12

Cristo, quanto la voleva! Desiderava terribilmente Avery.

Carson cercò di reprimere la propria smania irrefrenabile e si concentrò sulla bella donna che era tra le sue braccia, travolta dalla passione. «Presto» disse con voce roca. Aveva il pene tanto duro che minacciava di strappargli i pantaloni. E Avery peggiorava la situazione perché si muoveva provocante contro di lui, ondeggiando i fianchi per reazione istintiva.

«Voglio sentirla supplicare» ordinò Carson.

«Ti prego!» gemettero le due donne all'unisono. La voce più acuta di Shelly si mescolò a quella ansimante di Avery, creando una nota squisitamente eccitante.

Carson era esaltato dal potere che gli avevano concesso. Chiunque di loro avrebbe potuto obiettare in qualsiasi momento, ma s'impegnava affinché fossero tutti soddisfatti. Era il suo compito. Era sempre stato il suo ruolo.

Dan rallentò il ritmo incalzante degli affondi e i suoi grugniti scemarono. Shelly protestò con un mugolio che era quasi un singhiozzo. Cercò di sollevare le braccia e Drake si affrettò a bloccarla. «Ma...» Shelly girò la testa e protese i seni verso l'alto. «Ho bisogno di qualcosa di più.»

«Anch'io» disse Avery, dimenando i fianchi, ma Carson si limitò a muoversi con lei. Rallentò il ritmo dei colpetti sul sesso in sincronia con Dan, anche se il suo desidero lo spronava ad affondare le dita a fondo nella sua carne calda e umida.

Lei gli prese il polso e cercò di ficcargli la mano dove la voleva. Lui fece una risatina sommessa con le labbra contro il collo di Avery e per rappresaglia le pizzicò un capezzolo. Il ringhio sommesso di Avery non fece altro che aumentare ancora di più il suo desiderio. Sotto il suo atteggiamento apparentemente timido si celava una tigre, una donna appassionata che gli stava dimostrando che in lei c'erano molte più sfaccettature dell'immagine pudica che mostrava agli altri.

«Eccitatela» disse Carson agli uomini. Incrociò il loro sguardo e fece una smorfietta. Si era accorto che osservavano Avery con la stessa avidità con cui guardavano l'altra. Erano interessati perché era con lui, che non aveva mai portato una donna agli incontri o solo perché era stupenda quando era in preda alla passione? «Shelly, intendo» precisò.

Solo lui poteva toccarla; era una regola di Avery e lui stava semplicemente mantenendo la promessa, giusto?

Una fitta allo stomaco gli fece capire che era un bugiardo.

Avery, che ansimava tra le sue braccia, cercò di divincolarsi dalla sua stretta. «Per favore...» Lasciò ricadere la testa in avanti, e i capelli scivolarono a coprirle il volto come un sipario. Lui li scostò, poi le prese il mento per farla girare e impadronirsi della sua bocca. Il mugolio gli solleticò le labbra, incitandolo a baciarla ancora. Le sfiorò la bocca morbida, vi premette lentamente la sua, vi passò la lingua. Lei cercò di aderire di più a lui per baciarlo con maggiore trasporto, ma Carson si staccò.

Era tentato di trascinarla via dalla sala e sbatterla selvaggiamente. Però doveva mantenere il controllo. La voglia gli martellava il petto, e i testicoli gonfi erano indolenziti, intrappolati dai pantaloni. Era eccitatissimo, ma il disagio fisico che provava non faceva altro che ricordargli il potere che aveva in pugno.

Per una volta, però, dimenticò quello che facevano gli altri per concentrarsi unicamente su Avery. I suoi sospiri e i suoi gemiti gli trasmettevano il suo desiderio. I seni erano pesanti sotto i palmi, i capezzoli durissimi. Aveva il tanga fradicio per gli umori della sua eccitazione che sentiva sulle dita scivolose. La fragranza muschiata gli solleticava i sensi, ricordandogli come gli fosse rimasta sulle dita l'ultima volta.

