18

Il lutto grave era finito a Harwick House e Marjorie, vestita di color lavanda, accolse Zinnia e Juliet nell'atrio. Poi, conducendole in fretta nel salottino blu, cominciò a chiedere degli ultimi eventi come se fosse affamata di pettegolezzi.

Discutere delle recenti chiacchiere sull'alta società era solo un antipasto. Quando arrivò il tè, erano passate al piatto principale, che includeva dicerie sugli investimenti di Lord Pembroke nelle miniere d'argento e su quante persone avessero già acquistato delle quote. Benché Juliet avesse una sua opinione sulla faccenda, non fece alcun commento, perché voleva passare a un argomento più importante. Voleva solo sentire notizie di Max.

«Immagino che siate tutti impazienti di uscire» disse Juliet a Marjorie.

«Oh, cielo, sì! Anche se adoro avere i ragazzi di nuovo a casa, si comportano come animali in gabbia per la maggior parte del tempo, borbottano e si ringhiano contro di continuo.» Rise con tenerezza e scrollò la testa, facendo dondolare gli orecchini di granato. «In realtà, ero sicura che oggi sarebbero usciti non appena fosse sorto il sole. Invece, Saunders mi ha riferito che sono nello studio.»

Juliet cercò di non lasciarsi distrarre dal sapere che Max era lì e non stava facendo visita alla sua debuttante. Il suo sguardo, tuttavia, volò un paio di volte alla porta, mentre la loro conversazione proseguiva.

Qualche minuto più tardi, la balia bussò per informare Marjorie che la nipote aveva finito il suo pasto ed era vestita per stare in compagnia. Poco dopo, salirono nella nursery del terzo piano.

Marjorie fece saltellare la figlia di Bram, mentre decantava le sue numerose imprese, non ultima delle quali era il modo in cui balbettava suoni mentre indicava oggetti diversi, come se stesse conversando con loro. «Badate alle mie parole: parlerà presto, come suo padre, pronta ad affascinarci tutti.»

«E com'era Max da bambino? Ha iniziato presto anche lui a parlare?» si ritrovò a chiedere Juliet prima di riuscire a trattenersi.

Né Marjorie né Zinnia sembrarono pensare che fosse insolito da parte sua chiederlo, poiché la prima rispose subito: «No, per niente. Ha cominciato tardi. Ero così preoccupata che stavo per chiamare un medico. Ma poi, mentre lo tenevo in grembo aspettando che la carrozza partisse, ha indicato fuori dal finestrino e ha detto uccellino, chiaro come il sole. Non lo dimenticherò mai. Gli chiesi anche che cosa avesse detto e lui indicò di nuovo e ripeté: "Uccellino... vola"». Marjorie fece spallucce. «Suppongo che stesse solo aspettando di avere qualcosa da dire.»

Juliet sorrise, rapita dalla storia e desiderando che l'amica continuasse.

Ma l'istante successivo, la conversazione prese un'altra piega quando Marjorie le chiese: «Hai mai pensato di avere figli?».

«Io... be', cioè... di solito si aspetta di essere sposati per accarezzare simili idee...» La gola le si chiuse prima che potesse aggiungere: e non ho intenzione di risposarmi. Il che, di fatto, lasciò la parte più importante non detta.

La sua risposta tronca sembrò soddisfare Zinnia, poiché la cugina sorrise e rivolse il commento successivo a Marjorie. «Juliet ha assistito la Duchessa di Vale con la sua nursery questa settimana. Edith mi ha raccontato che sta riuscendo splendida.»

«Davvero?» domandò Marjorie con aria assente. Una particolare espressione vacua le attraversò il volto, come se i suoi pensieri vagassero altrove. Sbatté le palpebre davanti a Juliet, poi guardò Zinnia. «Perdonatemi, ma mi sono appena ricordata che ho dimenticato di parlare con Mrs. Shelly a proposito della biancheria che ho ordinato per Patrice. Bisogna tenere il passo con queste cose, d'altra parte. Ma mi piacerebbe la tua opinione, Zinnia. Saresti così gentile da accompagnarmi?»

«Certo.»

