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Avery uscì dall'ascensore di tipo industriale e si trovò in un ampio ambiente illuminato da piccole luci sparse a parete e al soffitto. C'erano diverse persone che vagavano, alcune vestite e altre scandalosamente seminude o addirittura nude.

Con una stretta d'ansia allo stomaco, Avery si aggrappò alla mano di Carson. Dove l'aveva portata?

Erano tornati a San Francisco e lui si era diretto verso il quartiere latino, poi si era fermato davanti a un palazzo anonimo. Non le aveva dato spiegazioni, le aveva solo chiesto un documento e se l'era messo in tasca poi, prima di andare via dal ristorante, aveva chiuso nel bagagliaio la borsetta e il giacchino di Avery. Quando si erano fermati all'ingresso per registrarla, le aveva assicurato che sarebbero andati via da lì in qualsiasi momento se lei avesse voluto.

Da lì dove, esattamente?

Dalle casse dell'impianto stereo proveniva un brano rock lento che sovrastava quasi completamente i vari rumori. La sala era divisa in stanzette separate da tende di diversi colori appese ai bastoni, alcune nere, una rossa e un'altra bianca, che lasciavano intravedere le sagome di una coppia che stava inequivocabilmente facendo sesso. L'uomo martellava vigorosamente la sua compagna, a testa china e con la schiena curva scossa da ogni slancio.

Avery inspirò a fondo. Era sbalordita, ma non troppo. In fondo si aspettava di essere portata in un sex club, ma non aveva idea di quello che avrebbe trovato. Le descrizioni di libri e film non riuscivano a rendere l'atmosfera.

L'uomo riparato dalla tenda bianca si scostò dalla donna, l'afferrò per i fianchi e la fece voltare bocconi, poi le sollevò il fondoschiena e si chinò per affondare il viso contro il suo sesso.

Oh, Signore! Avery osservava affascinata. La donna si contorceva e muoveva la testa, con i seni che ondeggiavano, e Avery immaginò ciò che provava. Il calore umido sul sesso. Le passate di lingua e i tocchi guizzanti sul clitoride.

Avvertì un palpito al basso ventre, il desiderio che divampava improvviso, come quando era in un incontro del Meeting Room.

Si accorse di essere invasa dalla vergogna nonostante cercasse di reprimerla. Non c'era niente di male a essere eccitata da quello che guardava. Niente.

Carson passò davanti al buttafuori a guardia dell'ascensore e la guidò nella sala. Avery si tenne vicina a lui guardandosi intorno senza fermarsi a osservare niente. Non voleva fissare, anche se non riusciva a capire che cosa stesse facendo esattamente una coppia vicino al muro, circondata da un capannello di spettatori.

«Che cos'è questo posto?» chiese sommessamente quando Carson la portò in un'alcova non lontana da quella circondata dai teli bianchi. Ora avevano una visuale frontale della scena. L'uomo aveva ripreso a penetrare la donna, scuotendola con ogni affondo.

Avery si appoggiò a Carson. Aveva bisogno di sentirlo vicino, di essere rassicurata e protetta dalla sua presenza. Con lui si sentiva al sicuro, dovunque fossero.

«Che cosa ti sembra?» Carson la fece spostare davanti a sé. Il senso di familiarità che le trasmetteva quella posizione la fece rilassare e la sua mente si calmò mentre aderiva a lui con tutto il corpo e accoglieva completamente quella esperienza.

Sollevò il viso verso il suo e gli sorrise con dolcezza. «Un sex club.»

Carson abbozzò un sorriso. «Non ti sfugge niente.»

Avery gli diede una gomitata scherzosa e fece una risatina per sfogare l'agitazione. Come aveva fatto a trovarsi lì con lui?

La coppia dietro la tenda candida arrivò all'apice del piacere con un ultimo slancio veemente che fece finire la donna distesa bocconi. L'uomo la seguì finendole sopra, con un grido roco che sottolineò l'orgasmo, sovrastando momentaneamente la musica.

Quella scena passionale riempì Avery di emozione. L'addome le si contrasse mentre il desiderio le infiammava il sesso. Dimenò i fianchi mentre era appoggiata contro Carson, al tempo stesso a disagio e incantata.

«È una situazione alternativa» le spiegò lui, parlandole all'orecchio che accarezzava con il respiro a ogni parola mentre le sfiorava la cassa toracica con una mano e lasciava scivolare l'altra sul suo ventre. «Per certi versi più autonoma, ma meno controllata.»

Avery abbassò le palpebre mentre un'ondata di voluttuoso languore serpeggiava in lei. Forse era colpa del vino bevuto o semplicemente dell'uomo alle sue spalle. Qualunque fosse il motivo, non aveva importanza in quel momento.

