All’inizio mi sembra Maggie, la Maggie di quando ero bambina.
La stanza è in penombra. L’unica luce proviene dal camino e dalle candele, che non riescono a illuminare bene il viso della persona davanti a me. Inizia a cantare, con una vocetta stridula e l’accento irlandese, completamente stonata. Quando i miei occhi si abituano alla semioscurità, capisco che la mia mente mi gioca di nuovo un brutto scherzo. Sembra Maggie, ma non è lei.
«Chi sei?» Cerco di alzare la voce per farmi sentire sopra la musica.
Lei ride, e il sorriso è la prima cosa che riconosco. Fa un passo in avanti, si toglie la parrucca e poi la butta tra le fiamme. La sento bruciare e scoppiettare. La donna che avevo davanti un attimo fa scompare, e una frastornata confusione s’impossessa della mia mente e del mio corpo.
«Ora va meglio? Che razza di moglie non riconoscebbe suo marito?»
L’uomo che è apparso ha una faccia diversa, però gli occhi sono ancora gli stessi, nonostante il trucco pesante.
«Ben?»
«Provaci ancora, tesoro. Il mio nome non è Ben Bailey. Come il tuo non è Aimee. Forse hai bisogno di rileggere la lettera?»
Abbasso gli occhi sul foglio spiegazzato. «Eamonn?»
Sorride e batte le mani inguantate. «Finalmente.»
Cerco di dare un senso a quello che sta succedendo.
La stalker che mi perseguitava era mio marito, travestito da donna.
Lo stesso uomo, mio marito, mi ha appena detto di essere mio fratello.
Comincio a tremare, nonostante il fuoco acceso nel camino. Ho la nausea. Quando lui si avvicina, d’istinto indietreggio. Sembra lui, ma allo stesso tempo non lo è.
«Ti sono piaciute tutte le cartoline che ti ho mandato?»
Non rispondo. Non riesco a parlare.
«Io ti scrivevo: ’So chi sei’. E tu non capivi chi ero io! Ironico, se ci pensi.»
«Il tuo viso...»
«Ah, il naso? Ti piace? Me lo sono fatto fare uguale a quello di Jack. È bastato portare delle foto. Mi sono fatto togliere anche le borse sotto gli occhi... ah, quante cose ho fatto per te. Hai visto la foto della polizia? Sono andato da loro subito dopo l’operazione e mi sono fatto fotografare con gli occhi neri e la faccia gonfia, per fargli credere che fossi stata tu a ridurmi in quel modo. Adesso è passato quasi tutto. Mi sta bene questo naso, che ne dici? Sembro. Proprio. Uguale. A. Jack.»
«Perché?»
«Perché sei innamorata di lui e io invece volevo che amassi me! Perché io ti amavo!»
Faccio un altro passo indietro.
«Vieni qui.» Mi prende le mani come se volesse mettersi a ballare un assurdo valzer al ritmo di musica.
La canzone finisce, ma continua a risuonare nella mia testa. Cerco di liberarmi e comincio a piangere, mentre lui mi stringe più forte e canticchia.
«Ti prego, smettila.»
«Smetterla? Tesoro, abbiamo appena cominciato. Finché morte non ci separi, ricordi? Che ne dici delle foto, ti fanno sentire a casa?»
Seguo il suo sguardo e vedo la foto del nostro matrimonio e quella in bianco e nero che ritrae un bambino.
«Dove hai trovato la foto di John da piccolo?»
La sua faccia dipinta come quella di un clown è sorpresa. «Chi trova tiene, no?»
«Non capisco.»
La sorpresa si trasforma in rabbia. «Ho preso le sue cose perché lui l’ha aiutata a portare te via da me. Maggie O’Neil era già morta quando mi hai scritto quella lettera, ma lui no, e allora l’ho cercato. Anche se, a dire la verità, è morto poco dopo che l’ho trovato.» Si mette a ridere e ricomincia a stringermi, come fossimo due ballerini in un film dell’orrore. «Per molti anni, dopo che sei sparita, ho pensato che fossi morta anche tu. Ti sei mai chiesta cos’è successo alla vera Aimee Sinclair? La bambina di cui hai preso il posto?» Mi prende la testa tra le mani e mi costringe a guardarlo in faccia. «Ho costretto John a raccontarmi tutto prima che morisse. Si è trattato di un incidente, a quanto pare. Gli ho detto che lo avrei risparmiato, se mi avesse detto la verità, però poi non ho potuto farlo. Occhio per occhio.» Mi gira la testa e mi sussurra all’orecchio: «L’hanno uccisa e poi sono andati a sotterrarla alla Epping Forest. L’ho costretto a farmi vedere dove. Quel bastardo aveva pure intagliato l’iniziale del nome della bambina sul tronco dell’albero sotto cui l’avevano messa. Adesso è lì pure lui, a farle compagnia».
Lo spingo via e corro alla porta.
«Ho comprato questa umile dimora per te poco dopo aver conosciuto John. Ti piace come l’ho sistemata? Gli affari vanno alla grande, ma sono tempi duri, per cui ho dovuto prendere in prestito diecimila sterline dal nostro conto cointestato prima di andarmene. Non ti è dispiaciuto, vero?»
