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«Lo sa?» È un sussurro che esce dalle mie labbra in quella stanza gelida.

L’ispettrice Croft appoggia i gomiti al tavolo. Oggi è senza il suo compare. L’espressione sul suo giovane volto, come sempre, è impossibile da decifrare. «Sì, so che non è stata lei a uccidere suo marito.»

Finalmente. Se non fossi così esausta e arrabbiata, potrei scoppiare a ridere o a piangere.

Quant’è assurda, a volte, la vita: ti lancia un salvagente proprio quando sei lì lì per affogare e la tua testa è quasi del tutto sommersa in un mare di guai.

«Conosce quest’uomo?» Appoggia l’iPhone sul tavolo e lo fa scorrere verso di me.

È la stessa foto che ho visto sull’articolo della TBN. «No. Chi è?»

«Ben Bailey.»

«Questo non è mio marito.»

«No, non lo è. Ma è il suo nome, ed è il suo corpo che è stato trovato in giardino. La TBN ha confermato che è il Ben Bailey che lavorava per loro e il catasto ha confermato che la casa che lei ha comprato è appartenuta a lui per dieci anni. Quest’uomo è morto e sepolto da più di due anni, anche se prima si trovava altrove. Si è tolto la vita dopo aver perso il lavoro ed è stato sepolto in Scozia, prima che qualcuno decidesse di dissotterrarlo e nasconderlo sotto le tavole del giardino di casa sua. Ci sono cose che capisco, di questo caso, però sono più quelle che mi sfuggono. Non capisco cosa c’entri lei in questa storia, tanto per cominciare.» Mi guarda, come aspettandosi che le dica qualcosa.

Sono troppo occupata a elaborare ciò che mi ha appena detto e a dare un senso a una faccenda che non sembra averne. Mi pare impossibile che sia vero, invece lo è. Nella mia testa si mescolano i pensieri e i sentimenti più disparati e non riesco a raccapezzarmi.

«C’è qualcuno che si è dato parecchio da fare per metterla nei guai.»

L’odio che provo mi scioglie la lingua. «E lei c’è cascata. Ho provato a dirle che volevano incastrarmi, ma lei non ha voluto credermi.»

«La sua versione dei fatti era poco credibile.»

«Ha preso una cantonata!»

La vedo prendere in considerazione l’ipotesi che le ho appena profilato, però subito dopo la scarta, perché non le si addice.

«Adesso cosa succede?»

«Verrà rilasciata. Non possiamo tenerla dentro per l’omicidio di un uomo che era già morto.»

«Dopodiché?»

«Be’, ci metteremo alla ricerca della persona che ha finto di essere Ben Bailey, l’uomo che l’ha sposata usando il certificato di nascita di un defunto e che l’ha convinta a comprare la sua casa. Se vogliamo cominciare a capirci qualcosa, sarebbe utile almeno individuare il movente. Per quale motivo una persona si sarebbe dovuta spingere a tanto per farle del male?»

«Non lo so.»

«Se l’uomo con cui era sposata non era Ben Bailey, allora chi era?»

«Non. Lo. So.»

Mi osserva per qualche secondo e pare giungere alla conclusione che sto dicendo la verità. «Come l’ha conosciuto?»

«Su un sito d’incontri.»

«Lei era su un sito d’incontri? Col suo vero nome?»

«Sì. Ma era prima che ottenessi il mio primo ruolo importante. All’epoca il mio nome non significava niente per nessuno.»

«Chi ha contattato chi?»

«Lui ha contattato me.»

«Allora è evidente che per lui il suo nome significava qualcosa. Chiunque le abbia fatto tutto questo, lo stava pianificando da tempo. Forse ha usato il sito di incontri per trovarla. E le ha detto da subito che si chiamava Ben Bailey?»

«Sì.»

«C’era almeno una foto dell’uomo che poi ha sposato, sul suo profilo?»

«Sì, certo.»

«Bene, allora andremo a controllare se c’è ancora. Credo che il motivo per cui non è riuscita a trovare nessuna foto di suo marito, quel giorno, è perché lui le aveva fatte sparire. E sosteneva di lavorare alla TBN?»

«Sì, e più volte ci siamo incontrati là davanti.»

«Ma non è mai entrata? Non ha mai conosciuto i suoi colleghi?»

«No.»

«E i suoi parenti?»

«Non ne aveva più. Era una cosa che avevamo in comune.»

«E non ha mai conosciuto nessuno dei suoi amici?»

«Diceva che erano tutti in Irlanda. Non si era trasferito da molto a Londra ed era così impegnato che era verosimile che non avesse tempo di farsene di nuovi.»

«Perché ha accettato di sposare un perfetto sconosciuto dopo solo due mesi?» Mi guarda come se fossi la persona più stupida e patetica che le sia mai capitato di incontrare.

In questo momento le do ragione, in effetti. Avrei dovuto lasciarlo tanto tempo fa, ma ero troppo attaccata a quello che pensavo di volere: la possibilità di ricominciare. Se mi trovo in questa situazione, è tutta colpa mia. Il passato ci condiziona solo se glielo permettiamo. «Diceva che avevamo già perso troppo tempo. Diceva che non aveva senso aspettare perché avevamo trovato l’anima gemella.»

L’ispettrice Croft ha l’aria di qualcuno che sta per vomitare. «È chiaro che si è fatta un nemico, là fuori. La stalker cui mi ha accennato... mi ha detto che si faceva chiamare Maggie, giusto? Questo nome significa qualcosa per lei?»

«Maggie è morta. Non può essere Maggie. L’ho vista morire coi miei occhi.»

Lei si poggia allo schienale della sedia e sembra valutare bene le parole che sta per pronunciare, il che mi dà la certezza che non voglio sentirle. «Ho letto di quello che è successo ai suoi genitori quand’era bambina...»

Sono un po’ scossa. Non ne voglio parlare. Non posso. Non l’ho mai fatto e mai lo farò. Me lo ha detto lei.

«So com’è morta sua madre. Dev’essere stata un’esperienza terribile.»

«Anche mio padre è morto», dico, ripetendo a memoria le mie battute.

«John Sinclair?»

«Esatto.»

«John Sinclair non è morto durante quella rapina. È stato in ospedale per tre mesi e poi è andato in prigione.»

«Cosa? No. John è morto. Gli hanno sparato due colpi alla schiena. Io c’ero.»

L’ispettrice Croft prende l’iPad, cerca qualcosa e poi legge a voce alta: «’John Sinclair è stato condannato a dieci anni di reclusione nel penitenziario di Belmarsh e ne ha scontati otto’».

Cerco di starle dietro. «Per cosa?»

«Ha ucciso i rapinatori con un’arma illegale. La pistola che gli hanno trovato in mano è stata poi collegata ad altri tre gravi crimini.»

John è vivo. John è andato in prigione per colpa mia. Gli ho messo io la pistola in mano. «E dove si trova adesso?»

«Non lo so. E non so più che cosa pensare di questo caso.» Si alza e fa cenno alla guardia perché la faccia uscire.

«È tutto?»

«Per ora sì.»

«Be’, e dove dovrei andare, adesso?»

Lei alza le spalle. «A casa.»

Evidentemente non capisce che una casa non ce l’ho.