Quindi Marjorie esitò un altro istante, schioccando la lingua con uno sguardo impaziente alla porta. «Non riesco a immaginare dove sia finita Miss Slade. Juliet, non ti dispiacerebbe tenere mia nipote mentre Zinnia e io scendiamo di sotto, vero?»

«Ne sarei felice.» E prima che Juliet se ne rendesse conto, aveva in braccio una bambina dal profumo soave. Mentre le altre due uscivano, tuttavia, trovò alquanto sospetto che nessuno si fosse preso il disturbo di suonare il campanello per chiamare Mrs. Shelly. In effetti, riteneva tutti gli ultimi minuti bizzarri. Era come se Marjorie sperasse di destare un istinto materno in lei.

«Ma... man... ma... man... ma... man...» bofonchiò Patrice, picchiettando le manine grassocce contro le guance di Juliet. I palmi della bambina erano caldi e un po' umidi e creavano un risucchio. «Maman

Il cuore le si fermò. Fissò pietrificata un paio di innocenti occhi azzurri.

Oh, cielo...

Era possibile che Patrice stesse già parlando, ma nel suo dialetto francese. D'altra parte, considerate le strade che avevano preso i pensieri di Juliet tutta la settimana, era anche possibile che la mente le stesse solo facendo sentire voci. Anche se, d'un tratto, i discorsi a cui aveva accennato Lilah, sul destino e su Bram, filtrarono tra i suoi pensieri. Mettendoli insieme con lo strano comportamento di Marjorie, Juliet non poté fare a meno di chiedersi se la donna desiderasse un'unione tra lei e il figlio maggiore.

Con la mente vuota, vagò per la stanza mentre la testolina della bambina ballonzolava su e giù, assonnata. Guardando la sedia a dondolo, decise di farne buon uso per entrambe.

Fu dopo che Patrice si fu addormentata che Juliet alla fine scorse Max. Si era soffermato appena oltre la soglia e la fissava in silenzio. Poiché era in ombra, non riuscì a leggergli l'espressione o stabilire se fosse felice di trovarla lì.

«Buongiorno, Max» sussurrò, non volendo disturbare la bambina addormentata. «Come è andata la vostra settimana?»

«I sette giorni più lunghi della mia vita.» Pronunciò le parole con un lungo sospiro mentre si avvicinava. «Se non fosse stato per la richiesta di nostra madre di dedicarci solo a questioni d'affari, spero sappiate che vi avrei fatto visita.»

La notizia la fece sentire euforica. Finché non si ricordò della debuttante.

Finse indifferenza piegando il capo. «Sono stata comunque fuori casa, poiché ho trascorso la maggior parte del mio tempo con Lilah e a casa di Vale con Ivy e Gemma. Abbiamo scelto i colori per la nursery.» Poi abbassò lo sguardo sulla bambina di Bram e accarezzò i fini capelli biondi sulla sua testa. «Sembra che tutta la mia settimana sia stata un lungo assedio da parte di infanti.»

«Avete mai pensato di avere dei bambini vostri?»

Juliet avrebbe riso perché la stessa domanda le veniva posta da due diversi membri della famiglia, ma si ritrovò distratta. Perché in quel momento, immaginò come avrebbe potuto essere tenere in braccio il figlio di Max.

Non lo guardò quando rispose. «Causerebbe un vero scandalo.»

«Non se voi foste sposata.»

Se voi foste sposata... non se noi fossimo sposati, notò con una fitta al petto. Del resto, non si aspettava che lui le chiedesse di sposarlo. La conosceva troppo bene.

«Se dovessi risposarmi, come farebbe lo Standard a restare in affari?» Rise piano, poi incrociò lo sguardo di Max.

Lui la scrutò per un momento. «Non c'è alcuna debuttante, sapete? Ho solo detto che stavo corteggiando qualcuna nella speranza di ottenere misericordia dalle recenti domande di mia madre. Purtroppo, il tentativo è fallito.»

«Oh.» Il fiato le abbandonò tutto il corpo, lasciandola stordita, con lo stranissimo desiderio di gettare la testa all'indietro e gridare fino al cielo. La buona notizia fu che non era del tutto impazzita, poiché riuscì a reprimere quell'impulso. «Non ci avevo neanche pensato.»