Era bella. Smaniosa. Pronta per lui, solo per lui.

Com'era successo?

Le suppliche e il farfugliare indistinto di Shelly lo fecero riscuotere. Sollevò la testa e batté le palpebre, guardando il tavolo, frastornato. «Daglielo tutto.»

Un attimo dopo s'impossessò nuovamente delle labbra di Avery che si era girata tra le sue braccia offrendogli la bocca a un'angolazione più agevole. Era eccitante, folle. Di un'intensità che non aveva mai provato.

Si staccò da lei a forza e la fece voltare di nuovo. «Guardala venire» ringhiò, sentendo l'orgasmo pericolosamente vicino.

Dan sbatteva violentemente Shelly, e Carson mantenne lo stesso ritmo di colpetti sul sesso di Avery. Sentì i muscoli contrarsi e palpitare sotto le sue dita. Non doveva fare un grosso sforzo per immaginarli mentre gli serravano il pene. Emise anche lui un gemito di protesta ma non cedette. Non ancora.

«Sto... sto per...» Shelly rovesciò la testa all'indietro. Ci fu una pausa carica di tensione che lo fece fremere. Poi Shelly si piegò in avanti e un attimo dopo un grido riecheggiò nella sala a segnalare il suo orgasmo.

Carson infilò le dita all'interno del tanga di Avery e le affondò profondamente nella sua carne calda. I muscoli le serrarono e i suoi umori gli bagnarono le dita. Il brivido della donna lo fece tremare e i suoi sussulti furono rapidi come i battiti del cuore che Carson sentiva sotto le labbra, nella vena del collo.

Mancava poco anche a lei. Smaniava dal bisogno di venire nonostante rimanesse zitta.

L'indecisione mise a dura prova la sua determinazione per un minuto buono, poi lui la trascinò fuori dalla sala. Non pensava a quello che stava facendo e non voleva preoccuparsi di quello che sarebbe successo dopo.

No, il suo unico pensiero era quello di sentirla contrarsi intorno a lui, e venire mentre il suo pene era dentro di lei, e non solo le sue dita.

La sala riunioni più piccola era a pochi passi di distanza, ma gli parve d'impiegare una vita ad arrivarci. La mise a sedere sul tavolo e la baciò prima che Avery potesse parlare, soffocando il suo grido sulle labbra prima di affondare la lingua nella sua bocca. Lei gli si aggrappò alla nuca e si protese per avvicinarsi a lui il più possibile, in un duello convulso di lingue, annaspando in cerca d'aria.

Slacciò freneticamente la cintura e i pantaloni, mentre Avery cercava di aiutarlo. Prese il sopravvento e gli abbassò i boxer con forza poi impugnò il pene. Carson emise un gemito gutturale, ebbro di passione. «Avery.»

«Sì» lo incitò lei. Gli accarezzò tutta la lunghezza del pene, eccitandolo ancora di più. Era bellissimo, troppo bello. Tutto con Avery era esaltante.

«È solo sesso» disse con le labbra sulle sue. Voleva ricordarlo a lei. Solo a lei.

«Lo so» bisbigliò Avery, passando il pollice sulla punta umida per una gocciolina vischiosa che gli strofinò su tutto il glande. «Lo so, ma ora prendimi, ti prego.»

Lui le staccò la mano con forza e tirò fuori dalla tasca un profilattico. Aveva la camicia incollata alla schiena per il sudore e la cravatta lo soffocava, ma non perse tempo prezioso per togliersela.

Infilò il profilattico con un gesto svelto poi le sollevò le gambe, scostò il bordo del tanga e finalmente la penetrò. Gemettero insieme nell'istante stesso in cui lui si sentì avvolgere dal suo calore umido.

Grugnendo un'imprecazione, le agguantò i fianchi e la fece scivolare verso il bordo del tavolo per penetrarla più profondamente. Aveva bisogno di sentirla di più. Di sentirla tutta.

