Carson si guardò intorno, lasciando spaziare lo sguardo fino all'estremità opposta del bancone del bar. Il locale aveva i soffitti bassi e le luci soffuse che contribuivano all'atmosfera intima e raccolta, in contrasto con la musica incalzante diffusa dalle casse. L'atmosfera era gradevole e piuttosto di classe, grazie alla clientela che era un misto di hipster che bevevano un aperitivo dopo il lavoro e coppie più mature che cenavano.
Dal punto in cui si trovava aveva una buona visuale della sala ed era direttamente davanti all'ingresso. Non riconobbe nessuno. Bene. Aveva scelto il locale perché era abbastanza lontano dall'ufficio da evitare d'imbattersi in colleghi e dipendenti che bevevano un bicchiere dopo i lavoro, ma non era troppo scomodo per la distanza.
Bevve un sorso di scotch e guardò l'orologio. Avery si sarebbe presentata?
Lungo la parete c'era una fila di tavoli chiusi da séparé. Avrebbero potuto parlare con maggiore riservatezza ma non si era seduto lì per non dare un'impronta eccessivamente intima all'appuntamento. La sua posizione era già abbastanza scomoda così com'era; meglio non aggiungere il rischio di una denuncia per molestie.
La porta si aprì e nell'ingresso filtrò la luce del sole che si andava spegnendo. Avery si fermò sulla soglia e perlustrò l'ambiente. Aveva le gote colorite, probabilmente per la brezza fredda che si era alzata con il calare della sera. Però in generale arrossiva con facilità, almeno in sua presenza. Era la spia di un'innocenza che meritava di essere esplorata più a fondo.
Carson si alzò e fece un cenno del capo quando lei lo individuò. La postura rilassata di Avery mutò impercettibilmente e si fece più guardinga, come se avesse indossato un'armatura. Serrò le labbra, sollevò il mento e si diresse verso di lui con una falcata decisa. Aveva l'impermeabile nero stretto alla vita, con un tocco di colore rappresentato dalla borsetta a tracolla rossa che stringeva come uno scudo.
Stava scendendo in campo armata, e la sua missione era sicuramente diversa da quella di Carson.
«Avery, mi fa piacere che tu sia venuta» la salutò.
Lei aggrottò le sopracciglia sotto la frangetta. «Non avevo molta scelta, no?»
Carson scostò lo sgabello per farla accomodare e prese l'impermeabile quando lei se lo tolse, poi lo appese allo schienale alto dello sgabello. «Hai sempre scelta» le disse avvicinandosi.
Avvertì un lieve aroma di menta che sovrastò l'odore del bar. Lo inspirò più a fondo e lo trattenne nei polmoni. Sapeva di dolcezza e di Natale, di bastoncini di zucchero da succhiare. Non l'aveva notato quando era andato da Gregory, contrariamente a quando Avery era andata nel suo ufficio.
«Credevo di averlo già messo in chiaro» aggiunse.
Lei fece un sospiro di sufficienza, poi gli lanciò un'occhiata ostile mentre Carson si sedeva. Posò la borsetta a terra e si girò verso di lui, stringendo le mani in grembo e fissandolo intensamente con le palpebre leggermente strizzate.
Bisognava ammettere che aveva carattere.
«Ascolti...»
«Prendi qualcosa da bere?» la interruppe lui. Lei spostò lo sguardo verso il suo bicchiere mezzo pieno con aria sospettosa. «Senza obblighi, promesso.» Carson sollevò lo scotch. «Niente di quello che ci diremo stasera avrà condizioni, ti prometto anche questo. E dammi del tu, per favore.» Bevve un sorso di scotch assaporandone il gusto torbato sulla lingua prima che il liquore scendesse in gola con un piacevole calore.
Che sapore avrebbe avuto se l'avesse leccato dal suo collo o dal suo seno? Avery avrebbe mugolato o si sarebbe agitata?
Ci fu qualche istante di silenzio teso mentre lei continuava a scrutarlo e Carson non si sottrasse al suo esame. Non aveva alcuna voglia di distogliere lo sguardo dai suoi occhi dalla tinta sorprendente, un verde cangiante che virava all'azzurro.