La porta è chiusa a chiave.
«Mi sono persino travestito da lei, la donna per cui mi hai abbandonato. Non ti ho fatto ripensare a dei bei ricordi? Credevo che avresti capito tutto quando hai trovato il mio rossetto sotto il letto...»
Comincio a battere i pugni sulla porta e a gridare aiuto, anche se so che è inutile: tutti i negozi qui davanti sono chiusi e abbandonati.
«Non vorrai mica scappare di nuovo? Devo darti prima il tuo regalo di compleanno, no?» Prende un pacchetto.
«Ti prego. Possiamo aiutarti. Ti scongiuro, lasciami andare. Ti prego.»
«Non vuoi aprirlo?»
«Ti prego, Ben.»
«Non sono Ben. Sono Eamonn! E tu non sei Aimee. Sei sempre stata un’ingrata, Ciara. Una viziata. Non preoccuparti, lo apro io per te. Del resto, ho sempre fatto tutto per te, ma non era comunque mai abbastanza. È per questo che ho dovuto darti una lezione.» Scioglie il nastro. «Comunque mi piaci di più coi capelli così, al naturale. I ricci ti stanno bene, sembri più...»
Sono intrappolata, con le spalle contro la porta chiusa a chiave.
Lui si avvicina e mi bacia sulla bocca. «... sembri più tu.»
Ha il rossetto tutto sbavato, lo sento sulle labbra. Vorrei pulirmi, però ho troppa paura per muovermi, troppa paura per dire niente. Mi accarezza i capelli, sistemandomi una ciocca dietro l’orecchio, poi s’inginocchia davanti a me e comincia a scartare il pacchetto. «C’era una volta una bambina...» Tira la scatola fuori dalla carta. «... bella e ricciolina.» Alza il coperchio.
Dentro c’è un paio di scarpette rosse. Sono quelle che avevo tanto desiderato per il mio sesto compleanno, prima di scappare via. Non c’erano più nella vetrina del negozio, il giorno che avevo incontrato Maggie, e ora capisco perché: me le aveva comprate lui.
«Quando faceva la brava, ogni persona la adorava.» Infila le mani nelle scarpe e poi me le mette in faccia. «Ma quando non era brava... diventava una puttana.» Mi accarezza le guance col cuoio rosso delle scarpe. «Quando il nostro paparino ha scoperto che te le avevo comprate, mi ha picchiato così forte che non sono riuscito a camminare per tre giorni. Non avevamo i soldi neanche per mangiare, ma ti avevo preso queste scarpe lo stesso perché sapevo quanto le desideravi e perché ti volevo bene.» Getta le scarpe a terra e mi afferra per il collo, poi mi sbatte la testa contro il muro, tre volte, a ritmo con le parole. «Ti. Volevo. Bene.»
Quando molla la presa, cado a terra. Mi metto in ginocchio. Non riesco a smettere di piangere.
«Ho fatto così tanto per proteggerti da lui. Mi sono preso io le sgridate, mi sono preso io le botte, mi sono preso io le sue visite notturne, per tenerlo lontano da te. Andava tutto bene prima che nascessi tu. Eravamo felici. Ma tu hai ucciso la mamma e la sua morte lo ha cambiato. A quel punto avresti fatto meglio a uccidere anche me.» S’infila le scarpe e si mette a camminare per la stanza, coi tacchi alti che ticchettano sul pavimento. Mi dà le spalle per un attimo e io infilo la mano nella borsa per prendere la pistola. «E tu cos’hai fatto per ringraziarmi? Sei scappata, mi hai lasciato da solo con lui e non hai più pensato a me. Lo sai cosa mi ha fatto dopo che te ne sei andata?» Vede che ho la mano infilata nella borsa e mi è subito addosso. Mi strappa via la borsa e tira fuori la pistola, scuotendo la testa e sorridendo. «Proprio come dicevo poco fa... quando non era brava...»
Mi colpisce forte in volto con la pistola, facendomi stramazzare a terra. Sento il sapore del sangue in bocca.
«Farei bene a spararti, è quello che ti meriti.» Butta la pistola sul divano e prende qualcos’altro che non riesco a vedere. «Ma, visto che siamo fratello e sorella, userò questo. L’ho trovato durante lo sgombero di una casa a Notting Hill qualche mese fa. I morti lasciano un sacco di bella roba. Ti farà un po’ male, tesoro. È il nomignolo che ti aveva dato, no? La donna che chiamavi ’mamma’, proprio tu che avevi ucciso la nostra. Credo che sia l’unica cosa vera di lei che mi hai detto.»
Vedo una luce elettrica, poi una scossa lancinante mi attraversa tutto il corpo. Non ho mai provato niente del genere: è come essere pugnalati allo stesso tempo da mille coltelli. Resto senza fiato, non riesco a respirare. Prima che gli occhi si chiudano vedo la faccia di Maggie, sento la sua voce.
«Ti voglio bene, tesoro.»