Ero seduto nell’ex ufficio di MacAuley, che si trovava in un momento di passaggio. Gli effetti personali di Stevens, ben ordinati in una serie di scatole, aspettavano di essere tirati fuori e sistemati. Quelli di MacAuley erano stati gettati a caso in un’altra serie di scatole, in attesa di chissà cosa.
Non avevo idea di dove fosse Stevens. Annie Grant mi aveva detto che sarebbe arrivato tra poco, ed erano già passati dieci minuti. Dopo i primi cinque mi ero stufato di fissare la foto di Stevens e sua moglie sulla scrivania, e mi ero messo a guardare fuori dalla finestra. Lo spettacolo era molto più interessante. Sotto di me si stendeva Dalhousie Square, che dall’alto, lontano dal calore e dagli odori, sembrava più bella. Gli uffici con vista di solito sono appannaggio di uomini potenti.
«Bello, eh?»
Mi voltai e vidi Stevens venirmi incontro. Aveva il sorriso di un bambino che avesse ricevuto un nuovo giocattolo.
«Il panorama, intende?»
«Certo. L’ufficio in sé è...» Non finì la frase. Dimostrava poco più di trent’anni, piuttosto giovane per un incarico di quell’importanza, e i suoi movimenti nervosi suggerivano che non fosse del tutto a suo agio.
«Lei è il capitano Wyndham, giusto?» disse, indicandomi una sedia. Si sedette alla scrivania, regolando l’altezza della poltroncina in pelle dallo schienale alto. «Mi prende in un momento difficile. Il vicegovernatore parte per il Darjeeling la settimana prossima, prima che il caldo diventi eccessivo, seguito da mezza Government House, e naturalmente a organizzare tutto dobbiamo pensarci noi qui al Writers’. Questa spiacevole faccenda di MacAuley non poteva capitare in un momento peggiore.»
«Immagino» dissi. «La sua morte deve essere stata piuttosto scomoda per lei.»
Mi fissò, tentando di valutare il sentimento dietro le mie parole. Mi chiesi cosa ne avrebbe pensato, visto che non ne ero sicuro nemmeno io.
«Cosa posso fare per lei, capitano?» chiese alla fine. «Non posso dedicarle molto tempo, purtroppo. Questo pomeriggio ho un incontro urgente con Sir Evelyn Crisp.»
Il nome non mi diceva nulla, ma avrei finto ignoranza anche se fosse stato il testimone al mio matrimonio, solo per vedere la reazione di Stevens.
«È il direttore generale della Bengal and Burma Banking Corporation» spiegò. Io mi produssi in un’espressione sbalordita. Stevens sembrava il tipo a cui piaceva fare nomi grossi. Ed era un bene. Un uomo sicuro di sé non avrebbe avuto bisogno di dirmi chi doveva incontrare dopo.
«Vado subito al punto» dissi. «Da quanto tempo lavorava per MacAuley?»
«Da troppo.» Rise, si rese conto che era un commento di cattivo gusto e corresse il tiro, facendosi serio. «Intendo dire che è stato il mio superiore negli ultimi tre anni. Prima ero altrove.»
«Dove?»
«A Rangoon.»
«Come descriverebbe il suo rapporto con MacAuley?»
«Professionale.»
«Cioè, senza calore? Eppure avete lavorato insieme per tre anni.»
Stevens prese una penna stilografica e cominciò a tamburellarla sulla scrivania. «Non era facile lavorare con lui.»
«In che senso?»
«Diciamo solo che era piuttosto rigido. Con MacAuley non c’era mai spazio per discutere. Le cose dovevano essere fatte come voleva lui e basta. Sembrava considerare il pensiero indipendente come un affronto personale.»
«Trovava difficile lavorare con lui?»
«Come tutti.» Esaminò la penna come vedendola per la prima volta. E forse era così. Forse era di MacAuley.
«Avevate avuto qualche diverbio, di recente?»
Scosse la testa. «Non che io ricordi.»
Annie mi aveva detto che la settimana prima i due avevano litigato sulle tasse di importazione. Strano che Stevens lo avesse dimenticato.
«Sa se avesse dei nemici?»