Piegò le ginocchia e si slanciò in avanti con colpi rapidi e incalzanti, spinto dal bisogno di godere che minacciava di portarlo subito al piacere. Aggrappata alla sua nuca, Avery gli strinse una spalla con l'altra mano. I suoi respiri affannosi erano una carezza calda all'orecchio di Carson che affondò il viso contro il suo collo, penetrandola con foga animalesca. Ogni slancio dei fianchi era sottolineato da uno schiocco di pelle contro pelle.

Non era mai stato tanto frenetico. Tanto privo di controllo.

Lei gli conficcò le unghie nel collo. Vibravano entrambi per la tensione. La pressione che si accumulava nel ventre di Carson gli fece fremere i testicoli, pronti all'ultimo impulso che l'avrebbe portato all'estasi e che Carson trattenne strizzando gli occhi. Avery emise un gemito disperato.

Carson avanzò, le sollevò le gambe ancora di più e la penetrò di nuovo.

«Sì.» Avery lasciò ricadere la testa all'indietro sollevando i seni svettanti. «Così.» Aveva il viso contratto per l'eccitazione, con le gote rosse, la bocca aperta, il fiato corto. Carson avvertì un moto di orgoglio. Era stato lui a ridurla in quello stato.

Le diede tutto, rinunciando a mantenere il controllo. Il piacere la sopraffece, esplodendo in un singhiozzo che s'interruppe quando lei lo serrò con i muscoli interni.

Carson aumentò il vigore degli slanci, assaporando gli spasmi che gli accarezzavano il pene. Avery lo attirò a sé di scatto e gli affondò i denti nel collo. Un dolore acuto lo trafisse, stimolandolo come un'improvvisa scossa elettrica che lo privò degli ultimi brandelli di controllo a cui cercava di rimanere aggrappato.

Mosse i fianchi in una spinta e l'euforia esplose in un lampo di luce e oscurità. Tese tutti i muscoli, poi li rilassò nello slancio finale, riversando tutto il piacere nel calore dolcissimo che lo avvolgeva, stringendolo forte, come se il sesso di Avery stesse estraendo fino all'ultima goccia la frustrazione che aveva tentato di reprimere da quando gli si era impressa nella memoria la visione di quella donna eccitata.

Tornò lentamente in sé, immobile e ansante come Avery, che respirava affannosamente al suo orecchio. Inspirò a fondo lunghe boccate d'aria cercando di recuperare la stabilità che aveva perso. Gli girava la testa in una vertigine ebbra, piena di emozioni che non voleva ammettere.

Un grugnito sordo e un rumore ritmico inconfondibile lo riportarono alla coscienza e alla cruda realtà. Carson girò la testa e fulminò Drake con lo sguardo. Era appoggiato alla parete del corridoio, con gli occhi semichiusi e il pene in pugno, intento a darsi piacere.

«È stato terribilmente eccitante» disse Drake con voce roca.

Maledetto.

Carson si protese verso la porta e gliela sbatté in faccia. Il colpo riecheggiò nella saletta. Avery ebbe un sobbalzo e s'irrigidì tra le sue braccia.

No. Carson l'abbracciò e le massaggiò la schiena per acquietarla. «Va tutto bene.» Si rifiutava di permettere a Drake di rovinarle la serata. Era il suo momento e Drake non gliel'avrebbe tolto.

Lei cominciò a ridere sommessamente, con una specie di piccolo singhiozzo che le scosse le spalle, poi una risata argentina che riempì Carson di sollievo e dissipò la sua preoccupazione, finché non si unì alla sua risata.

«Perché ridi?» le chiese. Le scostò i capelli dal volto e non resistette all'impulso di baciarle le labbra incurvate all'insù. Lei ridacchiò di nuovo poi si staccò per fare una risata fragorosa.

Era ancora più bella in quella manifestazione di libertà assoluta. Le ombre della stanza non gli celavano nulla di quel momento d'improvvisa rivelazione. Il chiaro di luna rendeva più luminosi i suoi capelli, come un'aureola mistica che le incorniciava il volto. Aveva le labbra gonfie per i baci, le guance accese dal rossore e gli occhi pieni di bagliori. Si coprì la bocca con la mano, guardandolo, mentre cercava di controllare la sua ilarità.

