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Essex, 1987

Maggie si alza dal letto e spegne la televisione. «Ti verranno gli occhi storti.»

Vivo qui da un bel po’, ormai, ed è una cosa che dice spesso, per cui appena posso vado a controllare allo specchio di avere ancora gli occhi dritti. Continuo a fissare lo schermo anche se è spento. C’è una ragazzina riflessa, sembra la mia ombra. Sorride se sorrido, si alza se mi alzo ed è triste quando sono triste. Non vedo cosa fa quando mi giro e me ne vado, ma a volte penso che rimanga nello schermo e mi guardi.

«Lo sai qual è la cosa più bella del Natale?» mi chiede Maggie.

Me l’ha detto prima, che oggi è Natale, però me lo ero dimenticato e non rispondo.

«Le sorprese!» Mi lega uno dei suoi reggiseni intorno alla testa, come fosse una benda.

Le sorprese di Maggie non mi piacciono sempre. Mi fa alzare e poi mi guida fino alla stanza nella quale non sono mai entrata. È sempre chiusa a chiave e ho un po’ paura di cosa ci sia dentro. Sento Maggie che tira fuori il grosso mazzo di chiavi e poi apre la porta. Mi fa entrare. È tutto buio, ma sotto i piedi sento la moquette morbida, come nella mia stanza. Maggie mi toglie la benda dagli occhi, cosa di cui sono contenta, ma non vedo comunque niente fino a quando non apre le tende.

La stanza è bellissima, sembra la baita di Babbo Natale che c’è dentro il Dunnes Stores a Galway. C’è una carta da parati a fiorellini bianchi e rossi e la moquette rossa sul pavimento. C’è un grande divano rosso pieno di cuscini e il camino sembra quello che abbiamo a casa. Dal soffitto bianco pendono festoni di carta e in un angolo della stanza c’è un abete enorme pieno di palline di Natale e con una grande stella argentata sulla punta. La cosa più bella è che sotto l’albero ci sono tantissimi regali. Non ne ho mai visti così tanti.

«Avanti, vai a vedere se qualcuno di quei regali è per te.» Maggie ha una maglietta bianca lunga fino alle ginocchia con una faccia sorridente stampata sopra, ma mi sembra che batta i denti. A guardarla così mezza nuda, fa venire da battere i denti anche a me. Si vede che il freddo qua dentro è contagioso come la tosse o il raffreddore. Preme un interruttore accanto al camino, in cui si accende la fiamma. Quindi non è fuoco vero, è finto. Poi Maggie preme un altro interruttore e si accendono tutte le lucine colorate sull’albero. È bellissimo. Poi però si spengono sia le lucine sull’albero sia la fiamma nel camino e Maggie cambia espressione: da felice diventa arrabbiata. «E che diamine, John! Doveva essere tutto perfetto.»

Mi giro e vedo che c’è John sulla porta. Non sapevo che fosse lì. Spunta sempre fuori quando non te lo aspetti. «Non perdere subito le staffe», dice, infilandosi le mani in tasca per poi sparire in corridoio. Che cosa scema da dire: Maggie non ha le staffe.

C’è una cosa che si chiama «contatore» che vive dentro il grande armadio in cima alle scale. Lì dentro ci vivono pure l’asse da stiro e l’aspirapolvere, anche se non li usiamo mai. Se non si mettono abbastanza monete da cinquanta centesimi dentro la pancia del contatore, va via l’elettricità. Deve avere sempre la pancia piena, come i cuccioli di drago. Evidentemente John è andato a dargli da mangiare, perché si riaccendono sia le lucine, sia la fiamma del camino.

A Maggie è tornato il sorriso, uguale a quello della faccia che ha stampata sulla maglietta. «Su, vai.»

Mi avvicino all’albero e mi inginocchio. Tutti i regali hanno una targhetta attaccata col nastro. Ne guardo una e c’è scritto Aimee. Ne guardo un’altra e c’è scritta la stessa cosa. Ma tutti i regali sono coperti di polvere, come se stessero qui per terra da chissà quanto tempo. Mi guardo intorno e noto che tutto quanto nella stanza è coperto di polvere.

John si accende una sigaretta e si siede sul divano. «Non li apri? Non mi pare ci sia qualche altra bambina che si chiama Aimee, qui dentro, no?»

Mi guardo intorno e in realtà un’altra bambina la vedo, in foto, dentro una cornice sul camino. Mi assomiglia, anche se sembra un po’ più grande. Ha i capelli lunghi come i miei.

Maggie mi vede che guardo la foto e la mette a faccia in giù. «Apri i regali.»

Prendo il regalo più vicino a me e mi sporco di polvere le mani e il pigiama. Lo apro piano, staccando ogni singolo pezzetto di scotch e facendo attenzione a non strappare la carta. Dentro c’è qualcosa che mi sembra lana arancione. John mi scatta una foto con la sua Polaroid, una cosa che gli piace un sacco fare. Mi scatta foto in continuazione: quando sono in negozio, in camera, nella vasca da bagno. Non credo che siano molto belle, le foto che fa, perché poi non le mostra mai né a me né a Maggie.

«È Iridella, la tua preferita! Ti piace?» mi chiede Maggie. Io annuisco, anche se non so chi sia Iridella. L’ho vista solo sul copriletto e sulla carta da parati della mia cameretta. «Bene, dai. Aprine un altro.»

Il regalo dopo è una scatola rossa.

«È un mangianastri nuovo della Fisher-Price, così ci puoi ascoltare tutte le cassette dei Raccontastorie, visto che ti piacciono tanto. Non romperlo, stavolta, mi raccomando.»

Ma io non ho rotto niente.

«Come si dice?»

Ci penso bene prima di rispondere, perché Maggie si arrabbia molto se sbaglio. Quando credo di sapere qual è la risposta giusta, la guardo e le dico: «Grazie, mamma».

Poi prendo un altro regalo, sperando di avere ancora il permesso di aprirlo.

Lei mi sorride. «Prego, tesoro.»