Avery entrò nella sala dietro a Gregory e si sedette in fondo insieme alle altre segretarie. La riunione trimestrale degli amministratori della West Coast era sempre lunga e noiosa per loro che dovevano prendere appunti. Avery non era mai entusiasta di parteciparvi, e quella volta ancora meno.
Spostò lo sguardo verso il tavolo e le spuntò un sorriso sulle labbra. Non avrebbe più potuto guardarlo come prima, perché le sarebbe sempre venuto in mente quello della sala riunioni in cui si era recata solo cinque giorni addietro. Si guardò intorno, passando in rassegna i volti degli uomini e delle donne presenti; alcuni erano in piedi, altri già seduti. Quanti di loro facevano parte del club segreto di Carson? Voleva saperlo veramente?
No. Scosse la testa. Decisamente no. Ma se avesse continuato a frequentare gli incontri l'avrebbe saputo?
«Che cosa c'è?» le chiese Maurine.
Avery si riscosse e il suo sorriso si allargò. «Niente.» Scrollò le spalle quando Maurine le lanciò un'occhiata dubbiosa. «Pensavo a una cosa.»
L'altra donna emise uno sbuffo d'aria dal naso e si girò. Avery resistette a stento all'impulso infantile di farle la linguaccia. Non avrebbe mai detto a quella donna altezzosa ciò a cui stava pensando, anche se non fosse stato vietato ai minori.
Quasi cinquantenne, devotamente protettiva nei confronti dell'azienda e del presidente, Maurine era un falco che sovrintendeva alle segretarie di direzione. O, almeno, si comportava come tale. Avery non sapeva se facesse parte delle sue incombenze ufficiali, ma tutti facevano capo a lei. Da diversi punti di vista, gestiva tutta la sede dal suo posto di combattimento fuori dalla porta di Trevor James.
Maurine sapeva quali attività serali si svolgessero in quella stessa stanza? Avery scrutò la donna. Indossava una gonna a tubo nera sotto il ginocchio e una sobria camicetta bianca, i capelli castani erano sempre raccolti in uno chignon stretto alla nuca, e aveva un trucco discreto, sempre che fosse truccata. Impettita, con le mani giunte in grembo e le caviglie incrociate sotto la sedia, Maurine sembrava il ritratto di una segretaria modello degli Anni Cinquanta.
Sicuramente Maurine non sapeva niente dei giochi erotici clandestini in ufficio. O sì?
Appena Carson entrò nella stanza, l'aria parve venire risucchiata fuori. Si guardò intorno, e i suoi occhi passarono su Avery senza soffermarsi. Lei tratteneva il fiato e lo esalò sommessamente quando Carson posò una pila di cartelline davanti a un posto vuoto.
Immediatamente accaldata, Avery appoggiò la schiena alla sedia e cercò di calmare i battiti affrettati del cuore. Era assurdo. Jean entrò un attimo dopo a passo svelto, mise un altro fascicolo sopra quelli posati da Carson sul tavolo, poi si sedette sulla sedia libera accanto ad Avery dall'altro lato.
«Buongiorno» disse Jean. Spostò lo sguardo oltre Avery e fece un cenno.
«Buongiorno» rispose Avery.
«Buongiorno, Jean» disse Maurine, sporgendosi. «Hai stampato i dati tecnici?»
Il sorriso di Jean vacillò per un istante poi tornò ad allargarsi sul suo volto. «Certo.»
«Bene.»
Maurine si girò verso il tavolo e Jean le fece una smorfia birichina senza farsi vedere.
Avery soffocò una risatina e l'altra le strizzò l'occhio prima di aprire il portatile. La riunione stava per cominciare, e dovevano mettersi al lavoro.
Avery guardò Carson mentre si sedeva. Aveva le sopracciglia leggermente aggrottate e un sorriso cordiale. Il suo atteggiamento sul lavoro non era molto diverso da quello nel privato, ma lei aveva visto le crepe nell'armatura del suo atteggiamento distaccato.
E moriva dalla voglia di vedere che cosa ci fosse sotto.
C'era molto di più. L'aveva percepito quando l'aveva baciata con dolcezza. Poteva essere un vero bastardo, ma d'altronde tutti erano in grado di esserlo. La parte difficile era trovare un uomo che non si sentisse minacciato quando esponeva le proprie vulnerabilità.
Sorrise fra sé e sé per quel pensiero e aprì il portatile. Poteva essere professionale quanto lui. Non avevano avuto dei veri rapporti intimi, ma solo fatto qualche gioco erotico. E l'avrebbero fatto di nuovo, o almeno lo sperava. Ebbe un tuffo al cuore e un fremito le serrò il sesso al pensiero di avere rapporti completi con lui.
Guardò di nuovo Carson di sottecchi, che fissava Trevor, in piedi a un'estremità del tavolo con l'aria autorevole di chi teneva tutti sotto il suo comando. Carson trasudava un genere di potere diverso da quello di Trevor, più discreto e che l'attirava maggiormente.