«Conosci qualcuno qui?» gli chiese, scrutando i vari visi ma senza soffermarsi sui particolari. Non aveva idea di come si sarebbe comportata se avesse riconosciuto uno dei partecipanti.

«Conosco delle persone che frequentano questo club.» Carson passò il pollice sotto la curva dei seni di Avery, provocandola per suscitare in lei il desiderio di essere toccata più apertamente.

Con l'altra mano le strinse un fianco per avvicinarla di più al proprio corpo.

Avery sentiva la sua erezione sui lombi. Era una sensazione piacevole e quel contatto scatenò in lei una reazione istintiva, facendola vibrare.

Una coppia si baciava su un divano, e poco distante sullo stesso divano c'era un'altra coppia impegnata a palparsi vogliosa. A quelle scene esplicite facevano da contrappunto degli accenni più discreti. Nella sala si diffondevano dei gemiti indistinti ma inequivocabili, e vi aleggiava l'odore del sesso che contribuiva all'atmosfera di vibrante eccitazione e libidine peccaminosa.

Avery si girò tra le braccia di Carson per cercargli la bocca, con un gemito sommesso che le scaturì dalle labbra appena toccò le sue, così calde, virili e perfette. Aprì la bocca con sensuale abbandono e lui prese il sopravvento, invadendola con intense passate di lingua e divorandola con le labbra avide.

Mentre la baciava con ardore le fece incurvare la schiena all'indietro e lei si aggrappò alle sue spalle. Aveva la mente vuota, il cuore in gola. Non esisteva più nulla tranne Carson. E non era solo sesso, non più. Gliel'aveva fatto capire quella sera.

Avery sapeva di potersi fidare di quella sensazione di ebbrezza folle che la faceva vibrare tutta, di poterla lasciare emergere liberamente con la speranza che aveva cercato debolmente di trattenere.

Carson la desiderava. Voleva solo lei.

In una frazione di secondo l'eccitazione divampò come un incendio incontenibile. Avery cercò di avvicinarsi il più possibile a Carson, noncurante dell'ambiente intorno a loro. La musica incalzante sottolineava il movimento sensuale dei loro fianchi che si strofinavano vogliosi con un ritmo provocante.

Avery si rendeva conto vagamente che poteva esserci qualcuno a osservarli e avvertì un fremito di trepidazione alla nuca. Che cos'avrebbero pensato gli altri? Sarebbero stati eccitati? Li avrebbero trovati sexy?

Si protese verso di lui e gli cinse un fianco con la gamba; il sesso nudo cercava disperatamente il contatto stimolante con il suo corpo. Carson emise un ringhio cupo mentre la baciava e le afferrò la coscia per sollevarle di più la gamba.

«Dio, come sei sexy!» ansimò con le labbra contro le sue.

Avery rovesciò la testa all'indietro stendendo il collo per offrirlo ai baci dell'uomo che scesero dalla mandibola alla gola. I suoi morsetti rapaci le facevano provare delle lievi fitte di dolore che intensificavano ancora di più la passione che la infiammava. Avery fece un respiro profondo, assaporando il contatto della mano che le accarezzava lentamente la gamba, e che risalendo si insinuò sotto la gonna. Le racchiuse una natica nel palmo poi allargò le dita per palparla, ma si bloccò di colpo quando si accorse che sotto era nuda. Avery sollevò lentamente la testa e gli rivolse un sorriso malizioso.

Gli occhi di Carson erano pieni di passione, il suo sorriso una torbida promessa di estasi. Fece scorrere i polpastrelli lungo il solco tra i glutei di Avery, fermandosi prima di arrivare al sesso per farli risalire verso l'altro mentre lei emetteva un mugolio implorante.

«Avevi un segreto, dunque» mormorò, riportando le dita verso il basso a sfiorare la sua carne calda e fremente. Lei sussultò e socchiuse le labbra, invasa dal desiderio e contemporaneamente da un senso di trionfo quando lui affondò un dito per poi ritrarlo prima di penetrarla completamente. «Hai idea dell'effetto che hai su di me?»

Le massaggiò il clitoride con lente carezze circolari che le inviarono fremiti di desiderio al centro più intimo della sua femminilità. Si aggrappò al collo di Carson, protendendo i fianchi in avanti in cerca di qualcosa di più, di sensazioni più intense.

Carson l'attirò a sé e le sussurrò con voce calda, carica di eccitazione: «Voglio sbatterti. Voglio farlo qui». Le infilò un dito dentro e Avery gridò, serrandolo con i muscoli interni. Carson mosse la mano avanti indietro penetrandola ritmicamente con foga. Ma lei aveva bisogno di qualcosa di più, di essere riempita completamente dal suo pene duro e grosso.

Aveva bisogno di lui, lo voleva tutto.

«Sì, fallo. Lo voglio anch'io» annuì in tono di supplica.