«È possibile. Come ho detto, era poco popolare, persino per uno scozzese.»
«Ultimamente manifestava qualche comportamento insolito?»
«Il mese scorso un paio di volte è venuto al lavoro ubriaco. Mi è sembrato strano, perché avevo sentito dire che aveva smesso di bere.»
«Qualcuno gliel’ha fatto notare?»
«Certo che no. MacAuley non era solo il capo del dipartimento finanziario, era un amico del vicegovernatore. Era a prova di proiettile.»
Di nuovo una scelta di parole errata. Di sicuro non si era dimostrato a prova di coltello.
«Lei ora si sta assumendo le responsabilità di MacAuley?»
«Almeno quelle sul fronte finanziario. E mi sembra più che abbastanza. Seguire i progetti già avviati è stata una missione totalizzante, negli ultimi giorni.»
«Immagino che MacAuley fosse cruciale per la gestione.»
«Dipende dal punto di vista.» Rise. «Riguardo al lavoro, il dipartimento funzionava benissimo anche in sua assenza. Ma per tante cose era indispensabile la sua autorizzazione: per tutti i pagamenti e movimenti di fondi sopra le centomila rupie, per esempio. I soldi sono l’olio che fa girare gli ingranaggi governativi, e senza la firma di MacAuley non si muoveva nulla. E ora che metà del governo sta per spostarsi in Darjeeling non è facile mandare avanti la baracca.»
«I suoi poteri di firma non possono essere semplicemente trasferiti a qualcun altro?»
«Oh, certo. E il vicegovernatore li ha trasferiti a me in poche ore, mercoledì mattina. Il problema è che non trovavamo una quantità di documenti che avevano bisogno di autorizzazione. Si è scoperto che MacAuley se li era portati a casa.»
«Si tratta dei documenti che la signorina Grant è stata mandata a prendere in casa di MacAuley?»
«Cosa?» disse lui, sbigottito. «Sì, immagino di sì, almeno in parte.»
«Cosa riguardavano?»
«Le solite cose.» Fece spallucce. «Principalmente autorizzazioni per pagamenti di stipendi e trasferimenti di fondi. MacAuley avrebbe dovuto firmarli lunedì scorso, ma se li era portati a casa e non l’aveva fatto. Non mi sorprenderebbe se si fosse ubriacato, dimenticandosene del tutto. Quando li abbiamo recuperati, eravamo già subissati di telegrammi di dipartimenti che chiedevano che fine avessero fatto i loro stipendi.»
«Può dirmi qualcosa della politica fiscale?» chiesi. «Ho sentito che MacAuley aveva un ruolo anche in quel campo. Ora passerà a lei?»
S’illuminò in volto. «Spero di sì. C’è molto da fare, lì. Ma dipende dal vicegovernatore.»
«Da fare? In che senso?» Come la maggior parte delle persone, avevo scarso interesse per la politica fiscale, ma per alcuni burocrati è un argomento eccitante. MacAuley e Stevens avevano litigato proprio su quel punto, e m’interessava capire se si trattava di un semplice disaccordo amministrativo o se sotto c’era qualcosa di più profondo.
«Da dove comincio?» disse Stevens. «Molte delle nostre tasse sono regressive, e le nostre tariffe di importazione sono insensate. Ostacolano gli affari invece di favorirli.»
Bussarono alla porta ed entrò Annie. «Sir Evelyn l’attende» disse.
«Ah, bene.» Stevens si alzò in piedi. «Sono subito da lui.»
Si voltò verso di me. «Spero non le dispiaccia, capitano, ma il tempo che potevo dedicarle è finito. Se ha altre domande, chieda alla signorina Grant di programmare un nuovo appuntamento, quando si saranno calmate le acque.»
Tornai a piedi verso Lal Bazar. Nella mia mente si stava formando un quadro, ancora sfocato ma con qualche immagine già riconoscibile. Appena rientrato in ufficio telefonai a Surrender-not presso il thana di Plassey Gate.
«Novità?»
«Nessuna, signore. Pochissimo traffico in uscita dal forte, finora. Ho già organizzato la sorveglianza sul ponte.»