Dovette fare un grosso sforzo per non stendere la mano e toccarle una guancia per accertarsi se fosse calda o gelata. Il lieve rossore era perfettamente in tinta con il rossetto rosa di una sfumatura che si addiceva alla sua carnagione di porcellana.
«Vorrei rassicurarti che il lavoro non c'entra niente con questo nostro incontro» continuò, visto che lei rimaneva in silenzio. «Né con quello che ci diremo.» Fece un cenno al barista. «Non ne verrà a conoscenza nessuno, a meno che sia tu a parlarne.»
Lei sgranò gli occhi sentendo quelle parole. Spostò lo sguardo verso il barista e strinse le labbra per un istante, poi ordinò: «Un vino rosso, per favore. Va bene quello della casa».
Carson emise un percettibile sospiro di sollievo. Forse non sarebbe andata malaccio.
Rimase in silenzio finché Avery non fu servita, poi sollevò il bicchiere in un brindisi. «A un colloquio fruttuoso.»
Lei scoppiò a ridere. Fu una risata secca e contenuta, ma le rimase ad aleggiare sulle labbra un sorriso che stemperò il suo atteggiamento rigido. Scosse la testa e chiuse gli occhi per un istante, incurvò le spalle e toccò il bicchiere di Carson con il suo, poi bevve un sorso. Lui non riusciva a distogliere lo sguardo dal contrasto tra il vino scuro e le sue labbra rosa, e pensò che riusciva a rendere sexy anche un gesto normale come bere.
«Va bene, sono qui» dichiarò lei poggiando il bicchiere sul bancone. «Ho già detto che non farò parola di quello che ho visto ieri sera.» Abbassò lo sguardo. «Mi dispiace avere sorpreso quel... momento. Non era intenzionale, lo giuro.»
«Non l'ho mai pensato.» La sua sorpresa ne era la prova. Carson tirò fuori un foglio piegato dalla tasca interna della giacca e lo aprì lisciandolo, poi prese una penna e posò i due oggetti davanti a lei. «Però dovresti firmare questo accodo di riservatezza.»
Lei s'irrigidì. «Perché?» replicò, sulla difensiva, con una nota di panico nella voce.
Lui la guardò, ponderando cosa dire. «Perché hai assistito a una scena intima e privata, e potresti rovinare la vita a diverse persone se ne parlassi.»
Lei stava già scuotendo la testa. «Non lo farò, quante volte devo ripeterlo?»
«Ti credo.» Era vero. Batté un dito sul foglio. «Però questo serve alle altre persone che erano nella stanza. Non ti conoscono e devo garantire che siano tutelate.»
Lei fece una risatina sarcastica. «E io no? Se uno di loro dovesse decidere di distorcere gli eventi e dire che ho partecipato anch'io? Potresti farlo anche tu.»
«Hanno già firmato l'accordo.» Però gli fece piacere che lei volesse tutelarsi. «Non diranno mai nulla di ciò che è successo.»
Avery sgranò nuovamente gli occhi e anche le pupille si dilatarono, trasmettendogli i suoi pensieri come se li avesse rivelati ad alta voce. Gli esplosero in mente le immagini della sera prima, con Avery che guardava il terzetto, rossa in viso ed eccitata, con una mano che si spostava lentamente verso il seno.
Lei si schiarì la voce e bevve un sorso di vino. Carson allargò le gambe per dare più spazio al pene che stava dimostrando un certo interesse. Come avrebbe potuto evitare di reagire quando il desiderio di Avery era tanto evidente?
«Allora succede spesso?» gli chiese lei con voce roca. Agitò la mano. «Quella cosa in sala riunioni?»
Ah, allora era interessata, anche se non voleva ammetterlo! Carson trattenne un sorriso trionfante e batté nuovamente il dito sul foglio. Era troppo rischioso parlarne prima di avere la sua firma sull'accordo di riservatezza.
E dopo... si aprivano tante possibilità.
Lei gli rivolse un'occhiataccia, poi afferrò il foglio e cominciò a leggerlo. Carson fu assurdamente fiero di lei perché non aveva firmato senza guardare. Quel suo lato forte lo allettava quanto il suo rossore ingenuo. Si sarebbe concessa o avrebbe resistito? Avrebbe gridato o trattenuto i gemiti?