Potevano vederli tutti. Non aveva idea di chi li stesse guardando né di chi fosse nella sala. Però non sapere nulla le concedeva un certo anonimato, anche se erano in pubblico. Prima di Carson, Avery non avrebbe mai osato essere tanto disinibita e audace.

Ma ora le piaceva moltissimo. Lo voleva davvero.

Annaspando, cercò di slacciargli la cintura, resa frenetica dal desiderio che la invadeva. Carson emise un ringhio animalesco con le labbra contro il suo collo. Avery era in equilibrio su una gamba sola che tremava, ma lui la sorreggeva saldamente.

Finalmente riuscì a slacciare la cintura e il bottone dei pantaloni. Abbassò subito la cerniera poi gli ghermì il pene tirandolo fuori dai boxer per accarezzare la carne turgida. Sì!, pensò esultante, smaniosa per il desiderio che annullava completamene la sua razionalità per farla vibrare tutta.

Era giusto, era bello così.

Emise un gemito di protesta quando Carson staccò la mano dal suo sesso e allontanò quella di Avery dal pene, le sollevò la gonna e la penetrò con uno slancio deciso prima che Avery potesse esprimere ancora il suo malcontento. Appena lo sentì dentro di sé, le pareti della vagina si contrassero serrandolo e il piacere l'avvolse in un bozzolo di calore intenso per la sensazione sublime di sentirsi riempita completamente. Oh, sì, così!

Solo lui, senza barriere.

Avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ammonirlo, ma non riusciva a formulare una frase.

Lui la strinse forte muovendo i fianchi per penetrarla con affondi decisi dal ritmo incalzante. La musica parve svanire; Avery sentiva solo l'ansimare roco di Carson all'orecchio. Gli si aggrappò forte, incapace di fare altro che accogliere il suo pene possente. Le teneva una gamba sollevata e lei cercò di rimanere salda sull'altra che però era sempre più debole.

La tensione palpitante che s'irradiava dal suo centro più intimo divenne ancora più intensa e si diffuse a tutto il corpo.

Le dita di Carson le stringevano forte la coscia in una presa possessiva e spasmodica. Avery adorava la passione che traspariva da quel gesto, era ebbra della frenesia del momento, amava essere presa così, con ardore.

Amava Carson.

Quella verità improvvisa deflagrò in lei come un piccolo sole e l'orgasmo la devastò un istante dopo.

La gioia e lo stupore la travolsero in ondate di piacere puro. Rabbrividì, con il viso affondato contro la sua spalla mentre si abbandonava alle sensazioni intense.

Lui emise un grugnito, la penetrò con uno slancio veemente e soffocò il grido del suo godimento con le labbra contro il collo di Avery, stringendole forte la coscia mentre la faceva inclinare all'indietro per darle un ultimo colpo.

Imprecò sottovoce, poi emise un'altra esclamazione in tono meno aspro e allentò a poco a poco la presa. Si accasciò con le spalle contro il muro, attirando a sé Avery che si appoggiò a lui, respirando a fatica.

Le girava la testa mentre tornava lentamente in sé, a fatica. Era stato... Indescrivibile. Non perfetto, anche alquanto goffo, ma sconvolgente. L'audacia di quello che avevano fatto era già sufficiente per riempirla di emozione.

Carson lasciò la presa sulla gamba di Avery, che la fece scivolare verso il basso fino a toccare terra con il piede. Carson si staccò da lei e Avery serrò il sesso nel tentativo di trattenerlo dentro di sé, pur essendo impossibile.

Lui gemette e lei fece una risatina sommessa, sentendo un liquido caldo e vischioso che le scorreva lungo l'interno delle cosce. I momenti successivi a un rapporto sessuale erano sempre prosaici, specialmente senza profilattico.

L'ambiente circostante penetrò a poco a poco la sua coscienza con le note di una canzone che conosceva bene e una risata fragorosa. Aveva appena fatto sesso in pubblico. Sì, erano in un club privato destinato proprio a quello scopo, ma erano pur sempre davanti ad altre persone. Si aspettava di provare un accenno di vergogna o imbarazzo, che però non avvertì affatto.

Si scostò per permettere a Carson di risistemare i pantaloni. Lisciò la gonna riabbassandola, sentendo le cosce appiccicose.

Chiuse gli occhi per un istante, con un tuffo al cuore, poi sollevò la testa per guardare Carson. «Abbiamo dimenticato il profilattico.»

Il preservativo, cavoli.

«Lo so.» Carson fece una smorfia. «Mi dispiace.» Si schiarì la voce roca e cercò di recuperare un barlume di lucidità. «Non so come sia successo.»

Non aveva mai rapporti senza il profilattico. Mai. Neppure quando era travolto dalla passione... Finora.

«Va bene ugualmente. Avrei dovuto dirtelo.» Avery si avvicinò e gli accarezzò il busto. «Ho la spirale.»

