14

Quando Max attraversò la soglia, Harwick House era nel più profondo caos. Domestici, sia noti sia sconosciuti, sgambettavano per l'atrio, portando dentro bauli e formando file in salita e in discesa sulle scale. Il volto e la zucca di Saunders erano diventati rossi, la bocca un sorriso tirato. Era evidente che la famiglia non era l'unica a essere stata colta alla sprovvista e assediata da quella visita inaspettata.

Perlomeno, Max sperava che si trattasse solo di una visita. Dopotutto, Bram era stato all'estero tanto a lungo che avrebbe voluto di certo ritirarsi nella sua proprietà nel Devon, e Londra doveva essere solo una sosta. Ma mentre gli si formava nella mente tale logica conclusione, un brivido gelido di presentimento gli serpeggiò lungo la schiena e gli si piazzò alla bocca dello stomaco.

«Da quanto vedo, sembra che mio fratello abbia tutta l'intenzione di restare» affermò sottovoce.

«Proprio così, milord» rispose Saunders, e si schiarì la gola. «Troverete Lord Engle e Mrs. Harwick nello studio.»

Quando vi fu un'interruzione nella fila lungo le scale, Max si diresse al primo piano, le gambe cariche di piombo. Dovette ricordarsi diverse volte che non era più lo scontato fratello minore, ma un marchese di diritto. Non che Bram avesse scritto per riconoscerlo.

Malgrado ciò, era ora di mettere a tacere il passato e di essere compassionevole con il fratello. Senz'altro era un momento molto difficile per lui.

Max aprì la porta dello studio e scorse Bram rivolto alla credenza, la testa bionda china. Dall'altro lato della stanza, sua madre era accigliata, le braccia conserte e il piede che batteva sul parquet.

Quando il suo sguardo si posò su di lui, emise un sospiro. «Max, aiutami a fare ragionare tuo fratello. Siamo in lutto. Non posso dare un ricevimento per annunciare il suo ritorno.» E poi la sua espressione si addolcì, colma di pietà. «Certo ti renderai conto che non possiamo nemmeno più dare il tuo ballo.»

Max annuì in segno di comprensione. Inoltre, il ballo era l'ultima cosa che aveva in mente. «Ovvio. Siamo tutti in lutto adesso.» Attraversò la stanza e si fermò accanto a Bram. «Permettimi di esprimerti il mio più sincero rammarico, fratello.»

«Rammarico? Perché dovresti provarlo? Non eri sposato con lei. Sono io l'unico a cui è concesso di provare rammarico.» Bram strascicò le parole, l'alito pungente come aceto e fuoco. Indicò verso di lui con un bicchiere pieno fino all'orlo, lo scotch che si rovesciava di lato sulla punta dello stivale di Max.

Poiché la bottiglia sul vassoio era ancora abbastanza piena, Max dedusse che Bram fosse già ubriaco quando era arrivato. Anche gli occhi rossi e le guance rubizze ne erano un indizio. «Lei era tua moglie. È solo naturale piangere la sua perdita; tuttavia, ora è il momento di dare disposizioni per il suo funerale.»

«Se ne è occupato il suo amante. L'ha già sepolta nel cimitero della sua famiglia, quel disgraziato» ribatté il fratello traballando.

La madre trasalì. «Oh, Bram! Mi dispiace tanto. Non hai mai detto nulla nelle tue lettere.»

«Sì, be', non è che valesse la pena accennarvi, no?»

Max non approvò la mancanza di rispetto di quella risposta, e fu sul punto di replicare, quando la madre scosse la testa e tese una mano, indicando che portasse pazienza. Anche se a lui sembrava di essere stato paziente a sufficienza per cinque vite, accondiscese ai suoi desideri con un cenno affermativo.

«Se puoi sopportare di parlarcene, che cosa le è successo di preciso?» chiese la madre.

«È morta di parto, mi è stato riferito.»