L'angolo della bocca di Max si contrasse. «Ovvio che no. Altrimenti avrebbe significato che eravate gelosa.»

E se lei avesse ammesso di essere gelosa, allora tanto valeva che gli dicesse che lo amava. Ma sapendo come si sarebbe complicato tutto, riuscì a reprimere anche quella tentazione. «E come se la cava il vostro candidato?»

Max emise un altro lungo sospiro, scosse la testa e incrociò le braccia, come se lei avesse proposto un'altra sfida. «Molto bene. E il vostro?»

«Dirò solo che farete meglio ad assumere altri manovali per finire le ristrutturazioni a casa mia entro la fine del mese.»

«È così?» Lo sguardo gli si accese di colpo quando si abbassò sulla bocca sorridente di Juliet. «Forse potremmo continuare questa discussione in un luogo più appartato non appena ritorna la balia.»

Lo stomaco le fece una capriola e il cuore prese a batterle all'impazzata, in risposta alla sua affermazione e a più di una settimana di desiderio. Più di una settimana passata a chiedersi se sarebbe mai più stata tra le sue braccia. «Sarà una lunga discussione?»

«Senz'altro» promise lui, la voce roca mentre le si avvicinava di un altro passo. «In effetti, dovrete restare a cena e quindi permettermi di riaccompagnarvi a casa.»

Stava per ricordargli che c'era anche Zinnia, ma furono interrotti, rendendo la questione irrilevante.

«Lady Granworth, sembrate piuttosto a vostro agio con un bambino in grembo» commentò Bram mentre entrava nella stanza. Senza preoccuparsi di tenere la voce bassa per la bambina, aggiunse: «Max, perché non mi hai detto che avevamo ospiti? Il tuo amministratore e io abbiamo aspettato un quarto d'ora perché andassi a prendere il libro contabile che avevi detto di avere lasciato in camera tua».

Max fece spallucce. «E quando non l'ho trovato lì, ho pensato che forse lo avevo con me quando ho fatto visita l'ultima volta a mia nipote, ma non lo vedo nemmeno in questa stanza.»

Bram si accigliò, apparendo scettico, ma poi riportò l'attenzione su Juliet. «Mia madre mi manda a chiedervi se volete tornare per cena questa sera. A quanto pare, Lady Cosgrove è disponibile.»

Lei aprì la bocca per rispondere, ma Bram la interruppe.

«E giacché non abbiamo avuto compagnia per tutta la settimana, spero che ci penserete.» Poi, si chinò e prese in braccio la figlia con eccessiva disinvoltura. Non chiese nemmeno a Juliet di lasciarla andare. Le sue mani le sfiorarono le braccia e la parte superiore delle cosce, come se lui avesse il diritto di essere in confidenza con lei.

Tutto lo scambio di battute la mise a disagio. E quando guardò Max, lui aveva un'espressione truce, la mascella contratta.

Una volta liberata dalla bambina, scese dalla sedia e si mise tra i fratelli. Quella scena, a parte la bimba tra le braccia di Bram, sembrava fin troppo familiare. L'unica differenza era che in passato non aveva mai avvertito tanta tensione tra di loro.

Ma poiché Bram era andato lì su richiesta della madre, Juliet ebbe proprio l'impressione che Marjorie stesse cercando di combinare un matrimonio e con il fratello sbagliato. Forse se ne rese conto anche Max.

Invece di riflettere sulla gravità di quella scoperta, lei chinò il capo e si diresse alla porta, desiderando che la discussione con Max non fosse stata interrotta. «Grazie per l'invito. Ci penserò e comunicherò a Marjorie la mia risposta.»

Inaspettatamente, Max raggiunse Juliet poco dopo che lei ebbe svoltato il primo angolo. Era quasi come se avesse camminato piano solo per aspettarlo.

Poiché quel pensiero lo mise di umore migliore di quanto non fosse stato fino a qualche attimo prima, cambiò l'andatura per tenere il suo passo; poi, unendo le mani dietro la schiena, fece un cenno come si fa a un compagno di viaggio. «Ci stiamo allenando a camminare?»