Carson emise un sospiro di sollievo per quella informazione, che gli ricordò che lo sapeva già perché aveva letto la sua scheda che Avery aveva riempito quando si era registrata al Meeting Room. Però ciò non giustificava la sua sbadataggine, anche se era stato piacevolissimo.

Avery gli raddrizzò il colletto della camicia. Non aveva quasi più il rossetto e a Carson dispiacque che fossero in penombra perché non poteva distinguere la sua pelle arrossata dalla passione.

Lei stava aspettando la sua reazione e lui tergiversava.

Alla fine si fece forza e le bloccò le mani per farle smettere di rassettarlo. Avery alzò la testa e lo fissò con occhi espressivi che non gli nascondevano i suoi timori né i suoi desideri.

Le sollevò il mento con un dito e la baciò. Anche se il pene era flaccido, a riposo nei pantaloni, provò l'impulso di possederla ancora.

«Avrei dovuto fermarmi, scusami. Però non prenderai niente da me, giuro.»

Lei accennò un sorriso divertito. «Neanche le pulci, come un cane?»

Lui emise un gemito per quella battuta, poi l'attirò a sé per abbracciarla. Affondò il naso tra i suoi capelli e strizzò le palpebre avvertendo un palpito di felicità al cuore. «Non sei divertente» borbottò, nonostante pensasse il contrario.

«Scusa» mugugnò Avery con le labbra sul suo collo. «Però sono appiccicaticcia e invece tu sei tutto bello ordinato.»

Carson sbuffò ironico e la strinse più forte. «Per tua informazione, sono appiccicoso anch'io e quando arriverò a casa avrò i peli pubici incrostati di sperma e passerò un'ora a pulirmi.»

Avery fece una risatina che gli solleticò il collo ma lui non si staccò. Dio, non avrebbe mai voluto staccarsi da lei.

«Comunque sono sana anch'io, non ti attaccherò le pulci né le zecche» gli disse in tono ilare.

Lui le diede una sculacciata scherzosa poi la liberò. «Il bagno è laggiù in fondo al corridoio» indicò. «Vai a pulirti prima che andiamo.»

«Grazie.» Avery si ravviò i capelli e raddrizzò la camicetta.

Carson sorrise del suo pudico tentativo di risistemarsi mentre erano nel bel mezzo di un sex club e dopo avere fatto sesso contro il muro. Quella contraddizione era tipica della sua personalità.

Le accarezzò i capelli e scostò una ciocca dietro l'orecchio, poi la baciò di nuovo, sbalordito dalla passione che aveva scoperto sotto la sua apparente morigeratezza.

«Torno subito» gli disse prima di allontanarsi. Lui la seguì con lo sguardo. La gonna ondeggiava a ogni passo, ricordandogli il segreto che custodiva sotto la stoffa.

Ebbe un altro tuffo al cuore che lo rese consapevole di emozioni che non era pronto ad accogliere. Poteva fidarsi di quello che provava, di quello che c'era tra loro? Sarebbe durato?

Era tentato di fare anche lui un salto in bagno. Si chiese come avesse fatto a dimenticare il preservativo. La sala era rifornita di tutto l'occorrente. C'era una ciotola piena di profilattici su un tavolino a poca distanza da loro. Però era stato fantastico senza. Il calore umido e palpitante della carne di Avery l'aveva serrato tanto forte che aveva rischiato di venire appena l'aveva penetrata.

Era stato in quel preciso istante che si era accorto di non avere il profilattico.

Ma non gli era importato neanche un po'.

Chinò il capo, sopraffatto dalla vergogna. Aveva vissuto appieno quel momento, senza attacchi di panico né riserve perché il loro rapporto aveva fatto un salto di categoria trasformandosi implicitamente in una relazione.

E non aveva neppure avuto il timore di una gravidanza, per quanto la possibilità fosse remota.

Non era mai stato tanto imprudente, neanche da ragazzo. Suo padre gli aveva inculcato il principio dell'importanza di usare protezioni, e anche sua madre aveva sempre insistito. Non ci voleva un matematico per accorgersi che suo fratello era nato sei mesi dopo le nozze dei suoi.

«Ehi» disse Avery, tornata al suo fianco, attirando la sua attenzione. Gli toccò il braccio e Carson alzò la testa. «Tutto bene?» gli chiese, preoccupata.

«Sì.» Carson intrecciò le dita alle sue e l'attirò a sé. «Tutto bene.» Avery stava per dire qualcosa ma lui la fece tacere con un bacio, smanioso di assaporare di nuovo le sue labbra, ritrovare sulla sua bocca la dolcezza e la passione, e respingere così il turbamento che lo invadeva.

Perché non aveva mai preso in considerazione la possibilità di avere un figlio con nessuna, ma ora non riusciva a togliersi dalla testa l'idea di poterlo avere con Avery.