La mattina seguente arrivarono una decina di mazzi di fiori, ventitré inviti e una piccola cassa. Poiché i primi due erano eventi quotidiani, suscitavano scarso interesse in Juliet. Dopo aver rimosso i biglietti, di solito mandava il valletto a consegnare i fiori ai pazienti dell'ospedale. Poi, mentre sorseggiava cioccolata nella saletta da colazione, rispondeva agli inviti prima di intraprendere le attività giornaliere. La cassa, tuttavia, era qualcosa di completamente diverso.
«Non c'era biglietto?» chiese Juliet a Mr. Wick, stando accanto al tavolino di palissandro nell'atrio.
«No, milady. Niente, a parte il vostro nome» rispose lui, indicando il semplice biglietto bianco con Lady Granworth scarabocchiato con una scrittura obliqua.
Davvero curioso.
A dire il vero, un piccolo brivido saettò dentro di lei. Nessuno dei suoi ammiratori le aveva mai mandato un dono prima, nemmeno quando era stata una debuttante. Oh, certo, aveva ricevuto fiori a profusione, ma avevano perso il loro fascino durante il matrimonio. Lord Granworth gliene aveva regalati solo quando era circondata da altre persone e soltanto allo scopo di sentirsi lodare per quanto fosse un bravo marito. Fingere ogni volta di essere la sposa felice, in particolar modo quando sapeva come lui fosse in privato, era stato faticoso.
Sia lei sia il maggiordomo stavano ancora fissando la cassa quando arrivò Zinnia.
«Che cos'è?»
«Non ne sono sicura, ma potrebbe essere un regalo» suppose Juliet e spiegò che il mittente era un mistero.
Zinnia inarcò le sopracciglia in maniera esagerata. «E la ragione per cui non lo hai aperto è che temi cosa possa contenere?»
«Niente affatto.» Juliet rise. «Stavo solo facendo ipotesi su cosa potesse essere.»
Sapeva che era ridicolo, ma si stava godendo il momento. Anche se era difficile ammetterlo, si sentiva emozionata quasi come quando era arrivato il piatto coperto da una cupola la sera precedente. Dapprima non aveva avuto idea di cosa contenesse. E anche quando era stata scoperchiata l'enorme fetta di torta, l'eccitazione non era sbiadita. In effetti, si era scoperta stranamente affascinata dallo scherzo di Max. Ma poiché erano avversari, come lui le aveva ben ricordato il giorno prima, non aveva potuto darlo a vedere. Nemmeno a Marguerite. Quindi, nell'intimità del salotto trascurato al piano superiore, aveva scritto la mordace risposta a Max, con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro.
«Come avete chiesto, Mr. Wick» disse Mrs. Wick, la governante, consegnando un piccolo piede di porco al marito. E con un'occhiata nell'ingresso, Juliet notò che anche la cameriera, Myrtle, si era avvicinata. Con lo straccio per lucidare, che probabilmente era per l'argenteria, stava strofinando in cerchi la superficie del tavolo.
Sembrava che Juliet non fosse l'unica sorpresa ed eccitata da quel nuovo avvenimento.
«Con il vostro permesso, milady» comunicò Mr. Wick.
Lei chinò il capo, trattenendo il fiato.
Il coperchio si sollevò con un cigolio e i chiodi uscirono dal legno procurandole un brivido lungo la schiena.
Zinnia fu la prima a parlare. «È... ghiaccio?»
E infatti, su un letto di paglia, c'era un lucente blocco di ghiaccio.
Confusa, Juliet si domandò dapprima se non fosse stato consegnato per errore e pensò di doverlo restituire. Del resto, il ghiaccio era un bene troppo prezioso per sprecarlo e loro ne avevano ancora in abbondanza dalla consegna del giorno precedente.
Poi le venne in mente una cosa. «Zinnia, per caso avete accennato al mio ordine di ghiaccio a Harwick House ieri sera?»