Bevve per nascondere il sorriso dietro il bicchiere e scolò tutto il whisky.
Quando ebbe finito lei posò il foglio poi lo guardò. «C'è un trabocchetto?» chiese indicando l'accordo.
«No.» Carson ordinò un altro scotch. «È esattamente come c'è scritto. Non dire a nessuno quello che hai visto nella Meeting Room, altrimenti sarai passibile di sanzioni finanziarie e potresti essere citata in giudizio da qualsiasi partecipante.» Avrebbe capito che, nella fattispecie, Meeting Room non era un modo per definire una semplice sala riunioni ma si riferiva a un circolo privato di uomini e donne che si dedicavano a giochi erotici di gruppo, spesso in luoghi pubblici?
«Perché si fa riferimento esplicitamente al Meeting Room come la parte divulgante? Che significa?» chiese Avery.
Sì, l'aveva notato.
Lui scrollò le spalle per nascondere quanto apprezzasse il suo acume. «Diciamo che si riferisce a ciò che hai visto.»
«Nella sala riunioni?» Lui sollevò un sopracciglio e lei rise sommessamente. «Sono confusa, ma non fa niente.» Prese la penna e firmò. «Ecco fatto.» Posò la penna e si appoggiò allo schienale dello sgabello, poi lo guardò sospettosa. «Hai la prova ufficiale che non dirò niente, ma dov'è la mia prova che tu non dirai niente?»
«E che cosa dovrei dire?»
Avery lo fissò a bocca aperta. «Fai sul serio? Puoi farmi licenziare!»
Carson si accigliò. «Non lo farei mai.»
«Ti ho detto la stessa cosa, ma non ti è bastata la mia parola.» Avery scostò la frangetta dagli occhi con un gesto irritato.
Lui ridacchiò, ammirato. Quella donna era sempre più sexy. Aveva immaginato che fosse intelligente oltre che bella, ma averne la prova la rendeva ancora più interessante. «Hai ragione.» Si sporse verso di lei, stuzzicato dalla sua fragranza di menta. Si chiese se tutta la sua pelle avesse quel profumo, se fosse più intenso quando era eccitata, se avesse lo stesso sapore fresco... Prese il foglio e lo rimise in tasca insieme alla penna. «Ne ho firmato uno uguale anch'io, sono vincolato dalle stesse regole che proteggono anche la tua privacy.»
«Davvero?»
Carson annuì. «Tutto ciò che succede nella Meeting Room è tutelato e l'accordo comprende anche te dal momento in cui sei entrata.»
«E fuori dalla sala riunioni?»
Carson aveva tante idee di ciò che avrebbero potuto fare, se solo lei l'avesse assecondato. «Dovrai fidarti di me.»
«Certo.» Avery bevve una lunga sorsata di vino. «Allora... abbiamo finito?» Lo guardò con la coda dell'occhio.
Se fosse stato per lui no. Incrociò le braccia e osservò il suo profilo, delicato come lei, con il lungo collo e flessuoso scoperto, che lo invitava a tempestarlo di baci. Aveva idea di quanto fosse attraente?
Si accorse che un uomo fissava Avery con aria concupiscente. Attese che lo notasse e sorrise quando l'uomo si affrettò a distogliere lo sguardo. Sì, sarebbe stata sua finché fosse rimasta seduta accanto a lui. «Dimmi, Avery...» Attese finché lei non si voltò a guardarlo, con occhi pieni di esitazione e diffidenza che lui avrebbe voluto dissipare. «Frequenti qualcuno?»
Lei aggrottò le sopracciglia. «Perché?»
Allora probabilmente no. «Hai mai visto niente del genere?» La vide sgranare di nuovo gli occhi e respirare un po' più a fatica. Una reazione genuina. Non aveva dovuto spiegarsi meglio. Aveva capito subito che si riferiva alla scena della sera prima, e chiaramente non ne era disgustata, neanche ora, passato il primo momento di sconcerto.
«Uhm...» Arrossì di nuovo, ma più leggermente. Le gote erano rosee, non paonazze. «Non proprio.» Giocherellò con lo stelo del calice, fissandosi le dita.
«Eri scandalizzata.»
«Sì.»