Sia lei sia Max restarono immobili, la stanza privata dell'aria. Lui sapeva meglio di chiunque altro quanto sua madre avesse desiderato un nipote.

«E il bambino...» chiese lei, trattenendo il fiato.

«Mio, anche se non si può mai esserne troppo sicuri. Mia moglie era incinta di cinque mesi quando se ne è andata, quindi le probabilità sono a mio favore.»

Gli occhi della madre iniziarono a traboccare di lacrime. Vedendola turbata dalla notizia di avere perso non solo una nuora ma anche un nipote, Max si spostò al suo fianco. Voleva scagliarsi contro il fratello per la sua insensibilità, ma non sarebbe stato appropriato in quel momento.

Qualunque rancore ci fosse ancora tra di loro, Max non avrebbe mai augurato una simile sciagura a nessuno. «Allora sono ancora più addolorato per entrambe le tue perdite.»

«Entrambe?»

«Tua moglie e il bambino.»

Bram bevve un bel sorso e agitò le dita in aria con indifferenza. «Il bambino è sopravvissuto.»

La madre si bloccò con il fazzoletto in mano. «Come, prego?»

«È una bambina» affermò l'altro con un'alzata di spalle. «È arrivata in un'altra carrozza. Piange tantissimo e non diventa mai rauca, ve lo immaginate?»

E proprio mentre Bram si stava lamentando, apparve Saunders sulla soglia, gli occhi segnati da vene rosse, che rivelavano che aveva raggiunto il limite. «Una certa Miss Slade è qui con un'infante al seguito, milord. Afferma di essere la balia della figlia di Lord Engle.»

«Proprio così.» Bram sollevò il bicchiere in un brindisi, quindi sprofondò sulla poltroncina in cuoio di fronte al caminetto.

E poi, davanti ai loro occhi, sbucò da dietro Saunders una giovane timida, con una cuffietta increspata sulla graziosa testa bionda. La donna, che non poteva avere più di diciotto anni, assomigliava in maniera straordinaria alla già Miss Leonard, la defunta Marchesa di Engle. E addormentata contro la sua spalla non c'era un'infante, ma una bambina con la testolina coperta di morbidi capelli, le gambe abbastanza lunghe da penzolare accanto ai fianchi di Miss Slade e braccia lunghe a sufficienza da cingerle il collo.

La donna fece la riverenza e chinò il capo, ma non parlò.

Anche la madre si fece avanti, esaminando la bambina, e guardò prima Max, con espressione confusa, e poi Bram. «Questa bambina, che non è certo una neonata, non può essere tua.»

«È nata un anno fa, martedì scorso» annunciò l'altro, alzandosi dalla poltrona. Ma al suono della sua voce, la bambina si agitò. Sollevò la testa, con la bocca in un broncio che le fece uscire una fossetta sul mento. In risposta, Bram emise un verso di disgusto e tornò alla credenza.

«Vuoi dirmi che tua moglie è morta da un anno, che io ho una nipote da tutto questo tempo e che non ti sei mai preso il disturbo di comunicarcelo?» Il giusto sdegno della madre era palpabile, anche se non era affatto da lei. La donna che di solito era oltremodo rilassata e affettuosa sembrava essere invecchiata in un momento. Uno spruzzo di rughe sottili le si accentuò nella coda degli occhi, che si incupirono mentre guardava in tralice la schiena del figlio. «Ha un nome?»

«Patrice» sputò Bram, come se il nome fosse velenoso sulla sua lingua.

«Lo stesso nome della madre» commentò Max con aria assente, riprendendosi in qualche modo da tutte le notizie che aveva appreso nell'ultimo quarto d'ora.

«È stato l'amante della mia defunta moglie a scegliere il nome. Pensava di crescerla come sua figlia, ma dopo un po' di tempo i bei ricordi della relazione con la madre pare siano svaniti, e lui si è scoperto non troppo impaziente di crescere la progenie di un altro uomo. Quindi me l'ha spedita.» Allargò le braccia, con un bicchiere in mano e la bottiglia nell'altro. «E ora eccoci qui.»