Le labbra di Juliet si contrassero, ma lei tenne lo sguardo davanti a sé. «Zinnia afferma spesso che è inutile camminare se non lo si fa in maniera eccellente

«E il vostro passo cadenzato deve essere il motivo per cui non vi siete allontanata troppo da dove ci siamo visti l'ultima volta» dedusse lui. «Non può essere perché stavate aspettando che mi unissi a voi. O che speraste che vi nascondessi in una di queste stanze, così da poter continuare la nostra... discussione.»

Le sfuggì una risata sconvolta mentre ruotava la testa di scatto verso di lui. «Sapete benissimo che non possiamo.»

Max sorrise, notando come la voce le si fosse arrochita. La pelle del collo e sopra la scollatura di pizzo del vestito ricamato a fiori di loto iniziò a tingersi di rosa. «Non possiamo? Diamine, sembra una sfida. Dopotutto, sappiamo che possiamo... e anche piuttosto bene.»

«Max» lo ammonì lei, ma senza biasimo.

Poi lanciò un'occhiata alle proprie spalle e lui ricordò che Bram poteva raggiungerli da un momento all'altro. Quando se ne era andato con la scusa di cercare il registro, il fratello aveva già chiamato una domestica perché prendesse Patrice. Guardandosi intorno, Max scorse la porta di una stanza dove sarebbero potuti restare indisturbati per qualche tempo.

Le tese la mano. «Vi interessa vedere dove ho tenuto i miei primi dibattiti?»

Lei non esitò a mettere le dita nel suo palmo, ma chiese: «È davvero lì che mi state portando?».

Senza rispondere, Max la attirò a sé e le sfiorò le nocche con le labbra. Significava molto che lei si fidasse tanto di lui. Non c'era traccia di prudenza nel suo sguardo, ma solo un tenero sorriso sulla sua bocca. Se avesse saputo con quanta prontezza lui riusciva a immaginare di chiudere a chiave la porta accanto e di tenerla occupata per ore, sarebbe stata un po' guardinga.

Poiché Max rispettava la fiducia di Juliet, la condusse lungo un breve corridoio, dentro una stanza in cui aveva trascorso la maggior parte della sua gioventù. Chiuse le porte dietro di loro, girò la chiave, più per proteggere la reputazione che per sedurla. Sapeva che non avevano molto tempo prima che qualcuno si insospettisse per la loro assenza.

«Questa è la nostra stanza delle cianfrusaglie, dove vasi rotti, orologi che non segnano l'ora giusta, e sedie che hanno bisogno di una nuova imbottitura attendono di essere riparati.» Indicò i vari oggetti ammassati intorno alla stanza. E anche se non usava da qualche tempo la grande scrivania quadrata che si trovava al centro, Saunders si assicurava sempre che restasse sgombra.

Juliet fece scorrere la punta delle dita sulla superficie del sottomano di cuoio sbiadito. Poi si spostò dall'altro lato, di fronte a lui, e sollevò il coperchio del seggio di legno di betulla con i cardini di ottone.

«Dentro c'è una bibbia.» Dopo la scoperta, lei incrociò il suo sguardo, con espressione sia divertita sia curiosa. «È il vostro seggio, come quello che c'è in Parlamento?»

Lui strinse le spalle. «Ovvio. Questo era il mio Parlamento. Ogni ministro doveva onorare il privilegio del proprio incarico.»

In controluce davanti alla finestra, Juliet venne circondata da un tenue bagliore e un tenero sorriso le danzò sulle labbra. «Davvero usavate questa stanza per fare pratica con i vostri dibattiti?»

«Ne dubitate?»

Lei scosse piano, forse persino con affetto, la testa. «Per niente. In effetti, riesco a immaginarvi qui da bambino, con i capelli che vi ricadono sulla fronte, mentre vi scagliate contro il vostro oppositore immaginario. Scommetto che eravate davvero adorabile.»

Lui si schiarì la gola e raddrizzò le spalle. Nessun uomo, a qualunque età, voleva essere definito adorabile. Tuttavia, anche se gli si corrugò la fronte, avvertì il cuore martellare per il piacere. «Ero un temibile avversario, vi assicuro. Trascorrevo ore a sfiancare l'opposizione.»

