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Il mattino dopo sono a casa da sola che mi preparo un caffè, quando un colpo alla porta mi fa sobbalzare. Dalla sua posizione appollaiata sul ripiano della cucina Graffio mi sibila contro.
«Che colpa ne ho, io, se là fuori c’è qualcuno?» dico, passandogli accanto.
Mi fissa senza batter ciglio, salta giù dal ripiano e agita la coda, prima di dileguarsi in soggiorno. Considerato che gli manca una zampa, si muove con una certa agilità.
Il portico è vuoto.
Ho sentito Paige una mezz’ora fa e non rientrerà prima di un’altra ora.
Le assi di legno scricchiolano sotto i miei passi mentre mi avvicino agli scalini che portano al vialetto di accesso. In prossimità del primo, mi sporgo in avanti per scrutare tutt’intorno ai cespugli sul davanti della casa.
«Gary?»
È seduto sul prato, davanti ai trasandati roseti. E ancor più malconcio dell’ultima volta che l’ho visto.
«Tutto bene?»
Fa cenno di sì. «Volevo sapere come sta Graffio.» Il suo viso è così piccolo e triste.
«Puoi venire a trovarlo tutte le volte che vuoi.»
«Davvero?» Solleva due occhioni enormi verso di me.
«Certo. È dentro casa, in soggiorno, credo. Vieni.»
Gli occhi si fanno ancor più grandi e un sorriso si allarga sul faccino, mentre si alza in tutta fretta e mi segue.
Troviamo Graffio in un angolo assolato del soggiorno, a rotolarsi sul pavimento mettendosi poi a pancia in su... finché non vede me.
Gary gli si inginocchia accanto e lo accarezza, niente sibili. Anzi, fa addirittura le fusa.
«Stupido gatto», brontolo dal vano della porta.
«Cosa?»
«Niente. Ti va qualcosa da mangiare? Stavo giusto per fare dei pancake.»
Non è vero, ma il piccolo sembra così affamato. Sarà una cosa da ragazzi.
«Va bene» dice lui senza girarsi, continuando a dedicare attenzioni a Graffio.
Dopo qualche minuto da quando ho iniziato a far saltare i pancake, Gary si presenta in cucina. E quel maledetto d’un gatto si lascia persino tenere in braccio, tutto a sghembo e con le tre zampe per aria, senza ribellarsi, completamente stravaccato come se non fosse l’anticristo.
«Gli piaci davvero» dico. «Anche Paige, ma non abbastanza da lasciarsi tenere in braccio a quel modo. Sei molto fortunato.»
Gary annuisce e posa dolcemente Graffio per terra, quindi si siede a tavola.
Metto un paio di pancake su un piatto e lo poso davanti a lui con una bottiglia di sciroppo.
«Un po’ di succo d’arancia?»
Un altro cenno di sì.
Gli metto davanti anche quello e lo guardo quasi spingersi il cibo in bocca.
Mentre lui mangia, finisco di cuocere la restante pastella.
Alla fine, il piccolino si è pappato sei pancake di dimensioni niente male.
«Posso portarne qualcuno a mio fratello?» chiede, sbirciando il cibo rimasto.
«Certo. Come sta Greg?»
«Dorme. Non si sentiva bene. Ma forse con questi starà meglio.»
«I pancake curano tutti i disturbi.»
Il mio commento lo rianima quasi più di Graffio. «È proprio così?»
«Assolutamente sì. Se Greg si riprende, potete tornare insieme più tardi. Ci sarà l’inaugurazione, cibo, un sacco di gente e una casa gonfiabile.» Pare che quest’ultima sia un acquisto da parte dei genitori del giovane impiegato di Tabby e questo abbia accettato di portarla da noi e gonfiarla.
«Davvero?» Sgrana gli occhi. «Possiamo venire?»
«Davvero. E anche vostro padre.»
Alla menzione del genitore, il faccino torna a rattristarsi. «Neanche lui si sente bene.»
È una bugia. Lo so. Ma non insisto, anzi, cambio argomento.
«Siccome c’è il festival, l’inaugurazione non inizierà prima del tardo pomeriggio, ma se riuscite a venire qui verso le due o le tre andrà benissimo. Ci sarà tanta gente, un sacco di cibo e cose divertenti da fare.»