Trevor era a conoscenza dei giochi erotici in ufficio? Avery lo fissò intensamente, riflettendo. Com'era possibile che non lo sapesse? E in tal caso che cosa sarebbe successo? Quindi Trevor sapeva di lei? No. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Si sentiva arrossire al solo pensiero.
Non era la stessa donna che era stata durante l'incontro nell'altra sala riunioni. Normalmente, non lo era. Eppure desiderava esserlo di nuovo. Pur non essendo pronta a farlo sapere ad altre persone.
Maurine le diede una gomitata. Avery si girò verso di lei con ostilità e Maurine la guardò in cagnesco, poi lanciò un'occhiata eloquente al suo computer. Avery abbassò lo sguardo verso lo schermo, arrossendo. Non aveva ancora preso neanche un appunto; a dire il vero, non aveva idea di quello che aveva detto Trevor.
Tornò a concentrarsi sulla riunione e si sforzò di non guardare Carson. Per fortuna, almeno per quel giorno, le relazioni trimestrali erano un argomento importante che richiese tutta la sua attenzione mentre esaminavano i dati.
La riunione s'interruppe prima di pranzo e Avery uscì in fretta dalla sala appena terminò. Tornò alla scrivania e riaccese il computer, poi si soffermò per un istante a controllare il cellulare. Trovò un messaggio di Carson. Le tue regole sono le stesse?
Sorrise immediatamente, aprì l'app di messaggistica, trepidante e preoccupata, poi guardò furtivamente il corridoio, come se stesse nascondendo qualcosa. Era così, anzi, no. A Gregory non importava se controllava il cellulare quando era al lavoro.
Rifletté sulla domanda di Carson. Le sue regole erano le stesse? Avrebbe voluto farsi possedere da lui in una stanza davanti ad altre persone? Ebbe un altro tuffo al cuore a quel pensiero. Sì e no. Dipendeva, in effetti. Non avrebbe voluto dare spettacolo come aveva fatto l'altra donna, ma forse in un angolo... Se Carson fosse riuscito a essere rispettoso. Non avrebbe saputo definire cosa intendesse per rispettoso, ma non voleva sentirsi degradata.
Durante l'università le era capitato di sentirsi così. Aveva fatto sempre sesso consensualmente, ma il comportamento del ragazzo con cui era andata a letto era stato tale, durante e dopo, da farla sentire usata.
E le tue?, rispose. Carson non le aveva mai dato chiarimenti oltre ad avere ribadito che qualsiasi interazione tra loro era limitata agli incontri erotici. La nostra non è una relazione, aveva detto lui. Arricciò il naso ricordando le sue parole. Ovviamente lui aveva presunto che fosse ciò che lei voleva. La indispettiva il fatto che avesse visto giusto.
Però così andava bene. Anzi, era meglio.
Si considerava una donna disinibita e indipendente, ed era assolutamente accettabile fare sesso senza impegno.
Sussultò quando sentì vibrare il cellulare, e fece un sorrisetto. Le mie valgono sempre.
Avery si morse il labbro, il distacco che le trasmetteva quel messaggio la rese audace. Partecipi mai fisicamente?, lo provocò.
Sai che lo faccio.
Be', sì, tecnicamente era così. Si spiegò meglio: Ti esibisci?
No.
Perché?
Non fa per me.
E cosa fa per te?
L'hai già dimenticato?
No. Decisamente no. Esitò, facendo un'altra domanda, scordando di essere in ufficio. Ti spingeresti oltre?
Spiegati.
Voleva che glielo dicesse esplicitamente. Guardò il cellulare accigliata. Mi prenderesti davanti a tutti? Toh, ecco, l'aveva scritto. Batté con forza su Invio, con una certa soddisfazione.
No.
Lei rimase interdetta. Non lo attirava? Perché no? Non fai sesso?, aggiunse, tanto per incalzarlo.
Sì, faccio sesso, ma non davanti ad altri.
Perché? Ora sì che era veramente incuriosita.
Come ho detto, non fa per me.
Intendeva che non l'avrebbero mai fatto? La delusione fu come un pugno in pieno stomaco. Posò il cellulare, insicura delle proprie sensazioni. Aveva un macigno sul torace e le ribolliva l'acido nello stomaco dopo quell'ultima rivelazione. Avrebbe dovuto essere sollevata. Non avrebbe dovuto preoccuparsi di essere spinta a farlo.
Lei però lo voleva. Voleva che lui insistesse, desiderava abbandonarsi, sentirsi penetrare da lui.
Strizzò le palpebre insieme alle cosce. Era eccitata solo a pensarci.
«Avery.»
Sbarrò gli occhi e raddrizzò subito la schiena. «Gregory.» Si sforzò di sorridere e quel dannato rossore si diffuse fino al collo.
Lui aggrottò le sopracciglia. «Qualcosa non va?»