«Ma era uno scontro equo?» scherzò lei, indicando lo spazio vuoto di fronte alla scrivania. «Dopotutto, non vedo un seggio per il vostro avversario.»

«C'è un secondo seggio. Solo che ci sono nascosti dentro i biglietti che contengono i nomi dei nostri candidati e Saunders lo ha chiuso sottochiave nella sua dispensa, in attesa della fine della nostra scommessa.» Un pesante silenzio scese su di loro, gravato dall'aspettativa. La scommessa presto si sarebbe conclusa e il legame che li aveva uniti si sarebbe reciso. Max sperava che tutti gli altri fili che li circondavano tenessero. Anche se quella mancanza di sicurezza lo frustrava. «Nonostante ciò, ho sempre discusso per entrambi gli schieramenti, per equità.»

La fronte di Juliet si increspò lievemente. «Non avevate nessuno che dibattesse con voi?»

Benché gli si scaldasse il cuore per la prova del suo interesse per il ragazzino che era stato, non voleva la sua pietà. «Preferivo avere questo spazio tutto per me. Inoltre, mio padre di solito usciva con Bram, per istruirlo su come essere un marchese e preservare la discendenza Engle.»

«E i vostri insegnamenti su come preservare la discendenza Harwick? Eravate il suo unico figlio, del resto.»

«E Bram era il figlio dell'uomo che lui ammirava di più» replicò Max in tono realistico. «Inoltre, è stato tanto tempo fa.»

Lei sollevò il mento, la bocca stretta in una linea decisa. «Se è passato tanto tempo, allora perché mi fa arrabbiare venirlo a sapere?»

Guardando il modo in cui la sua mano delicata si era stretta a pugno, Max si rese conto che Juliet non stava provando compassione per lui. Lo stava difendendo. Il respiro gli si bloccò in gola. Il suo fervore fece sbocciare una speranza tanto fragile da fargli bruciare il petto. Si strofinò la mano contro i bottoni del panciotto, proprio sopra il cuore.

Anni prima, aveva condiviso i suoi pensieri con lei, le sue passioni, i suoi obiettivi, ma aveva tenuto per sé quell'aspetto. Ora la situazione era diversa. Voleva raccontarle particolari che non aveva mai raccontato a nessuno. Ma in seguito.

«Proprio per lo stesso motivo per cui io mi scaglierei contro i vostri genitori per non avervi trattata come meritavate.» Girò intorno alla scrivania, le mise le mani sulle spalle e la fece voltare verso di sé.

Lei emise un sospiro a quel primo contatto. Che scosse anche lui. Sette lunghi giorni intrisi del bisogno di toccarla...

Vagò con i pollici sulla pelle nuda dietro il nastrino dell'orlo, accarezzando la sporgenza liscia della clavicola. Lei colmò lo spazio tra di loro, cingendogli la vita mentre gli appoggiava la guancia contro il torace. «Oh, Max, mi siete mancato.»

Max trattenne il fiato mentre la pacata ammissione strepitava in lui come una chiassosa esplosione di gioia. La vecchia Juliet non avrebbe rivelato tanto e in modo così schietto. Anche se non era una dichiarazione d'amore, quelle parole le si avvicinavano parecchio.

«Mi è anche mancato discutere con voi.» Lei rise piano e sollevò il viso.

Lui riusciva a stento a respirare. Sembrava che i suoi sogni si stessero finalmente avverando. «Non riesco a pensare a un motivo per discutere al momento.»

«Be', io posso senz'altro.»

Max sentì la fronte corrugarsi per la perplessità, prima che lei continuasse.

«Non mi avete ancora baciata.»

Le sorrise in risposta, facendole scivolare le mani lungo la schiena, seguendo la curva seducente della spina dorsale mentre le attirava i fianchi contro i suoi. «Potrei dire lo stesso di voi.»

Lo sguardo le cadde sulla sua bocca e vi rimase. Max aspettò che lei si prendesse quello che voleva. E, sorridendo, Juliet si alzò in punta di piedi e gli sfiorò le labbra con un tenero bacio.

