Gli orfanotrofi, grandi, piccoli e di qualsiasi forma, sono sempre tristi. Quello era un edificio scolorito dalla pioggia che emanava un’aura di abbandono istituzionale. Una volta forse era stato dipinto di rosa (i posti deprimenti sono spesso dipinti a colori brillanti) ma da allora era passato molto tempo.
Gunn ci precedette su per una rampa di scale e lungo un corridoio senza luce. Oltre le porte chiuse si udiva il rumore di voci infantili. Aprì una porta e ci fece entrare in un piccolo ufficio che sapeva di muffa e buone intenzioni e affacciava sul giardino. Su una parete c’era una grande croce di legno, che dominava quella stanzetta grande a malapena per la scrivania, le sedie e la libreria che conteneva.
Gunn superò la scrivania e restò per qualche secondo immobile davanti alla finestra, a fissare l’erba.
«Reverendo?»
«Mi scusi» disse, voltandosi per sedersi alla scrivania, ma si bloccò di colpo. «Manca una sedia» disse.
Surrender-not si offrì di restare in piedi, ma Gunn non ne volle sapere. «Niente da fare, ragazzo. O ci sediamo tutti, o nessuno.»
Uscì e tornò poco dopo con una sedia di legno rovinata, di quelle tipiche delle aule scolastiche. La posò a terra e ci si sedette, lasciando le sedie normali a noi due. Era un uomo grosso, e su quella sediolina mi faceva pensare a un elefante da circo in equilibrio su una palla colorata. La cosa più logica sarebbe stata offrire la sedia a Banerjee, che aveva un fisico minuto, ma i religiosi spesso hanno la tendenza al martirio.
«Allora, in che modo posso esservi utile?» chiese alla fine.
«Come ha conosciuto MacAuley?» domandai.
«Questa, capitano, è una lunga storia.» Unì le punte delle dita e le portò davanti alla bocca. «L’ho conosciuto a Glasgow, circa venticinque anni fa. Eravamo giovani entrambi. Lui lavorava in una compagnia di spedizioni. Fu sua moglie Isobel a presentarmelo, anche se allora non erano ancora sposati. Una bella ragazza. La conoscevo da anni.» Sorrise tra sé. «Piaceva molto anche a me, ma lei non mi vedeva in quella luce. Le piacevano gli uomini alti, e io per lei ero un po’ basso. Un giorno mi presentò il suo nuovo fidanzato, questo MacAuley, e all’inizio pensai che fosse un cretino. Ma conoscendolo meglio, dovetti ammettere mio malgrado che aveva un’intelligenza pronta ed era anche un idealista.»
«Idealista?»
Sul viso di Gunn apparve un’espressione nostalgica.
«Sì, idealista, ma senza Dio. Poteva parlare per ore dei diritti delle classi lavoratrici, e citare con precisione i discorsi di Keir Hardie. Glasgow è una città di estremisti, e Alec era nel suo elemento. Isobel lo adorava. Era alto e non certo brutto, ed era intelligente. Inoltre la portava in palma di mano. Si sposarono entro un anno, lei rimase subito incinta e Alec era entusiasta. A quei tempi non guadagnava molto, facevano una vita modesta, ma erano felici. L’unico problema era che lui si era allontanato da Dio. Se si trattava di politica, poteva partecipare a due o tre raduni in una settimana, ma il tempo per andare in chiesa la domenica non lo trovava.
«Peggio, attaccava apertamente la Chiesa, accusandola di essere uno strumento nelle mani di chi voleva tenere sottomesse le classi lavoratrici. Io gli consigliai caldamente di cambiare idea. Perché, come dice il Libro, “se un uomo ottiene il mondo intero ma perde la sua anima, quale profitto ne ricava?”. Gli dissi che, se avesse continuato così, il Signore si sarebbe preso la sua vendetta. E così fu.
«Circa due mesi prima del parto, Isobel si ammalò. Le fu diagnosticato il tifo, e non ci fu nulla da fare. Morirono sia lei, sia il bambino. Alec era distrutto. Chiuse la porta in faccia al mondo, si attaccò alla bottiglia, perse il lavoro e restò indietro con l’affitto finché lo gettarono in mezzo alla strada.» Gunn guardò fuori dalla finestra. «L’ira del Signore può essere terribile.»
Udimmo il rombo di un tuono lontano.
