Quando Maggie rientra a casa, non si ricorda quasi niente del viaggio di ritorno dalla clinica. Tornare in un appartamento freddo e vuoto dopo una notizia del genere non è proprio l’ideale, però non ha nessuno con cui poterne parlare. È in momenti come questi che vorrebbe almeno un cane: ha sempre preferito gli animali alle persone, perché gli animali sanno cosa sono. Si sente più piccola. Come se la fragilità che ha scoperto di avere l’abbia fatta rimpicciolire.
Ha fame, ma non può mangiare, non adesso. Sapere che la fine è vicina forse è peggio della fine in sé. I suoi genitori non sapevano che il loro tempo era finito, e si chiede cos’avrebbero fatto se lo avessero saputo. La risposta è una sola parola: tutto. Quando le cose sembrano non andare bene, bisogna solo cambiare prospettiva, pensa, arrivando a una conclusione più positiva: Questa condanna a morte è l’unica opportunità che ho per sistemare le cose prima che sia troppo tardi.
Alla fine decide di mangiare lo stesso, sapendo che avrà bisogno di tutte le sue forze per portare a termine il piano. Il frigo è quasi vuoto, per cui decide di mangiare fagioli e pane tostato. «Mi sembra una buona scelta, tutte proteine», dice mentre svuota il barattolo nel pentolino.
Dopo aver mangiato, accende il camino per scaldare un po’ la casa. Forse dovrebbe anche bruciare tutto quello che non vorrebbe trovassero dopo la sua morte. Nella fretta ha dimenticato di mettersi i guanti, e prendendo un ciocco di legno le s’infila una scheggia nel dito. Cerca di toglierla con un paio di pinzette, ma si rompe e ne rimane un bel pezzo sotto la pelle. Smette di pensarci e prende un cerino, con cui dà fuoco a un mucchietto di giornali con qualche ramoscello secco, poi guarda tutte quelle parole inutili che bruciano. Senza volerlo si ritrova a sorridere. La vita deve aver spostato i pali della porta mentre lei non guardava, ma è sicura che, se aggiusta il tiro, riuscirà comunque a segnare.
Maggie ha qualche rimpianto, ma non ne vuole parlare con nessuno, nemmeno con se stessa. Avendo vissuto una vita di bugie, le sembra un po’ tardi per cominciare a dire la verità. Controlla le sue mail e anche quelle di Aimee. Ha tutte le password. Può anche sapere esattamente dove si trova grazie al localizzatore satellitare che le ha installato sul cellulare. Lo sapeva, che lei e Jack Anderson avevano una relazione. Li immagina mentre scopano e stringe forte le palpebre per scacciare via quel pensiero. Puttana. Maggie ha fatto una soffiata a un giornalista ed è contenta di vedere che l’articolo è già online. Jennifer Jones si è rivelata un grande aiuto, finora.
Maggie chiude il portatile e si siede davanti al camino acceso, cercando di non dare ascolto a tutti i pensieri che le affollano la mente e fanno un gran baccano. Forse è perché il suo viaggio sta giungendo al termine. Si guarda intorno e pensa che nella vita non ha concluso molto. Gli occhi si posano sulla pila di lettere mai aperte sul tavolino: rettangoli di carta bianca con finestrelle trasparenti dentro cui si legge il suo nome.
Maggie O’Neil.
Il fatto è che quello non è il suo vero nome.
Sapere il nome di una persona non vuol dire conoscerla.
Ormai è così tanto che lo usa che a volte dimentica che non è il suo, è di seconda mano, l’ha preso in prestito, l’ha rubato. Chissà se capita anche a Aimee. Maggie guarda il fuoco e comincia a pensare di avere molte più cose in comune con gli altri di quanto credeva. Nasciamo soli e moriamo soli, e ci spaventa un po’ il pensiero di essere dimenticati.
Maggie non è sempre stata Maggie.
Maggie è dovuta diventare qualcun altro per potersi nascondere.
Non troverai mai una farfalla se cerchi solo un bruco.
Non appena si ricongiungerà con Aimee, Maggie tornerà a essere ciò che era prima.