«Ma anche interessata.»
Lei girò la testa di scatto. «No!» negò immediatamente, con troppa foga.
Lui la fissò intensamente. «Non sto cercando di metterti in imbarazzo, davvero.»
«Però lo stai facendo.»
«T'imbarazza quello che dico o la tua reazione?» ribatté lui sottovoce.
Avery lo fissò a lungo, poi strinse i pugni, piegò la nuca all'indietro e chiuse gli occhi con una risata di resa che gli accarezzò l'orecchio, sovrastando il brusio che li circondava.
L'aveva messa alle corde ma non aveva alcun rimorso. Scommetteva che quello che aveva visto l'aveva stuzzicata, e voleva aiutarla a esplorare più a fondo il suo interesse. Però Avery doveva essere disposta a farsi guidare dalla curiosità.
«Perché vuoi saperlo?» gli chiese infine dopo un altro lungo sorso di vino.
Perché sei bella. Era una spiegazione superficiale; la verità aveva ramificazioni più estese. La tensione gli irrigidì la schiena tra le scapole, perché capiva che la sua risposta sarebbe stata importante.
Avrebbe potuto alzarsi e andarsene. Avrebbe dovuto. Ma che cos'avrebbe perso?
«Perché penso che fossi interessata ed eccitata, anche se i tuoi principi ti dicono che non dovresti.» La guardò meglio quando lei non sollevò obiezioni. Aveva dischiuso le labbra, combattuta tra desiderio e rifiuto. «Penso che una parte di te vorrebbe abbandonarsi in quel modo, ma non hai mai osato. O forse non ne hai mai avuto l'occasione.» Si piegò verso di lei; aveva la tentazione di carpirle un bacio, ma sapeva che lei sarebbe fuggita se l'avesse fatto. «Penso che vuoi vedere qualcosa di più, fare di più, provare di più.»
Lei deglutì visibilmente. L'aveva quasi inchiodata; se solo fosse riuscito a farle ammettere il suo desiderio di abbandonarsi.
Lei si schiarì la gola. «Pensi tante cose.»
Lui rise sommessamente. «Non c'è niente di male a desiderarlo. Quello che hai visto ieri sera era un gioco tra adulti consenzienti.»
Lei si umettò lentamente le labbra con la punta della lingua. Carson strine il pugno per impedirsi di toccarla. Una carezza possessiva lungo il braccio, sulla guancia. Era pronta a farsi convincere, ma non avrebbe voluto approfittarne. «Come funziona?»
La sua domanda sommessa lo invitò ad avvicinarsi di più. Se Avery gli avesse guardato il ventre non avrebbe più potuto nascondere la sua erezione. «Che cosa, esattamente?» replicò con voce bassa e confidenziale come quella di Avery.
Il rossore seducente le si diffuse ancora una volta sulle guance, ma non distolse lo sguardo. «Il sesso.» Carson sollevò un sopracciglio e il rossore s'intensificò. Mosse una mano. «Cioè, il sesso di gruppo. Come viene organizzato? Vi conoscete tutti? Come ti comporti con loro dopo?»
«Ora chi è che pensa troppo?» ribatté Carson, divertito, quando lei smise di porgli domande a raffica. «Certi giochi sono fatti per provare sensazioni, non pensare.» Almeno era ciò che lo attirava. «È una fuga intensa dalla realtà che permette di esplorare in tutta sicurezza giochi considerati socialmente inaccettabili.»
«In tutta sicurezza?» ripeté Avery, dubbiosa. «Come fai a esserne sicuro?»
«Per gli accordi firmati, perché i partecipanti sono selezionati accuratamente, per i luoghi degli incontri. È tutto mirato a ridurre i rischi per le persone coinvolte.»
«Finché non vi vede accidentalmente qualcuno come me» insinuò Avery.
Qualcuno come lei, che desiderava provare quell'esperienza, ma era troppo aggrappata ai limiti delle convenzioni per osare. «Però non sei andata via subito» insinuò Carson. Attese delle rimostranze che non vennero. Sotto la gonna sobria e la scollatura pudica si nascondeva una donna appassionata, ci scommetteva. «Ti andrebbe di partecipare con me la prossima volta? Per guardare... ancora?»