«Sta arrivando un temporale» disse il reverendo. «Speriamo che disperda questa cappa di calore.»
«Cosa ne fu di MacAuley?»
«Capitano, Dio può essere anche misericordioso, e accolse Alec. Con il tempo smise di bere tanto, e divenne un uomo diverso. La morte della moglie e del figlio non ancora nato aveva spezzato il suo spirito. Aveva perso interesse per la politica e per qualsiasi altra cosa. Passava lunghe ore seduto a rimuginare. Un giorno gli consigliai di lasciare la Scozia, per il suo bene, e iniziare una nuova vita altrove. All’epoca, l’Indian Civil Service reclutava scapoli disposti a recarsi a lavorare in Bengala. Alec fece domanda e fu accettato. Restammo in contatto per qualche tempo, poi smettemmo di scriverci. Alla fine anch’io lasciai la Scozia, per andare a portare la parola di Dio ai pagani. Sono stato prima in Natal, e sei mesi fa sono arrivato qui.»
«Ed è stato allora che ha contattato MacAuley?»
«Un po’ prima. Quando ho compreso che la volontà del Signore era che venissi in Bengala, ho scritto a un collega di qui, il reverendo Mitchell, chiedendogli di cercare il mio vecchio amico Alec. Può immaginare la mia sorpresa quando mi ha risposto dicendo che Alec era diventato un pezzo grosso. Le vie del Signore sono infinite. Così scrissi ad Alec del mio arrivo, e quando approdai a Calcutta lui mi aspettava sul molo.»
«Come le è sembrato, quando l’ha rivisto?»
Gunn sorrise. «Come ai vecchi tempi. Non ci vedevamo da più di vent’anni, ma era sempre lo stesso, empio e recalcitrante. Si offrì di darmi una mano ad ambientarmi, e quando gli dissi che il reverendo Mitchell mi aveva già trovato una sistemazione sembrò restarci male. Credo volesse dimostrarmi quanta strada aveva fatto. Le prime settimane dopo il mio arrivo mi fece visitare Calcutta, mi portò in quel suo club, mi presentò la crema della società, ma...» fece una pausa «era tutto un po’ vuoto. Non era bello vederlo fare comunella con tipi come il vicegovernatore. Quell’uomo andrà dritto all’inferno, ve lo dico io. Si comporta come un moderno satrapo, e trattava Alec come un lacchè.»
«Ha conosciuto il suo amico James Buchan?»
«Quel serpente?» sbuffò Gunn. «Non era amico di Alec. Un uomo così non ha amici. Misura le persone in termini di cosa possono fare per lui, come fossero merci da vendere e comprare, come la sua gomma e la sua iuta. Il meglio che si possa dire di James Buchan è che non ha pregiudizi verso i nativi, visto che li tratta nello stesso modo vergognoso in cui tratta i suoi operai in Scozia.»
«Il signor Buchan ci ha detto che era molto amico di MacAuley» dissi. «Sembrava sconvolto dalla sua morte.»
Il reverendo fece una smorfia. «E lei gli crede, capitano? Era amico di Alec come il lupo può essere amico dell’agnello. Sia lui sia il vicegovernatore lo usavano per i loro scopi. Tuttavia Buchan lo trattava con maggior gentilezza, almeno in superficie.»
«E per cosa lo usava?»
Gunn si passò le dita di una mano tra i capelli. «Ah, capitano. Ci ho messo tre mesi a scoprirlo.»
Si alzò e si avvicinò alla finestra. Quello che stava per dire doveva pesargli sulla coscienza già da un pezzo. Aveva un’espressione grave. Si voltò e si appoggiò al davanzale della finestra.
«Forse è meglio cominciare dall’inizio» disse. «Come ho detto, nelle prime due settimane dopo il mio arrivo Alec trascorse parecchio tempo con me. Poi però non lo vidi più per circa un mese. Io avevo molto da fare, qui, e probabilmente anche lui era occupato con il lavoro. Poi una sera si è presentato nel mio alloggio all’improvviso. Era agitato, aveva un aspetto orribile e diceva cose senza senso. Borbottava. Diceva che loro stavano esagerando. Era ubriaco fradicio e chissà com’era riuscito ad arrivare fin qui, in quello stato.