Poi, prima che lei potesse scostarsi, Max le catturò la bocca con più urgenza. E non servì altro. Il desiderio tra di loro si accese come una miccia e rapide fiamme si alimentarono del loro desiderio congiunto. Le labbra di Juliet si inturgidirono sotto le sue, schiudendosi in un dolce invito. Le lingue si aggrovigliarono come se stessero creando nodi che li avrebbero tenuti lì, così, per ore.

I loro corpi si mossero come uno solo nei passi di una danza, lui avanti, lei indietro, finché non finirono contro la scrivania. Max la sollevò e si mise tra le sue cosce, l'erezione impaziente appoggiata al caldo recesso della sua femminilità. I fianchi di entrambi si mossero in simultanea, senza prestare attenzione agli strati di vestiti tra loro. Volevano solo dare sfogo al desiderio che era stato loro negato per più di una settimana.

Ma Max bramava più di un rapido sfogo. Voleva tutto di lei. Le sue abili dita si spostarono verso la fila di bottoncini sulla schiena di Juliet, mentre le faceva scorrere la bocca lungo la gola, fino a spingerla a mugolare di piacere.

«Che cosa state facendo?» gli chiese lei tra i respiri ansimanti.

«Vi sto togliendo il vestito.»

«E che cosa vi fa pensare che debba stare svestita nel vostro parlamento?»

La canzonatura innescò un'esplosione di fantasie che avrebbero esplorato in seguito. Ma per il momento... «Perché quando sono dentro di voi, non voglio impedimenti in mezzo. E nemmeno voi.»

Lei mugolò, concorde, mentre sigillava le sue labbra con le proprie. Proprio mentre lui raggiungeva l'ultimo bottone – accidenti a quelle minuscole perle! – un improvviso grido perforò l'aria. Il suono era così vicino che non fu una sorpresa sentire la voce di Miss Slade in corridoio, intenta a zittire Patrice e a promettere di trovare subito il padre della bambina.

Anche se gli strilli si spensero mentre le due si allontanavano, probabilmente verso le scale, la felice riunione di Max e Juliet era stata ormai interrotta.

Di nuovo, lei emise una risata sommessa mentre gli appoggiava la fronte alla spalla. «Per un attimo ho dimenticato che c'erano persone che ci aspettavano. Suppongo che dobbiamo essere grati che ci sia stato ricordato.»

«No, non dovremmo» brontolò lui, sapendo che l'occasione era persa. Anche se di certo sarebbe riuscito a convincerla, l'attimo di passione sfrenata e vulnerabile era svanito. E più di quanto desiderasse il suo corpo, Max desiderava che lei gli aprisse del tutto il suo cuore.

Incorniciandole il volto con i palmi, le baciò la fronte, il naso, entrambi gli angoli della bocca. Poi, sostenendo il suo sguardo, le prese la mano e se la mise sul cuore.

«Anche voi mi siete mancata, Juliet.» Pronunciò la frase con la stessa voce pacata, carica di promesse, che aveva usato lei e lasciò che le parole sedimentassero tra di loro; voleva che lei capisse e voleva tastare le acque per vedere se era pronta a sentire le vere parole che desiderava dire. Ti amo, Juliet...

Lei abbassò lo sguardo sul punto dove si trovava la sua mano e poi lo rialzò verso il volto di Max, sgranando appena gli occhi. Un grazioso rossore le permeava ancora la pelle, ma i seni le si stavano sollevando e abbassando in rapidi respiri spaventati. «Devo proprio andare. Zinnia si preoccuperà e io dovrò trovare una scusa.» Mentre parlava, lo spinse indietro di un passo, prima di scendere dalla scrivania.

«Non scappate» azzardò lui, trattenendole con delicatezza la mano. «Non questa volta.»

«Tornerò questa sera.» Gli rivolse un sorriso teso. Poi gli strinse le dita prima di sottrarsi alla sua presa e si voltò così che lui potesse abbottonarle il vestito.

Ovviamente, era stato troppo, troppo precipitoso. Ma, dannazione!, quanto a lungo doveva tenere quei sentimenti chiusi a chiave dentro di sé? Ricordarsi di essere paziente era ancora più difficile ora che percepiva che lei era più vicina ad accettare la verità di quanto non fosse mai stata. E cioè che era sua.

L'unico problema era che doveva fare in modo che Juliet lo capisse da sola.