L’idea sembra eccitarlo, così metto i restanti pancake e un paio di mele in un sacchetto di carta e Gary torna a casa da suo fratello. Lo guardo scomparire dietro l’angolo dell’isolato.
Sono ancora sulla soglia, quando Tabby, alla guida di un vecchio camioncino pieno di robaccia, accosta lì davanti. Ci sono anche Troy e Jared.
«Ho pensato di portare rinforzi» dice, quando tutti e tre scendono e prendono a scaricare attrezzi, tegole e un’altra varietà di oggetti.
«Tabby, non dobbiamo ristrutturare, solo cucinare qualcosa e fare un po’ di pulizie. Non ci serve tutta questa roba.»
«Oh, lo so, ma il prossimo fine settimana è in arrivo un’altra tempesta e voglio sistemare il tetto così che non ti piova di nuovo dentro casa. La muffa è l’ultima cosa di cui hai bisogno, credimi.»
Faccio per ribattere ma lei mi blocca con un gesto della mano.
«Non ci vorrà molto. Troy e io ci occuperemo del tetto e Jared ti aiuterà con gli ultimi tocchi al negozio.»
Il mio stomaco si ribalta. Non sono più rimasta sola con Jared dall’incidente alla stazione di servizio e le sue scuse. Insomma, da quando ha iniziato a comportarsi in maniera carina e strana.
Nel negozio c’è già tutto l’occorrente, ma dobbiamo ancora preparare stuzzichini e simili per l’inaugurazione. Buona parte dell’assegno che ho ricevuto dalla polizia è andato speso in cibo, e spero di aver fatto la cosa giusta.
«Qualche progresso sul caso?» chiedo appena siamo entrambi attivi – io impegnata a tagliare la verdura e Jared a lanciare pezzi di formaggio artificiale in una Crock-Pot per l’intingolo.
Non ho mai parlato di cibo raffinato.
«Macché. Sembra che questo tipo sia un fantasma.»
«Magari è una lei.»
«Possibile.»
Avvia la cottura e si appoggia al piano di lavoro accanto a me. «Alla stazione di servizio non c’è segno di scasso, e gli unici due con le chiavi sono il proprietario e il gestore. Il primo non ha ragione di distruggere la sua stessa proprietà e la sera dell’incidente il secondo era fuori città.»
«Possibile che il proprietario volesse i soldi dell’assicurazione?»
Jared ridacchia. «Billy non ha idea di cosa sia una frode assicurativa.»
Tra di noi un attimo di silenzio, interrotto solo dal mio coltello che colpisce il tagliere.
«Hai...»
«Che ne...»
Ridiamo, un po’ imbarazzati. «Prima tu» dico.
«Hai avuto altre... non so come chiamarle... visioni?»
«No.»
Annuisce e riprendiamo a cucinare.
«Cosa stavi per dire, prima?»
«Mi chiedevo come ci si divertisse in questo posto.»
«Cosa intendi per divertirsi?» chiede lui con sguardo inquisitore.
«Mi riferivo a Paige. Volevo portarla in qualche posto per ragazzi.»
«Oh. Beh, in centro abbiamo un cinema, ma di solito danno solo un paio di film alla volta e per giunta già disponibili in DVD. Tra breve dovrebbe aprire anche il drive-in. È un po’ fuori mano. Poi c’è anche una specie di zoo, un posto di salvataggio animali a un’oretta verso sud.»
Mm! Peccato. Paige adora gli animali. «Niente che si possa raggiungere a piedi?»
«Perché a piedi?»
«La nostra macchina non va. Tra una cosa e l’altra non ho ancora avuto modo di ripararla.»
«Vuoi che le dia un’occhiata?»
«No» rispondo in tono deciso.
«Ti presto la mia per qualche ora, se serve. Quando vuoi.»
«Non potrei approfittare di te a quel modo.»
E non vorrei sentirmi ancor più in debito con la gente del posto. A parte questo, offrire del denaro è quasi offensivo. Come dire che non sono in grado di provvedere a Paige e ai nostri fabbisogni da me, quando ne sono perfettamente capace.
Anche se la mia reazione non è stata altrettanto dura quando Tabby mi ha fatto regali. Con Jared... è diverso.
«Non sarebbe un disturbo.»
«Va bene così» insisto, in tono un tantino più brusco di quanto intendessi. «Sono certa che dopo oggi ci sarà più calma e riuscirò a farla partire.»