La cugina esitò per un attimo, poi fece un cenno di assenso. «Solo per placare la preoccupazione di Marjorie per la tua salute, ma sono stata attenta a non farmi sentire, poiché Lord Thayne era dall'altro lato del salotto.»
Juliet voleva gridare. Ovvio che Max avesse sentito. Era stata in quello stretto salottino abbastanza spesso da sapere che, se una persona sospirava da un lato della stanza, il soffitto a volta trasportava il suono fino alla finestra e faceva svolazzare le tende.
«Questa non è la scrittura di Marjorie» osservò Zinnia, esaminando il biglietto. «Anzi, direi che sembra piuttosto mascolina. Oh, santo cielo! Pensi che Lord Thayne abbia sentito e te lo abbia mandato perché è preoccupato per te?»
Gli occhi attenti della cugina stavano brillando in maniera un po' troppo intensa per i gusti di Juliet. «Non credo. Max non si preoccupa della mia salute più di quanto un lupo non si preoccupi per quella di un coniglio. È stato solo un errore nella consegna e la restituiremo alla ghiacciaia.»
Anche se era sicura che fosse stato Max, nel tentativo di canzonarla, stabilì che fosse meglio fingere altrimenti, prima che Zinnia si mettesse in testa qualche idea sentimentale e poi, per l'amor del cielo!, la condividesse con Marjorie.
Juliet aveva sentito le due vedove, insieme alla loro amica, la Duchessa madre di Vale, attribuirsi il merito di alcune recenti unioni di successo. Tra di esse c'erano quella della cugina Lilah con Jack Marlow, Visconte Locke; Ivy Sutherland con North Bromley, il Duca di Vale; e Adeline Pimm con Liam Cavanaugh, il Conte di Wolford.
L'ultima cosa che voleva era offrire loro il minimo sentore che lei e Max fossero qualcosa di diverso da nemici giurati. Non aveva tempo per respingere i piani matrimoniali di quel trio determinato. Dopotutto, lei aveva una scommessa da vincere e un candidato da preparare.
«Guarda tutti questi inviti, Maxwell» proruppe sua madre mentre entrava nello studio.
«Uhm... sì, molto grazioso, scrittura elegante, carta pregiata» osservò lui, dando un'occhiata di sfuggita alla pila traballante di bigliettini. Poi riprese a scrivere un'annotazione nel suo registro, il conto per l'acquisto di un certo blocco di ghiaccio consegnato a Hanover Street quella mattina. Sorridendo tra sé, si domandò come fosse stato accolto il suo dono, non avendo dubbi sul fatto che Juliet avesse capito l'identità del mittente.
Tuttavia, quelle riflessioni furono disturbate dal ticchettio delle unghie della madre che tamburellavano sulla scrivania.
Alzò gli occhi, quasi certo di avere espresso tutto quello che c'era da dire su qualcosa di tanto futile come una pila di biglietti. «Mi state rivolgendo quello sguardo turbato e insofferente che mi rivela di avere dimenticato un'incombenza importante. Tuttavia, non ho la minima idea di cosa possa trattarsi.»
Lei indicò i biglietti come se la risposta fosse ovvia. «Devi dirmi se preferisci la compagnia di qualche debuttante in particolare. Senz'altro vorrai conoscerla meglio, se devi fidanzarti entro la fine della Stagione.»
«Come ho spiegato dodici ore fa, quando ne abbiamo parlato l'ultima volta, non ho avuto l'occasione di incontrare nessuna potenziale candidata, se ricordate. Perciò accetterò qualunque invito a cui siano presenti debuttanti con più di metà cervello.» Ecco, tutto sistemato.