Quando finì, lei si girò. Doveva avergli letto il dubbio e l'inquietudine nell'espressione, perché mise la mano sulla scatola ministeriale del suo seggio. «Lo prometto.»

Non era la risposta che aveva sperato, ma avrebbe dovuto accontentarsi per il momento.

Più tardi, quella sera, quando Max entrò in salotto e vide Juliet, si sentì un uomo che aveva tutto il mondo a portata di mano. Tutto sembrava possibile. Alla fine non era scappata.

In piedi accanto a Lady Cosgrove e sua madre, lei indossava un abito argentato che le ricadeva in maniera sensuale sulle forme. Il nastro blu che ornava il corpetto era della stessa tinta dei suoi occhi quando erano incupiti dal desiderio. Ed erano passate fin troppe ore da quando lui aveva visto quella particolare sfumatura.

«Cosa vi rallegra tanto, Max?» chiese Juliet, avanzando di un passo verso di lui. Dietro di lei, sua madre continuava a mettere in mostra Patrice con l'amica, mentre Miss Slade restava accanto alla porta, forse aspettando che Bram si facesse vedere. «O è sorpresa quella che vedo?»

Lui incrociò il suo sguardo, desiderando di avere la libertà di prenderle la mano, di attirarla vicino. «A un uomo non è permesso esprimere piacere senza che ci sia un motivo?»

Le labbra di Juliet si contrassero in un sorriso sarcastico. «Provo pietà per i vostri avversari in Parlamento, perché non riceveranno mai da voi una risposta diretta.»

Forse, pensò lui, ammirando la sua arguzia. Ma qualunque candida risposta avesse deciso di darle, lo avrebbe costretto a mettersi in ginocchio. «A volte è meglio girare intorno a un argomento, che finirci dritti sopra.»

«Preferite un cerchio infinito, vero? Ritrovarvi sempre all'inizio?»

Lui si prese un attimo per riflettere. «Rivisitare l'inizio di qualcosa permette una migliore prospettiva.»

«Uhm... credo che abbiate ragione. Dopotutto, è per questo che voglio vivere nella mia residenza di città. Vorrei ritrovare una certa parte della mia vita.» Aprendo il ventaglio, spostò lo sguardo sulla porta, proprio nell'attimo in cui Bram entrò nella stanza. «Tuttavia non significherebbe tanto, se non avessi la mia indipendenza.»

A Max sfuggì un basso gemito di frustrazione, anche se nessuno avrebbe potuto sentirlo perché l'improvviso pianto di Patrice pervase la stanza. Ciononostante, tutto quello a cui lui riusciva a pensare era che in qualche modo era finito per tornare all'inizio con Juliet, l'ultima cosa che avrebbe voluto.

Invece di occuparsi della figlia, il fratello andò verso la credenza, con Miss Slade al seguito, che gli chiedeva che cosa dovesse fare. In risposta, si udì al di sopra del pianto l'imprecazione di Bram.

«Il suono si diffonde bene in questa stanza, vero?» sussurrò Juliet da dietro il ventaglio, lanciando uno sguardo comprensivo alla bambina. «Perdonatemi, Max. Credo che a Miss Slade serva qualche istruzione.»

D'impulso, lui allungò il braccio per fermarla, ma lei si allontanò prima che riuscisse ad afferrarle la mano. Per fortuna, sembrava che nessuno lo avesse notato.

Dall'altro lato della stanza, Juliet mormorò qualcosa a Miss Slade, che fece un inchino e portò fuori la bambina dal salotto. Avvenne tutto con grazia e compostezza. Ma, per qualche ragione, Max rabbrividì per la disinvoltura con cui lei si era presa carico della bambina al posto di Bram.

Dopo la loro breve conversazione, un familiare presentimento lo pervase, per quanto cercasse di scrollarselo di dosso con forza. Sopra ogni cosa, Max sperava che il piano di aspettarla funzionasse e che l'attrattiva di rivivere il passato sbiadisse.

Dal ritorno di Bram, tuttavia, l'istinto gli diceva che non era una buona idea lasciare la situazione irrisolta tra lui e Juliet.

Non si fidava affatto dei programmi del fratello.