora il telefono squillò di nuovo.
Il prefisso era 0543. È una città della Romagna, pensai subito, e dopo qualche istante di esitazione mi decisi a rispondere.
«Buonasera.»
«Buonasera, signor De Zan, sono il maresciallo Diana, la chiamo dalla procura di Forlì. Come forse le avrà detto la signora Pantani, il dottor Sottani, procuratore capo di Forlì, ha aperto un fascicolo su Madonna di Campiglio. Le volevo dire che prossimamente avremo bisogno di lei, di una sua testimonianza e di tutti i documenti in suo possesso. Per il momento le chiedo la massima discrezione e riservatezza poiché dobbiamo ancora svolgere alcuni interrogatori piuttosto delicati e non vorremmo in nessun modo che la notizia venisse resa pubblica. Se per lei va bene, ci aggiorniamo a domani in modo da poterci incontrare al più presto. Per il momento la ringrazio.»
«Grazie a lei, maresciallo. Stia tranquillo. Preparo tutto e ci sentiamo domani.»