Essex, 1988
Ho cercato di mettermi a dormire, come mi ha detto Maggie, ma ogni volta che chiudo gli occhi vedo i tre uomini cattivi coi cappucci neri che urlano davanti al negozio.
Non sapevo che Maggie avesse una pistola.
Credevo che ce l’avessero solo le persone cattive.
Mi fischiano ancora le orecchie, ed è come avere dei campanellini nella testa. Ci ho pensato un sacco e mi sono convinta che Maggie abbia mancato di proposito l’uomo che mi teneva, voleva solo dargli un avvertimento. Tiro il piumone sopra la testa per sentirmi più al sicuro. Fa caldo, però non smetto di tremare.
Maggie e John hanno discusso parecchio, stasera, anche più del normale. Stanno ancora litigando, ma lo fanno sottovoce, pensando che non senta. Devo andare in bagno e per farlo dovrei passare davanti alla loro stanza e ho troppa paura. Ho anche paura di bagnare il letto, se non ci vado. Allora mi alzo e mi avvicino alla porta cercando di non fare rumore. La moquette rosa è morbida sotto i miei piedi. Appoggio l’orecchio alla porta per cercare di capire cosa si stanno dicendo.
«Te l’avevo detto, che dovevamo trovare un posto più lontano», dice Maggie.
«E io te l’ho già detto, che non avrebbe fatto nessuna differenza. Che razza di uomini farebbe una scena del genere davanti a una bambina?»
«Quelli con cui abbiamo a che fare noi. Ti avevo chiesto di non portare Aimee. L’hai messa in pericolo.»
«Be’, se è per questo non ho portato Aimee. Come avrei potuto? Aimee è morta.»
Sento volare uno schiaffo. Non sono morta. Torno a letto e mi rinfilo sotto il piumone. Qualche secondo dopo, la porta della mia stanza si apre e io trattengo il respiro. Così credo di rendermi invisibile. Invisibile, ma non morta. Sento qualcuno che si avvicina al letto e spero che sia Maggie, non John. A volte di notte lui viene nella mia camera. Penso che si preoccupi che io abbia troppo caldo perché mi toglie sempre la coperta. Lo fa piano e in silenzio, come se non volesse svegliarmi, e allora io faccio finta di dormire, anche se sono sveglia. A volte porta la Polaroid e io vorrei tanto sapere che foto possa fare al buio. A volte sento altre cose.
Qualcuno alza le coperte e poi si mette a letto con me. Mi mette il braccio intorno alla pancia e mi bacia la testa. So che è Maggie perché riconosco il suo profumo. Lo chiama «numero cinque» ed è buono. Chissà se sono buoni anche gli altri numeri. Mi stringe troppo forte e mi fa un po’ male, ma non dico niente. Piange e mi bagna il collo con le sue lacrime.
«Non ti preoccupare, tesoro. Nessuno ti farà mai del male, non finché ci sono io.»
Credo che lo dica per farmi sentire meglio, però succede il contrario. La mia prima mamma è morta il giorno in cui sono nata, Maggie potrebbe morire in qualsiasi momento e io resterei sola. Dopo un po’ smette di piangere e si addormenta. Lo capisco perché dalla bocca le escono dei rumori strani che compongono una strana melodia coi campanellini che ho nella testa. Anche io provo a dormire ma non riesco a smettere di pensare a Maggie che muore, a quei tre uomini cattivi che tornano e al fatto che non ci sarà nessuno a salvarmi.