Tornò al suo registro, scribacchiando una somma. Di recente aveva assunto un amministratore che badasse ai conti della madre e che si occupasse della gestione della proprietà nell'eventualità di una propria assenza. Teneva i loro registri separati, anche se la responsabilità di fornire alla genitrice i fondi che le servivano spettava a lui. La rendita annuale della madre era già stata spesa quell'anno, il denaro spedito a Bram per aiutarlo con le apparenti riparazioni che gli servivano per la tenuta di campagna nel Devon. Anche se Max non capiva perché avesse chiesto che i fondi venissero spediti al suo chalet in Francia. E non lo avrebbe nemmeno domandato.
«Qui c'è un invito da Lord e Lady Simpkin. Hanno due figlie» continuò la madre, scartabellando i biglietti. «Dimmi, preferisci le giovani dai capelli chiari o ti andrebbe bene una donna bruna?»
La visione fugace di fini capelli dorati e di occhi azzurri ridenti gli balenò nella mente prima che se ne rendesse conto. Nell'attimo in cui se ne accorse, tuttavia, pensò di proposito a capelli scuri, color mogano, e occhi castani. «Non mi interessa.»
«Ne sei sicuro? Perché sarebbe d'aiuto per restringere la scelta.»
«Poi mi chiedereste solo che sfumatura di colore preferisco. Nero come l'inchiostro nel calamaio, marrone come il tampone di cuoio, rosso come la mia giumenta saura o biondo come oro...» Mentre le parole gli uscivano di bocca, ebbe l'impressione che la mente e la lingua avessero cospirato contro di lui. «... filato.»
«Strano che tu usi quest'espressione perché è proprio come descriverei i capelli di Juliet. È una sfumatura molto graziosa» borbottò lei tra sé, guardando i biglietti che aveva già selezionato. «Non credo che ci sia un'altra debuttante uguale a lei.»
«In quanto vedova, non è più considerata una debuttante» brontolò lui.
La madre fece spallucce con aria indifferente prima di mostrargli un invito. «Questo è del colonnello Owen. Miss Owen è intelligente, anche se ha i capelli di un rosso acceso e le lentiggini. Ti infastidisce?»
Ma ascoltava le sue risposte? «Neanche un po'.»
«Sei proprio diverso da tuo fratello. Bram voleva corteggiare solo ragazze graziose.»
«Solo quelle ritenute graziose dal ton. A parte ciò, non credo abbia mai avuto una preferenza. Era solo deciso a sposare l'Originale.»
«Sì. Una faccenda terribile. Di solito l'Originale è un ottimo esempio della tradizione, ma Miss Leonard si è trasformata in una creatura tempestosa dopo che si sono sposati. E con Bram così deciso ad averla e lei ad avere lui, credevo che i loro caratteri si bilanciassero dopo un po' di tempo. Tuttavia non ne sono più sicura. Quando Bram scrive, cosa che non capita spesso, sento parlare sempre meno della moglie. Mi spinge a chiedermi se lei viaggi ancora molto con i suoi amici, come era propensa a fare all'inizio.» La madre emise un sospiro stanco. «Speravo di essere nonna, a quest'ora.»
Anche Max ci aveva pensato molto. D'altra parte, Bram ormai era sposato da cinque anni. Eppure i pettegolezzi secondo i quali Lady Engle era diventata una favorita in Francia, sia in compagnia femminile sia maschile, non si erano zittiti. «Forse è ora che lui torni in Inghilterra e pensi alle sue responsabilità.»
Bram aveva ereditato un seggio nella Camera dei Lord, ma non ne aveva mai approfittato. Gli importava troppo poco della longevità del loro Paese e delle vite delle persone che ci vivevano, e troppo della ricerca del proprio piacere. Quanto a Max, trascorreva la maggior parte delle sue giornate raccogliendo appoggi per abrogare le leggi sui dazi imposti alle importazioni di grano, poiché riteneva che una riduzione sui costi del cibo fosse il primo passo per abbassare la pressione economica nelle contee del nord.
«Non è come te, Max. Non gli interessa la politica.» Impilò i biglietti, poi li prese in mano. «Per lui è inutile discutere, a meno che la vittoria non sia certa.»
