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Dopo la partita fantasma del ’73, le strade dell’Unione Sovietica e del Cile si incrociano di nuovo nel 1976, in occasione della sessantacinquesima edizione della Coppa Davis. La squadra cilena deve giocare la semifinale dal 24 al 27 settembre a Mosca, sul sintetico, superficie che avrebbe concesso un netto vantaggio ai russi guidati dal georgiano Alex Met’reveli, numero 9 del mondo e finalista a Wimbledon nel 1973, sconfitto dal cecoslovacco Jan Kodeš. Ma le autorità sovietiche decidono il boicottaggio della manifestazione e lo annunciano alla federazione internazionale con un comunicato nel quale si sottolinea «l’indignazione per gli orribili crimini» commessi dalla giunta militare del Cile, «paese nel quale regna il terrore sanguinario e i diritti umani sono gravemente violati».

L’Urss, evitando con una sconcertante e ipocrita capriola politica di veder riflessa l’immagine dei suoi gulag in quella dello stadio Nacional del Cile, rifiuta di ospitare la formazione sudamericana e respinge l’alternativa di disputare il match in campo neutro.

Juan Carlos Esguep, il presidente della federazione cilena, non si arrende e tenta di convincere i vertici internazionali che si tratta soltanto di un incontro di tennis e che lui e l’organismo che sovrintende non hanno nulla a che vedere con il governo di Pinochet.

In realtà ha da poco avuto un incontro con il Generale, al quale ha assicurato che l’Unione Sovietica sarà punita molto severamente dalle massime autorità sportive internazionali per l’affronto provocato al governo del Cile: «Mi lasci maneggiare i fili del tennis, questi russi li faremo a pezzi» ha detto al Generale. Pinochet lo ha ascoltato guardandolo fisso dietro le spesse lenti affumicate da miope. «Faccia ciò che ci è più conveniente» gli ha risposto. Subito dopo lo ha congedato.

Esguep sollecita una riunione urgente con il presidente della Itf (International Tennis Federetion) Derek Hardwick e il segretario della Coppa Davis David Gray. Il vertice si tiene a New York, in un albergo di fronte a Central Park. Si rivela ben presto infruttuoso. I russi non cambiano idea.

Il 21 settembre a Washington l’ex ministro degli Esteri di Allende, Orlando Letelier del Solar (tra i primi a essere arrestato e torturato dopo il colpo di stato) e la sua segretaria americana Ronnie Moffitt muoiono nell’esplosione di una bomba collocata sotto l’auto del dirigente dell’Unidad Popular. La regia dell’attentato è degli agenti della Dina, i servizi segreti di Pinochet, probabilmente coperti dalla stessa Cia nell’ambito dell’Operazione Condor che si prefigge l’azzeramento anche al di fuori dei confini del Cile dei dissidenti al regime fascista.

Preso atto che il vertice di New York è naufragato e non vi sono ulteriori vie d’uscita, Esguep e il tesoriere Gabriel Rodríguez si spostano direttamente a Roma per assistere all’altra semifinale tra l’Italia e l’Australia.

Ed è proprio in quegli stessi giorni che a Roma Nicola Pietrangeli intuisce il clima che si sarebbe venuto a creare nel paese nell’eventualità di una vittoria degli azzurri contro gli australiani e compie la sua prima mossa. «Considero buffoni» dice «coloro che mescolano la politica con lo sport. E, sia chiaro, non mi riferisco solo al caso Urss-Cile, ma a tutti quelli che l’hanno preceduto e quelli che purtroppo lo seguiranno, da qualunque parte venga lo sfruttamento dello sport a fini politici. I buffoni sanno benissimo che con il loro atteggiamento non aiuteranno l’evoluzione o il cambiamento della situazione che vogliono colpire, ma che l’unico risultato sarà di causare danno allo sport. Quanto poi alle proteste che potrebbero sorgere in Italia in merito alla nostra possibile trasferta in Cile voglio subito precisare la mia posizione: sarebbe più utile occuparsi dei panni sporchi che nascondiamo in casa prima di lavare quelli degli altri».

Il Cile, intanto, ripulisce i suoi. Allo stadio del tennis di Santiago cominciano i lavori per l’ampliamento del campo principale, la cui capienza viene portata da 4500 a 6600 posti. La grande insalatiera d’argento arriva dalla Svezia e dall’aeroporto al caveau della Banca Centrale viaggia sul sedile posteriore del Maggiolino Volkswagen di Gabriel Rodríguez. Il sindaco di Santiago Patricio Mekis chiede e ottiene da Pinochet l’autorizzazione a esporla davanti al municipio. I cittadini possono ammirarla, accarezzarla. La macchina di propaganda del regime si è messa in moto.