«Lo feci entrare e tentai di calmarlo, ma cadde addormentato quasi subito, così lo misi a letto. La mattina dopo, passata la sbornia, gli chiesi cosa avesse voluto dire, ma lui si chiuse a riccio. Disse che erano solo sciocchezze da ubriaco e mi chiese di dimenticarle. Tutto l’episodio lo imbarazzava molto. Prima che se ne andasse, gli dissi che una volta eravamo stati amici, ed ero stato anche amico di sua moglie finché era vissuta. Se voleva parlare, io c’ero. Forse è stato subdolo da parte mia mettere in mezzo Isobel in quel modo, ma era per una buona causa.»
«MacAuley cosa disse?»
«Nulla. Mi fissò per un paio di secondi, poi mi strinse la mano e uscì. Ma una settimana dopo si presentò alla funzione della domenica mattina, e dopo andammo a fare una passeggiata al parco qui vicino. Mi disse di aver riflettuto. Sapeva di aver fatto cose di cui non poteva essere orgoglioso, cose che erano un affronto al ricordo di Isobel.
«Io non gli feci pressione. Gli dissi che non ero lì per giudicarlo e che poteva aggiustare le cose riguardo a Isobel tornando in seno al Signore e chiedendo il Suo perdono. Lui cominciò a venire in chiesa regolarmente, e io ero ben contento di avere un uomo così importante nella mia parrocchia. Addirittura ogni tanto dava una mano persino qui all’orfanotrofio. Avevo l’impressione che dentro di lui stesse crescendo una risoluzione. Poi, circa quindici giorni fa, finalmente sputò il rospo.
«Era un martedì sera. Era venuto ad aiutare con la cena dei bambini. Dopo ci ritirammo in veranda a fumare. Sembrava preoccupato. Ricordo che quando accese la sigaretta gli tremavano le mani. Sapevo che voleva liberarsi di un peso, e gli chiesi cosa lo turbasse tanto. Fu allora che confessò.»
Gun si voltò di nuovo a fissare fuori dalla finestra, dandoci le spalle. Sul giardino polveroso cominciavano a cadere le prime gocce di pioggia.
«Cosa le disse?» chiesi, in tono gentile.
«Ammise che procurava puttane a Buchan. Ogni volta che quel bastardo aveva bisogno di ungere qualcuno per concludere un affare o voleva trattare bene un cliente, chiedeva ad Alec di trovargli delle cortigiane native di classe per la serata.»
«MacAuley gestiva un servizio di prostitute per Buchan?»
Gunn tornò a voltarsi verso di noi, il viso scuro come le nuvole in cielo. «Esatto.»
Non aveva senso.
«Perché un uomo nella sua posizione farebbe una cosa del genere? Avrebbe potuto tirarsi indietro.»
«Gli feci la stessa domanda» disse Gunn, triste. «Mi disse che non era una cosa recente, lo faceva da molti anni, fin da quando era un semplice impiegato. A quei tempi aveva bisogno di soldi, e un alleato potente come Buchan gli serviva anche per fare carriera. Era stato Buchan ad aiutarlo a scalare i ranghi così in fretta. E ormai Alec sentiva di non potersi più tirare indietro. Se lo avesse fatto, avrebbe perso l’appoggio di Buchan, e se avesse confessato aveva troppo da perdere. Buchan è un milionario, sarebbe sopravvissuto allo scandalo. Ma Alec avrebbe perso la carriera, la reputazione... tutto.»
«E cosa lo aveva spinto a decidere che ne aveva abbastanza?»
Gunn alzò le mani. «Questo non lo so. La prima notte che si presentò da me ubriaco pensai che fosse successo qualcosa e avesse superato il limite di sopportazione. Quando finalmente confessò, capii che c’era dell’altro che non mi stava dicendo. Ma decisi di non insistere, sperando che si sarebbe confidato quando si fosse sentito pronto.» Fece una pausa. «E ora è troppo tardi.»
«Disse altro riguardo al suo rapporto con Buchan?» chiese Surrender-not.
«Non molto. Ma sembrava indeciso. Era evidente che aveva fatto per Buchan cose per cui provava rimorso. Allo stesso tempo, era stato al suo fianco per molti anni e non poteva semplicemente tagliarlo fuori dalla sua vita.»
Nel corridoio fuori dall’ufficio squillò un campanello. Gunn guardò l’orologio. La pioggia ora cadeva forte. L’odore metallico di terra bagnata indugiava nell’aria. In lontananza risuonò l’urlo desolato di un pavone selvatico.