Max ridacchiò. «A tutti piace vincere una discussione.»
«Vero» concordò la madre con un sorriso. «Tuttavia a te piace tutto, dall'inizio al risultato finale. Ti servirà una moglie che non sia solo intelligente, ma anche di carattere mite.»
Max scosse la testa in disaccordo. «Vorrei che mia moglie fosse una donna che non teme di esprimere la propria opinione. Non c'è alcun divertimento in una discussione a senso unico.»
La madre alzò gli occhi al cielo. «Potrebbe essere una sorpresa per te, ma alla maggior parte delle persone non piacciono i conflitti. A meno che i membri del ton non inizino a organizzare dibattiti invece di balli, temo che incontrerai delle difficoltà a trovare una debuttante che corrisponda alla tua breve lista di criteri.»
«Che magnifica idea!» scherzò lui, indicando gli inviti. «Trovate un ricevimento con dibattito in uno di quei biglietti e sarò felice di parteciparvi.»
Lei gli agitò il plico davanti. «Non è il momento di scherzare. Sarai senz'altro impaziente di sistemarti nella tua proprietà nel Lancashire. Ci sei stato solo una volta da quando l'hai ereditata e nemmeno per una settimana.»
La ragione per cui era partito tanto presto era che era stato travolto dalle visite di ogni gentiluomo di campagna con una figlia, o cinque, che gli chiedeva di partecipare a cene e ricevimenti.
Dapprima Max era stato eccitato dalla prospettiva di incontrare tante persone che vivevano vicine alla sua proprietà. Ma presto era diventato evidente che volevano solo che sposasse le loro figlie. Lui, di contro, voleva conoscere le loro opinioni, le preoccupazioni e i problemi, perché voleva rappresentare i loro interessi in Parlamento. Ma in circostanze simili aveva ricevuto soltanto la profusione di cortesie che riceveva il corteggiatore di una debuttante.
«Come ho affermato in precedenza, vi tornerò quando avrò trovato la mia sposa.»
«A me sembra» cominciò la madre, soffermandosi poi come si fa con un martello, per valutare dove si trova la testa del chiodo, prima di continuare, «che tu trascorra più tempo a pensare alla tua scommessa con Juliet, invece.»
«Riesco a fare entrambe le cose allo stesso tempo» proclamò lui, ma non era del tutto convinto. Da quando Juliet era tornata in città, era stato distratto. Aveva comprato una casa d'impulso, era stato coinvolto in una scommessa con lei, aveva assunto una squadra di manovali per ristrutturare l'edificio, aveva accettato un'altra scommessa con lei, le aveva leccato la glassa dalle dita, si era ritrovato a pensare piuttosto spesso al pasticcino e ora al ghiaccio... «Inoltre, una volta che avrò vinto non ci saranno più distrazioni.»
La madre incrociò le braccia. «E niente più debuttanti, se hai intenzione di aspettare fino alla fine del mese.»
Si mise anche lui a braccia conserte, adagiandosi sulla sedia. «Allora sarà meglio decidere a quale evento vi accompagnerò questa sera.»
Lei lo guardò, scettica. «Parteciperemo al ballo di Lord e Lady Simpkin. Mi è stato riferito da Lady Simpkin in persona che la loro sala da ballo può contenere comodamente duecento persone, quattrocento accalcate. Si apre anche sul giardino, e so che ti piace. Poiché promette di essere una bella serata, sono sicura che vi parteciperanno tutti. Forse anche qualcuno che ama discutere su ogni argomento quanto te.»
Sebbene Max non conoscesse alcuna debuttante che coincidesse con quella particolare descrizione, conosceva invece una certa vedova che corrispondeva alla perfezione. Ancora una volta l'istinto gli consigliò di stare lontano dai ricevimenti in cui poteva essere presente Juliet. Ma l'istinto impallidiva in confronto all'eccitante aspettativa che fremeva dentro di lui.