Lui scosse la testa, interdetto. Di certo era meglio che assistere a uno scoppio d'ira o di pianto. Molto meglio, anche se non lo capiva.

«Scusa» mormorò lei con voce strozzata, soffocando un'altra risatina.

Lui le baciò una tempia poi si staccò da lei, si tolse il profilattico e si guardò intorno, incerto. Che cos'avrebbe dovuto farne? Nella sala riunioni allestita per la serata del Meeting Room c'era tutto l'occorrente: salviette umidificate, fazzoletti di carta e un cestino dei rifiuti. Ma lì? Non vedeva niente, neanche un tovagliolo.

Evidentemente Avery intuì il suo dilemma, perché aprì la borsetta e gli porse un paio di fazzoletti di carta. «Tieni.»

«Grazie» mugugnò lui, grato e imbarazzato perché si era lasciato cogliere impreparato. Doveva essere lui ad avere il controllo della situazione, ma gli sembrava di non averlo affatto.

Cercò di riprendersi, stordito dalle emozioni che Avery aveva scatenato in lui. Aveva lo stomaco stretto da un'agitazione che non aveva mai dimostrato in quell'ambiente. Ma che gli succedeva?

Si allontanò, si ripulì poi allacciò i pantaloni e si accigliò vedendo una macchia scura rivelatrice vicino alla cerniera. La guardò con riprovazione come se il suo pene l'avesse tradito. Stupido.

Avery fece un respiro profondo per calmarsi. «Non sto ridendo di te.»

Lui sollevò un sopracciglio. «Non lo pensavo.» Almeno finora. E quel pensiero rappresentava un'insicurezza a cui si rifiutava di cedere. Non ne aveva motivo, specialmente in quel contesto.

Lei riabbassò il vestito sulle gambe, poi gli porse dei fazzoletti appallottolati che Carson buttò nel cestino dei rifiuti in fondo alla stanza.

Il ponte scintillava sull'acqua, illuminato da una collana di luci per i fari delle auto che lo percorrevano. Carson si soffermò a fissare il panorama per recuperare l'equilibrio. Il silenzio sottolineava la tensione che stava prendendo il sopravvento sul languore dopo il piacere. Sistemò la giacca e mosse le spalle per far circolare un po' d'aria sulla schiena sudata, ma invano.

Avery era ancora seduta sul tavolo e gli voltava le spalle. Azzardò un sorriso che rivelò il nervosismo che cercava di nascondere. Le tremava leggermente la mano che passò fra i capelli. Quando le dita incontrarono un nodo tra le ciocche, lo tirò facendo una smorfia.

Lui non poté fare a meno di intervenire e infilare le dita tra i capelli per districarli. Lei trattenne il fiato e Carson deglutì, rifiutandosi di cedere al desiderio di prenderla tra le braccia e portarla a casa.

«Va meglio ora?» le chiese invece.

Lei annuì senza guardarlo in faccia. «Sì. Grazie.»

Le scostò la frangia dalla fronte. Era il momento di andare. Non rimaneva mai dopo un incontro e, tecnicamente, in quel momento non erano nella Meeting Room.

«Mi dispiace per quello.» Indicò la porta, sperando che Avery capisse che si riferiva a Drake, che si era preso una libertà eccessiva.

«Oh.» Avery abbozzò un sorriso. «Non c'è problema.»

«Sicura?» Carson le accarezzò una guancia con il pollice, affascinato dalla morbidezza della sua pelle.

Lei sostenne il suo sguardo con gli occhi che ora erano di un blu intenso, incupiti dalla determinazione che lui non poté fare a meno di ammirare. «Sicura.»

Era così sensuale! Si era appropriata della sua sessualità, proprio come Carson sperava, e la sua fierezza la rendeva dannatamente sexy.