E avrò il denaro per farla riparare.
A quello scambio segue il silenzio, niente parole a parte quelle necessarie a passarci utensili e mettere il cibo sui piatti o in forno.
Intanto, Paige rientra e ci dà una mano in cucina. Sembra stanca ma contenta di aver passato la notte fuori. Si direbbe che lei e Naomi abbiano trascorso una serata simile alla mia con Tabby, senza i Margarita.
Abbiamo appena finito di sistemare vassoi nel frigo per dopo, quando una vocina ci interrompe.
«Signorina Ruby?»
A quel suono, mi giro.
Gary è tornato, in piedi nel vano della porta ha portato con sé il fratello maggiore.
Greg non sembra particolarmente entusiasta di trovarsi qui. Non si sente ancora bene? Ha sbaffi grigi sotto gli occhi ed è più pallido dell’ultima volta che l’ho visto, al festival.
«Ehi, Gary. Sei tornato un po’ presto.»
«Volete venire con me ad aspettare che montino la casa gonfiabile?» chiede Paige.
I due fratelli si rianimano e la seguono fuori, con Graffio alle calcagna.
«Mi prenderesti quella caraffa, per favore?» chiedo a Jared, indicando la cima di una credenza. «Porto fuori della limonata. A quest’ora, Tabby e Troy avranno sicuramente bisogno di una pausa.»
Jared fa cenno di sì e allunga il braccio, prende la caraffa di vetro e la posa sul ripiano della cucina. I bambini hanno lasciato la porta aperta e sento Troy urlare qualcosa a proposito di un pallone.
Quando con Jared usciamo a vedere cosa sta accadendo, notiamo che ha già chiamato a raccolta i piccoli e Paige sul prato antistante la casa e gli sta mostrando la maniera corretta di schierarsi e affrontare l’avversario.
«Tu vai in attacco» dice a Paige.
«Da sola?» chiede lei tutt’altro che impressionata.
Poso la caraffa di limonata e i bicchieri sul primo gradino e Tabby sale di corsa a servirsi per bere poi a grandi sorsi. Con la cintura degli attrezzi, ancora allacciata in vita, sembra una Barbie del fai-da-te.
«Per adesso abbiamo sistemato solo le tegole rotte, e dovresti essere a posto per l’estate, ma l’anno prossimo avrai quasi sicuramente bisogno di un nuovo tetto» dice. «Dovremmo considerare il metallo. È più duraturo nel clima rigido di questa zona.»
L’anno prossimo... non sarò qui.
Spingo da parte quel pensiero.
È quasi tutto pronto per l’inaugurazione e adesso non devo più preoccuparmi che il tetto perda più di quanto non abbia già fatto.
«Grazie» dico, ma lei respinge la mia gratitudine con un gesto della mano e si allontana verso il camioncino per liberarsi della cintura.
Jared siede sull’altalena della veranda accanto a me e guardiamo i bambini e Paige giocare, mentre Graffio che intanto si è innamorato di lui si rotola ai suoi piedi, esponendo il pancino. E quando Jared si piega in avanti ad accarezzarlo, la bestiaccia fa le fusa.
«Ma tu guarda un po’ che roba!» dico, indicando il gatto. «Ama tutti tranne me.»
«Dove l’hai preso?»
«L’ho comperato da Greg e Gary.»
Jared annuisce. «Sembrano due bravi bambini. Credo siano arrivati da poco. Non li conosco.»
Restiamo in silenzio per qualche istante, quindi Jared riprende a parlare. «È carino da parte tua trascorrere del tempo con loro.» Sta ancora accarezzando Graffio, ma finito di parlare solleva lo sguardo su di me, occhi scuri che al sole sembrano più luminosi.
«Niente di che» rispondo, arrossendo.
Un brontolio di fianco alla casa cattura la mia attenzione. È il signor Bingel, fuori in giardino e in procinto di spuntare il suo già perfetto roseto, che era uscito a potare anche stamattina.
Finge di non notarci, ma è impossibile non sentire la risata fragorosa di Troy steso per terra con addosso i bambini altrettanto allegri che cercano di portargli via la palla.
Mi ritrovo a ridere.
Ecco cosa mi mancava. I bambini sul prato e io seduta sull’altalena della veranda assolata a bere limonata. Se solo la vita fosse tanto semplice.
