Quando lessi per la prima volta la perizia del professor Avato, mi soffermai con estremo stupore sulle righe di un capitolo che ritengo fondamentale per la comprensione di ciò che accadde in quel terribile 14 febbraio 2004.
Parlo di fatti e non di semplici interpretazioni.
Il video e le foto realizzate dalla polizia durante l’ispezione ci mostrano il corpo di Pantani senza vita disteso a pancia in giù, con le braccia piegate sotto il torace.
Questa posizione faceva sì che il corpo di Marco fosse inclinato da una parte.
Il braccio sinistro, infatti, rimaneva più raccolto sotto il busto, creando una specie di rialzo che lo faceva inclinare tutto verso un lato.
Io non sono certo un esperto di autopsie, ma conosco abbastanza bene le leggi elementari della fisica. E, se non mi sbaglio, i liquidi non risalgono mai dal basso verso l’alto.
Se rovescio una bottiglia d’acqua su un piano inclinato, il liquido scorrerà verso il basso, verso destra o verso sinistra a seconda di dove decido di orientare la superficie.
Bene. Quello che mi trovavo di fronte agli occhi era, una volta ancora, uno schiaffo alla logica più elementare.
Secondo la ricostruzione ufficiale, infatti, Pantani è morto in quella posizione: a faccia in giù e tutto inclinato verso sinistra; ma quando, durante l’autopsia, i suoi polmoni vengono esaminati, incredibilmente quello dei due che pesa di più è il polmone destro!
In pratica il contrario di quel che ci si aspetterebbe di trovare con un cadavere in quella posizione.
Come se, anziché precipitare verso il basso, verso il polmone più a valle, i liquidi corporei fossero risaliti verso l’alto.
Il polmone sinistro pesa 430 grammi. Quello destro 630 grammi.
Ci sono due etti di differenza tra un polmone e l’altro!
E allora i casi sono due.
O in quel residence le leggi della fisica sono sovvertite, oppure qualcuno ha spostato il cadavere di Marco dopo la sua morte.
C’era poi un altro particolare che proprio non mi tornava.
L’immagine che mi si era stampata nella memoria la prima volta che avevo visto il filmato dell’ispezione della polizia nella stanza del residence era quella del medico legale, il dottor Francesco Toni, mentre esaminava il corpo senza vita di Marco.
Non dimenticherò mai il momento in cui quel dottore, con le sue mani, rigirava Marco su se stesso per metterlo in posizione supina.
Le braccia del Pirata erano posizionate davanti al petto e ripiegate come quelle di un uomo che stesse tentando di proteggersi da qualcosa o qualcuno. Quella era l’impressione che avevo avuto.
Mi sembrava quasi l’immagine di un pugile quando si mette in guardia chiusa durante un incontro di boxe: un braccio più alto e piegato, per ripararsi la fronte e il volto, l’altro leggermente più in giù, per proteggere il mento e il fianco.
Era proprio quel braccio più in basso a tenerlo sollevato da terra quando era prono sul pavimento.
Non so come dire, ma non mi sembrava una posizione compatibile con quella di un uomo che cade in avanti, disorientato e privo di forze.
Mi dava piuttosto l’idea, terribile e angosciosa, di un uomo morto nell’estremo tentativo di difendersi da un’aggressione.
Quelle sue braccia raccolte davanti al corpo, a proteggere la bocca e il volto, mi dicevano questo.
Mi sbaglierò, ma quella che vedevo era la posizione di un uomo aggredito in cerca di aiuto e di difesa.