Il mento della bambina tremò, il viso le divenne rosso. Miss Slade iniziò subito a darle delle pacche sulla schiena, cercando di zittirla prima dell'inevitabile pianto.

E che strilli! Max rimase esterrefatto dal volume che poteva emettere una creatura così piccola. Fu lacerato tra il desiderio di coprirsi le orecchie e quello di aggiungere la propria mano alle pacche, nella speranza che calmasse sua nipote.

Sua nipote.

Quella parola conteneva in sé un legame che bloccò tutti i suoi pensieri. Il fratello, a cui non era mai stato particolarmente affezionato, ora aveva una bambina. E da quello che si capiva, una figlia indesiderata. Max sentì una stretta di compassione al cuore per la piccola Patrice. Il destino aveva già lasciato una macchia su quella bimba per essere nata da due persone estremamente egoiste. Non c'era bisogno di aggiungere altri fardelli alla sua vita. Perciò, si fece avanti con le braccia tese.

Dopo un goffo scambio, la prese in braccio, appoggiandosi il piccolo fondoschiena all'avambraccio mentre si dirigeva in corridoio, con i passi di Miss Slade subito dietro.

«Forse è ora che facciamo un giretto nella nursery» disse alla nipote, tenendo la voce bassa. Non sapeva se fosse stato il movimento o il cambio di ambiente, ma gli strilli della piccola Patrice si erano placati in singhiozzi che fuoriuscivano dal minuscolo naso all'insù.

In fondo al corridoio riapparve il maggiordomo. «Sto facendo preparare la nursery, Lord Thayne.»

«Grazie, Saunders. Sareste così gentile da farmi un altro favore?»

Il domestico non esitò. «Certo, milord.»

Poiché Max vedeva che la tensione della giornata stava praticamente spezzando quell'uomo in due, decise di mandarlo a svolgere una commissione tranquilla. «Non so quante bottiglie di porto abbiamo, e sono proprio curioso di saperlo al momento. Vi sarei grato se spariste nella vostra dispensa per un'ora o giù di lì per verificare.»

La pelle tesa intorno agli occhi di Saunders sembrò allentarsi mentre l'uomo faceva un inchino. «Benissimo, milord.»

Mentre Max saliva nella nursery, continuò a parlare alla nipote, le cui mani avevano trovato il suo volto e che continuava a studiare i suoi lineamenti a occhi sgranati.

«Sei davvero fortunata, perché hai la benedizione di avere la miglior nonna che ci si possa augurare» le disse. «Escludendo gli ultimi eventi, di rado si arrabbia e ha un carattere gentile e affettuoso. Sono sicuro che una volta che avrà superato la sorpresa, tornerà se stessa.» Quando raggiunse la nursery, si interruppe, e fu certo che lei avesse capito tutto ciò che aveva detto nell'attimo in cui la testolina della piccola fece su e giù in un cenno affermativo. «Questa sì che è una brava bambina. Ora resta con Miss Slade e verrò a trovarti più tardi.»

Dopo averla lasciata con la balia, Max tornò nello studio, non sentendosi più tanto compassionevole nei confronti del fratello. Quando udì le voci dal corridoio, era pronto alla lite.

«Pensavo di avere chiarito che fossimo ben oltre qualunque periodo di lutto. Perciò possiamo tenere un ricevimento e prima sarà, meglio è» stava sostenendo Bram, continuando la discussione di prima.

«Potrebbe anche essere vero, in realtà; tuttavia, noi abbiamo saputo solo ora della sua dipartita. Di certo ci sarà qualche precedente da seguire in simili circostanze.»

«Perché pensate che sia rimasto lontano tanto a lungo? Diavolo, perché pensate che non vi abbia mai scritto della sua morte?» gridò Bram. «Quella puttana non meritava alcuna forma di rispetto dopo ciò che ha fatto.»