Deglutì, maledicendo il suo autocontrollo sfuggente. «C'è stato qualcosa che non ti è piaciuto?» Doveva rimanere lucido, mantenere la cosa su un piano puramente sessuale. Tutto qui.

Lei fece una risata emettendo uno sbuffo di aria dal naso. «No, non proprio.»

Il pollice di Carson si fermò sulla sua guancia. «Non proprio?» ripeté, interdetto. «Allora, perché ridevi?»

Negli occhi di Avery si accese uno scintillio divertito. Incurvò le labbra, trattenendo a stento un'altra risata. Si morse il labbro. «Non ne sono certa» ammise infine. Scrollò le spalle, torcendosi le dita. «Per il nervosismo, penso, e...» Distolse lo sguardo, ma solo per un istante. «Forse per il sollievo, per lo stupore.» Si accigliò, e lui le lisciò istintivamente la piccola ruga che si era formata tra le sopracciglia. Il sorriso di Avery si addolcì. Abbassò le spalle e lui si rammaricò di averle trasmesso il messaggio sbagliato. Qualunque fosse. Però non riusciva a esserne pentito. «Non mi aspettavo di sentirmi tanto libera» aggiunse Avery in tono stupito. «È tutto tanto al di fuori del mio ambito normale. Ovviamente ho fatto sesso altre volte, compresa qualche avventura trasgressiva, per me, grazie a qualche bicchiere di troppo. Ma assolutamente mai niente del genere.»

«E che ne pensi?» la incalzò lui, quando lei tacque senza continuare.

Lei gli prese il polso e lo guardò con occhi pieni della stessa meraviglia che Carson aveva sentito trasparire dalla sua voce. «Mi è piaciuto un sacco.»

Carson scoppiò a ridere, sbalordito, poi l'abbracciò, sorridendo soddisfatto. «Sei incredibile, Avery.» Era straordinaria, una sorpresa inaspettata e terribilmente pericolosa.

Avery rise con le labbra contro il suo collo, ma Carson non si staccò da lei. Non ancora. Non poteva, prima doveva reprimere il desiderio e riprendere il suo ruolo. Chiuse gli occhi, e inspirò a fondo un'ultima volta il profumo inebriante di Avery.

Si ritrasse dopo averle dato un ultimo bacio sulla guancia e le porse la mano per aiutarla a scendere dal tavolo. «Dovremmo andare.»

«Oh.» Avery sbarrò gli occhi. «Certo.» Si girò verso di lui dopo che l'ebbe aiutata a infilare il cappotto. Sollevò il mento e Carson ebbe un secondo per prepararsi psicologicamente a quello che avrebbe detto. «Possiamo rifarlo?»

Sì. No. Dannazione. Non doveva. Sapeva di non doverle dire di sì. «La prossima settimana?»

Lei arricciò le labbra. «Venerdì? Sabato ho da fare.»

Da fare? Doveva uscire con qualcuno? Carson si rifiutò di notare la propria fitta di gelosia. Non voleva dare soddisfazione a quel mostro interiore. «Vedo cosa posso fare» disse più seccamente di quanto volesse.

Lei aggrottò le sopracciglia e stavolta lui riuscì a tenere le mani al loro posto. «Ok. Grazie.»

«È solo sesso» precisò lui di riflesso. «Solo nel Meeting Room.» Ma voleva ricordarlo a lei o a se stesso?

Lei emise un sospiro carico d'irritazione. «Ti ho forse chiesto di più?» Sbuffò disgustata. «No» si rispose da sola. «Perciò smettila di ricordarmelo. È solo sesso, l'ho capito.» Aprì la porta, poi si voltò a guardarlo con un sorrisetto malizioso. «E stasera è stato fantastico.»

Gli fece l'occhiolino poi si allontanò ancheggiando. Lui scoppiò in una risata fragorosa e la seguì lungo il corridoio.

Avery Fast l'avrebbe fatto morire se non fosse stato accorto. E lui era sempre accorto. Sempre.