«Bene» commentai. «Ho un altro incarico per te. Dovresti dare un’occhiata agli interessi finanziari di Stevens, l’ex vice di MacAuley. Soprattutto vedere se ha affari in corso in Birmania.»
«Manderò un agente a controllare presso la Companies House» rispose.
Era l’organismo dove si trovavano registrate tutte le aziende.
«Appena sai qualcosa, informami.»
«C’è un’ultima cosa, signore. Dieci minuti fa ho ricevuto un messaggio piuttosto irritato dal capostazione di Sealdah. Mi ha detto che stava facendo del suo meglio per trovare il manifesto di carico, e voleva sapere perché avevamo chiesto ai militari di requisire tutti i documenti relativi alle scorse due settimane.»
«Ma non abbiamo fatto nulla del genere.»
«Lo so, signore. Non capisco.»
«Io credo di capire, invece. La Sezione H. Ho parlato a Dawson dell’assalto al Darjeeling Mail. E lui deve aver dato l’ordine di sequestrare in blocco i documenti. Senza quel manifesto di carico, non sapremo mai cosa avrebbero dovuto contenere quelle casseforti.»
«Sì, signore. Mi scusi.»
Sembrava pensare che fosse colpa sua, invece non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo. Banerjee finiva sempre per incolparsi di qualcosa, era quello il suo problema.
Sospirai. «Di cosa ti stai scusando, sergente? Se qualcuno ha delle colpe, sono io. Sono stato io a parlare a Dawson dell’assalto al treno.»
«Ciò nonostante, se il manifesto fosse stato archiviato al momento giusto, lo avremmo ricevuto prima del coinvolgimento della Sezione H.»
Nel mio cervello scattò qualcosa. «Cos’hai detto?»
La domanda sembrò coglierlo di sorpresa. «Solo che se il personale delle ferrovie non avesse commesso un errore di schedatura, noi avremmo già in mano quel manifesto di carico.»
«Surrender-not, sei un genio!» esclamai. Posai la cornetta, presi il cappello e uscii di corsa.
Per una volta non notai il calore, mentre camminavo a passo svelto verso Dalhousie Square. Salii le scale del Writers’ Building, sempre di corsa, ed entrai nell’ufficio di Annie Grant zuppo di sudore.
«Capitano Wyndham» disse lei, sorpresa. «Ha dimenticato qualcosa?»
Ripresi fiato. «In un certo senso, signorina Grant» replicai, dandole anch’io del lei.
«Temo che il signor Stevens sia occupato. Non so quando potrà vederla di nuovo.»
«Sono venuto per vedere lei» ansimai. «Quelle carte che ha prelevato dall’appartamento di MacAuley. Includevano documenti che autorizzavano trasferimenti di fondi?»
Mi rivolse uno sguardo incuriosito. «In realtà, sì. Autorizzavano il trasferimento di fondi in Darjeeling in previsione dell’arrivo del vicegovernatore la settimana prossima.»
«Può dirmi la cifra?»
«Duecentosettemila rupie. Dovevano essere trasferite in Darjeeling dal dipartimento del tesoro qui a Calcutta.»
«E il trasferimento è stato ritardato perché MacAuley si era portato a casa i documenti?»
«Sì, ma il ritardo è stato solo di un giorno.»
«Mi lasci indovinare. I fondi dovevano partire con il treno postale di mercoledì notte?»
Mi fissò come se fossi un fachiro chiaroveggente. «Be’, sì. Ma come fa a...»
«Quante persone sapevano che il denaro sarebbe stato su quel treno?»
«Tante.» Scrollò le spalle. «Quasi tutti quelli che lavorano qui, al dipartimento delle finanze; altri nell’ufficio del vicegovernatore; poi funzionari delle ferrovie, militari che dovevano occuparsi della sicurezza... Non è un segreto, succede ogni anno.»
Duecentosettemila rupie erano abbastanza da rifornire Sen e il suo gruppo di armi ed esplosivi per anni. E il colpo sarebbe riuscito, se MacAuley non si fosse portato a casa le autorizzazioni e poi non fosse stato ammazzato. Mi ronzava la testa. All’improvviso avevo tutte le tessere del rompicapo. Dovevo solo trovare Sen.