«Ehi Jim» saluta Jared rivolto al signor Bingel. Si alza e si spinge cauto nel giardino dell’uomo.
Resto a bocca spalancata. Mai ho superato l’invisibile confine, certa come sono che il signor Bingel mi troncherebbe la testa con le cesoie.
Ma la presenza di Jared non sembra infastidirlo quanto la mia. È ancora accigliato, ma poi gli stringe la mano e parlano, non so di cosa perché le risatine e il chiacchierio sul prato di casa me lo impediscono.
«Ehi.» Tabby occupa il posto che Jared ha liberato.
«Grazie per tutto quanto, Tabby. Ti sono davvero riconoscente.»
«Nessun problema. Qui ci si aiuta a vicenda. Appena avrò bisogno del consulto di una sensitiva, mi restituirai il favore.»
«Contaci.»
Dalla veranda osserviamo Troy, che adesso ha un bambino per braccio e li fa girare in tondo mentre Paige guarda e applaude.
«A chi appartengono i due marmocchi?» chiede Tabby, bevendo un sorso di limonata.
«Non ne sono sicura. Si chiamano Greg e Gary. Ho comperato Graffio da loro due.»
«Un botto di nomi con la G», risponde con un grattatina alla testa.
«Hai visto che il signor Bingel parla con Jared?» dico a bassa voce, avvicinandomi a lei così che i due non possano sentirmi.
Lancia un’occhiata alla nuova balaustra della veranda, quindi guarda brevemente nella loro direzione. «Incredibile. Il signor Bingel sta davvero parlando piuttosto che limitarsi a sputare insulti. Ma neanche del tutto sorprendente. Jared è benvoluto da tutti quanti. E scommetto che nonostante i grugniti, il signor Bingel voglia davvero qualcuno con cui parlare.»
Non c’è dubbio. E le sue anche sembrano ancora piuttosto rigide. Probabilmente è troppo orgoglioso per chiedere aiuto, ma... Mi alzo e mi pulisco le mani sui pantaloncini. Spero proprio che quanto sto per fare non mi si ritorca contro.
«Greg, Gary» chiamo a gran voce.
Troy è disteso sul prato e finge di dormire, mentre i bambini cercano di svegliarlo a suon di strattoni alle braccia e Paige gli tira una gamba. Nel sentire i loro nomi, i due fratelli si fermano all’istante.
Gli faccio cenno di seguirmi e attraversiamo il prato.
Il signor Bingel li guarda come fossero cani feroci pronti a mordere e io ho un attimo di esitazione. E se fosse una cattiva idea?
Ma i due fratellini sono al mio fianco, con gli abiti di qualità visibilmente scadente nella luce viva del pomeriggio, e io devo fare almeno un tentativo.
«Salve, signor Bingel.»
Invece di rispondere al saluto, l’uomo si acciglia. Ma penso vada migliorando; niente commenti a proposito di stupide ragazzine o altro genere di insulti.
«Questi sono Gary e Greg. Mi danno una mano con delle faccende e fanno dei lavoretti per guadagnare qualcosina. Ha per caso bisogno di un piccolo aiuto in casa?»
Faccio un respiro e aspetto. Può finire solo in due modi. Uno, dice di no e torna a ignorarmi come se non esistessi a parte insultarmi tra i denti o... due, coglie l’occasione di aiutare un paio di bambini in difficoltà. I fratellini gli farebbero compagnia, l’anca artritica trarrebbe giovamento da un po’ di riposo e, magari, anche il suo atteggiamento migliorerebbe.
La presenza di Jared al suo fianco potrebbe giocare a mio vantaggio, infatti il signor Bingel gli lancia un’occhiata prima di sollevare lo sguardo al di sopra degli occhiali per poi abbassarlo sui due fratellini.
«Vediamo... forse con qualcosa potrebbero aiutarmi. Perché non venite da me lunedì dopo la scuola?»
I piccoli fanno subito di sì con la testa e acconsentono a tornare con le vocine colme di gratitudine.
Non posso trattenermi dal fare un largo sorriso.
Lo sguardo di Jared cerca il mio al di sopra delle due testoline mentre parlano con il signor Bingel.
Mi sorride. In quel modo che gli arriccia gli occhi e gli illumina il viso.
Il mio cuore fa una capriola.
Sono in un mare di guai.