Era il 13 agosto del 1998.
Era da poco finito il Tour de France.
Una corsa drammatica e spettacolare vinta alla grande da Marco.
Una vittoria storica che completava l’accoppiata d’oro che solo i grandi campioni delle due ruote erano riusciti a centrare: Giro e Tour nello stesso anno.
Pantani era all’apice del successo e della popolarità.
Le sue imprese, il suo coraggio e il suo modo di correre avevano conquistato tutti.
Non c’era sportivo in Italia che non lo conoscesse e non c’era appassionato di ciclismo che non lo venerasse.
A Cesenatico tutto era pronto per il Pantani Day: qualcosa di incredibile come 60.000 persone che all’improvviso si davano appuntamento per celebrare la vittoria del Pirata.
La gioia vibrava a ogni angolo di quella città che all’improvviso, grazie a Pantani, diventava il centro del mondo sportivo.
C’era talmente tanta gente che era impossibile muoversi.
Ognuno voleva vederlo, avvicinarsi a lui anche solo per un istante, toccarlo. Urlargli a piena voce tutta la passione che aveva in corpo.
Era da più di trent’anni che un italiano non vinceva in Francia e tutta quell’attesa aveva generato un fiume di entusiasmo incontenibile e contagioso.
Quando Marco fece la sua comparsa nei pressi della piazza principale ci fu una vera e propria esplosione, qualcosa di molto simile a un gol al Maracaná durante un mondiale di calcio.
E forse anche di più!
Era stupendo vedere quanto amore riuscisse a catalizzare un uomo solo.
Pantani era felice, un po’ disorientato da tutto quel frastuono, e cercava di farsi largo tra la folla in festa. Doveva raggiungere il palco da cui sarebbe stato visibile a ogni persona di quell’immenso popolo.
Mentre si trovava in mezzo a tutta quella gente riuscì, non so come, a intercettare lo sguardo del suo antico direttore sportivo, Pino Roncucci. L’uomo che fin dalle sue prime corse si era preso cura di lui con grande affetto.
In quel momento, circondato da quella folla adorante, Pantani sembrava il papa a San Pietro. Di colpo però si fermò, cambiò repentinamente direzione e tornò indietro.
Non si era dimenticato di Pino, dell’uomo che rappresentava la sua stella polare quando era solo un bambino; di quel signore dolce e distinto che lo aveva trattato sempre come un figlio e che segretamente aveva sempre sperato di vederlo un giorno vincere il Tour e diventare un vero campione.
Pantani lo aveva scorto in mezzo a migliaia di persone e non aveva esitato un istante a raggiungerlo.
Pino aveva le lacrime agli occhi quando finalmente riuscì a stringere in un caldo abbraccio il suo ragazzo divenuto un eroe.
Guardando con gli occhi lucidi il suo vecchio comandante, Marco gli disse: «Pino, hai visto dove sono arrivato? Proprio come volevi tu!».
E Roncucci, che conosceva il significato più profondo di quelle parole, gli rispose con il cuore pieno d’orgoglio e di affetto: «Caro Marco, io l’ho sempre saputo che eri un campione. Ma adesso non restare qui con me. Vai! Vai lassù che ti aspettano!».
Questo era Pantani.