Max irruppe nella stanza, inorridito e indignato, poi chiuse la porta dietro di sé. «Ma nostra madre merita rispetto, perciò bada al tuo linguaggio in sua presenza. E inoltre, interrompi questo spregevole eccesso con il bere. Hai dimostrato che il vizio non è dovuto al dolore.»

Bram gli rivolse un'occhiata truce e ingollò l'ultimo sorso. «Venendo qui avevo immaginato di non essere bene accolto, portando la squallida notizia. È per questo che ho i nervi tesi e ho bisogno di un tonico che me li calmi. Ciononostante, il mio fratellino ha ragione. Vi porgo le mie scuse, madre.»

La mamma si spostò fino alla poltrona e posò una mano sulla spalla di Bram. «Deve essere stato difficile sopportare il peso della notizia da solo. È un bene che tu infine sia qui.»

Max lottò contro l'impulso di rivolgere gli occhi al cielo mentre il fratello sollevava lo sguardo e le sorrideva con dolcezza. Quando lei gli diede un buffetto sulla guancia, sembrava che tutto fosse stato perdonato.

«Perché questo ricevimento è così importante per te?» gli chiese la madre.

«Come ho detto, la bambina piange senza sosta. Miss Slade non sa cosa fare e cerca il mio consiglio.»

«Forse, se assumessi una balia che fosse un po' più vecchia e con più esperienza...» mormorò Max prima che la madre e Bram lo interrompessero con un'occhiata di avvertimento. D'un tratto, gli sembrò di vedere svolgersi davanti a sé il passato, con pochi cambiamenti.

La madre scosse la testa con decisione. «Purtroppo, con questa recente notizia, anche i progetti di tuo fratello per trovarsi una moglie devono essere rimandati, forse fino alla prossima Stagione.»

«La prossima Stagione?» esclamarono con simultanea incredulità lui e Bram.

«L'usanza per il lutto di una suocera è di sei mesi e per un cognato di sei settimane.» La madre si spolverò le mani. «Temo che questa Stagione sarà finita per allora. La maggior parte delle famiglie sarà fuori città per la metà di giugno.»

Bram si sedette dritto e scoccò un sorrisetto a Max. «Poiché io ho già osservato il mio periodo di lutto e ho una bambina che ha bisogno di una madre, non vedo ragione per cui non possa cominciare subito la caccia.»

La madre arricciò le labbra mentre rifletteva, poi annuì. «È vero. Ci si aspetta che un vedovo con un figlio piccolo si risposi il prima possibile. Tuttavia, nessuno di noi si avventurerà in società finché non sarà passato un periodo adeguato. Non ci saranno balli, ricevimenti, cene, pranzi all'aperto, tè o...» Il suo sguardo si spostò su Max. «... visite.»

In altre parole, niente Juliet per il momento. Non vederla per una settimana intera? Impossibile. Come sarebbe sopravvissuto?

«Per molti gentiluomini quelle usanze sono accantonate, poiché hanno delle responsabilità e degli affari di cui occuparsi.» Max sentì crescere dentro di sé a tormentarlo il vecchio rancore, persino mentre lo assaliva il senso di colpa. Lottando contro quei demoni interiori, si ripromise di piangere la cognata, ma non quando era così vicino a ottenere ciò che desiderava di più.

«Ovvio che puoi dedicarti alle tue faccende, e dovresti portare Bram con te. Farà bene a entrambi.»

«Sembri davvero impaziente» osservò il fratello scrutandolo. «Sospetto che tu abbia messo gli occhi su una sposa, e ora sono curioso di sapere il suo nome.»

Max non avrebbe fatto alcuna dichiarazione in quel momento. Né avrebbe accennato al suo nome, soprattutto perché non era nemmeno sicuro di poterla convincere. «Non è nessuna che tu conosca quindi non sono affari tuoi.»