«Signori» disse il reverendo. «Ora ho la cena dei bambini. Potremmo continuare questa conversazione più tardi?»
Per la prima volta, da quando avevo rinvenuto il cadavere di MacAuley, avevo l’impressione di aver trovato una pista solida. E non volevo interruzioni prima di aver convinto Gunn a rivelare tutto ciò che sapeva. Sarei stato disposto persino a cucinare di persona la cena dei bambini, in cambio di altre informazioni utili.
«Solo un altro paio di domande, reverendo» dissi. «L’omicidio del suo amico è un caso della massima priorità.»
«Va bene» rispose. «Suppongo di potervi concedere altri dieci minuti. Lo faccio per Alec.»
«Ha detto che MacAuley non aveva confessato tutto, che secondo lei aveva un altro peso sulla coscienza.»
Annuì. «È quello che penso.»
«Ha un’idea di cosa potesse trattarsi?»
Deglutì. «Purtroppo no, ma scommetto che Buchan c’entra in qualche modo. Forse dovreste chiederlo a lui. Io posso dirvi solo una cosa: l’Alec MacAuley che ho ritrovato qui era un uomo profondamente amareggiato. Mi sembrava si vergognasse di ciò che era diventato.»
«E cos’era diventato?»
Gunn fece un sorriso tirato. «Un ipocrita, capitano.»
Lasciò indugiare nell’aria quella parola, prima di continuare. «Da giovane lavorava senza posa per migliorare la situazione dei poveri, e ora doveva la sua posizione all’essersi messo al servizio di ricchi succhiasangue. Ma se c’è una cosa che ho capito da quando sono qui, è che l’India rende ipocriti tutti noi. Il Signore, nella Sua saggezza, ci ha concesso il dominio su questa nazione per poter fare la Sua volontà e portare i nativi alla vera fede. E cosa abbiamo fatto? Abbiamo preso questo dono e l’abbiamo usato per i nostri sporchi fini. Abbiamo prosciugato questa terra e nel frattempo ci siamo arricchiti. Abbiamo peccato contro Dio, perché invece di servire Lui abbiamo servito Mammona, eppure abbiamo la faccia tosta di raccontarci che siamo dei protettori, e non dei parassiti.»
«A sentirla, sembra che siamo malvagi al di là di ogni redenzione.»
Scosse la testa. «No, capitano. Se fosse così, non avremmo bisogno dell’ipocrisia. Non ci prenderemmo nemmeno il disturbo di giustificare la nostra presenza come padroni in casa d’altri. È proprio perché cerchiamo redenzione che vogliamo convincerci di essere qui come benefattori. Ma il Signore è la nostra salvezza, capitano. È Lui che ci ha dato la possibilità della redenzione e la nostra coscienza tenta sempre di spingerci dalla parte degli angeli. E quando scopriamo di essere dalla parte opposta, ci odiamo.»
Notò la mia espressione.
«Non mi crede? Sia sincero, capitano. A parte i missionari, quanti suoi compatrioti qui le sono sembrati felici? Maledicono i nativi, il clima, e passano il tempo a bere gin nei loro club, in splendido isolamento. Come mai? Per continuare a mantenere la finzione di essere qui per il bene dei nativi. È tutta una menzogna, capitano. E siamo noi a mentire, più che gli indiani.» Indicò Banerjee. «Quelli più istruiti tra loro ci vedono per ciò che siamo, e quando pretendono di governarsi da soli noi fingiamo di non capire e li accusiamo di ingratitudine.»
Si era fatto rosso in viso, e parlava di cose che non erano un mio problema, o così mi dicevo, e per le quali non avevo tempo. Ma le sue parole erano in sintonia con ciò che avevo notato anch’io negli ultimi giorni. Gli dissi che ora lo avremmo lasciato libero e lo ringraziai.
«Non c’è di che» rispose, calmandosi un po’. «Spero di esservi stato utile. A proposito, il funerale c’è già stato?»
«Mi scusi?»
«Il funerale di Alec, intendo.»
Era una buona domanda. Subito dopo l’autopsia i familiari avevano il diritto di reclamare il corpo, ma lui non aveva parenti prossimi. Per quanto ne sapevo, il suo cadavere si trovava ancora all’obitorio del Medical College.
«Se non sono stati presi altri provvedimenti» disse Gunn «vorrei essere io a organizzare il suo funerale.»
Annuii. «Mi informo e le faccio sapere.»