«No» si affrettò a rassicurarlo, scuotendo la testa. «Tutto bene.»
Lui la guardò scettico ma non insistette. «Mi servono gli appunti sulle relazioni. Questo pomeriggio l'ufficio Contabilità Fornitori manderà le cifre aggiornate, puoi inserirle in una nuova relazione quando arrivano?»
«Certamente.» Avery trattenne il fiato finché Gregory non entrò nel suo ufficio e chiuse la porta, poi si accasciò in avanti emettendo una risatina isterica per il sollievo.
Prese il cellulare e mandò un altro messaggio. E lo faresti con me fuori dalla sala? Poteva essere tanto audace? Combattuta tra prudenza e irritazione, rimase con il pollice sospeso sopra Invio. Era troppo insistente? Importava?
Non stavano insieme. La loro non era una relazione.
Carson le aveva detto che avrebbe dovuto chiedere quello che voleva.
Inviò il messaggio battendo il dito sullo schermo con un gesto secco, poi infilò il cellulare in borsa e chiuse il cassetto della scrivania in cui la teneva. Andò in bagno, decisa a dimenticare lo scambio di messaggi finché non fosse finita la giornata di lavoro.
Ma sarebbe riuscita ad aspettare altre cinque lunghe ore?
Sì.
Sbatté i palmi con forza sulla porta del bagno per aprirla. Era solo sesso, non rapporti intimi, ma sesso trasgressivo. Comunque eccitante, sorprendente, più di quanto potesse mai immaginare.
Indipendentemente dalla risposta di Carson alla sua domanda, sapeva che sarebbe tornata con lui nella Meeting Room. Quella certezza la irritava, ma non poteva negare l'eccitazione che le faceva girare la testa a quella prospettiva.
E lo faresti con me fuori dalla sala?
Carson fissò il messaggio. Gli formicolavano le dita al ricordo della carne di Avery che le serrava durante l'orgasmo. Non aveva pensato ad altro che a possederla da quando aveva osservato la sua reazione la prima volta in cui era entrata nella sala riunioni.
Dannazione. Posò il cellulare e fece ruotare la poltrona verso la finestra per guardare fuori. La vera domanda non era se volesse farlo, ma se l'avrebbe fatto veramente. Sicuramente voleva; l'avrebbe fatto con lei dovunque, se le circostanze fossero state diverse.
Ma quella era solo una scusa.
Si strofinò il viso. L'indecisione stava minando la sua calma abituale. La verità era che non era sicuro che potesse bastargli farlo una volta sola con lei. Era stato incredibilmente eccitante guardarla abbandonarsi alla passione. E ora Avery voleva esplorare più a fondo quella dimensione.
Non avrebbe mai potuto rinunciare a quella possibilità.
Il cellulare vibrò perché era arrivato un altro messaggio. Girò di nuovo la poltrona, pieno di trepidazione e di apprensione. Forse Avery aveva interpretato il suo silenzio come un no?
Era un bene, giusto?
Sbuffò quando vide che il messaggio era di Trevor. Devi darmi i dettagli?
Ancora no, gli rispose. Non aggiunse altro. Nessuno aveva bisogno di conoscere i dettagli. Una fitta gli contrasse lo stomaco, ma non capì subito che si trattava di gelosia. Si accigliò. Da dove veniva? Non c'era spazio per la gelosia nel Meeting Room.
Ma che problema aveva? Andava spesso a letto con le donne, non durante i giochi erotici del Meeting Room, ma dopo. C'erano diverse donne del club con cui giocava durante gli incontri, più o meno come aveva fatto con Avery, e con cui poi andava a letto. Tutte avevano la sua stessa visione del sesso. Il loro unico obiettivo era il piacere fisico.
Ma ora c'era Avery. Una donna bella e intelligente che conosceva le sue propensioni erotiche e voleva di più. Ma per quanto tempo? Quando sarebbe stato troppo per lei? Quanto tempo sarebbe passato prima di sentirsi chiedere da lei di lasciare il Meeting Room?
L'aveva visto succedere con troppi uomini e donne che si erano allontanati dal club una volta che avevano iniziato a fare coppia fissa. C'erano anche coppie nel Meeting Room, ma erano un'eccezione.
Stava senz'altro anticipando i tempi.
Avrebbe cercato un altro con cui esplorare quella dimensione se lui si fosse fatto da parte? Il pensiero di un altro che poteva farle scoprire il piacere del voyeurismo gli provocò uno sgradevole moto di gelosia. E se l'altro l'avesse costretta a prestarsi a giochi che Avery non voleva fare? L'avrebbe posseduta davanti a tutti? L'avrebbe trattata con rispetto?
Avrebbe apprezzato i suoi sospiri e i suoi gemiti? Avrebbe accolto con devozione le sue suppliche di darle qualcosa di più?
Imprecando tra i denti, Carson agguantò il cellulare e rispose al messaggio di Avery con un'unica parola.
Sì.